Ricorrendo la nascita dell'Unitą d'Italia

Post n°2845 pubblicato il 23 Marzo 2020 da gazimo08

I NOVANTA GIORNI DI GARIBALDI IN SICILIA

Seconda parte

L'ARMATA ABBANDONA PALERMO

L'8 giugno le truppe duosiciliane, composte da oltre 24.000 uomini, lasciarono Palermo per recarsi ai Quattroventi per imbarcarsi, tra lo stupore della popolazione che non riusciva a capire come un esercito cosí numeroso si fosse potuto arrendere senza quasi neanche avere combattuto. La rabbia dei soldati la interpretò un soldato dell'8° di linea che, al passaggio a cavallo di Lanza, uscí dalle file e gli disse "Eccellé, o' vví quante simme. E ce n'avimma î accussí?" Ed il Lanza gli rispose : "Va via, ubriaco!". Mentre l'Armata Napoletana procedeva alle operazioni d'imbarco, la Washington e l'Oregon partirono il 10 giugno da Cornigliano, imbarcando circa 2.000 uomini comandati dal Medici, ed arrivarono il 17 a Castellammare del Golfo. L'altra nave, la Franklin, imbarcò a Livorno 838 "volontari" comandati da Malencini, sbarcandoli a Favarotta qualche giorno dopo. Il 13 giugno il Garibaldi sciolse alcune squadre di volontari siciliani, i quali, resisi conto che è per l'annessione al Piemonte, e non per l'indipendenza della Sicilia, il motivo per cui combattevano, avevano incominciato a ribellarsi. In quegli stessi giorni il Nizzardo fu accettato nella Loggia massonica di Palermo ed in seguito elevato al grado di Maestro e poi di Gran Maestro.

MASSACRI E SACCHEGGI A PALERMO

Il 16 giugno fu il giorno piú atroce per Palermo, dove Garibaldi diede carta bianca alle sue orde che commisero violenze, stupri e saccheggi d'ogni genere. Moltissimi poliziotti e le loro famiglie furono assassinati in modo veramente barbaro e sotto gli occhi dell'indifferente e del tutto consenziente Garibaldi Il 19 giugno terminarono le operazioni d'imbarco delle truppe borboniche che arrivarono nel golfo di Napoli il 20. Il Lanza con il suo Stato Maggiore, per ordine del Re, fu posto agli arresti e confinato ad Ischia per essere sottoposto a giudizio da una commissione militare. Garibaldi, nel frattempo, formato un governo siciliano, ordinò l'emissione di altri buoni del tesoro per quattrocentomila ducati, portando il debito pubblico siciliano a circa sedici milioni di ducati. Furono confiscati tutti i beni ed il danaro del clero, in particolare dei Gesuiti che vennero espulsi. Nel frattempo, l'accozzaglia di gente al seguito del Garibaldi continuava a scatenarsi con delitti, saccheggi e stupri. Veramente atroci quelli commessi da un certo Mele e dal La Porta, che Garibaldi aveva addirittura nominato ministro della sicurezza pubblica.

LA LEGIONE STRANIERA GARIBALDINA

Furono arruolati numerosi avventurieri francesi, inglesi, tedeschi, ungheresi, polacchi, americani e perfino africani, insomma la feccia giunta da tutte le nazioni. Numerose, infatti, furono le presenze straniere al servizio della spedizione dei Mille, anche queste spesso volutamente dimenticate dalla storia ufficiale e dai testi scolastici. Inglese era il colonnello Giovanni Dunn, cosí come inglesi furono Peard, Forbes, Speeche (il cui nome Giuseppe Cesare Abba, non potendo sottacere, trasformò nell'italiano Specchi). Numerosi gli ufficiali ungheresi: Turr, Eber, Erbhardt, Tukory, Teloky, Magyarody, Figgelmesy, Czudafy, Frigyesy e Winklen. La legione ungherese divenne preziosa per l'occupazione della Sicilia e per tante battaglie. La "forza" dei "volontari" polacchi aveva due ufficiali superiori di spicco: Milbitz e Lauge. Fra i turchi vi era anche il famoso avventuriero Kadir Bey. Fra i bavaresi ed i tedeschi di varia provenienza si deve ricordare Wolff, al quale fu affidato il comando dei disertori tedeschi e svizzeri, già al servizio dei Borbone. Vi fu pure l'apporto di battaglioni di algerini (Zwavi) e di Indiani, messi a disposizione di Garibaldi dal Governo di Sua Maestà britannica.

FRANCESCO II RIPRISTINA LA COSTITUZIONE

A Napoli, il Re Francesco II, fraudolentemente consigliato, decretò a Portici il 25 giugno il ripristino della Costituzione del 1848, con ampia amnistia. Tra i consiglieri favorevoli alla concessione vi furono il Conte d'Aquila e il Conte di Siracusa, zii del Re, che avevano avuto tali suggerimenti da Napoleone III a seguito della missione diplomatica di Giacomo De Martino a Parigi. I contrari furono i ministri Troya, Scorza e Carrascosa. Quest'ultimo anzi affermò che: "la Costituzione sarà la tomba della Monarchia". In occasione del ripristino della Costituzione queste furono le parole di Francesco II: "Desiderando dare a' Nostri amatissimi sudditi un attestato della nostra Sovrana benevolenza, ci siamo determinati di concedere gli ordini costituzionali e rappresentativi nel Regno, in armonia co' principii italiani e nazionali in modo da garentire la sicurezza e la prosperità in avvenire, e da stringere sempre piú i legami che Ci uniscono a' popoli che la Provvidenza Ci ha chiamati a governare". Ma la concessione della costituzione fu veramente inopportuna in quel frangente, perché contribuí a creare ancora piú disordine, in quanto permise a molti pericolosissimi fuoriusciti di rientrare nel Regno e di occupare molti incarichi importanti nell'amministrazione del governo. In quei frangenti l'avvocato Liborio Romano s'incontrò a Napoli nel Palazzo Salza, alla Riviera, con il conte Brenier console francese a Napoli. Il 26 giugno, ancora su consiglio del suo governo, il giovane re Francesco II stabilí, inoltre, che la nuova bandiera nazionale fosse quella tricolore, rossa, bianca e verde, conservando nel mezzo le armi della dinastia borbonica.

IL PIEMONTE INVIA ALTRE TRUPPE

Nel frattempo, ad iniziare proprio dal 26 giugno, partirono da Genova, La Spezia e Livorno per la Sicilia numerose navi, con una media di una ogni tre giorni, che fino al 21 agosto trasportarono in Sicilia altri 21.000 "volontari" piemontesi.

NASCITA DELLA CAMORRA DI STATO

Francesco II il 27 giugno nominò Capo del Governo Antonio Spinelli, che diede l'incarico di prefetto di polizia al leccese Liborio Romano, già in combutta con la camorra per preparare l'ingresso di Garibaldi in Napoli, cosí come era avvenuto a Palermo con l'aiuto della delinquenza locale. Fu, dunque, proprio con l'invasione piemontese che la delinquenza fece un salto di qualità, trovando terreno fertile nell'alleanza con la nuova classe politica che si andava affermando soprattutto attraverso le speculazioni. Il conte d'Aquila venne nominato comandante supremo dell'Armata di Mare. Il Ministero della guerra, a cui era preposto l'onesto e anziano Ritucci, venne affidato al generale Giuseppe Salvatore Pianell, che lasciò il Comando Territoriale degli Abruzzi al generale De Benedictis. Per effetto del ripristino della costituzione, il 1° luglio vennero nominati in ogni provincia nuovi intendenti, quasi tutti massoni. Il Cavour, intanto, allo scopo di intavolare defatiganti trattative con il governo borbonico, aveva inviato a Napoli il diplomatico Visconti Venosta. Subito dopo, il 3 luglio, si ebbero le prime manifestazioni contro i "galantuomini" e la guardia nazionale a Salerno e ad Avellino, dove significativamente il popolo manifestava al grido di "Viva 'o Rre Francesco" contro la costituzione. Per lo stesso motivo anche a Vasto si ebbero violente sommosse da parte di alcune centinaia di contadini armati di sole falci.

IL TRADIMENTO DELL'ARMATA DI MARE

Il giorno 5 luglio il capitano di fregata Amilcare Anguissola, al ritorno da una missione per il trasporto di 800 uomini del 1° reggimento da Messina a Milazzo, invece di rientrare a Messina, proseguí per Palermo, dove consegnò la pirofregata Veloce al contrammiraglio piemontese Carlo Pellion di Persano. Questi la cedette a Garibaldi, che la fece ribattezzare Tuckery, ma su 144 uomini di equipaggio i traditori che aderirono ai garibaldini furono solo 41. Il Re Francesco, allora, ordinò al capitano di vascello Rodriguez al comando della pirofregata Tancredi di catturare la nave, dandogli di rinforzo altre tre pirofregate, ma il conte d'Aquila fece fallire tale decisione con defatiganti disposizioni. Nacque da questi episodi di tradimento l'esclamazione tipica dei napoletani: "mannaggia 'a Marina" che ancora oggi è diffusissima.

