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Messaggi di Ottobre 2015

Montanaru

Post n°2593 pubblicato il 30 Ottobre 2015 da deosoe


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MONTANARU E LA LINGUA SARDA

Montanaru FotoMONTANARU E LA LINGUA SARDA
di Francesco Casula
A Desulo domenica 1° novembre (Scuola media, ore 10) verranno proclamati i vincitori del Premio Montanaru 2015. A deciderlo la Giuria composta da Gonario Carta-Brocca, (poeta) Francesco Casula, (storico della Letteratura sarda), Giancarlo Casula (nipote di Montanaru), Franca Marcialis (studiosa di lingua sarda), Antony Muroni (Direttore dell'Unione Sarda).
Ma ecco una mia nota su Montanaru e la lingua sard
a

Antioco Casula-Montanaru, al di là della sua funzione letteraria e poetica vede, nella lingua sarda, anche una funzione civile, educativa e didattica. Ecco cosa scrive nel suo Diario: "...il diffondere l'uso della lingua sarda in tutte le scuole di ogni ordine e grado non è per gli educatori sardi soltanto una necessità psicologica alla quale nessuno può sottrarsi, ma è il solo modo di essere Sardi, di essere cioè quello che veramente siamo per conservare e difendere la personalità del nostro popolo. E se tutti fossimo in questa disposizione di idee e di propositi ci faremmo rispettare più di quanto non ci rispettino" .
E ancora: "Spetta a noi maestri in primo luogo di richiamare gli scolari alla conoscenza del mondo che li circonda usando la lingua materna" .
Si tratta - come ognuno può vedere - di una posizione avveduta, sul piano didattico, culturale ed educativo e moderna. Oggi infatti linguisti e glottologi come tutti gli studiosi delle scienze sociali: psicologi e pedagogisti, antropologi e psicanalisti e persino psichiatri sono unanimemente concordi nel sostenere l'importanza della lingua materna: per intanto per lo sviluppo equilibrato dei bambini. Secondo gli studiosi infatti il Bilinguismo, praticato fin da bambini, sviluppa l'intelligenza e costituisce un vantaggio intellettuale non sostituibile con l'insegnamento in età scolare di una seconda lingua, ad esempio l'inglese. Nell'apprendimento bilingue entrano in gioco fattori di carattere psico- linguistico di grande portata formativa, messi in evidenza da appropriati e rigorosi studi e ricerche. Tutto ciò, soprattutto con il Bilinguismo a base etnica.
Lingua materna che significa identità, e l'Identità come lingua si fa parola e la parola si fa scrittura che chiama i sardi all'unione, non solo con il sentimento ma con l'autocoscienza:quello di appartenere alla stessa terra-madre. "Per difendere - dice Montanaru - la personalità del nostro popolo"
Un'identità mai del tutto compiuta e conclusa, ma da completare in continuum, attingendo alle peculiari risorse spirituali, morali e materiali della tradizione, purgandole delle scorie inutili o addirittura maligne: e ciò non può però significare un incantamento romantico del passato, una sterile contemplazione per ridursi e rispecchiarsi in se stessi o per chiudersi nelle riserve
Una lingua che non resta dunque immobile - come del resto l'identità di un popolo - come fosse un fossile o un bronzetto nuragico, ma si "costruisce" e si "ricostruisce" dinamicamente nel tempo, si confronta e interagisce, entrando nel circuito della innovazione linguistica, stabilendo rapporti di interscambio con le altre lingue. Per questo concresce all'agglutinarsi della vita culturale e sociale: come già sosteneva Gramsci.
In tal modo la lingua, non è solo mezzo di comunicazione fra individui, ma è il modo di essere e di vivere di un popolo, il modo in cui tramanda la cultura, la storia, le tradizioni.
E comunque in quanto strumento di comunicazione è capace di esprimere tutto l'universo culturale, compreso il messaggio politico, scientifico, e non solo dunque - come purtroppo ancora oggi molti pensano e sostengono - contos de foghile!
Ma la posizione di Montanaru in merito alla lingua sarda emerge ancor più nella polemica che ebbe con tale Anchisi. Nel 1933 il poeta desulese pubblicò Sos cantos de sa solitudine che riscosse un buon successo. Nacque ben presto una pesante polemica con Gino Anchisi, giornalista collaboratore dell'Unione Sarda, il quale dopo aver sostenuto che, bravo com'era, Casula doveva scrivere in italiano anziché in sardo, al mancato assenso del poeta richiese il rispetto della legge che imponeva l'uso esclusivo della lingua italiana; Anchisi ottenne perciò la censura di Casula dai giornali isolani, lasciando peraltro apparire che il poeta non avesse risposto. Aveva invece risposto, sostenendo che il risveglio culturale della Sardegna poteva nascere solo dal recupero della madre lingua.
Nella replica Montanaru farà infatti, in merito al Sardo, una serie di osservazioni estremamente interessanti e in qualche modo profetiche: ricorderà infatti che "la lingua dei padri" sarebbe diventata la "lingua nazionale dei Sardi" perché "non si spegnerà mai nella nostra coscienza il convincimento che ci vuole appartenere a una etnia auctotona". L'interesse di queste affermazioni è duplice: da una parte auspica, prevede e desidera una sorta di "lingua sarda nazionale unitaria", dall'altra ancòra la stessa all'etnia auctotona sarda. Si tratta di posizioni, culturali, linguistiche e politiche estremamente attuali che saranno sviluppate negli anni '70 dall'algherese Antonio Simon Mossa, il teorico dell'indipendentismo-federalismo moderno.

