Creato da: paperino61to il 15/11/2008
commenti a caldo ...anche a freddo..

Area personale

 

Tag

 

Archivio messaggi

 
 << Maggio 2023 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30 31        
 
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 

FACEBOOK

 
 

I miei Blog Amici

Citazioni nei Blog Amici: 88
 

Ultime visite al Blog

paperino61torbx1dglg1b9nomadi50elyravcassetta2DoNnA.SQuartoProvvisoriosquitti3Vince198antonino554esmeralda.carininorise1bubriska
 

Chi può scrivere sul blog

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 

Messaggi di Maggio 2023

 

Indagine al buio (10)

Post n°3072 pubblicato il 25 Maggio 2023 da paperino61to

Riassunto: Le indagini sul corpo senza vita ritrovato sulle sponde del fiume Po stanno prendendo una direzione. Sul corpo unico segno per cercare di risalire a chi fosse è un tatuaggio con la scritta Adua. Berardi  e i suoi colleghi con non poche difficoltà deducono che potrebbe trattarsi di un ex militare impegnato in quella battaglia e sicuramente di avere riconosciuto qualcuno che non avrebbe dovuto e per questo ucciso. Il commissario sa per certo che questa persona è la stessa che è venuto nella sua stanza di ospedale mentre era in convalescenza a domandargli aiuto, purtroppo Berardi essendo cieco non ha potuto fermare quest'uomo che è scappato via subito. 

inoltre a convincerlo ad indagare nonostante la sua infermità sono stati due biglietti anonimi messi in tasca a insaputa del commissario, la scrittura risulta essere di mano femminile. Le solo due donne imparentate con i soldati deceduti ad Adua e residenti a Torino sono Rossella Trevisan e Clara Rista, quest'ultima lavora all'ospedale dove Berardi era ricoverato. 

 

Come vorrei essere con i miei colleghi a porre le domande a quelle donne e invece…ancora una volta maledico il destino. Sento i passi della signora Desio: “E ‘l’ora della medicina commissario”.

Dopo cena io e Maria facciamo un giro nelle vie adiacenti alla nostra abitazione, la temperatura è piacevole e il vociare delle persone in strada è gradevole, immagino i bambini che giocano a rincorrersi in piazza o a palla.

“Allora Marco la prossima settimana hai la visita dal dottor Sommi se non sbaglio”.

“Si! Venerdì prossimo…ti prego solo non domandarmi come sto…”.

“Non te lo chiederò, però non puoi togliermi la speranza”.

“Non lo farò Maria, non sarebbe giusto però bisogna mettere in conto anche il peggio”.

“Credi che non ci abbia mai pensato? Ma mi rifiuto che tu non possa più vedere, faremo di tutto e se necessario andremo anche in America, ho sentito dire che in quel paese ci sono validi dottori”.

“Faremo come dice la canzone: mamma mia dammi cento lire che in America voglio andar”.

“Sei…sei sciocco…ma adorabile”.

Il telefono squilla e domando alla signora Desio se può rispondere.

“Sono i suoi colleghi, vorrebbero parlarle, aspetti che l’aiuto”.

“Buongiorno commissario, sono Tirdi, abbiamo alcune notizie interessanti”.

“Ti ascolto”.

“La Trevisan non ha nessuna fotografia del cugino con i suoi commilitoni e nemmeno ha mai sentito parlare di Vettini e Ciardi. Non ha ricevuto molte lettere dal cugino, e quelle poche erano datate un paio di mesi prima che morisse”.

“Per la Rista?”.

“Qui la cosa cambia, ha una lettera del marito nomina in cui nomina il tenente Vettini e il suo attendente Ciardi. Usa parole sprezzanti come: vigliacchi, imboscati e altre ancora di questo tenore”.

“La signora ha delle foto?”.

“Si, me le ha mostrate. Suo marito è con un gruppo di militari, tra loro vi sono anche le due persone su cui stiamo indagando”.

“Sul personale che lavora all’ospedale cosa sa dire?”.

“Ovviamente non può conoscerli tutti, e alla domanda precisa se ha sentore che Vettini e Ciardi possano essere presenti in ospedale, ha abbassato lo sguardo e si è chiusa nel silenzio”.

