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L'Angelo di Goedel (5/N)

Post n°202 pubblicato il 04 Marzo 2008 da semi.conduttore
 

Lasciando da parte problematiche personali (tipo che quelli che riescono meglio quando non si applicano mi stanno simpatici di default - sarà che sono anch'io così, non so, non rispondo), cerco di materiare qualche argomento dialettico alle questioni che pone kleo, la quale, con fine arte retorica, finge di non capire. Ma fa parte del gioco, va bene.

Parto dalla fine:

come fa pensrose a distinguere tra simulazione e non?

Lasciando da parte il piccolo lapis (pensrose al posto di penrose), che è comunque significativo, almeno secondo me, la mia personale risposta è che non può farlo, e che la sua è una mera petizione di principio. il problema è che penrose non è mica scemo, anzi, e i suoi argomenti sono molto convincenti - almeno dal mio punto di vista.

Che non si possa distinguere tra simulazione e non è il punto principale del test di Turing e di tutti quelli che sostengono l'IA in senso forte (punto A di Penrose). Se non posso distinguere, non ha senso che io distingua. In fondo conosco una sola coscienza, la mia. Per quel che mi riguarda gli altri esseri umani (che, si badi bene, presuppongo essere esseri umani solo perché vagamente mi somigliano, anche se io sono molto più bello) possono tranquillamente simulare di avere una coscienza, senza realmente sperimentare soggettivamente quegli stessi stati interni (qualunque cosa ciò significhi) che io, con abuso di notazione, chiamo "coscienza". (Piccolo inciso psicanalitico: generalmente gli ossessivi fanno proprio così: gli altri sono macchine).

perchè la tesi C non dovrebbe essere applicabile anche agli esseri umani?

Ma Penrose la applica proprio agli esseri umani, anzi, agli oggetti biologici in generale, e a dirla tutta alla Natura nel suo complesso. Penrose sostiene che esistono alcuni fenomeni fisici, di cui noi ancora non sappiamo nulla, che sono per loro stessa intrinseca natura non-computazionali. Sostiene inoltre che l'unico modo per scappare dalle strettoie poste dai teoremi di Goedel alla comprensione della "mente" è proprio quello di assumere che alla base del sistema naturale "mente" ci siano fenomeni fisici non-computazionali.

Per Penrose la "mente" è non-algoritmica e non-computazionale, anche se ciò non comporta l'adesione alla tesi D. E' un fenomeno naturale, non-computazionale. Ma gli argomenti che sviluppa a sostegno della sua posizione (ripeto, abbastanza convincenti, dal mio punto di vista) tagliano le gambe a quale si sia possibilità di simulare l'intelligenza.

moquette

Per quel che mi riguarda, una volta rovesciai sulla moquette tutto il contenuto materiale di due ore di fatica: si trattava di ravioli ricotta e spinaci.

Ci sono due ordini di problemi: il rapporto tra intelligenza umana e quella artificiale e il rapporto tra intelligenza umana e quella animale.

Non sono d'accordo. Non è un problema di rapporti; si tratta semplicemente di capire. Posto che l'intelligenza artificiale ancora non esiste, mentre invece quella animale esiste (almeno) da circa un miliardo di anni (tendo a considerare il paramecio un animale intelligente, al contrario della gallina), il problema è se alla base dell'intelligenza c'è un algoritmo (complicato quanto si vuole) o no. I sostenitori dell'IA in senso forte, alla fin fine, rispondono che sì, c'è un algoritmo, bottom-up quanto si voglia, ma alla fine è solo un algoritmo.

In senso leopardiano: perché rovinare la vita anche ai computer? Non sentono il profondo senso dell’inutilità del tutto, stanno bene così.

Fantastico. Tutta l'epopea di Marvin, l'androide paranoide della Guida Galattica per Autostoppisti, riassunta in due righe. Non si può fare di meglio.

In altre parole, un essere onnisciente e con abbastanza tempo a disposizione (facciamo pure eterno) riuscirebbe a rendere consapevole la macchina, non soffiandoci sopra, però, semplicemente programmandola? Mi chiedo: perché no?

Ti chiedo: perché secondo te questa serie di post si intitola "L'Angelo di Goedel" e non "mi sto spakkando la minkia su questioni inutili"? La risposta è che un essere onnisciente e con abbastanza tempo a disposizione (un angelo, non vogliamo parlare di Dio perché siamo modesti) non potrebbe rendere consapevole una macchina semplicemente programmandola. Questo è esattamente il punto di tutto il discorso. Naturalmente c'è chi la pensa in maniera diversa (spero di riuscire a parlarne tra breve), e, ça va sans dire, io non la penso in nessuna maniera. Semplicemente so di non sapere.

