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il teatro il delirio l'oblio

 

 

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Auguri

Post n°229 pubblicato il 04 Gennaio 2011 da le_corps

Per il nuovo anno ricevo un messaggio di auguri da Pierre: creare è resistere, resistere è creare (Stéphane Hessel). Sotto la frase, l’immagine di un'opera di Pierre. Installazione, la definirebbe qualcuno. Ma ciò che è nuovo ha bisogno di parole nuove. Movimento nella fissità, ovvero il montaggio dentro il quadro. Ma non si tratta di quadro né di fotogramma: è un’idea che balena, s’affaccia compiuta e poi scompare, si disfa, mutandosi in qualcosa di altro. Arte impermanente, grazie al movimento di idee. Arte che non si affeziona a se stessa, unica nel germe e non nel sembiante, fissa come chiodo piantato nella testa dell’artista ma scomposta e ricomposta nel gioco del linguaggio che si ricombina incessantemente per restare vivo.
Prima dello spettacolo teatrale la regista ha ritenuto necessario dire due parole di presentazione. Ha ritenuto necessario dire che a lei e al suo Teatro (lo scrivo con la maiuscola perché così è stato pronunciato) interessano le permanenze, di cui – ha aggiunto – c’è gran bisogno oggi.
Da spettatrice, ho guardato, ho cercato le permanenze, ma non le ho trovate. O meglio, a fine spettacolo è rimasta solo la permanenza di un disastro. Non c’è bisogno di altri disastri oggi – ho pensato, e sono uscita.
Avrei voluto chiedere alla regista quale fosse la sua idea del mondo della vita della morte e dell’arte, cosa pensasse al di là di ciò che aveva studiato imparato e messo in pratica.
Mi rendo conto però che il concetto di “al di là” non è alla portata di tutti (me compresa) e che ciò che facciamo e che abbiamo fatto è un recinto, non ne vediamo i confini ma è pur sempre un recinto.
Mi rendo conto che non ho nessuna voglia di chiedere alcunché. Mi rendo conto di essere depressa e refrattaria al confronto, e sono uscita.
L’aria è gelida. Penso al mio recinto, a come si sia ristretto, penso addirittura che se sto in piedi è perché è il recinto che mi sorregge. L’aria è un punteruolo tra gli occhi. E allora penso a cosa farebbe Pierre con questo recinto, a come lo trasformerebbe, anzi no, a come mi suggerirebbe di trasformarlo: ognuno lavora il materiale della propria vita, e anche trasformare è resistere.
Ma io resisto, Pierre? Dopo tutto resistere è anche esistere. Vivere nel recinto non è esistere: è solo vivere, appunto. Mentre esistere vuol dire altro, il suo opposto: fuori dal recinto. Le parole vorranno pur dire ancora qualcosa. L’ancora è un’àncora, Pierre. Dillo come lo diresti tu: exister. Ecco, vedi, nella tua lingua tutto è più chiaro: ex-ister.
Dobbiamo uscir fuori da quel recinto, è questo il senso – oggi – del nostro resistere. Nessuna creazione che sia vera creazione è possibile altrimenti, è possibile altrove.
Disfare per rifare, la creazione è movimento, la creazione che si cristallizza è morta, ha abortito la sua missione e il recinto ha vinto.
Vorrei tornare indietro, prendere da parte la regista e chiederle di indicarmi le permanenze, di farlo letteralmente: di puntare l’indice. Sarebbe un’azione a fin di bene, una risemantizzazione a fin di bene.
Ma no, non ho nessuna intenzione di tornare indietro né di dire alcunché.
Dire cosa perché? Non è vero, Pierre, che le parole arrancano? Dove sono le parole buone, come faccio a dire parole buone, che abbiano un senso? Troppe parole ammucchiate, spostate da una parte e poi dall’altra, che sbattono l’una con l’altra, che si sommano per accrescere il vuoto. Ammassi di rifiuti di parole lungo le strade, dentro le case, tra le persone. Parole brutalizzate e perse come, come cosa Pierre?
Come il corpo di una donna, violentato e abbandonato lungo la via.

Ecco, Pierre, tu hai sempre un’immagine che mette a tacere il dire.
Sono stanca, Pierre, vorrei che il tram arrivasse ora e mi strappasse a questo freddo, a questo vuoto, a questa refrattarietà che mi farà vivere e morire nel mio recinto, di cui non vedo le pareti, che mi farà vivere e morire contenta, tra la cena da scaldare e i piatti da lavare.
Il recinto è uno spazio comodo, il recinto è un seduttore, mellifluo come tutti i seduttori. Tu resisti. Sempre. Siamo donne e uomini in quanto resistiamo e trasformiamo: è questa la nostra permanenza.

Grazie, Pierre. E auguri.

 
 
 
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