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Post n°1950 pubblicato il 16 Ottobre 2014 da deosoe
Origini familiari e formazione politica[modifica | modifica wikitesto] Umberto nacque a Genova da Jair Terracini e Adele Segre, entrambi ebrei di origine piemontese. I nonni paterni erano commercianti ambulanti di panni, che operavano nei mercati della provincia astigiana. Con il tempo, il lavoro e il risparmio, erano riusciti a sviluppare un'attività fiorente abbastanza da permetter loro di allestire, in un palazzo della vecchia Genova, un grande negozio di tessuti, fornito di ampio magazzino, da loro gestito con la collaborazione dei figli e di alcuni commessi. In questa famiglia benestante, Jair Terracini aveva cercato di seguire altre strade: unico tra i fratelli, si era laureato in ingegneria civile per dedicarsi alla libera professione, nella quale tuttavia non aveva avuto successo ed era perciò ritornato a curare gli affari della "ditta Terracini". Morì prematuramente nel 1899, lasciando i tre figli Amadio, Umberto e Margherita con la moglie Adele, i quali si trasferirono a Torino, in una casa di via Accademia Albertina, dove la vedova avrebbe potuto contare, nei casi di estrema necessità, sull'assistenza della famiglia di origine, appartenente alla borghesia benestante. La loro fu la povertà decorosa e orgogliosa dei buoni borghesi decaduti, salvaguardata dalla modesta rendita della dote di Adele, costituita da titoli di Stato. Completati gli studi elementari, Umberto frequentò la scuola ebraica, i cui programmi corrispondevano a quelli ministeriali, salvo l'aggiunta dello studio della lingua e della storia d'Israele: non ricavò, né dalla famiglia, né dalla scuola, alcun interesse religioso, pur frequentando regolarmente la sinagoga. In una casa nella quale scarsi erano i libri e di poco valore, crescendo, per procurarsi delle letture, iniziò a frequentare la Biblioteca civica, avvicinandosi ai romanzi popolari degli autori che allora godevano di particolare fortuna: Victor Hugo, Edmondo De Amicis, Émile Zola, Eugène Sue. Fu la frequentazione del cugino materno Elia Segre, giovane anticonformista, già allievo del Collegio militare dal quale era stato espulso per indisciplina, insignito di due medaglie d'oro al valor civile, socialista eanticlericale - leggeva infatti l'Avanti! e la Critica sociale di Turati, ma anche l'Asino di Guido Podrecca - a indirizzare i primi pensieri del giovanissimo Umberto verso temi sociali e politici: «Adesso li capivo i discorsi del cugino Elia, mi commuovevo alla sorte di tanti miseri e mi indignavo contro chi ne aveva la responsabilità».[1] Ma ben più importante fu, dopo che nel 1908 Terracini fu iscritto al Liceo Gioberti, l'amicizia con uno studente delle classi superiori, Angelo Tasca: «un incontro decisivo per il mio avvenire [...] Si raccontavano di lui cose mirabili in quanto a prontezza nello studio [...] ma paurose le sue propensioni ideali e politiche».[2] Figlio di un manovale delle ferrovie, aveva il piccolo alloggio, nello stesso palazzo di piazza Carlina dove un giorno andrà ad abitare Antonio Gramsci, stracolmo di libri, di opuscoli e di giornali socialisti, dei quali approfittò anche il giovane Terracini. Fu così che nel 1911 Terracini, accompagnato da Tasca e senza dire nulla alla madre, andò a iscriversi nel Fascio socialista giovanile del quartiere Centro, in corso Siccardi: le polemiche sulla guerra di Libia erano all'ordine del giorno e Terracini fece le sue prime prove di polemista socialista, contrario alla guerra, nei capannelli che si formavano nei giardini di piazza Carlo Felice o sotto i portici di via Po, controbattendo le ragioni dei «colonialisti». In un partito, come quello socialista, dove allora militavano, nelle città, soprattutto operai, la buona cultura e la possibilità che egli aveva di approfondire, studiando, i temi politici e teorici propri del movimento socialista, resero il giovane Terracini prezioso per tenere conferenze e lezioni nelle sezioni di partito, dove si fece conoscere e apprezzare. In questo modo, nel 1912, fu eletto segretario della sua sezione e, dopo aver conseguito la maturità nel 1913 ed essersi iscritto nella Facoltà di Giurisprudenza dell'Università torinese, nell'agosto del 1914 veniva eletto segretario provinciale. Era appena iniziata la Prima guerra mondiale, pe la quale Terracini oppose subito la sua contrarietà a una eventuale partecipazione dell'Italia e fu proprio un comizio pacifista da lui tenuto il 15 settembre 1916 a Trino Vercellese a costargli l'arresto e la condanna a un mese di carcere, dal quale fu fatto uscire solo per essere arruolato a Bra, come soldato semplice nel 72º Reggimento fanteria. Di qui, nel 1917, venne inviato al fronte, nella zona di Montebelluna, assegnato come autiere in un corpo motorizzato, dove lo raggiunse la notizia che in Russia era avvenuta la prima Rivoluzione socialista della storia.
Umberto Terracini Alla fine della guerra, senza essere ancora congedato, fu trasferito a Torino, dove si laureò e iniziò, nel dicembre del 1919, a frequentare uno studio legale come praticante. Aveva intanto ripreso i contatti con i compagni di partito, Tasca per primo, e poi Gramsci e Togliatti. Furono i quattro giovani che progettarono una rivista nuova, che trattasse di politica e di cultura: Tasca trovò i finanziatori, la sede fu ricavata nei locali dell'Avanti! e il 1º maggio 1919 poteva uscire il primo numero de L'Ordine Nuovo. L'impostazione del settimanale, che Tasca aveva concepito come una rivista di cultura indirizzata agli operai, non soddisfaceva gli altri collaboratori, che intendevano privilegiare piuttosto l'analisi politica del movimento socialista italiano e internazionale, con una decisa impronta operaista: dopo due mesi, L'Ordine Nuovo mutò impostazione e, in polemica con la Camera del Lavoro e con la linea politica del Partito socialista, svolse un'intensa propaganda a favore dei Consigli operai, le rappresentanze operaie costituite direttamente nelle fabbriche. Terracini collaborava anche all'edizione piemontese dell'Avanti!, dirigeva un altro settimanale socialista, Falce e martello e, con Gramsci, Togliatti, Tasca, Zini, Pastore, Balsamo-Crivelli e altri, teneva lezioni di dottrina socialista nelle sezioni socialiste. La conclusione del conflitto non sembrava aver portato i benefici che i sostenitori dell'intervento avevano sperato: alle centinaia di migliaia di vittime e di invalidi si erano aggiunti i disoccupati gettati sulla strada dalla lentezza della riconversione industriale, le difficoltà provocate da salari insufficienti, i reduci che non riuscivano a reinserirsi nella vita civile, i nazionalistiesasperati da una vittoria che consideravano «mutilata» dalle promesse di guadagni territoriali non mantenute, i timorosi di un'ondata rivoluzionaria proveniente dalla Russia. Gli squadristidi Mussolini cercavano di inserirsi in questi contrasti sociali presentandosi come i garanti dell'ordine e della proprietà, assalendo e devastando le sedi del Partito socialista, dei suoi giornali, delle Camere del Lavoro.
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