COSTITUZIONE DELLA GUARDIA NAZIONALE

In Messina, intanto, si concentravano oltre 24.000 soldati inviati dagli Abruzzi e da Gaeta. Nella parte continentale del Regno, invece, per effetto del ripristino della Costituzione, fu organizzata la Guardia Nazionale in tutti i comuni, formandola con gli elementi liberali piú facinorosi. A causa dell'atmosfera politicamente malsana e dei disordini verificatisi in Napoli, la Regina madre decise di rifugiarsi a Gaeta. Fino a questo periodo, nel Regno delle Due Sicilie non vi erano stati che trascurabili episodi di delinquenza comune. La marea della delinquenza piú pesante incominciò a montare con l'avvento dei garibaldini. La stessa Sila, che divenne in seguito il perenne ricettacolo del banditismo, fino al 1860 si poteva liberamente percorrere senza tema d'incontrarne.

(continua)

 

Da < http://www.brigantaggio.net/Brigantaggio/Storia/Altre/Prima.htm>

 

 


 

 

 
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Ricorrendo la nascita dell'Unitą d'Italia

Post n°2844 pubblicato il 17 Marzo 2020 da gazimo08

 

I NOVANTA GIORNI DI GARIBALDI IN SICILIA

Prima parte


LA PARTENZA DA QUARTO

Il 6 maggio Garibaldi partí con 1.089 avventurieri da Quarto sui vapori Piemonte e Lombardo, concessi dal procuratore della compagnia di Raffaele Rubattino, un tale G.B. Fauché, affiliato alla loggia "Trionfo Ligure" di Genova. Le due navi erano state acquistate con un regolare atto segreto stipulato a Torino la sera del 4 maggio alla presenza del notaio Gioacchino Vincenzo Baldioli tra Rubattino, venditore, e Giacomo Medici, in rappresentanza di Garibaldi, acquirente. Garanti del debito furono il re Vittorio Emanuele II e Camillo Benso conte di Cavour, come da accordi avvenuti il giorno prima a Modena con Rubattino, presenti anche l’avvocato Ferdinando Riccardi e il generale Negri di Saint Front, appartenenti ai servizi segreti piemontesi e che avevano ricevuto l’incarico dall’Ufficio dell’Alta Sorveglianza Politica e del Servizio Informazioni del presidente del Consiglio. La spedizione era, dunque, organizzata consapevolmente e responsabilmente dal governo piemontese. I "mille" provenivano per oltre la metà dalla Lombardia e dal Veneto, poi, in ordine decrescente, vi erano toscani, parmensi, modenesi. Tra costoro vi erano 150 avvocati, 100 medici, 20 farmacisti, 50 ingegneri e 60 possidenti. Quasi tutti stavano scappando da qualcuno o da qualcosa, spinti soltanto dal desiderio di avventura e di saccheggi. Il giorno 7 Garibaldi arrivò nel porto di Talamone, vicino ad Orbetello, dove venne rifornito dalle truppe piemontesi, comandate dal maggiore Giorgini, di 4 cannoni, alcune centinaia di fucili e centomila proiettili. Sbarcarono anche 230 uomini, comandati da Zambianchi, con il compito di promuovere una sommossa negli Abruzzi, ma subito dopo Orvieto, a Grotte di Castro, furono messi in fuga dai decisi gendarmi papalini. L’8 maggio Garibaldi fu costretto a ordinare che tutti rimanessero a bordo, dopo gli episodi di saccheggi e violenze che i garibaldini avevano fatto in Talamone. Successivamente, dopo aver imbarcato circa 2.000 "disertori" piemontesi, carbone e altre armi a Orbetello, scortato dalle navi piemontesi, ripartí il 9 maggio e sbarcò a Marsala il giorno 11.

LO SBARCO A MARSALA

Le due navi piemontesi furono avvistate con "ritardo" dalle navi borboniche. Erano in servizio in quelle acque la pirocorvetta Stromboli, il brigantino Valoroso, la fregata a vela Partenope (comandata dal traditore capitano Guglielmo Acton) ed il vapore armato Capri. Avvistarono i garibaldini la Stromboli e il Capri. Quest’ultimo era comandato dal capitano Marino Caracciolo che, volutamente, senza impedire lo sbarco, aspettò le evoluzioni delle cannoniere inglesi Argus (capitano Winnington-Inghram) e Intrepid (capitano Marryat), che erano in quel porto per proteggere i garibaldini. Solo dopo due ore il Lombardo, ormai vuoto, fu affondato a cannonate, mentre il Piemonte, arenato per permettere piú velocemente lo sbarco, venne catturato e rimorchiato inutilmente a Napoli. A Marsala parte della popolazione si chiuse in casa, altri fuggirono nelle campagne. I garibaldini, accolti festosamente solo dagli inglesi, per prima cosa abbatterono il telegrafo, poi alcuni si accamparono nei pressi della città praticamente vuota, mentre Garibaldi, temendo la reazione popolare si rifugiò con altri nella vicina isola di Mozia. Il governo borbonico, tramite il ministro Carafa, protestò il giorno 12 a Torino contro quell’inqualificabile atto di pirateria sostenuto dal Piemonte. Cavour dichiarò sulla Gazzetta Ufficiale che il governo piemontese era del tutto estraneo alle azioni dei "filibustieri garibaldini". Intanto in tutto il Piemonte, con l’appoggio proprio del governo sardo, erano state attivate le società operaie di mutuo soccorso, le dame della Torino bene e altre logge per raccogliere fondi per "l’eroica impresa garibaldina".

LA BATTAGLIA DI CALATAFIMI

Il giorno 13 Garibaldi, entrato in Salemi, dove il barone Sant’Anna aveva affiancato i suoi "picciotti" all’orda garibaldina, si proclamò dittatore della Sicilia. Nel frattempo il governatore Castelcicala spingeva all’azione le forze duosiciliane, comandate dal generale Landi. Costui, con circa tremila uomini ai suoi ordini, inviò da Alcamo il giorno 14 un solo battaglione verso Calatafimi, con l’ordine di non attaccare il nemico e, se attaccato, di ... ritirarsi. Il maggiore Sforza, comandante dell’8° Cacciatori, con sole quattro compagnie, incontrò il giorno 15 i garibaldini e non poté fare a meno di assalirli. I garibaldini, che ebbero trenta morti, vennero sgominati e tentarono di rifugiarsi sulle colline, ove furono inseguiti dallo Sforza. In quel mentre il generale Landi, invece di inviare altre forze per il completamento del successo, ordinò la ritirata senza neanche avvisare lo Sforza, il quale avendo terminate le munizioni fu costretto a riportare i suoi verso il grosso che si stava incredibilmente allontanando. Ne seguí un caos indescrivibile, un po’ perché la truppa non riusciva a capire il motivo della ritirata, un po’ perché qualche sfrontato garibaldino, tornato indietro, si era messo a sparare sulla retroguardia duosiciliana. Il giorno 17 il Landi, dopo aver fatto fare inutili giri alle sue truppe, si ritirò incomprensibilmente in Palermo. Ad Alcara Li Fusi i sovversivi scatenarono una violenta rivolta, durante la quale furono depredati ed assassinati molti civili. Garibaldi, per scopi demagogici e per calmare la situazione, decretò l’abolizione della tassa sul macinato e sui dazi. Il comportamento del Landi fu comprensibilissimo, quando si scoprí che aveva ricevuto dagli emissari carbonari una fede di credito di quattordicimila ducati come prezzo del suo tradimento. La cosa piú incredibile fu che al Landi non fu mosso alcun rilievo e fu solo sostituito nel comando dal generale Lanza.

L’INGRESSO A PALERMO

Il porto di Palermo, intanto, si affollava di navi straniere, tra cui il vascello inglese Annibal che arrivò il giorno 20 con a bordo l’ammiraglio Rodney Mundy. Questi ebbe molti colloqui con il Lanza nei giorni successivi. Lo stesso giorno Garibaldi istituí il "Comitato per il sequestro dei fondi per le esattorie" a cui avrebbero dovuto far capo tutti i sequestri di danaro necessario per alimentare le sue bande.Nel frattempo i continui solleciti di Francesco II per assaltare gli invasori costrinsero il Lanza all’azione. Inviò il giorno 21 due colonne militari, una formata dal 3° battaglione estero, comandata dal maggiore Von Meckel, e l’altra formata dal 9° Cacciatori, comandata dal maggiore Ferdinando Beneventano del Bosco (nella figura a fianco), per un totale di tremila uomini e quattro obici da montagna. Un primo scontro avvenne verso Partinico, ove circa mille "filibustieri" furono rapidamente messi in fuga dal Meckel. In questo scontro vi morí Rosolino Pilo. Il resto delle bande garibaldine, con lo stesso Garibaldi, si rifugiò sul monte Calvario, due miglia sopra il Parco, ove si trincerò. Il Meckel invece di attaccare subito, aspettò inopinatamente per due giorni l’arrivo d’altre truppe, chieste al Lanza, per circondare completamente i ribelli. Arrivarono, invece, e solo il giorno 23, appena due battaglioni al comando del colonnello Filippo Colonna. Il giorno successivo, al primo attacco dei borbonici, le orde del Türr si sbandarono e Garibaldi, quasi circondato, fuggí fortunosamente nella notte con il resto verso Corleone. I garibaldini poi si divisero in due gruppi al quadrivio di Ficuzza, uno con il Garibaldi si diresse per Palermo, ove sarebbero stati sicuramente protetti dal Lanza e dalle predisposte sommosse carbonare, l’altro al comando di Orsini prese la strada per Corleone. Ad inseguire Garibaldi furono i reparti di Von Meckel, mentre le truppe di Bosco inseguirono l’Orsini. L’Orsini si era attestato con i suoi a Corleone, ove fu immediatamente investito dal Bosco che, con un rapido e violento assalto, disintegrò le bande, eliminandole definitivamente dalle operazioni belliche. Il Meckel, intanto, aveva inviato velocemente parte delle sue truppe con il Colonna a posizionarsi al ponte delle Teste, poco fuori Palermo, per tagliare la strada ai filibustieri. A Palermo, il Lanza, che aveva lasciate a bella posta praticamente sguarnite le porte S. Antonino e Termini, ordinò al Colonna, che non aveva ancora fatto in tempo a posizionarsi, di entrare in città e di acquartierarsi, cosicché quegli ingressi rimasero difesi solo da 260 reclute. Garibaldi, rinforzate le sue bande con altri tremila e cinquecento uomini raccolti nella delinquenza siciliana, nella notte tra il 26 ed il 27 maggio assalí Palermo proprio attraverso la porta S. Antonino, prevalendo facilmente sulle poche truppe borboniche. Il quel momento il Lanza disponeva di circa sedicimila uomini, i quali su suo ordine erano stati rinchiusi nei forti di Quattroventi, Palazzo, Castellammare e Finanze. All’ingresso dei garibaldini nella città, le truppe duosiciliane, invece di essere impiegate a massa, furono impiegate a piccoli gruppi che furono facilmente sopraffatti, anche perché disturbati dal cecchinaggio dei sovversivi palermitani.