 
Rispondi al commento:
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 14/03/08 alle 12:38 via WEB
caro stefano, un mio caro amico, uomo intelligente e colto, sostiene che il problema della coscienza sia in un certo senso al di fuori della possibilità di essere *posto*, e tantomeno risolto, dall'interno della coscienza stessa. io non so se abbia ragione; credo che ciò abbia a che fare con qualche paradosso nel senso di godel, su cui sono molto ignorante; comunque non posso che constatare, nel suo caso, che insegna economia dei derivati finanziari all'università, e ogni settimana gioca al superenalotto, quindi non è molto forte nei ragionamenti probabilistici. io credo che rispondere alla domanda 'che rapporto c'è tra mente e cervello', o 'tra coscienza e cervello', sia rispondere alla domanda fondamentale della filosofia, niente di meno. perché c'è dentro tutto, dal mito della caverna a cartesio a merleau-ponty. allo scopo di arricchire la tua conoscenza come la lettura del tuo blog ha arricchito la mia, e anche al fine di distoglierti dall'interesse malsano per la psicoanalisi freudiana, volevo consigliarti la prospettiva, su questi temi, di un filosofo francese, grandissimo paraculo dialettico, noto come il filosofo del 'tempo', della 'durata', che però fu il primo, a mio avviso, a porre in termini moderni (inizio '900), la questione. per 'in termini moderni' intendo: tenendo conto delle acquisizioni scientifiche in merito all'anatomia funzionale del sistema nervoso (a quell'epoca c'erano i primi studi di broca sulle afasie). bergson. il principio è semplice: il cervello non è che un organo motorio. bisogna tener presente che nel suo paraculismo bergson aveva come obiettivo quello di dimostrare l'esistenza dello spirito, dell'anima, per motivi religiosi. però a mio avviso quella del cervello come semplice ganglio motorio è un'idea che, nonostante siano passati più di cent'anni e siamo in un'epoca di SPECT e risonanze magnetiche funzionali, può essere tuttora considerata valida. in sostanza: dagli organismi più semplici ai più complessi c'è una linea evolutiva che coincide con il maggior sviluppo dell'encefalo. cos'è che distingue, in un continuum, l'inanimato (sasso), dall'organismo unicellulare (paramecio) al mammifero, all'uomo? risposta (geniale): la libertà d'azione. in sostanza, se tu dai un calcio a un sasso quello non ha scelta, se non di compiere un breve tragitto come reazione all'impatto (o spaccarti un piede se è troppo pesante). se dai un calcio a un cane, può morderti, scappare, ma non può certo querelarti presso la stazione dei CC più vicina, o dirtene quattro. un uomo invece può anche fare queste ultime due cose. per cui non esistono che movimenti. non esistono che immagini (e sul concetto di immagine si potrebbe dire ancora molto: per bergson le immagini non sono rappresentazioni degli oggetti: *sono* gli oggetti, e percepire vuol dire essere *lì*). da qui, ecco la strada 'spirituale': il cervello è il pianoforte, non il pianista. non fa che spingere il corpo ad assumere l'atteggiamento adeguato a recuperare un ricordo, ad esempio. ricordo che non è immagazzinato in nessun hard-disk, ma esiste a sé stante come parte dello spirito individuale. c'è dell'altro. io a questa teoria, in tema di coscienza, do' una personale interpretazione. bergson dice che i gradi di coscienza non sono che una misura della libertà d'azione. bene. io, che non digerisco bene concetti come lo spirito, mi spingo più in là: probabilmente, avere un cervello significa semplicemente avere la possibilità di manifestare una coscienza, tanto più senziente quanto più è sviluppato l'encefalo. sarebbe a dire: anche i sassi sono coscienti, hanno una loro coscienza rocciosa, e probabilmente sono interisti. ma non sono fatti per esprimerlo. sarebbe anche a dire: gli esseri viventi potrebbero essere niente più che dei 'centri di indeterminazione' piazzati qua e là nella continuità della materia, ciascuno con la possibilità di esprimere, parzialmente, il fenomeno globale e pervasivo della 'coscienza di sé'. e con questo si potrebbero fare i conti col misticismo. finito. non so se leggerai 'sto commento, manco mi ricordo più il post a cui l'ho attaccato, ma ti saluto caramente. probabilmente non capisco un cazzo di questi problemi, e nemmeno di bergson: ma mi piace pensare che la mia scrivania sappia di essere una scrivania, e che non essendo fatta per agire sia contenta così, tutta bella rigida e piantata al suolo. per non dire della mia forchetta, o del pacco di goldoni che ho appena comprato e ridacchiano nelle loro confezioni. lascialo stare, freud, diobono. servono metodi più rigorosi, per approcciarsi a certe cose. salut : )
 
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