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« GiustiziaInail »

Molestie

Post n°2232 pubblicato il 23 Marzo 2015 da deosoe

 

Eurofound, vittime di molestie sono i lavoratori più deboli

Le vittime sono sempre i più deboli. A essere oggetto di violenze e molestie sono più le donne che gli uomini, più gli stranieri che i lavoratori nativi, più i precari che i dipendenti a tempo indeterminato, più i giovani che i lavoratori esperti. A dirlo è il rapporto "Violence and harassment in European workplaces: extent, impacts and policies" realizzato da Mario Giaccone e Daniele Di Nunzio (Associazione Bruno Trentin) per Eurofound, la Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro. La ricerca analizza violenze e molestie sul posto di lavoro in Europa (29 paesi), basandosi su indagini nazionali e sul quinto Rapporto europeo sulle condizioni di lavoro (Ewcs).

Il 14,9 per cento dei lavoratori è stato oggetto di "comportamento sociale negativo". In generale la violenza fisica è in diminuzione - anche se aumenta la violenza derivante da terzi (come clienti, pazienti, studenti) - mentre persistono tutte le altre forme, come minacce, intimidazioni, bullismo, molestie e attenzioni sessuali indesiderate. A denunciare di più sono i lavoratori degli Stati scandinavi e baltici, dei paesi dell'Europa occidentale e centrale, che si situano al di sopra della media, mentre percentuali minori si riscontrano nei paesi dell'Europa meridionale e in alcuni di quella orientale.

"L'analisi comparativa dei dati sui problemi delle violenze e delle vessazioni al lavoro è un'impresa difficile e, al tempo stesso, indispensabile", spiega Daniele Di Nunzio dell'Associazione Trentin: "I luoghi di lavoro possono essere luoghi di conflitto, di umiliazione, di aggressione e spesso le vittime non riescono a fronteggiare queste situazioni, a denunciarle e nemmeno a parlarne". Le metodologie di rilevazione dei dati sui comportamenti violenti, precisa il curatore della ricerca, sono "diverse in ogni Stato e ormai esistono numerose indagini quantitative e qualitative. Al di là dei singoli dati nazionali, le analisi mostrano che l'emersione di questi fenomeni è legata alla cultura nazionale, alla capacità delle istituzioni e delle parti sociali di programmare strategie di lungo termine, al grado di conflitto che i lavoratori sperimentano quotidianamente nei luoghi di lavoro, alla consapevolezza che hanno dei propri diritti, alla fiducia verso la possibilità di trovare una soluzione se denunciano una certa condizione e, dunque, al grado di ricatto cui sono sottoposti".

Ma cosa fare per impedire il verificarsi di questi fenomeni? A livello nazionale, riprende Di Nunzio, una "definizione legislativa precisa di cosa sia una violenza sul lavoro - o, meglio, i vari tipi di violenza - favorisce l'emersione di questi problemi, la prevenzione e la denuncia. È sicuramente difficile trovare definizioni legislative univoche per questi problemi, ma un elevato grado di precisione e consenso su cosa sia un comportamento violento aiuta sia a livello giuridico sia nella prevenzione. A livello nazionale, dunque, è importante che le parti istituzionali e sociali prestino attenzione a questi temi, elaborando una strategia di lungo termine attraverso un forte dialogo sociale". A livello aziendale, invece, è altrettanto importante "avere un'attenzione costante a questi problemi e un approccio condiviso tra la parte datoriale e i sindacati. In particolare, aiutano a fare emergere il fenomeno la presenza di procedure definite per la denuncia e la presenza di organismi cui rivolgersi per confrontarsi e avere un aiuto".

 

 

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