 

(continua)

Da < http://www.brigantaggio.net/Brigantaggio/Storia/Altre/Prima.htm>

 

 

 

 
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Video di Gaetano Zingales

Post n°2843 pubblicato il 03 Marzo 2020 da gazimo08
Foto di gazimo08

 

INTRODUZIONE A

IL MIO LUNGO PERCORSO

 

Quando una persona si avvicina alla fine del suo cammino, si siede su un virtuale grosso sasso e va col pensiero ai fotogrammi disseminati lungo la sua lunghissima strada. E' quello che idealmente ho fatto io.

Come in un revival, ho acceso un vecchio proiettore per fare scorrere nella mia mente, ancora lucida, le tante diapositive che hanno tipizzato il mio vivere, dall'infanzia ad oggi.

Il Presidente Sandro Pertini ebbe ad affermare che, se fosse stato necessario, era disposto a ripercorrere quel suo stesso cammino in quanto non si era pentito di niente. Del Comandante Partigiano Socialista conosciamo la sua vita di antifascista, che lo portò ad essere segregato nelle carceri di Mussolini, ma anche quella di esule in Francia e di muratore per necessità.

Io non posso affermare che sarei disposto a ripercorrere il medesimo cammino perchè ho commesso, nella mia vita, alcuni errori, pur avendo fatto anche cose belle. Quali? Occorre saper leggere tra le righe... del filmato.

Nel mio ufficio, al Sindacato, poiché ne avevo lette le rispettive biografie, avevo affissi alle pareti tre poster: di Pertini, di Salvatore Carnevale (il Sindacalista socialista ucciso dalla mafia) e di Che Guevara, quali simboli e riferimenti ideali ai principi di Libertà, di Giustizia sociale, di difesa dei lavoratori e dei più deboli.

Senza alcun commento, nel caso in cui la mia esperienza vissuta possa servire quale esempio ed ammaestramento, pubblico il video di ottantuno anni di vita, alcuni dei quali di “lotta e di governo”. Esso è dedicato al mio paese natio, Longi, che, pur non essendomi stato concesso di viverci, l'ho vissuto a distanza, l'ho servito perchè profondo è il mio amore per la terra mia e dei miei avi.

Sarebbe bello se chi ha avuto una esistenza intensa volesse pubblicare la sua storia. Le storie, personali e pubbliche, sono maestre di vita!

Ed infine, ringrazio il mio amico, il Prof. Ing. Franco Pidalà, nonché artista longese autore di pregevoli tele, per l'ottimo lavoro di montaggio e di inserimento del sottofondo musicale.

 

gaetano.zingales@gmail.com

VIDEO (CLICCA)

 

 

 
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CURE E S.S.N.

Post n°2835 pubblicato il 24 Giugno 2019 da gazimo08
Foto di gazimo08

 

 

La sofferenza non può attendere i tempi biblici della Sanità Italiana

 

All'ospedale Giglio-San Raffaele di Cefalù, da alcuni mesi , a seguito di richiesta di prestazione specialistica, la risposta è "non ci sono posti". Se però chiedi una intra- moenia, all'improvviso i posti ci sono. L'alternativa, pertanto, è quella di cercare presso le strutture sanitarie di Palermo con notevole disagio del paziente tra viaggio e soggiorno, soprattutto quando il paziente deve essere accompagnato. Ma anche lì i tempi di attesa sono lunghi; però una risposta la si riesce ad avere. Ora, siccome la sofferenza ed il dolore fisico non possono aspettare i tempi biblici della Sanità pubblica, spesso si ricorre alle prestazioni a pagamento con notevole sacrificio economico di coloro che hanno redditi medio-bassi.

Aggiungo che anche le strutture sanitarie private convenzionate con il S.S.N. si sono fatte "furbe". Infatti, se sei esente dal pagamento della prestazione o del ticket, ti danno appuntamento dopo alcuni mesi; se, invece devi pagare, la tua prestazione avverrà entro pochi giorni.

Parecchi anni addietro, quando c'era l'ENPAS, il paziente presentava all'Ente le ricevute dei farmaci comprati e delle visite effettuate e l'importo complessivo veniva rimborsato con il taglio del 10 o 20%.

Di conseguenza, nell'impossibilità di eliminare i "furbeschi comportamenti", pubblici e privati,ed in caso ,pertanto, di necessario ricorso al "privato", perchè si ha urgenza per alleviare la propria sofferenza, mi sento di avanzare siffatta proposta: inserire le relative fatture nella dichiarazione annuale dei redditi, ed anzichè al 19 % le stesse potrebbero essere rimborsate al 100%. Sarebbe, questo, un modo con cui venire incontro al cittadino che, pur avendo versato e versa i contributi per il SSN, è costretto a mettere mano al suo portafoglio per potersi curare come si conviene ad ogni essere umano.

Le promesse o i tentativi di una riforma dell'organizzazione del Sistema Sanitario Nazionale non potranno essere mai attuati perchè notevoli sono le resistenze delle lobby e delle categorie professionali, che traggono profitti dalle prestazioni sanitarie, nonchè gli ostacoli di natura politica che vengono frapposti per la pressione su loro esercitata dei gruppi di potere che ruotano attorno all'emisfero sanitario.

G.Z.

 

 
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LONGI.

Post n°2834 pubblicato il 30 Maggio 2019 da gazimo08
Foto di gazimo08

 

 A CONFRONTO I RISULTATI DELLE ELEZIONI EUROPEE E DI QUELLE POLITICHE 2018

 

Sky TG24,

RISULTATI ELEZIONI EUROPEE

Elezioni Europee 2019 - Comune Di Longi

Fonte dati: Ministero dell'Interno

3 sezioni su 3, pari al 100% Dato definitivo

 

Liste

Voti

%

Forza Italia

366

51.84%

Movimento 5 Stelle

177

25.07%

Lega Salvini Premier

60

8.50%

Partito Democratico

51

7.22%

Fratelli D'Italia

31

4.39%

+europa Italia In Comune Pde Italia

8

1.13%

Europa Verde

3

0.42%

Popolo Della Famiglia Alternativa Popolare

3

0.42%

Partito Comunista

2

0.28%

Popolari Per L'Italia

2

0.28%

La Sinistra

2

0.28%

Partito Animalista

1

0.14%

Forza Nuova

0

0%

Casapound Italia Destre Unite

0

0%

Partito Pirata

0

0%

***************************************************************

 

IlFattoQuotidiano.it /

Elezioni Politiche 2018 /

Risultati / Camera / Circoscrizione SICILIA 2 / Collegio Plurinominale SICILIA 2 - 01 / Collegio Uninominale 02 - BARCELLONA POZZO DI GOTTO / Longi

 

LONGI

Affluenza: 72,34%

3 sezioni su 3

 

72,34% affluenza

837 votanti

29 schede bianche

16 schede nulle

0 schede contestate

Consiglieri da eleggere:0 Elettori: 1.157

Fonte: Ministero dell'Interno

 

 

Alessio Mattia Villarosa

Movimento 5 Stelle

Voti 369

46,59%

MOVIMENTO 5 STELLE

Voti 364

46,48%

 

Maria Tindara Gullo

Centro Destra

Voti 269

33,96%

FORZA ITALIA

Voti 233

29,75%

LEGA

Voti 20

2,55%

FRATELLI D'ITALIA CON GIORGIA MELONI

Voti 8

1,02%

NOI CON L'ITALIA - UDC

Voti 7

0,89%

 

Natalia Anna Cimino

Centro Sinistra

Voti 121

15,27%

PARTITO DEMOCRATICO

Voti 108

13,79%

CIVICA POPOLARE LORENZIN

Voti 7

0,89%

+EUROPA

Voti 3

0,38%

ITALIA EUROPA INSIEME

Voti 2

0,25%

 

Francesca Pietropaolo

Liberi e Uguali

Voti 23

2,9%

LIBERI E UGUALI

Voti 22

2,8%

 

Fabio Cannizzaro

Potere al Popolo!

Voti 4

0,5%

POTERE AL POPOLO!