 

 

 
 
 

Il Santo del giorno

Post n°2592 pubblicato il 29 Ottobre 2015 da deosoe

 

 

Sant' _norato di Vercelli


Nome: Sant' Onorato di VercelliTitolo: VescovoRicorrenza: 29 ottobre

Alla morte del vescovo Limenio, avvenuta nel 396, la comunità vercellese fu agitata e sconvolta da gravi discordie, che impedirono la designazione del nuovo candidato, protraendo a lungo la vacanza della sede. 

Accresceva il turbamento l'azione disgregatrice di due monaci apostati milanesi arrivati a Vercelli a diffondere i loro errori circa la disciplina ascetica e la continenza, contestando la riforma voluta dal defunto vescovo in merito alla disciplina ascetica e al celibato dei sacerdoti, idee già presenti nella regola di vita del clero voluta dal grande Sant'Eusebio. Soffiando sul fuoco delle divisioni intestine, alimentarono con false dicerie il risentimento verso Sant'Ambrogio di Milano, presentandolo come responsabile delle agitazioni e della ritardata elezione del nuovo vescovo. 

Sant'Ambrogio intervenne dapprima con la lunga, severa e ammonitrice epistola Ad ecclesiam vercellensem, che fu l'ultimo suo scritto, sul declinare del 396, e poi di persona per porre decisamente termine alla contesa e alla vacanza. La scelta del candidato cadde sul virtuoso Onorato, membro del cenobio e da tutti stimato; e tale felice designazione pacificò gli animi, anche quelli di coloro che avevano indicato in Ambrogio il responsabile della lunga vacanza. 

Onorato nutrì per il grande vescovo di Milano sentimenti di filiale gratitudine e devozione, e quando questo cadde infermo, all'inizio della primavera del 397, accorse a Milano per assisterlo. Paolino, biografo di Ambrogio, afferma che Onorato giunto a Milano presso il suo grande protettore, gli amministrò il santo Viatico, dopo di che Ambrogio serenamente spirò. 

Dell'azione pastorale di Sant'Onorato è testimonianza un carme, inciso sulla lastra sepolcrale della sua tomba, posta nella cattedrale cittadina accanto a quelle di Eusebio e Limenio. 

Nel testo Onorato è descritto come degno discepolo del maestro Eusebio, del quale aveva condiviso le pene dell'esilio e del carcere e come predicatore della ortodossa dottrina cattolica contro gli influssi ariani ancora presenti e gli errori di Gioviniano. Oltre alla dottrina sicura, Onorato diede esempio di vita santa e di zelo pastorale. 

Il suo episcopato durò circa un ventennio e si concluse il 29 ottobre 415, giorno in cui ancora è ricordato nel calendario liturgico delle diocesi di Vercelli e di Milano.