“Credi che abbia avuto paura?”.

“Si! Ne sono sicuro, bisogna ora vedere se loro sanno chi è la donna”.

“Bravo Tirdi, ora per essere sicuro che sia la Rista la persona che mi ha scritto i biglietti, cerca di trovare delle lettere scritte da lei così facciamo il confronto”.

“D’accordo andrò subito, le dirò che ho bisogno di una sua deposizione…qualcosa mi invento di sicuro”.

Come avevo ipotizzato la scrittura è la stessa, la sconosciuta dei messaggi e Clara Rista sono la stessa persona.

“Il perito calligrafo non ha nessun dubbio”.

“Ora però bisogna convincere la signora a parlare, vai con Perino e portatela qui da me, vediamo se riesco a convincerla”.

Immagino già la faccia di Maria se viene a sapere che non solo sto indagando su un omicidio ma che addirittura porto un testimone in casa, il tutto nelle mie condizioni di salute.

Ci penserò a suo tempo, ora il problema è che la donna confessi di conoscere i due disertori.

“Buongiorno signora Rista, grazie per essere venuta. Come può notare io avrei avuto dei problemi non di poco conto a venire da lei”.

“Buongiorno commissario Berardi, nessun problema, so delle sue condizioni, faccio l’infermiera e le mie colleghe mi hanno accennato a cosa le è accaduto”.

“Benissimo, ho qui due biglietti, Tirdi per favore falli leggere alla signora”.

La donna prende i biglietti: “Non capisco”.

“Dice? Confronti la scrittura con quello che ha compilato ieri con il mio collega”.

“Non so, cosa dovrei vedere”.

“Che la scrittura è uguale per entrambi i biglietti. Cara signora Rista, lei è la mandante dei biglietti! E’ lei che mentre io stavo aspettando che arrivasse il dottore per visitarmi, mi infilava in tasca il secondo biglietto, non menta!”.

Sento la donna alzarsi ma Tirdi la invita a sedersi di nuovo.

“Senta signora, io sto indagando su un omicidio, la vittima, e ne sono convinto, ha riconosciuto le due persone di cui lei accusa di essere degli assassini e della morte anche di suo fratello a Adua”.

“Io…non so nulla, non sono io ad avere scritto i biglietti, mi scusi ma devo andare al lavoro”.

“Signora, se lei non ci aiuta i morti di Adua non verranno vendicati compreso suo marito. Chi sono queste persone? Ci dica i loro nomi…la prego”.

La donna si chiude nel silenzio e solo dopo diversi minuti decide di parlare.

“Va bene commissario, lo farò per il mio povero marito e per tutti quei poveri ragazzi. Non so dire i loro nomi che ovviamente non sono quelli veri. Tutto inizia un mese fa, facevo il turno di notte e vedo Vettini camminare nel corridoio con il carrello della spazzatura. Per me è stato uno shock vederlo, sapevo che era morto a Adua, che tutto il suo plotone era stato spazzato via. Decido di seguirlo, lui prende l’ascensore per andare nei sotterranei dell’ospedale. Io prendo le scale, non mi nota né mi sente, vedo che si incontra con un uomo, è Ciardi. Mi appoggio al muro per non cadere e soprattutto mi copro la bocca per non urlare. In quel momento capisco che i due hanno fatto credere a tutti che erano morti ma che in realtà erano vivi e vegeti, erano dei disertori”.

“Lei è sicura che i due siano Vettini e Ciardi?”.

“Come ora vedo lei e i suoi colleghi”.

“Ha provato a sapere i loro falsi nomi?”.

“Certamente, ma ho dovuto fermarmi, avevo paura di farmi scoprire. Avevo domandato al capo turno che gestisce le pulizie nel turno di notte in ospedale ma mi ha fatto mille domande”.

“A quel punto ha pensato bene di avvertire noi della polizia giusto?”.

“Si, dopo che ho letto della persona ritrovata a pochi passi dalle Molinette. Una collega ha visto la vittima uscire da una camera dell’ospedale in grande agitazione urlando frasi sconnesse. Immediatamente è stato sedato e messo in un letto, ma il giorno dopo era scomparso”.

 

“Cosa pensa sia successo?”.  