Voti 3

0,38%

 

Roberto Romeo

Partito Comunista

Voti 2

0,25%

PARTITO COMUNISTA

Voti 2

0,25%

 

Alessia Di Mauro

Italia agli Italiani

Voti 2

0,25%

ITALIA AGLI ITALIANI

Voti 2

0,25%

 

Sandra Romeo

Il Popolo della Famiglia

Voti 2

0,25%

IL POPOLO DELLA FAMIGLIA

Voti 2

0,25%

 

Maria Stefania Longordo

Casapound Italia

Voti 0

0,0%

CASAPOUND ITALIA

Voti 0

0,0%

 

Loredana Zappulla

Lista del Popolo per la Costituzione

Voti 0

0,0%

LISTA DEL POPOLO PER LA COSTITUZIONE

Voti 0

0,0%

 
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Longi

Post n°2833 pubblicato il 28 Febbraio 2019 da gazimo08
Foto di gazimo08

AL LAVORO PER UN NUOVO CORSO

DEMOCRATICO LONGESE

 

Un "coraggioso"... anonimo mi ha criticato su FB perchè ho gioito per la sentenza con la quale la Corte d'Appello di Messina ha dichiarato ineleggibile, perchè esiste una causa di incompatibilità locale (leggi sentenza), il già recente Sindaco. Ne spiego il motivo. Sul paese, da un paio di anni a questa parte, era calata una pesante cappa di silenzio. Un silente, latente impedimento a potere esplicitare il proprio libero pensiero si aggirava lungo le vie del paese. Perchè ? Personalmente ho un convincimento, ma non lo esplicito per ovvi motivi di prudenza e di rispetto nei confronti dei concittadini; però ognuno ne potrà dare la giusta, personale interpretazione.

Durante la mia gestione amministrativa e di quella dell'ex Sindaco Lazzara la gente discuteva in piazza animatamente. Eccome! Fenomeno che venne a cessare, - inspiegabilmente essendo cittadini liberi che vivono in regime di democrazia, - durante le differenti gestioni amministrative. In parecchi notammo ciò. Io vivo lontano dal mio paese di origine, ma ho lì orecchie che mi riferiscono quanto accade perchè amo seguire le vicende sociali del paese in cui la mia famiglia ha avuto l'onore di servirlo attraverso tre Sindaci. Per questo motivo ho invitato a cantare "Bella ciao", il canto della liberazione dall'oppressione autoritaria del fascismo. Certo, l'accostamento è irriverente perchè immenso è lo spirito ed il messaggio del canto della Resistenza rispetto alla..."spazzata" locale della pesante cappa di strisciante silenzio che incombeva sul nostro amato paese. Ma è servito, però, per rendere il significato di una veniente svolta di libertà di espressione del proprio pensiero.

«Non sono d'accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo». Questa frase attribuita a Voltaire rende l'immensità , la bellezza e l'importanza della libertà.

Lorenzo Erre ( a proposito, è un movimento locale dacché nella esposizione del suo pensiero si esprime con un "noi"?) mi chiede se sono a conoscenza a quali disastri si andrà incontro. Non creiamo allarmismi. Quando a Longi, negli anni '90 del secolo scorso, c'era un Commissario ad acta alcuni amici credettero di togliere le castagne dal fuoco attraverso "l'ingenuo" sottoscritto. Eletto, con una maggioranza bulgara, mi trovai di fronte all'immenso problema della dichiarazione del dissesto in quanto il paese aveva un debito fuori bilancio di circa due miliardi di lire. Riuscii ad evitare la dichiarazione di "default" del Comune ricorrendo rocambolescamente a diverse istanze che mi consentirono di pagare i debiti attraverso un mutuo con la Cassa Depositi e Prestiti .Non sto qui a descrivere come riuscii ad evitare, quindi, l'abbattersi di gravi conseguenze amministrative sul paese se avessi accettato la richiesta di dichiarazione di dissesto da parte del Segretario Comunale e del Revisore dei Conti.. I cittadini , però, allo scadere del mio mandato, mi ringraziarono con una pedata nel sedere. Ma anche questa è democrazia.

Riprendendo il discorso: nessun disastro é incombente sul paese dopo la nota sentenza della Corte d'Appello di Messina. Il paese subirà una stasi amministrativa di un paio di mesi in quanto verrà gestito da un Commissario ad acta per l'ordinaria amministrazione, ma , nel frattempo, si preparerà a mettere in piedi una o due liste, i cui componenti non devono essere incompatibili con alcunché.

Mi auguro che avvenga una vera svolta di rinnovamento che veda nuove leve, nuove capacità di un certo livello, meglio se con esperienze di pubblica amministrazione , uomini e donne che si impegnino ad operare per l'esistenza in vita di questo borgo perchè , con dolore, debbo notare che dai 2500 abitanti di parecchi anni addietro ci si è ridotti a contare circa 1500 abitanti odierni. Se non si riuscirà a fermare l'impoverimento anagrafico e residenziale, con puntuali ed opportuni progetti, fra non molti anni Longi diverrà un villaggio, inglobato amministrativamente in qualche centro viciniore.

E' opportuno, pertanto, deporre le armi dell'astio , peggio ancora dell'odio, e lavorare per costruire un futuro di progresso e di pacifica convivenza.

Occorrerà, quindi, rendersi disponibili ad operare con spirito di servizio nei confronti del proprio paese, scevri da rivincite, da ambizioni personali, coscienti che, come amministratori, invero, si è Sindaco, Assessore, Consigliere non soltanto per i propri elettori ma per tutti i cittadini. L'arroganza del potere, alla lunga, non paga perchè non tiene conto della dovuta equità ed è lungi dal riconoscere i diritti di ciascuno e di tutti.

Il confronto tra liste politicamente avversarie - non nemiche - dovrà avvenire attraverso l'elaborazione e la presentazione di un programma convincente e senza progetti inattuabili in quanto i tempi sono radicalmente cambiati, le leggi che riguardano gli enti locali hanno ristretto i cordoni delle borse dei finanziamenti. A mò di esempio, occorre evitare l'irrealizzabile "libro dei sogni", ma essere attenti per cogliere ciò che "passa il convento", cioè i finanziamenti previsti dallo Stato, dalla Regione e dalla Comunità europea attingendo le dovute informazioni presso le relative istanze del Governo regionale. Ma soprattutto: più cultura in tutte le sue forme e più turismo culturale ed ambientale, sfruttando le risorse naturali, iniziative che danno un ritorno economico reale in generale, specialmente se gestite da cooperative giovanili, ma anche nell'indotto ( B&B, ristoranti, trattorie, pizzeria, generi alimentari. ecc) Ed ancora, si potrebbero mettere in piedi cantieri (o mini -progetti) annuali per il rimboschimento dei costoni attorno al paese, scoperti e del demanio comunale, principalmente quelli sovrastanti il centro abitato, nonché progetti per il consolidamento delle zone, localmente individuate da uno apposito studio della Regione Siciliana, a rischio di dissesto idro-geologico. Inoltre, occorre gestire con trasparenza , con giustizia e senza gli odiosi clientelismi, che discriminano i cittadini in schieramenti di serie A e di serie B. Ed ancora essere fautori di un confronto democratico sempre ed in tutte le sedi, istituzionali e non, coinvolgendo nelle scelte i cittadini.

Chi scrive, durante la campagna elettorale del 1997, incontrando in Corso Umberto I uno dei due avversari politici, si fermò per augurare, stringendogli la mano, che potesse vincere, come si suol dire, "il migliore". Si è avversari politici, ma non nemici, soprattutto in un piccolo centro dove tutti si conoscono e dove la solidarietà deve essere presente. Schieramenti elettorali , si, ma che si sciolgono per condividere la decisione della maggioranza che ha affidato ad uno schieramento specifico la gestione del proprio paese.

Concludo col rammentare alcuni passaggi di un discorso agli Ateniesi , tenuto nel 431 a. C., dal grande Pericle: < Qui ad Atene noi facciamo così. Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato democrazia. .............

Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo Stato, ma non come un atto di privilegio, come una ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento.......

E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che risiedono nell'universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è buon senso..........

Ed infine, la famosa frase, che ebbi ad incorniciare collocandola alle mie spalle nella stanza riservata al Sindaco, che mi piace rammentare perché sempre valida: "Sapere quello che va fatto ed essere capace di spiegarlo, amare il proprio paese ed essere incorruttibile, sono le qualità necessarie e ad uomo che deve governare la propria città " (460 a.C.) >

Buon lavoro ed auguri Longi, paese mio!

Dalla mia residenza, febbraio 2019

Gaetano Zingales

 

 

 

 
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Longi

Post n°2832 pubblicato il 25 Gennaio 2019 da gazimo08
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IL MUNICIPIO MESSO IN


SICUREZZA E ...RINFRESCATO


Da un mio scritto riprendo un passaggio riferito alla antica gestione del Comune: <<Il Consiglio comunale era formato da cinque persone ed era presieduto dal parroco, che lo convocava presso la Chiesa Madre. L’Universitas – l’antico Comune – era affidata per la sua gestione ad un baiulo nominato dal barone; i suoi compiti erano quelli dell’esercizio dei poteri di giustizia  e di amministrazione ed era coadiuvato da un giudice e da un maestro notaro. “Homines jurati” era il loro appellativo ed insieme formavano la corte baiulare .