Le sue reliquie riposano sotto la mensa di un altare laterale della cattedrale di Vercelli. L'iconografia del santo, nelle tipiche sembianze di un anziano santo vescovo, ha un tratto specifico nel presentarlo mentre comunica Ambrogio morente.

PRATICA. Oh Signore concedici la grazie di essere ubbidienti ai tuoi comandamenti come il nostro Santo Onorato

PREGHIERA. Sant'Onorato prega per noi e per i nostri fratelli affinché il Signore possa indicarci il giusto cammino della nostra vita

 

 

 
 
 

Statuto Albertino

Post n°2591 pubblicato il 25 Ottobre 2015 da deosoe

 

 

LO STATUTO ALBERTINO

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LA NASCITA DELLA
COSTITUZIONE ITALIANA
"SANA E ROBUSTA"  C O S T I T U Z I O N E :
la conoscenza dei nostri diritti e doveri ci aiuta a crescere più forti

Statuto AlbertinoLa Costituzione Italiana nasce dalle ceneri dello Statuto Albertino, concesso il 4 marzo 1848 da Carlo Alberto, re del Piemonte e Sardegna, ai suoi sudditi.
Lo Statuto Albertino è stata la prima Costituzione dello Stato Italiano, soltanto che, a differenza dell'attuale Costituzione, era stata "concessa" dal sovrano ai suoi sudditi e, quindi, era espressione della sovranità del re.
Era composto da 84 articoli ed era flessibile, nel senso che si poteva modificare con legge ordinaria (l'attuale Costituzione, invece, è, come si vedrà, rigida, ossia necessita un procedimento particolarmente complesso per essere modificata). Inoltre, era una Costituzione liberale: considerava, in altre parole, la proprietà privata e la libertà dei cittadini, ma non tutelava molti di quei diritti "sociali" che occupano un posto importantissimo nell'attuale assetto legislativo.
Dopo la guerra d'indipendenza (1859), Vittorio Emanuele II fu proclamato re d'Italia e lo Statuto Albertino divenne la prima Costituzione dell'Italia unita e rimase in vigore, pur se con alcune modifiche, anche per tutta la durata del regime fascista.
Il 25 luglio 1943 (data che segna la fine del fascismo) il re, con i poteri che lo Statuto Albertino stesso gli aveva conferito, fece decadere Mussolini da capo del Governo.
I mutamenti sociali e politici che erano intervenuti in Italia negli ultimi anni avevano reso sempre più impellente la necessità di operare dei grossi cambiamenti costituzionali.
In particolar modo si pose il problema di risolvere due questioni:
- Scegliere la forma di governo che doveva assumere la "nuova" Italia;
- Nominare un nuovo organo, eletto da tutti gli italiani (l'Assemblea Costituente), con il compito di formare una nuova Costituzione.
Così, per la prima volta, il popolo italiano fu chiamato a votare a suffragio universale, cioè tutti i cittadini maggiorenni, sia uomini che donne, per scegliere la forma di governo che doveva assumere l'Italia e per eleggere i membri dell'Assemblea Costituente.

Stemma della Repubblica ItalianaIl 2 giugno 1946, con 12.717.923 voti contro 10.719.284 fu scelta la Repubblica.

L'Assemblea Costituente, invece, fu scelta con un sistema elettorale detto proporzionale, per verificare la misura del consenso che ciascun partito politico rivestiva all'interno del paese.
Il quadro politico della nuova Italia vide due principali schieramenti politici a confronto: la Democrazia Cristiana da un lato, i partiti comunisti e socialisti dall'altro. E proprio tramite l'accordo tra questi due schieramenti (il cosiddetto compromesso costituzionale) che fu formata la Costituzione attuale.
Il compromesso fu la vera forza della Costituzione: ciascuna parte dovette rinunciare a qualcosa e accettare qualcos'altro, pur di raggiungere l'accordo. E proprio in questo modo si riuscì ad ottenere, con un larghissimo consenso, l'approvazione della Costituzione.
E così, il 22 dicembre 1947, fu approvato il testo della Costituzione della Repubblica Italiana, entrata poi in vigore il 1 gennaio 1948.

