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Il santo del giorno

Post n°1997 pubblicato il 05 Febbraio 2015 da deosoe

 

 

San Giuseppe (Desideri) da Leonessa

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San Giuseppe (Desideri) da Leonessa

 

Nome: San Giuseppe (Desideri) da LeonessaRicorrenza: 04 febbraio

Prigioniero dei Turchi a Costantinopoli, fra Giuseppe era restato per tre giorni appeso a una croce per un piede e per una mano. E non era morto. Dio solo sa come riuscisse a sopravvivere a quel supplizio, e come si rimarginassero le sue terribili ferite. Si parlò dell'intervento miracoloso di un Angelo, che avrebbe sostenuto il suo corpo e curato le sue piaghe.

Certo non era facile spiegare in altro modo quella resistenza che sfidava tutte le leggi naturali, comprese quelle - terribilmente logiche - della tortura. E quasi un miracolo fu il fatto che il Sultano, forse ammirato per l'accaduto, commutasse la pena di morte con l'esilio perpetuo.

A Costantinopoli, il cappuccino Fra Giuseppe aveva compiuto un gesto degno veramente da folle. Aveva tentato di entrare nel palazzo per predicare davanti al Sultano in persona, sperando di convertirlo. Catturato dalle guardie, era stato giudicato reo di lesa maestà.

Bisogna dire che fino allora i Turchi lo avevano lasciato libero di predicare in città, dopo aver assistito i cristiani prigionieri. L'estrema povertà del frate e dei suoi compagni, sotto il saio color tabacco, lasciava perplessi i rappresentanti del potere e della religione ufficiale. Era difficile vedere in quegli umilissimi stranieri, sprovvisti di tutto, altrettanti pericolosi cospiratori contro la sicurezza dello Stato.

Giuseppe era nato nel 1556, a Leonessa, e nella cittadina umbra dal fiero nome, presso Spoleto, era entrato sedicenne tra i cappuccini della riforma, mutando il nome di Eufrasio Desiderato in quello dell'umile sposo della Vergine. Aveva compiuto il proprio noviziato nel convento delle Carceri, sopra Assisi, e in quella piega boscosa del Subasio si era temprato alla più dura penitenza e alla più rigorosa astinenza.

Con una tipica espressione francescana, chiamava il proprio corpo « frate asino », e diceva che come tale non aveva bisogno di essere trattato come un corsiero, un purosangue. Bastava trattarlo come un asino, con poca paglia e molte frustate.

La paglia forse si, ma le frustate - come abbiamo visto - non gli erano mancate durante la sua avventura in Turchia, dove il generale dell'Ordine lo aveva inviato, trentenne, per assistervi i prigionieri cristiani.

Tornato in Italia, poté seguire quella vocazione missionaria che l'aveva spinto a predicare davanti al Sultano. Questa volta, però, fu predicatore sull'uscio di casa, nei villaggi e nella città reatina, sua patria. I risultati furono altrettanto consolanti, e il suo zelo di carità ancor più necessario, perché il più difficile terreno di missione è spesso quello stesso sul quale fiorisce la santità in mezzo alle ortiche del vizio e ai rovi dell'indifferenza.

Cinquantacinquenne, s'infermò, ritirandosi nel convento d'Amatrice. Gli venne diagnosticato un tumore, e si tentò di operarlo, Dio sa come. Fu quello il suo secondo supplizio, ma rifiutò di essere legato, come suggerivano i medici. E non si sollevò più dal lettuccio chirurgico. Come anestetico si era stretto al petto, lungamente, il Crocifisso.

 

 

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Commenti al Post:
pgmma
pgmma il 07/02/15 alle 06:10 via WEB
Per un poco di ironia non si è mai impiccato nessuno Immagino che Dio, se guarda come ha creato l'uomo, provi attualmente un certo imbarazzo; non vorrei essere nei suoi panni, ma mi avvalgo della facoltà di non pensarci perchè mi rendo conto che, in merito, ho più punti di domanda che punti di risposta. Comunque, oggi, per un essere umano come mi pare di essere, mi sento particolarmente in forma: ieri sera ho steso il mio avversario di scopa a carte trevigiane, con un unico destro. E se penso che Barabba non era un ladrone, e Pilato non era così perfido a firmare obbligatoriamente lo strano processo a Cristo, e il ruolo degli ebrei in quella infausta circostanza che fece loro guadagnarsi una secolare e immeritata persecuzione, e che le donne sono esse le testimoni della crocifissione e della resurrezione, e del perchè Borges con Caseres e i selvaggi.... che chiedono se Dio è morto proprio per salvare noi.... Sembra quasi una schizofrenia generale e permanente per costruire templi di pietra e per non costruire i templi interiori Per questi ultimi è necessario il lunghissimo tempo della meditazione in cui la cosa migliore che possiamo fare è ritrovare il profondo valore delle parole antiche. E mi vien da pensare ai TdGeova - ne conosco qualcuno-, particolarmente soddisfatti in questo periodo che sembra avallare le loro ipotesi apocalittiche. Sono convintissimi di quanto segue: A) che in questa ora il mondo sia dominato dal 'demonio' , per gentile concessione di Dio che forse è andato in ferie. B) che la 'fine' del mondo da loro tanto attesa e rimandata almeno un paio di volte per inidonea documentazione procedurale, finalmente è imminente e risolutiva. ...preparare conviene le valigie per il trasloco...
 
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