(Continua)

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Indagine al buio (9)

Post n°3071 pubblicato il 24 Maggio 2023 da paperino61to

Riassunto: Le indagini sul morto ritrovato sotto il ponte a Torino stanno prendendo una direzione ben precisa. Seppur menomato il commissario Berardi con i suoi colleghi sono propensi anche grazie a dei biglietti anonimi a credere che l'assassino o gli assassini siano da ricercare nel personale dell'ospedale Molinette, posto dove era ricoverato Berardi dopo un conflitto a fuoco. Nonostante il parere contrario del medico che lo ha in cura e Maria che gli ricorda la seria possibilità di rimanere cieco se non riposa abbastanza, Berardi continua a lavorare cercando di non fare trapelare nulla alla sua compagna. Gli indizi puntano al tenente Vettini e al suo attendente Ciardi, morti ad Adua ma mai riconosciuti(volti sfregiati dal nemico)al confronto di tanti altri loro commilitoni.

 

 

La cugina del Cusano si chiama Letizia. La donna per quanto disponibile alle domande poste da Perino non ha saputo dire nulla più di quanto sappiamo già, ovvero ben poco.

“Tutto gira intorno al personale delle Molinette, ne sono convinto. Sento che siamo sulla pista giusta, non avrebbe senso avvertirmi che ci sono degli assassini in quell’edificio, perché una persona farebbe una cosa del genere?”.

“Ho fatto analizzare il foglietto, la scrittura è di mano femminile”.

“Non so dirti il perché ma lo sospettavo, con Tirdi cercate di avere la lista dei deceduti ad Adua, può darsi che la donna del messaggio sia una parente”.

“D’accordo commissario, ha bisogno di qualcosa mentre sono qui?”.

Vorrei rispondergli la “vista” ma sarebbe una battuta sciocca e farei rimanere malissimo il collega: “No Perino grazie”.

Il giorno passa lentamente tra un discorso con la signora Desio e la sua premura nel farmi prendere le medicine.

“Ciao Marco, come va?”.

“Alla grande amor mio…uno spasso”.

Maria non ribatte, mi prende la mano e me la bacia, poi sfiora le mie labbra: “Ti va di uscire?”.

“Non sei stanca?”.

“Dammi solo il tempo di rinfrescarmi, se ti va possiamo passare da mamma Gina”.

“Non ho fame, se ti va bene possiamo andare al chiosco del Parco, dove fanno quel buon gelato”.

“Diavolo di un commissario, sai come tentarmi!”.

I giorni passano senza che io abbia un miglioramento, prendo quelle dannate medicine e a nulla servono se non aumentare il mio scoramento.

“Pazienza e tempo” continuano a ripetermi tutti quanti senza che si rendano conto di come mi fa male sentirlo dire.

“Commissario ho la lista che mi aveva chiesto, ora mi reco con Perino all’ospedale per avere quella del personale impiegato in ospedale compreso i medici, poi possiamo passare da lei?”.

“Bravo Tirdi, si passate pure tanto un cieco dove volete che vada? Dico alla signora Desio di prepararvi il caffè prima di andare via”,

“Prego signori entrate pure e accomodatevi”.

“Grazie signora”.

“Fatemi un favore…cercate di tranquillizzarlo è piuttosto nervoso, lo posso capire e mi fa pena vederlo in questo stato, ma sono sicura che tutto si risolverà per il meglio”.

“Faremo del nostro meglio signora, stia tranquilla”.

“Arrivederci commissario, ci vediamo domani mattina, mi saluti Maria”.

“Bene ragazzi che novità mi portate? Però prima prendetevi il caffè, dovete solo accendere la caffettiera che è già pronta”.

Perino legge prima la lista dei deceduti e poi del personale impiegato nell’ospedale.

“Noi abbiamo cerchiato due nomi e sono quelli di Trevisan e Rista. Ora bisognerebbe capire se sono parenti oppure no”.

“Scommetto di si, almeno uno di sicuro. Sono ambedue donne”.

“Quindi probabili mittenti del messaggio”.

“Esatto Perino!”.

Rimaniamo d’accordo che una volta che escono da casa mia si rechino da queste due donne.

Il telefono squilla verso il primo pomeriggio.