Dal Re Federico III, nel 1324, vennero sanciti i loro compiti: “spendere per comune utilità gli introiti, mettere le mete alle cose venali, sorvegliare i pesi e le misure dei venditori, impedire che si fabbricasse in luogo comunale, riunirsi ogni venerdì per esaminare e decidere sugli affari dell’Universitas……, far nettare la città, provvedere agli edifici che minacciavano rovina, conoscere e decidere controversie sulle gabelle comunali, sulle siepi, confini e divisioni delle vigne, delle case e di altri possessioni”. Allora, come oggi?

La “domus iuratorum”, realizzata molto tardi, custodiva le scritture; prima, venivano depositate nell’archivio della Matrice; in entrambi i casi, si perse tutto: per incuria, per strafottenza e per ignoranza delle “necessità storiche e culturali”.>>(da Quel Borgo baciato dalle acque del Mylè)

 

 

L’Amministrazione comunale di Longi, nei secoli, ha conosciuto diverse tappe. La sede municipale venne costruita, presso un’area sotto la chiesa Madre (ove oggi sorge la scalinata di destra guardando la chiesa), negli anni ’20 del secolo scorso, dall’amministrazione diretta dal Sindaco Angelo Zingales, - il quale, tra l’altro, contribuì personalmente alle spese tagliando gli alberi di castagno, nella tenuta della sua famiglia di Crocetta e Cantales, occorrenti per il solaio-. L'ingresso agli uffici era dal “chianetto”.

Successivamente, nel dopoguerra, intorno agli anni ’50, l’amministrazione del geometra Nino Zingales spostò il Municipio, demolendo l'edificio, dal “chianetto” a quella che successivamente è stata la sede ultima e recente della Casa Madre, dopo averla fatta costruire con i fondi statali, stanziati per la ricostruzione post-bellica (verosimilmente attinti al “Piano Marshall”, appositamente istituito dagli USA per far rinascere il Paese dalla distruzione della guerra mondiale). Al piano terra e primo piano (con ingresso da via Roma) vennero allocati gli uffici mentre al piano sotto la sede stradale le stanze vennero destinate ad alcune aule scolastiche ( altre erano in piazza, al pianterreno della casa Iannì, dove precedentemente era l'ex ufficio postale) .

Negli anni recenti, e precisamente nel 2011, un forte terremoto ha lesionato l’ala originariamente destinata a Consiglio Comunale, la cui sede, però, era stata già trasferita presso i locali del Campetto Plurimo, in quanto il Sindaco di quel periodo vi aveva spostato la sua stanza. A seguito del terremoto, tutti gli uffici vennero trasferiti, in una situazione di precarietà, presso i detti locali del Campetto Plurimo.

Oggi, il Municipio di Longi, muto testimone della storia post-bellica del paese e di connesse vicende politiche, viene restituito alla sua originaria destinazione d’uso, per usare un termine tecnico, mentre la sede del Consiglio Comunale rimane dove era stata precedentemente trasferita.

A questo punto, auspichiamo che la Galleria d'arte – i cui quadri sono stati donati dal Cav. Ugo Zingales, figlio del longese Cav. Leone-Nicola, - possa ritornare visitabile da parte degli appassionati dell'arte e della cultura in genere. Sarebbe bello se si potesse arricchire con altre opere d'arte, donate da pittori, longesi (e ce ne sono anche fuori Longi) e da altri artisti da coinvolgere in apposite mostre o concorsi per ritrarre paesaggi delle terre longesi. Da costoro, l'opera vincitrice (avendo usufruito di un premio in denaro) dovrebbe rimanere in dotazione al Comune per arricchire la Galleria. Nei locali attigui alla stessa, si potrebbe trasferire la Biblioteca comunale, presso la quale la presenza giornaliera di un Operatore comunale potrebbe garantire anche la possibilità che le opere d'arte possano essere ammirate da eventuali turisti in visita al paese, ma anche dai longesi , stanziali o stagionali, che ne abbiano interesse culturale.

Concludo auspicando che nella restaurata sede municipale possano essere configurati progetti per migliori condizioni di vita dei cittadini e per il progresso economico del paese.

Gaetano Zingales

 
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Il saggio storico su Longi di Gaetano Zingales

Post n°2831 pubblicato il 13 Novembre 2018 da gazimo08
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Quel borgo baciato

dalle acque del Mylè

di Nino Vicario

La nascita di un libro rappresenta sempre un avvenimento di grande interesse e importanza poiché coinvolge fra le sue pagine, fatti, uomini e luoghi di una ben determinata realtà.

Pur se nel nostro caso non parliamo di una “nascita” vera e propria, in quanto di questo libro esiste già un prodromo che lo Zingales, autentico “innamorato” della sua Longi, ha già dato alle stampe. Si tratta dell’interessantissimo “Alle falde delle Rocche” datato 2015. Oggi, l’Autore, ci sorprende ancora con “Quel borgo baciato dalle acque del Mylé”, un “tomo” che conserva in nuce quei sentimenti di amore per un prezioso “fazzoletto di terra” nato intorno all’885 d.C. da una costola dell’antica Demenna, città posta sui Nebrodi distrutta dai saraceni, che ha spinto lo studioso longese (luncitanu) a curare con perizia certosina e incredibile maestria, una “biografia di Longi” ricca di storia e particolari a testimonianza fedele di tempi che furono, ormai lontani dai nostri ricordi ma “palpabili” in modo assai apodittico – per vecchie e nuove generazioni cui è dedicata la “storia” - attraverso la lettura di questo interessante studio culturale, religioso, politico ed economico.

Scorrendo le pagine di questo volume (già nelle librerie), si avrà subito l’immediata consapevolezza di non trovarsi di fronte alla consueta guida turistica bensì ad un prodotto più complesso, costruito non solo per la suggestione del viaggio, ma anche e soprattutto per il preliminare approccio tematico al viaggio stesso e che, al contempo si fa “anamnesi” di un popolo, scorrendo le innumerevoli e pregevoli fotografie corredate di relative didascalie e commenti dell’Autore stesso. Vi è qui da dire, inoltre, che la storia di un popolo non può prescindere dalle vicende religiose che, unitamente a quelle politiche e sociali, costituiscono come il tassello di un grande mosaico; anzi, a ben vedere, tutta la vita di una comunità come la Longese, ha ruotato attorno al campanile, al municipio, ai feudi, sicché leggere di fatti religiosi, di vicende politiche, di lotte sociali, oggi significa – questo l’intento di Zingales – entrare in contatto a tutto tondo con uomini, fatti e cose che hanno contribuito a fare la “Storia” di una comunità.

Che dire di più, dunque, se non augurando a Gaetano Zingales, che il suo faticoso lavoro (ci auguriamo non l’ultimo), nato dall’amore verso la sua terra e la sua gente, non si completi e non si concluda in queste pagine, ma che la ricerca possa continuare con altri studiosi, poiché crediamo che in ogni pensiero si celi la tradizione, il senso della storicità dell’individuo, il rispetto per l’uomo.

 

 
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La mia prossima pubblicazione

Post n°2829 pubblicato il 28 Ottobre 2018 da gazimo08

QUEL BORGO BACIATO DALLE ACQUE DEL MYLE'

PERCHE' QUESTO TESTO


Prima di "depositare" le mie membra, già vetuste, in "quel di Ceramo", ho voluto consegnare al mio paese natio la sua storia, diversa da come, da altri, è stata descritta. I fatti, per definirsi  storici, devono essere raccontati così come sono accaduti. La storia, infatti, non può essere solo celebrativa ma rigorosamente descrittiva anche di eventi spiacevoli. Alcuni di questi ultimi, di cui ho memoria e conoscenza, li ho inseriti in questo mio lavoro pur non facendo riferimento diretto ai personaggi che li hanno generati perché sono viventi ancora i loro discendenti. Seppure le colpe dei padri non possono ricadere sui figli.

L'importante è narrare il "fatto" condannandolo e deprecandolo affinchè altri non possano commettere gli stessi "reati" perché quelle azioni dolorose e illegali hanno generato danno al paese ed ai cittadini che direttamente, od anche indirettamente, ne sono stati colpiti. E vanno denunciati come crimini affinché essi non si ripetano.

Altri storici futuri, probabilmente, fra cinquant'anni scriveranno "apertis verbis". Io ho narrato gli episodi senza indicare i personaggi con il loro cognome: alla perspicacia dei lettori lascio la possibilità di individuare i defunti attori.

Qualcuno potrà obiettare che sono vicende del passato e vanno taciute perché riguardano persone defunte. Non sono d'accordo nel momento in cui costoro hanno generato devastanti dispiaceri, le cui conseguenze sono state a lungo presenti nel tessuto sociale longese, cambiandone anche il decorso di vita socio-economica, ma anche delle persone coinvolte. E' probabile che i pochi lettori che mi leggeranno non saranno d'accordo. A costoro dico che uno storico si può definire tale se la sua coscienza descrive, nel rigore della verità, gli eventi senza omissioni o reticenze, né mistificazioni oppure ingigantendo gli stessi. Cioè, nudi e crudi.

Inoltre, aggiungo che personalmente l'omertà non è nella mia cultura. Io non mi ritengo culturalmente uno storico, ma un appassionato della storia in genere, di quella locale in particolare ed in tale veste mi sono cimentato per rendere un servizio socio-culturale al mio paese natio, che ho avuto l'onore si servire in qualità di Amministratore.