La nuova Costituzione si distingue dallo Statuto Albertino sotto molti aspetti. Innanzi tutto non è considerata come "concessione", ma come frutto della decisione democratica dei rappresentanti dei cittadini democraticamente eletti: è la manifestazione della sovranità popolare.

In secondo luogo, come già detto, è una costituzione rigida, ossia modificabile soltanto con un procedimento molto complesso, detto aggravato. La rigidità è una garanzia fondamentale in una repubblica democratica, perché permette che la Costituzione non sia mutata senza il consenso di tutti, anche delle minoranze, in modo tale che i loro diritti non possano essere lesi dagli accordi tra i poteri più forti.

 

 

 
 
 

La Repubblica

Post n°2590 pubblicato il 25 Ottobre 2015 da deosoe

La Repubblica 

 
 
 

IL MANIFESTO

Post n°2588 pubblicato il 25 Ottobre 2015 da deosoe

Il Manifesto

 
 
 

il fatto quotidiano

Post n°2587 pubblicato il 25 Ottobre 2015 da deosoe

Il Fatto Quotidiano

 
 
 

Il santo del giorno

Post n°2586 pubblicato il 25 Ottobre 2015 da deosoe

Santi Crisante e Daria

 
 
Santi Crisante e Daria

Nome: Santi Crisante e Daria
Titolo: Martiri
Ricorrenza: 25 ottobre

Crisante e Daria erano due nobili sposi romani ricchi di doti naturali e di ricchezze. Conosciuta la religione cristiana, il marito ebbe cura di istruire anche la sua sposa Daria e questa, abbracciata la fede cattolica, fu tutto zelo col marito per conquistare alla verità le matrone romane che aveva modo di avvicinare. 

Il loro zelo e la loro opera furono efficacissimi tra la moltitudine dei pagani, e le conversioni furono innumerevoli sia tra gli uomini per opera di Crisante, che fra le donne per opera della sua santa sposa Daria. 

Ma la loro opera non poteva restare nascosta in tempo di persecuzione, per cui essendone venuto a conoscenza il prefetto Cirino, furono fatti arrestare e dati in mano al tribuno Lisia perchè facesse loro rinnegare la fede ed in caso contrario li giustiziasse.

Arrestati dai soldati del prefetto, furono entrambi sottoposti ai tormenti. Ma la loro invitta costanza trionfò di ogni ostacolo. Incatenati mani e piedi e gettati in una tetra prigione, ebbero per miracolo spezzate le catene. Allora furono esposti ai cocenti raggi del sole immobilizzati in una pelle di bue: ma anche questo supplizio non li fiaccò, per cui trasportati di nuovo in carcere furono nuovamente stretti da catene. Però anche questa volta il Signore spezzò i loro ceppi, ed una luce vivissima illuminò il loro tetro carcere. Daria poi, tratta dalla prigione, fu condotta in un luogo di malavita : ma un leone mandato da Dio le si pose al fianco e la liberò da ogni offesa dei cattivi. 

Vedendo che nulla poteva rimuoverli dalla loro fede e dalla loro invitta costanza, il giudice li fece condurre in una arenaria di via Salaria, e quivi scavata una fossa vi furono immersi fino al capo e poi lapidati dalla turba dei fanatici pagani. In tal modo essi dettero a Gesù la loro suprema testimonianza di fedeltà e amore. 

I loro corpi, raccolti religiosamente dai fedeli, vennero custoditi come preziose reliquie e sepolti nelle catacombe in mezzo ai loro fratelli di fede. 

PRATICA. Siamo costanti nella nostra fede e pratichiamo fedelmente i nostri doveri religiosi. 

PREGHIERA. Ci assista, o Signore, la preghiera dei beati martiri Crisante e Daria affinché sperimentiamo continuamente il pio soccorso di coloro che veneriamo con devoto ossequio. 

 
 
 

L'OSSERVATORE ROMANO

Post n°2585 pubblicato il 24 Ottobre 2015 da deosoe

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il manifesto

Post n°2584 pubblicato il 24 Ottobre 2015 da deosoe

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Il Fatto Quotidiano

Post n°2583 pubblicato il 24 Ottobre 2015 da deosoe

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