“Commissario sono Tirdi, volevo dirle che entrambe le donne sono imparentate con i soldati morti a Adua, si chiamano Rossella Trevisan che è la cugina di Adelmo e Clara Rista, moglie di Giuseppe. Come sappiamo i due uomini sono morti nella battaglia di Adua”.

“Le avete parlato presumo?”.

“Si, la Trevisan lavora come cameriera all’Hotel di via Genova mentre la Rista è infermiera alle Molinette, inoltre a nessuna delle due donne abbiamo accennato ai messaggi che lei ha ricevuto”.

“Avete fatto bene, mi sta venendo in mente una cosa, domandate a queste signore se hanno delle fotografie dei mariti e dei loro commilitoni, chissà che non vi siano anche i due disertori nonché probabili assassini”.

 (Continua)

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Indagine al buio (8)

Post n°3070 pubblicato il 23 Maggio 2023 da paperino61to

Riassunto: Il commissario Berardi è impegnato su due fronti: uno esteriore(indagine su un cadavere ritrovato senza documenti e come indizio solo un tatuaggio con inciso Adua) e l0altro interiore( la cecità causata da un conflitto a fuoco con dei malfattori). Sul fronte dell'indagine qualcosa si muove, un paio di biglietti ritrovati in tasca indicano che la vittima è stata uccisa da qualcuno e che chi l'ha scritto probabilmente conosce gli assassini. Con l'aiuto del ministro Farinacci riesce a farsi dare la lista dei deceduti e dei sopravissuti alla battaglia di Adua(questo era il vero significato del tatuaggio). Due nomi incuriosiscono Berardi: il tenente Vettini e il suo attendente Ciardi, entrambi morti nella battaglia e gli unici sfigurati fino ad essere irriconoscibili. 

 

“Gli assassini sono qui, vendicate i morti di Adua”.

“Tirdi, che ne pensi?”.

“Che la vittima ha riconosciuto qualcuno che non doveva e che questo qualcuno si è sentito in pericolo e quindi ha dovuto ucciderlo”.

“Però c’è qualcun altro che sa, magari anche il nome o i nomi,visto che il biglietto parla al plurale”.

“Non credo commissario altrimenti avrebbe scritto i loro nomi”.

“Giusto, ma ne parliamo dopo”.

“Allora Marco, il professore mi ha spiegato la situazione e spero che farai come ti ha detto per filo e per segno. Sia io che la signora Desio ci impegniamo a far sì che tu seguirai alla lettera la cura data…e questo vale anche per te, caro Tirdi. Il commissario ha bisogno di assoluto riposo, sottolineo riposo!”.

Inutile ribattere, capisco quando è meglio tacere, conosco Maria e in casi come questi è meglio non dire nulla, anche perché ha perfettamente ragione.

Torniamo a casa e nel percorso domando se ricordano il nome dell’infermiera che mi ha accompagnato nello studio.

Nessuno dei due lo sa, Tirdi mi dà una descrizione, ma è alquanto generica, mentre Maria ammette di non averci fatto caso.

Nel pomeriggio mi faccio comporre il numero dell’ufficio dalla signora Desio e parlo con Perino.

“Il collega mi ha detto del biglietto commissario, lei non ha idea di chi possa averglielo dato? Non ha riconosciuto la voce? Magari era quell’infermiera quando era ricoverato”.

“No Perino, l’avrei riconosciuta. Ho come l’impressione che dopo avermi fatto accomodare nello studio sia poi entrata un’altra persona, e che sia stata quest’ultima a mettermi il biglietto”.

“Non sarà facile rintracciarla, il via vai nei corridoi dell’ospedale è sempre caotico”.

“Prova a tentare, hai altre novità in merito all’inchiesta?”.

“Nessuna purtroppo, sembra che l’ufficiale e il suo attendente siano effettivamente morti ad Adua”.

“Come sono stati riconosciuti i corpi? Solo dalla divisa o anche da altro?”.

“Da un anello che indossava il tenente Vettini”.

 “E il Ciardi?”.

“Dalla divisa si dà per scontato che essendo sempre insieme quel corpo sia dell’attendente”.

“Quindi delle prove molto labili”.

“Se la vediamo da un certo punto di vista direi di sì commissario”.