L'ultimo libro sulla storia di Longi risale ad alcuni decenni addietro, mentre altre pubblicazioni succedutesi hanno trattato temi particolari. Riuscire a raccogliere notizie per un compendio completo di Storia del paese, nell'accezione specifica della materia, mi ha indotto a fare delle ricerche approfondite per tentare di risalire alle origini per indi posare lo sguardo sui secoli successivi.

L'archivio storico comunale, relativo ai secoli che precedettero la II guerra mondiale, venne distrutto dalle bombe sganciate durante il conflitto sulla biblioteca che lo custodiva, in quel di Milazzo, laddove inspiegabilmente venne trasferito presumibilmente dall'Amministrazione fascista locale. Milazzo fu ritenuta luogo più sicuro per la sua preservazione. I fatti hanno dimostrato il contrario. Durante la contemporanea era repubblicana, i documenti esistenti presso il Castello centenario vennero "asportati notte tempo", assieme ad altri arredi, da "ignoti ladri".

Per non parlare dell'archivio parrocchiale, in cui parecchi documenti furono bruciati probabilmente per combattere, si dice, i rigidi inverni...

Ho dovuto esaminare, quindi, i pochi documenti e frammenti sparsi contenuti in alcune pubblicazioni. Da queste ultime, che hanno trattato argomenti, personaggi o eventi del luogo ho riportato le notizie più salienti. Di molto aiuto mi è stata la ricerca su internet, le interviste fatte a persone che rammentavano alcuni fatti accaduti oppure che erano la memoria vivente di leggende e tradizioni tramandate di generazione in generazione. Ne è venuto fuori un assemblaggio di notizie, discontinue necessariamente nello scorrere dei secoli, ma utili per stendere la storia del paese - senz'altro incompleta per il vuoto di alcuni secoli - dalle sue origini ai nostri giorni.

Per quanto riguarda, invece, la contemporaneità storica mi sono avvalso di testimonianze resemi da alcuni cittadini longevi, di "relata refero", nonché per essere stato partecipe attivamente di avvenimenti socio-politici. I quali mi hanno necessariamente indotto ad illustrarli - in quanto facenti parte di vicende recenti - con obiettività, senza partigianeria né animosità e con il rigore che un testo di storia, affinchè sia tale, esige.

La storia ammantata da pietismo o quella raccontata per costruire un periodare simile al "Cicero pro domo sua" tradisce la sua intrinseca verità e diventa un libello da bruciare nel rogo delle inutilità.

Il messaggio che proviene dalla pura Storia deve trasmettere ai posteri ed ai contemporanei, soprattutto ai giovani, valori che esprimano insegnamenti di un "modus vivendi" improntato ad una condotta morale socialmente giusta e solidale. E' quello che ho tentato di mettere in piedi attraverso questo mio modesto lavoro, durato anni di ricerche e di approfondimenti. Un lavoro, probabilmente lacunoso, ma trasparente e senza omissis né acredine e che parla di fatti lieti ma anche meno lieti. Tutto ciò che ho appreso l'ho scritto. Pagine celebrative per nessuno, semmai descrittive delle azioni e dell'operosità intelligente di alcuni; tuttavia epocali - mi sia consentito il termine - per Longi.

Fra 50 anni, probabilmente, chi scriverà una nuova Storia di Longi, riferendosi agli eventi contemporanei, lo potrà fare in maniera più esaustiva ed "apertis verbis".

Questo secondo volume fa seguito alla mia pubblicazione precedente, "Alle pendici delle Rocche", in cui avevo dovuto omettere, per esigenze editoriali, alcuni documenti. Ritengo che sia venuto fuori un testo aggiornato ed arricchito sul piano storico. Infatti, questa stesura è incentrata sulla storia di Longi, dai primordi all'era contemporanea, senza ripetere eventi già pubblicati nella precedente edizione, già esaurita. Su quest'ultimo testo ho riportato alcuni argomenti con qualche modifica rispetto all'edizione del 2003. Ho aggiunto, inoltre, altri documenti, che - ritengo - arricchiscono le informazioni documentali Mi auguro di essere riuscito nell'intento senza nulla togliere alla lettura di testi analoghi, scritti da altri autori, importanti come fonti da me consultate.

Ho dovuto narrare, in prima persona, di eventi succedutisi nel recente passato in quanto sono stato testimone e protagonista per la carica istituzionale da me ricoperta. Fatti, che, in un'ottica storica, vanno portati a conoscenza della comunità e dei lettori, anche se non lieti o dolorosi.

Ometterli sarebbe stata una grave mancanza ed un occultamento della storia del paese. Oltretutto, il mio intento è quello della condivisione dell'assunto che "bisogna conoscere la propria storia passata per guardare al futuro". E per chi si accinge alla guida della comunità, l'aggiornamento culturale su fatti ed eventi succedutisi nel tempo è un percorso doveroso ed eticamente importante per un richiamo ai valori, cui dovrebbe ispirarsi colui che vuole amministrare il paese. Ma anche per il cittadino comune la conoscenza rientra nel dovere civico.

Per una completezza di informazioni, ho inserito un mio saggio sull'esistenza della antica città di Demenna in quanto è da lì che partono le origini di Longi, dai lacedemoni, dagli spartani quindi, sbarcati sulle rive del Tirreno e rifugiatisi sulle Rocche del Crasto. Ho inserito anche altri testi di studiosi relativi a personaggi e fatti che sono stati protagonisti nel passato, lontano e degli ultimi secoli.

In uno con i libri dello scrittore Francesco Lazzara, ritengo che abbiamo donato al paese una ricchezza di notizie, che vanno a formare la Storia di Longi, pur essendo diverse, come contenuto, le rispettive opere.

Mi scuso per le sofferte omissioni di testi presenti nella prima edizione, ma le esigenze di natura prettamente storica e di editoria mi hanno indotto a fare siffatta scelta. In tutti i casi, mi auguro di avere reso un contributo, modesto ma completo, alla ricerca storica su Longi.

Ringrazio la d.ssa Immacolata Pidalà per la profonda analisi fatta per presentare l'opera dopo la lettura del corposo tomo.

Sono dovuto ricorrere al "fai da te" per la pubblicazione del libro essendo rimasta senza riscontro la richiesta di stampa e pubblicazione ai due enti pubblici locali. La "consueta distribuzione" gratuita, pertanto, non è stata possibile in quanto sarebbe stato un onere economico personale non indifferente, considerato il costo unitario di ciascun volume moltiplicato per le centinaia di copie che si dovrebbero stampare per tutti i cittadini.

 

                                                                                            Gaetano Zingales

 
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DAL 1° AGOSTO IN EDICOLE E LIBRERIE

Post n°2827 pubblicato il 01 Agosto 2017 da gazimo08
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L'ULTIMA PUBBLICAZIONE DELLO SCRITTORE LONGESE  FRANCESCO LAZZARA

 


Dal PROLOGO DEL LIBRO


Ai Gentili Lettori,
da quando dal "platonico Mondo delle Idee" venni spedito su questo Vostro pianeta, ho occupato tutto il tempo del lungo viaggio (9 mesi) pensando solamente a lusinghieri progetti, tutti meravigliosi e belli ancor più d'ogni possibile immaginazione.
Piccolo e ingenuo, sognavo cieli azzurri, mari smeraldini e atmosfere rosate; insomma, da come mi aveva indottrinato quel farfallone di Filosofo, ero convinto che sarei approdato direttamente sull'Eden, il biblico "paradiso terrestre", luogo felice e meraviglioso, di delizie e di gioie infinite, con fontane di latte miele e cioccolata a disposizione di tutti i bimbetti.
Appena ebbi planato, mi ritrovai sotto un cavolo, fra le braccia di mia madre e circondato da medici ed ostetriche: capìi subito che le cose non sarebbero andate come per 9 mesi avevo sperato!
Crescendo, infatti, ho visto con disgusto, e qualche volta anche patito, immoralità d'ogni genere, illecite sperequazioni, diffuse illegalità e tante, tante miserie umane, sia fisiche che psichiche, con sofferenze e pene assai esulceranti!
Quale, di questi ultimi accidenti, non è addebitabile a un qualche malanno?
Ritengo la risposta del tutto superflua chè, proprio ìo, ho provato sulla pelle non solo angustie e dolori, ma anche pene e crude sofferenze afferenti a certe affezioni testardamente refrattarie persino a cure specialistiche ben mirate.
Trascuro le affezioni di minor nocumento per soffermarmi più esaurientemente su quella che mi costrinse a piegare il capo in segno di resa: sperso per misteriosa malìa in un innaturale buio, istintivamente ho alzato gli occhi verso l'amata Sirio per salutare in essa il nuovo giorno, ma non la vidi!
Fu, quello, l'infausto segno astrale che gli dèi si erano compiaciuti per la mia cecità!
Piansi e gridai ma i fosfemi, diaboliche lucine bianche, continuarono impietose a rosicchiare ugualmente le mie povere pupille mentre, aspri ed inquietanti, i primi sintomi d'una ipocondria si facevano allarmisticamente notare.
Con la speranza d'una catarsi liberatoria pensai, fiducioso, di chiedere aiuto psicologico ad un computer dotato di sintesi vocale e, con il suo supporto, giorno dopo giorno, sono giunto ad avvertire un sostanziale sollievo e una decisa rassegnazione a vivere nella nuova dimensione di "non vedente".
Rivisitando, ora, e vivacemente ricolorando lontani ricordi e malanni scordati, desidero realizzare, fra il serio ed il faceto, fra il vero ed il verosimile, una mia biografìa, briosamente scanzonata in modo da poter tranquillamente ringraziare coloro che hanno capito il dramma di chi, inopinatamente, viene a trovarsi privo della preziosa luce oculare, e anche per dare conforto e speranza a chi, privo di reattività, soffre, e forse più di me, per mali assai invalidanti!
Per quanto riguarda la forma espressiva, cioè quella che gli addetti ai lavori molto semplicisticamente chiamano "stile", mi riprometto di estrinsecare il mio pensiero non certo con il noioso rigore che spesso, per confonderci, fuoriesce fumoso dalle aggrovigliate sinapsi di tanti noti sapientoni ma più SEMPLICEMENTE, per dare chiarezza vivacità e piacevolezza a questo strampalato eloquio, preferisco dapprima ridere del mio stesso "pisellino", e se ciò dovesse sembrare un po' osè, provvederò ad ovviare all'inconveniente con un personalissimo antidoto: metafore, eufemismi, vaghe allusioni, sfumature e accostamenti letterari tutti fine a se stessi e mai con intendimenti volgarotti!
Quindi, Vi prego, non saltate sulla sedia se dovesse capitare d'imbatterVi in qualche casuale licenziosità chè, per insufficiente mia chiarezza, potreste fraintenderla per volgare scurrilità; tale equivoco, però, non dovrebbe accadere perché farò di tutto per dare alla Vostra lettura solo piacevolezza e lieta goduria!
Un augurio ed un saluto affettuoso.


