caro stefano, un mio caro amico, uomo intelligente e colto, sostiene che il problema della coscienza sia in un certo senso al di fuori della possibilità di essere *posto*, e tantomeno risolto, dall'interno della coscienza stessa.
io non so se abbia ragione; credo che ciò abbia a che fare con qualche paradosso nel senso di godel, su cui sono molto ignorante; comunque non posso che constatare, nel suo caso, che insegna economia dei derivati finanziari all'università, e ogni settimana gioca al superenalotto, quindi non è molto forte nei ragionamenti probabilistici.
io credo che rispondere alla domanda 'che rapporto c'è tra mente e cervello', o 'tra coscienza e cervello', sia rispondere alla domanda fondamentale della filosofia, niente di meno. perché c'è dentro tutto, dal mito della caverna a cartesio a merleau-ponty.
allo scopo di arricchire la tua conoscenza come la lettura del tuo blog ha arricchito la mia, e anche al fine di distoglierti dall'interesse malsano per la psicoanalisi freudiana, volevo consigliarti la prospettiva, su questi temi, di un filosofo francese, grandissimo paraculo dialettico, noto come il filosofo del 'tempo', della 'durata', che però fu il primo, a mio avviso, a porre in termini moderni (inizio '900), la questione.
per 'in termini moderni' intendo: tenendo conto delle acquisizioni scientifiche in merito all'anatomia funzionale del sistema nervoso (a quell'epoca c'erano i primi studi di broca sulle afasie).
bergson.
il principio è semplice: il cervello non è che un organo motorio.
bisogna tener presente che nel suo paraculismo bergson aveva come obiettivo quello di dimostrare l'esistenza dello spirito, dell'anima, per motivi religiosi.
però a mio avviso quella del cervello come semplice ganglio motorio è un'idea che, nonostante siano passati più di cent'anni e siamo in un'epoca di SPECT e risonanze magnetiche funzionali, può essere tuttora considerata valida.
in sostanza: dagli organismi più semplici ai più complessi c'è una linea evolutiva che coincide con il maggior sviluppo dell'encefalo. cos'è che distingue, in un continuum, l'inanimato (sasso), dall'organismo unicellulare (paramecio) al mammifero, all'uomo? risposta (geniale): la libertà d'azione.
in sostanza, se tu dai un calcio a un sasso quello non ha scelta, se non di compiere un breve tragitto come reazione all'impatto (o spaccarti un piede se è troppo pesante). se dai un calcio a un cane, può morderti, scappare, ma non può certo querelarti presso la stazione dei CC più vicina, o dirtene quattro. un uomo invece può anche fare queste ultime due cose.
per cui non esistono che movimenti. non esistono che immagini (e sul concetto di immagine si potrebbe dire ancora molto: per bergson le immagini non sono rappresentazioni degli oggetti: *sono* gli oggetti, e percepire vuol dire essere *lì*).
da qui, ecco la strada 'spirituale': il cervello è il pianoforte, non il pianista. non fa che spingere il corpo ad assumere l'atteggiamento adeguato a recuperare un ricordo, ad esempio. ricordo che non è immagazzinato in nessun hard-disk, ma esiste a sé stante come parte dello spirito individuale.
c'è dell'altro. io a questa teoria, in tema di coscienza, do' una personale interpretazione.
bergson dice che i gradi di coscienza non sono che una misura della libertà d'azione. bene. io, che non digerisco bene concetti come lo spirito, mi spingo più in là: probabilmente, avere un cervello significa semplicemente avere la possibilità di manifestare una coscienza, tanto più senziente quanto più è sviluppato l'encefalo.
sarebbe a dire: anche i sassi sono coscienti, hanno una loro coscienza rocciosa, e probabilmente sono interisti. ma non sono fatti per esprimerlo.
sarebbe anche a dire: gli esseri viventi potrebbero essere niente più che dei 'centri di indeterminazione' piazzati qua e là nella continuità della materia, ciascuno con la possibilità di esprimere, parzialmente, il fenomeno globale e pervasivo della 'coscienza di sé'.
e con questo si potrebbero fare i conti col misticismo.
finito. non so se leggerai 'sto commento, manco mi ricordo più il post a cui l'ho attaccato, ma ti saluto caramente. probabilmente non capisco un cazzo di questi problemi, e nemmeno di bergson: ma mi piace pensare che la mia scrivania sappia di essere una scrivania, e che non essendo fatta per agire sia contenta così, tutta bella rigida e piantata al suolo. per non dire della mia forchetta, o del pacco di goldoni che ho appena comprato e ridacchiano nelle loro confezioni.
lascialo stare, freud, diobono. servono metodi più rigorosi, per approcciarsi a certe cose.
salut : ) |
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