“Fai una cosa Perino, prova a sentire se dai porti di Libia e Etiopa siano partiti dei piroscafi con degli italiani a bordo”.

“Ci proverò, ma sicuramente se fosse così credo che Vettini e Ciardi abbiano dato dei nomi falsi”.

“Ovvio, ma potremmo poi confrontarli con i nomi di chi lavora alle Molinette”.

Verso sera viene a trovarmi il questore e mi esorta a stare a riposo.

“L’arma ha bisogno di gente come lei. I suoi uomini so che stanno lavorando ad un’indagine…non importa Berardi come lo so, non è questo il punto, la conosco troppo bene”.

Maria bisbiglia qualcosa sottovoce e so che non è nulla di buono quello che mi aspetta dopo.

“No signor questore, l’unica cosa che ho detto loro quando mi hanno letto il rapporto del dottor Stresi, è che sicuramente la vittima ha riconosciuto l’assassino o gli assassini e che costoro sono da ricercare nel personale dell’ospedale”.

“Va bene Berardi, le credo e lei santa donna mi dovrebbe dire il suo segreto per sopportarlo…arrivederci e mi raccomando!”.

Il silenzio è calato nell’appartamento, un silenzio gelido.

“Maria, mica crederai che stia indagand! Ho intenzione di recuperare la vista, cosa credi?”.

“Cosa credo io poco importa Marco, è cosa credi tu piuttosto: Ti conosco troppo bene e so quanto sei ligio al lavoro e se hai per le mani un’indagine non la molli fino a quando non arrivi al colpevole…qui però tu rischi di rimanere cieco per tutta la vita, è questo quello che vuoi?”.

Sento i suoi passi allontanarsi, cosa posso rispondergli? Ha ragione in pieno, il mio dovere anche morale è di prendere gli assassini a qualsiasi costo, ma a quale prezzo?

 

 

Dai nomi dei deceduti ad Adua non caviamo nulla, tranne uno: Vittorio Cusano ha una cugina che abita in zona Madonna di Campagna. Perino prova a contattarla ma la figlia dice che è al lavoro.

“Lavora alla mensa della scuola materna di zona”.

“Cosa aspetti? Vai a trovarla anche sul posto di lavoro, magari potrà fornirici delle informazioni utili”.

Tirdi intanto riesce con non poca fatica ad avere l’elenco dei passeggeri italiani dei piroscafi.

“Due soli erano diretti in Italia, ambedue hanno fatto scalo a Napoli. Ho confrontato i nomi con chi lavora all’ospedale ma non coincidono. I casi sono due, o sbagliamo ipotesi oppure hanno cambiato nome di nuovo”.

“Se sono venuti a Torino, hanno per forza di cose dovuto avere dei documenti di identità anche perché devono presentarli al datore di lavoro. Prova a sentire il nostro amico Gagliardi”.

“Il falsario?”.

“Si! Se non alle Nuove come il suo solito dovresti trovarlo a casa sua in via Assarotti, il numero non me lo ricordo, se non ha fornito lui quei falsi documenti può darsi che ne sappia qualcosa”.

“D’accordo commissario ci vado subito”.

Sento il sole scaldarmi il volto, chissà se rivedrò di nuovo il sole. Sento la signora Desio venirmi incontro, è l’ora della medicina.

“Bravo commissario, ammetto che lei è un paziente d’oro, fossero tutti come lei, mi creda ho alcuni signori che accudisco e che mi fanno penare quando devo dare loro le medicine”.

“Posso immaginarlo, io spero solo che facciano effetto e senta…mi faccia un favore, non dica nulla a Maria che sono venuti i miei colleghi”.

“D’accordo non dirò nulla, ma lei sbaglia a non riposarsi, una volta che si riprende può continuare lo stesso l’indagine o sbaglio?”.

Ha ragione da vendere la Desio, ma una cosa le sfugge come a Maria, che se non tengo impegnato il cervello rischio di impazzire, è un modo per non piangersi addosso.