FRANCESCO LAZZARA

 

DALL'1 AGOSTO 2017, PRESSO LE LIBRERIE E LE EDICOLE DELA ZONA CENTRALE NEBROIDEA, OPPURE CONTATTANDO LA CASA EDITRICE ARMENIO DI BROLO- TEL 0941.565334,  -  348. 4723922  ; E-MAIL <grafica@armenioeditore.it

 

 

 

 

 

 
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LONGI

Post n°2823 pubblicato il 04 Aprile 2017 da gazimo08
Foto di gazimo08

 

Alle pendici delle Rocche del Crasto      una start-up anomala:Angelo Pidalà

di NINO VICARIO

ERA il pomeriggio del giorno di San Valentino e da allora i giovani della cittadina nebroidea sono in gran fermento: Angelo Pidalà, ideatore della “Casa del sole” situata alle pendici delle Rocche del Crasto, si presenta in piazza Umberto I e legge, commentandola, qualcosa che ha toccato profondamente tutti i presenti, una missiva che lui ha definito essere  <<Pensieri d’amore da un luncitanu, al suo amato paese>>. Al termine del monologo della durata di un’oretta, tra l’unanime stupore, distribuisce uno scritto spalmato in  ben 20 fogli formato A/4 invitando, soprattutto i giovani, a leggerlo, ma “con il cuore”.

 Quello di Angelo, che ha fatto ritorno a Longi dopo essere vissuto a Roma dove gestiva una sala per signore, vuole essere uno “svegliamoci ragazzi, la nostra Longi è uno scrigno di ricchezze naturali, uniamo le nostre forze per realizzare qualcosa che possa dare lustro al nostro paese, ad esempio il turismo rurale. Esso non contamina, non danneggia, ma tutela natura e naturali che, stanchi delle frenesie della costa e della città, troverebbero fra i nostri monti la linfa per ritemprare le esauste forze spirituali e materiali. Tutto ciò è possibile – è il ragionamento -  se ci uniamo in un comune obiettivo: fare della nostra Longi un polo d’attrazione naturale, dove – l’una e l’altra iniziativa – non siano concorrenti, bensì diverse nella “diversità”. Pidalà, inoltre, mette in guardia i giovani affinché evitino di guardare speranzosi altrove, a quell’altrove che non è strabico ma utilitaristico che pensa ad arricchimenti facili per sé e in una piccola realtà qual è Longi, non si guadagna nulla, non c’è nulla da arraffare.

Ciò che propone Angelo Pidalà è una sorta di “start-up Nebrodi anomala”, essa è “disarmata” non ha un “prototipo” da proporre nel circuito dell’incubatore di progettisti, non chiede finanziamenti (tanto non gliene assegnano!), è solo un invito ai giovani longesi di “tuffarsi” nel tesoro naturale che li circonda, dove – se si scava in profondità – vi si troverebbe lavoro e sviluppo per loro e per Longi tutta. E allora – soggiunge questo “luncitanu innamorato della sua Longi” -  pensiamo per un momento a noi stessi, e mettiamo a frutto tutto quello che madre natura ad ognuno di noi  ha fatto dono: intelligenza e buona volontà. Angelo Pidalà, che in tempi non remoti, ha avuto la capacità di “cambiare destinazione d’uso alla cioccolata”: ha creato, infatti, per le donne, l’acconciatura alla cioccolata. Inoltre, tra i sassi e la natura incontaminata delle Rocche del Crasto, ha fatto rinascere strutturalmente – ora sono dieci anni - la “Casa del sole” meta di turisti soggiornanti che amano la natura e la buona cucina.

 

 

 
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E LO E' ANCORA

Post n°2821 pubblicato il 24 Marzo 2017 da gazimo08
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da FACEBOOK

QUESTO ERA IL MIO PAESE (clicca sopra)


 

G.Z

 
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LETTERA AI LONGESI

Post n°2820 pubblicato il 22 Febbraio 2017 da gazimo08
Foto di gazimo08

Pubblichiamo, senza un intervento di restyling, il testo della lettera ai longesi di 

 ANGELO PIDALA'

 (CLICCA SOPRA)

 

 

 

 

 
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L'ULTIMO ROMANZO SCRITTO DA GAETANO ZINGALES

Post n°2819 pubblicato il 21 Febbraio 2017 da gazimo08
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L'ULTIMA BARONESSA (Clicca sopra)

Romanzo

Recensione di

Rosa Angela Fabio *

 

Il romanzo di Gaetano Zingales “L’ultima baronessa” narra le vicende storiche e personali della famiglia del Barone di Mangalavite, Don Averardo Montemylè e della figlia Angela nel periodo che va dalla fine dell’800 alla prima metà del '900. Tutte le vicende storiche vengono presentate attraverso gli occhi di tantissimi personaggi che si intrecciano e diventano co-protagonisti come la famiglia del Marchese Dellosso Lanzetti e anche le famiglie dei contadini di Castel Lungo che testimoniano la durezza delle condizioni socio-economiche che stanno attraversando. Il romanzo, oltre ad essere il frutto di ricerche storiche e analisi di documenti attendibili, è permeato da un filo magico che lo attraversa con delicatezza: la storia passionale di Angela, baronessa di Mangalavite, con il fattore Turi.

Avvincente e vivido come un film, il romanzo di Gaetano Zingales cattura immediatamente il lettore, trasportandolo indietro nel tempo per rivivere, quasi in prima persona, quanto raccontato. All’interno della trama generale sono inseriti tanti “racconti nel racconto” che danno luogo a una creatività e vivacità che tiene incollata al testo l’attenzione del lettore. Tali digressioni allargano la visuale narrativa e vanno a descrivere nel dettaglio l'ambiente, gli odori, i profumi, la potenza catartica delle relazioni sessuali.

Lo stile narrativo è in generale fluido e semplice ma quando ci sono tali inserzioni si trasforma: diventa aulico e antico quando le inserzioni riguardano documenti storici e diventa pura lirica quando le inserzioni riguardano le poesie, che raggiungono il loro acme in quelle dedicate alla mamma o alla donna desiderata.

Il libro mi ha coinvolta ed emozionata tantissimo. Anche se è inserito in un contesto in cui il modo di vivere e di pensare è tipico di quel periodo, le emozioni che trasmette sono universali e trascendono la localizzazione spazio-temporale presentata. Le emozioni suscitate hanno un range molto ampio: vanno dall’angoscia quando vengono descritte scene di crudeltà inaudita perpetrate ai protagonisti alla felice armonia quando vengono trasmessi valori importanti quali la famiglia, l’amore, l’onestà, l'amicizia, la fedeltà e l'onore.

Dalle parole di Gaetano Zingales traspare in modo chiaro l'importanza che hanno per lui questi valori, ma traspare anche la passione per quanto descritto.

* Docente universitaria

 

 

 
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LONGI

Post n°2818 pubblicato il 09 Novembre 2016 da gazimo08
Foto di gazimo08

 

SOGNI DI CARTONE

Mostra antologica a cura di Mariateresa Brancatelli,

tenuta presso il Castello Medievale

 

Mariateresa Brancatelli, fresca di laurea in Architettura, durante il suo percorso universitario, ha svolto una ricerca antropologica sulla storia dell’emigrazione italiana nel corso degli anni che vanno dalla fine dell’ '800 a metà del '900.  In particolare modo ha voluto incentrare lo studio sul rapporto epistolare degli emigranti con la madre patria, analizzando lo scambio di foto che venivano fatte tra chi partiva, alla ricerca di una nuova vita, e chi restava in attesa di notizie dei propri familiari.

