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140714 #2 - The Old Cuck - l'antefatto III

Post n°455 pubblicato il 14 Luglio 2014 da sciarconazzi

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L’ascensore si arrestò dolcemente e con un “pling!”, elegante al pari dell’arredamento dell’albergo, si aprirono le porte.
- Prego, signora… - disse il ragazzo.
Esmeralda uscì e si trovò in un corridoio male illuminato.
Il ragazzo la superò e si incamminò. Lei lo seguì.
Si arrestarono davanti alla porta della 157.
- Signora, il cliente ha chiesto di bendarle gli occhi
- Cosa?
- Ha detto che lei è libera di accettare. Accettare o andare. Ma senza benda non posso farla entrare…
Esmeralda teneva lo sguardo fisso sulla targa della porta come se quelle tre cifre avrebbero potuto aiutarla nella decisione.
“Se almeno 157 fosse stato divisibile per 3... Temo che sia un numero primo, però…”, si sorprese a pensare.
- Signora..? – la voce del ragazzo la riportò alla realtà e alla necessità di decidere.
- Mi bendi – risolse.
Il ragazzo ubbidì. Estrasse una striscia di stoffa nera e gliela passò sugli occhi. Strinse il nodo sulla nuca e si sincerò che non vedesse davvero e poi bussò energicamente con le nocche. Due colpi in rapida successione e uno distanziato.
“Un segnale…” pensò Esmeralda che udì i passi soffici allontanarsi sulla moquette.
Poi udì altri passi ovattati giungere dalla stanza.
Con uno scatto metallico, la porta si aprì. Percepì uno spostamento d’aria.
Una mano prese la sua e la guidò all’interno. Mentre penetrava in quella nuova, silenziosa e ovattata oscurità, la porta si richiuse alle sue
spalle con un tonfo. Trasalì.
Notò il ronzio elettrico delle lampade che cessò con il "clock!" di un interruttore.
Stava per dire qualcosa ma un dito le si posò delicatamente sulle labbra inducendola al silenzio.
Due mani le si poggiarono sulle spalle imponendole di stare in quella posizione.
Poi, le stesse mani, iniziarono a spogliarla lasciandola con la sola biancheria intima. Esmeralda sentì irrigidirsi. Venne fatta girare su se stessa. Poi la si fece arretrare di un passo. I polpacci urtarono qualcosa di tessile. Venne aiutata a sedersi. Capì di essere su un letto. Le mani la fecero distendere. Ebbe come l’impressione di percepire il calore corporeo dell’altro. “…è nudo?”, pensò. Il materasso ondeggiò. Qualcuno ci stava camminando sopra.
Sentì poi un caldo alito soffiarle nell’orecchio e una voce strozzata e senza timbro le sussurrava di mettersi gattoni.
Una mano le prese la testa e la fece avanzare in quella posizione di una decina di centimetri.
Poi qualcosa di caldo e consistente le sfiorò la guancia e prese ad accarezzarle il volto. Non fece in tempo a formulare il pensiero “è un Razzo”. Fu quasi liberatorio iniziare quell’osceno pino anonimo. Si rese conto che l’automatismo, almeno iniziale, l’avrebbe distratta dalle sue inquietudini permettendole di concentrarsi sul piacere di quell’azione con cui aveva una piacevole familiarità e che, nel corso degli anni, le aveva regalato parecchie soddisfazioni.
L’uomo doveva stare di fronte a lei in piedi e nella sua mente se lo immaginava con gli occhi socchiusi che la fissava gustandosi le sue abilità. E poi avrebbe girato gli occhi all’indietro nei momenti in cui lei avrebbe esercitato maggiore pressione.

 
 
 
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