 (Continua)

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Indagine al buio (7)

Post n°3069 pubblicato il 22 Maggio 2023 da paperino61to

Riassunto: Nonostante il commissario Berardi sia convalescente con la perdita della vista dopo un conflitto a fuoco, con i suoi colleghi è impegnato nello scoprire l'assassino o gli assassini che hanno ucciso un uomo. La vittima senza documenti e con volto sfigurato, unica traccia un tatuaggio sul braccio: Adua. Berardi per puro caso riesce a collegare quella parola alla disfatta subita dal Regio esercito ad Adua. Chiede aiuto a Farinacci per avere il via libera a porre domande ai vertici militari e grazie a quest'ultimo riesce a ottenere una lista dei morti e dispersi piemontesi. Solo due di essi hanno subito scempio dai nemici in modo da renderli irriconoscibili, uno di essi è il tenente Basile Vettini e il suo attendente Ciardi. Il tutto mentre il commissario combatte una battaglia interiore nella paura di rimanere cieco per sempre.

 

Usciti i due colleghi mi alzo e lentamente vado a sdraiarmi nel letto. La signora Desio domanda se ho bisogno di aiuto, rispondo di no, che l’unico aiuto sarebbe se potesse ridarmi la vista. La sento singhiozzare e le domando scusa per la mia indelicatezza verso chi si prodiga per farmi stare meglio.

Nel pomeriggio Maria mi domanda se ho voglia di uscire, le rispondo di no: “Se vuoi torna pure in negozio”:

“Marco ti farebbe bene uscire, oggi c’è un bel sole”.

“Non ti offendere ma preferisco rimanere qui, dovrebbero venire Perino e Tirdi a trovarmi. Dimenticavo, ha chiamato il mio amico Ettore, ti saluta Lidia”.

“Grazie, stasera magari la richiamo, spero stiano bene”.

“Si, bene…però se puoi…”.

“Non gli hai detto cosa ti è successo vero?”.

Il mio silenzio è la risposta alla sua domanda”.

“Ettore è tuo amico, perché mentirgli?”.

“Non lo so, mi è venuto spontaneo non metterlo al corrente, lo so che è sbagliato, ma non voglio che mi si …mi si compatisca”.

“Nessuno ti compatisce amor mio, tutti noi vogliamo solo il tuo bene e se Dio decidesse di non farti vedere più la luce vorrà dire che bisognerà seguire ciò che ha deciso”.

“Dio? Mi farebbe piacere scambiare due parole con lui…ma non ho voglia di discutere di teologia…vieni qui Maria ho voglia di abbracciarti”.

Le novità sull’indagine non fanno sostanziali passi avanti. I superstiti di Adua nati a Torino sono per fortuna tutti residenti in città e verranno convocati in questura domani, gli altri due verranno convocati il giorno seguente.

“Se vuole assistere commissario la vengo a prendere” domanda Tirdi.

“No grazie, fate voi a me basta essere messo al corrente, lo vedi un testimone che parla con un commissario cieco?”.

Il giorno dopo il solerte Tirdi accompagnato da Perino vengono a farmi il resoconto delle deposizioni dei due ex militari. 

“Il primo si chiama Filiberto Massa e abita con la moglie in via Cigna al numero 34, il secondo si chiama Gianni Chetto, vive con la madre in via Val della Torre al numero 10. Entrambi appartenevano al XI battaglione comandato dal tenente Basile Vettini di Leinì, ma avevamo già questo nome. E ‘uno di quelli con il volto sfigurato”.

“Non ti hanno detto nulla dell’altra persona irriconoscibile?”.

“Entrambi credono sia Gianluca Ciardi attendente del Vettini, erano sempre insieme”.

“Non hanno trovato strano che siano stati sfigurati fino a renderli irriconoscibili?”.

“A questa domanda hanno risposto in maniera diversa, il Massa non si è stupito più di tanto, il popolo del Negus erano dei selvaggi, mentre il Chetto non si capacita di tale ferocia. Quest’ultimo ha visto i corpi, era legato al tenente da una vecchia amicizia”.

“Gli altri due che vivono fuori città?”.

“Nulla di interessante, l’unica cosa che gli accomuna è che anche loro hanno trovato strano che ai due commilitoni abbiano usato una tale violenza”.

“Erano tutti aggregati a quel battaglione se non ho capito male”.