La Brancatelli  rammenta i problemi di oggi, alla luce di quello che accade in Sicilia presso le sue coste dove sbarcano – quelli più fortunati che riescono ad attraversare il Mediterraneo - gli emigranti che lasciano le coste africane per cercare lavoro che il loro paese non offre, nonché per fuggire da guerre civili e dalla fame.   “Gli anni passano – scrive l’Architetto -  ma le vicende non sono diverse. In questa maniera si vuole regalare, soprattutto ai giovani , un motivo per riflettere su chi siamo e chi siamo stati”.

Il lavoro, che è possibile definire agiografico, è stato oggetto di una Mostra antropologica “SOGNI DI CARTONE “ - Lettere e immagini degli emigranti con la madrepatria – che ha avuto luogo presso il castello  medievale di Longi  (ME), dove ha sede la Banca di Credito Cooperativo “Valle del Fitalia” .

La mostra è stata rivolta a tutti coloro che hanno avuto la voglia di tuffarsi in un passato che gli appartiene: la storia dei propri antenati e che hanno fatto dell’Italia un vanto in tutto il mondo. Alla scoperta di immagini e parole che hanno portato i fruitori a scoprire testimonianze uniche, ricche di cultura e di storia, la nostra storia.

L’esposizione ha avuto come obiettivo quello di fare conoscere attraverso le foto raccolte, le testimonianze degli emigranti. Incentrata sul rapporto epistolare, quindi lettere e scritti che hanno cercato di far capire le condizioni di chi partiva. Una parte è stata dedicata ai dati storici, quindi : grafici, analisi territoriale, immagini storiche dei giornali.

Il tutto intervallato da oggetti che ricordano la partenza o che rimandano al ricordo degli emigranti, quindi: valigie di cartone , passaporti, modellini di nave e sculture create per l’occasione.

Una sezione è stata dedicata anche alla video proiezione di foto che non verranno stampate. Non solo quindi foto ma un percorso sensoriale : tattile per chi ha voluto toccare con mano oggetti antichi, uditivo perché il tutto sé stato accompagnato dai canti degli emigranti, in particolare quelli della navigazione.

Mariateresa Brancatelli ha illustrato, durante la mostra, un sintesi della sua tesina, mettendo in risalto i punti più salienti della STORIA DELL’EMIGRAZIONE ITALIANA.

“Il più grande esodo migratorio della storia moderna è stato quello degli Italiani. A partire dal 1861 sono state registrate più di ventiquattro milioni di partenze. Nell'arco di poco più di un secolo un numero quasi equivalente all'ammontare della popolazione al momento dell'Unità d'Italia si avventurava verso l'ignoto.

Si trattò di un esodo che toccò tutte le regioni italiane. Tra il 1876 e il 1900 l'esodo interessò prevalentemente le regioni settentrionali con tre regioni che fornirono da sole il 47 per cento dell'intero contingente migratorio: il Veneto (17,9), il Friuli Venezia Giulia (16,1 per cento) e il Piemonte (12,5 per cento).  Nei due decenni successivi il primato migratorio passò alle regioni meridionali. Con quasi tre milioni di persone emigrate soltanto da Calabria, Campania e Sicilia, e quasi nove milioni da tutta Italia.

Nel grande fenomeno dell’emigrazione, che tanta parte ha avuto nella trasformazione sociale, economica e morale dell’Italia durante gli ultimi 80 anni, la Sicilia è venuta per ultima.

La sua emigrazione è avvenuta dopo il 1900, ma divenne ben presto intensa, superando in breve fasi di sviluppo che altrove richiesero più tempo.

L’emigrazione siciliana, nella quasi totalità si rivolgeva agli Stati Uniti (nel 1920 ben l’87 %), dove come è noto, i nuclei di siciliani sono importanti e hanno dato alla nuova patria anche personalità eminenti. Nel triennio 1946-48 gli emigranti siciliani per paesi transoceanici furono circa 21.000, cifra poi raggiunta nel 1950.

Era facile sognare nell’Italia della grande emigrazione. Il sogno di lasciare tutto per cercare fortuna.

E se alcuni sognavano altri vendevano sogni, cercando di accattivare con false promesse la gente che decideva di partire. Oggi accade la stessa cosa, si arriva in Italia consci di trovare tutto quello che non si ha bombardati da false credenze e dal sogno di una vita migliore. “

 

Gaetano Zingales

 

 

 
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Longi - La fragilitą della Rocca Stifani

Post n°2817 pubblicato il 07 Novembre 2016 da gazimo08
Foto di gazimo08


SI ASPETTA CHE CI SCAPPI IL MORTO?

di Gaetano Zingales
e con il contributo fotografico e di proposta
di Salvatore Migliore

A mia memoria, diverse volte dalla roccia del Pizzo Stifani, nel territorio di Longi, grossi massi si sono staccati per rotolare nella vallata, con enorme fragore e provocando anche gravi danni. Cito alcune date di eventi franosi: anni '60, anni '70, anni '80-'82, anno 2012, corrente anno. Qualche volta, si è corso il rischio che un automobilista, che transitava per la SP.157, venisse travolto dai massi che rotolavano lungo la costa per abbattersi sullo stradale e, indi, rovinare nel fiume Fitalia travolgendo alberi e piantagioni. Solo la fortuna o il destino hanno evitato la tragedia. Le conseguenze si sono riversate sul centro abitato di Longi, che si è visto interdetto il percorso per raggiungere, in tempi accettabili, i paesi viciniori e quella della riviera marittima. L'alternativa è stata la percorrenza dello stradale a scorrimento veloce da Galati M. Passi per i centri rivieraschi, ma per quelli lungo la SP 157, distanti pochi Km da Longi, occorre scendere a valle per poi risalire a monte. Il risultato? Spesa automobilistica e tempo di percorrenza triplicati.
Ogni volta si è dovuto attendere l'intervento pubblico, con i suoi lunghi tempi burocratici, per rendere agibile l'arteria interrotta. A parte i disagi enormi cui vanno incontro i cittadini longesi, occorre rendersi responsabilmente conto che qualche volta ci potrebbe scappare il morto.
E' necessario, pertanto, intervenire radicalmente per eliminare la cause degli smottamenti. Ogni soluzione tampone è aleatoria e si è dimostrata inefficace.
Vengono avanzate, pertanto, alcune sintetiche proposte, che riteniamo risolutive.
1.A monte della antica trazzera che congiunge S. Marco d'Alunzio e Longi (Filipelli), si potrebbe innalzare, a poca distanza dalla imponente rocca, un solido muro in cemento armato alto 10 o 15 metri in modo che i massi che si staccano dalla roccia madre verrebbero fermati dalla barriera muraria, cadendo nell'apposita risega o contrafforte realizzata tra la base della roccia ed il muro. I soliti ferma-sassi con palificazione in ferro e reti, in altri siti, si sono dimostrati inefficaci alla bisogna.
2.Nel lungo tratto sotto il monte, che va dal torrente (Rosa?) in contrada Castaneto sino al curvone di contrada Castiglione (se non addirittura oltre, rammentando la grossa frana degli anni '70 nelle vicinanze del torrente di Mastro Minico), sarebbe risolutiva la copertura del tratto stradale con una galleria in cemento armato.
3.Lungo la costa, occorre divellere gli alberi di leccio che crescono accanto a delle rocce in quanto le loro radici penetrano nelle fessure della pietra, la spaccano e la mettono in movimento sino a farla fuoriuscire dal terreno e , quindi, farla precipitare a valle; ciò si verifica maggiormente quando, d'inverno, la neve penetra nella fessura diventando ghiaccio ed agevola l'effetto della "eradicazione" della roccia dal suo posto.
4.Nelle more dei lavori per la realizzazione della protezione dell'arteria interessata, poiché è impensabile isolare il centro abitato - occorre evitare i disagi del percorso della strada "a scorrimento veloce" (si fa per dire) - è opportuno rendere agibile la strada che attualmente parte dal Vendipiano, scende al Castaneto, prosegue verso c. S. Lorenzo per risalire, in C. Castiglione immettendosi sulla SP 157. Magari instaurando il senso alternato, regolato da semaforo, nei tratti più stretti.
Queste di cui sopra sono modeste proposte, da profani, in quanto sarà compito dei tecnici e dell'Ente pubblico che gestisce le strade provinciali, individuare la soluzione migliore.
Si ribadisce con forza che è prioritaria la messa in sicurezza risolutiva (e non con misure tampone) di questo tratto di strada avendo presente, soprattutto, la vita dei cittadini che sono costretti ad usufruire di quella infrastruttura viaria. Ogni impedimento di natura economica è soltanto strumentale ed inaccettabile innanzi alla salvaguardia della vita umana.

 

 
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Intervista di Nino Vcario all'autore

Il mio zibaldone di racconti poesie ed altro

SAGGIO STORICO SU LONGI

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Gaetano Zingales

 

QUI AD ATENE NOI FACCIAMO COSI'

"Qui ad Atene noi facciamo così. Il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi, per questo è detto democrazia. Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alla proprie faccende private. Ma in nessuno caso si occupa delle pubbliche faccende per risolvere le sue questioni private. Qui ad Atene noi facciamo così, ci è stato insegnato a rispettare i magistrati e c'è stato insegnato a rispettare le leggi, anche quelle leggi non scritte la cui sanzione risiede soltanto nell'universale sentimento di ciò che è giusto e di buon senso. La nostra città è aperta a tutti ed è per questo che noi non cacciamo mai uno straniero. Qui ad Atene noi facciamo così" PERICLE ( 495-429 a.C.)
 

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Tra Krastos e Demenna

Saggio- Ricerca di

Gaetano Zingales

 

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