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In the middle of the life

Post n°217 pubblicato il 11 Giugno 2009 da le_corps

Entra assieme a quattro ragazzi greci, penso che sia greco anche lui. I ragazzi greci sono gay, lui offre loro delle birre mentre fuma una sigaretta con gli occhi socchiusi e la bocca ridente, porta al collo un foulard annodato con eleganza, al dito un anello d’oro con un’effigie, ma non la distinguo.
Penso che sia gay anche lui. Ordinano quattro birre scure medie, io gliele porto chiare, ma lui sorride dice che vanno benissimo e mi ringrazia, mentre distribuisce ai suoi amici i bicchieri. È che lavoro qui da poco. Non serve schermirsi e poi lui già lo sa che lavoro lì da poco, e sa un sacco di altre cose, che io non so. So solo che è un tipo gentile, elegante, e vezzoso nel muovere le mani. Mi congedo da lui e dai suoi amici col vassoio vuoto tra le mani, e torno a servire. Il locale è pieno come tutte le sere, i ragazzi bevono e c’è un cantante che suona e canta come tutte le sere. Faccio il giro dei  tavoli, quelli della mia zona: sparecchio riordino asciugo prendo soldi do resti e intasco mance. Servo ai tavoli velocemente, con una mano alzo il vassoio sopra le teste dei clienti, con l’altra mi faccio largo e urlo, urlo permesso, perché la musica è alta e ho un vassoio con quattro pinte piene sulle dita di una mano. E il vassoio non può cadere.
A tarda ora inizia la chiusura: le luci si alzano: appaiono i nostri volti lividi. Uno dei proprietari conta i soldi dietro al banco delle birre; le sedie sono rovesciate sui tavoli, le loro gambe come rami mozzi puntano al soffitto. Il locale chiude; e si apre un paesaggio desolato. Ho paura a sedermi: potrei non rialzarmi più, ho viaggiato per nove ore, facendomi largo tra la folla, tra le mani e gli sguardi degli avventori, e i loro fiati; ho toccato i loro soldi, ho schivato i loro affondi, ho sorriso tirando solo un angolo della bocca, ho respirato fumo, dagli occhi e dalla bocca, e mi sono difesa, sola sulle mie gambe sola con la forza del mio braccio, e del mio pensiero, girando tra i tavoli della mia zona, sparecchiando e asciugando, impilando bicchieri e minuti.   
Con gli ultimi bicchieri in mano vado verso il bancone, il gruppo dei greci si attarda sulla porta d’uscita: lui è nel mezzo, elegante e sobrio nella sua ubriachezza. Lo sguardo liquido sotto le palpebre, mi saluta reclinando la testa. Che amabile frocio – penso io, mentre metto giù i bicchieri e alzo anche il secondo angolo della bocca.
Vivaci ed educati, i greci escono dal locale; la porta si chiude, pesantemente. I clienti sono tutti fuori tranne tre straniere che ciondolano attorno al cantante che sta finendo di smontare i suoi attrezzi da lavoro, tra un sorso di birra e un tiro di sigaretta: smonta e parla a vanvera. Ai cantanti, finita la musica, bisognerebbe togliere l’uso della parola – penso io. E lo penso tutte le sere. Quando il locale chiude e la stanchezza preme sui  miei polpacci e sulle vertebre e sulle spalle. Ma non posso fermarmi, devo correre, per sfuggire alla stanchezza. Non qui, le dico; non ora, la imploro. A casa, a casa puoi; a casa hai tutto un corpo da abbattere. A casa, quando saremo sole, tu ed io. Prendo la mia paga a percentuale ed esco dal locale, senza contare né i soldi né i passi. C’è un lavoro e c’è una strada: questo basta, da sapere. L’importante è arrivare fino alla fine, e seguire il proprio ritmo, e non abbandonarlo mai, l’importante è dare un ritmo ad ogni cosa: il ritmo è un’impronta; è una musica. È consapevolezza di sé, sempre e comunque. È appropriazione dei propri gesti, è la nostra sola inalienabile libertà. Il ritmo dell’azione e del pensiero, della parola scritta detta o taciuta.
Il ritmo, mi dico, ricordati del ritmo.  Ogni tanto me ne dimentico, e quando accade perdo la proprietà dei miei gesti, di me stessa.
Una sera a seguire, scopro che lui non è greco. Un’altra che non è gay. Un’altra ancora che l’anello è di suo nonno, e che suo nonno era stato perseguitato dal regime comunista del dopoguerra, così i suoi genitori, così lui. Non parlo molto, ascolto; osservo il suo essere aereo e proteiforme, e quasi mi sgomenta. Seguo l’eleganza fluida dei suoi gesti, e non ho dubbi su chi sia il loro padrone.

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Commenti al Post:
kaleni
kaleni il 11/06/09 alle 21:02 via WEB
cazzo come scrivi bene
 
 
le_corps
le_corps il 18/06/09 alle 07:18 via WEB
uhm, è tutto il resto che...
 
Fajr
Fajr il 12/06/09 alle 12:02 via WEB
bentornata! ;o)
 
 
le_corps
le_corps il 18/06/09 alle 07:18 via WEB
ero nelle vicinanze. e tu, quando sali? ;)
 
Odette292
Odette292 il 12/06/09 alle 14:15 via WEB
Brava come sempre. Mi immergo nei tuoi racconti.
 
 
le_corps
le_corps il 18/06/09 alle 07:19 via WEB
per fortuna che l'acqua è bassa. ;)
 
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