“Si! Tutti agli ordini di Vettini…c’è una cosa che mi ha lasciato stupito, quando ho domandato che ufficiale era, tolto Chetto, tutti gli altri hanno detto che preferivano tenersi per loro la risposta, solo Massa si è sbilanciato facendo capire che non era certo un cuor di leone il loro superiore”.

“Perino, prova a sentire il comando militare per sapere cosa ne pensano del tenente Vettini. Tu Tirdi prova a contattare i parenti dell’ufficiale e di Ciardi”.

“Già fatto commissario, a Leinì paese di nascita del tenente, il padre è morto qualche un paio di anni fa mentre la mamma di Vettini è morta nel 1925. L’ufficiale non è sposato anche se aveva una relazione con una ragazza del paese, tale Lidia Fusaro. Ho sentito anche lei e ha riferito che già alla partenza per l’Eritrea non erano più insieme”.

“Bravo Tirdi, ora vedi di scoprire qualcosa di Ciardi…adesso se volete vi offro il pranzo da mamma Gina, dovete però farmi da guida”.

Entro all’ospedale con passo lento e schiena curva, Maria e Tirdi mi accompagnano, oggi è il gran giorno, il luminare proposto dal medico che mi ha preso in cura darà il suo responso.

“Marco, stai tranquillo d’accordo? Qualunque cosa ti dica tu stai tranquillo, non ti lascio solo e lo sai manco Tirdi e tutti i tuoi amici…me lo prometti?”.

 

Bella parola la promessa, vorrei ribattere ma rinuncio, non ne la forza né la voglia.

Ci sediamo nella panchina posta nel corridoio e aspettiamo. Il via vai di gente è continuo, tra dottori, infermieri, parenti e pazienti.

“Venga signor Berardi, l’accompagno dal dottor Sommi è lo specialista di Marsiglia…si appoggi a me”.

L’infermiera mi aiuta ad entrare nella stanza e sedermi.

“Il dottore arriva subito”.

Poi sento una mano che si infila nella tasca della giacca, domando cosa stia succedendo ma non ottengo risposta. Dentro di essa tocco un foglio di carta, maledetta mia cecità e impreco ad alta voce.

“Buongiorno signor Berardi, sono il professor Sommi, il mio collega mi ha spiegato cosa le è successo. Ho letto con interesse la sua cartella medica e credo di poter dire che la sua cecità non è definitiva, ma lo potrò dire con più sicurezza dopo averla visitata. Infermiera, aiuti il signore a sedersi sulla poltrona”.

La voce della donna è diversa da chi mi ha accompagnato nello studio. Non so dire quanto tempo sia rimasto, il tempo è relativo nelle mie condizioni. Nonostante il parlare del medico, la mia mente è proiettata su quel foglio che ho in tasca, a pensare cosa potesse esserci scritto.

“Bene, abbiamo finito. Ora le prescrivo delle gocce, sono da mettere due volte al giorno inoltre dovrà fare degli impacchi con acqua calda assieme alla medicina che le prescrivo, sono sincero quando le dico che riprenderà a vedere. Il riposo accompagnato a ciò che le ho segnato farà il suo corso. Capisco che per una persona attiva come lei sia difficile rimanere fermo, ma se vuole che i suoi occhi tornino come prima deve seguire le mie indicazioni”.

“Seguirò le sue indicazioni professore”.

“Perfetto, so che lo farà, le fisso un appuntamento tra quindici giorni, secondo me un miglioramento ci sarà già e potremo valutare il da farsi, arrivederci e mi raccomando segua le prescrizioni”.

Quando esco dallo studio Maria viene chiamata dallo specialista e sento che confabulano tra loro. Tirdi mi domanda come è andata e rispondo che devo seguire attentamente ciò che mi ha detto.

“Conoscendola ci credo poco commissario”.

“Abbiamo un delitto da risolvere, questo è il foglio che qualcuno mi ha messo in tasca quando ero nello studio”.

 (Continua)

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Serata Cannon

Post n°3068 pubblicato il 20 Maggio 2023 da paperino61to

In una Torino piovosa il rockcafè ritorna su questi schermi a farvi ascoltare un pò di rock'roll dei bei tempi...a voi Freddy Cannon. Buon fine settimana a tutti voi. 

 

 

        

 

 

 

 

         

 

 

 

 

         

 

 

 

 

          

 

 

 

 

     

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963