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di Vittorio Casula

 
 

 

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Messaggi di Dicembre 2015

Quirinale

Post n°2633 pubblicato il 16 Dicembre 2015 da deosoe


L’istituzione dell’Archivio storico

L’istituzione dell’Archivio storico, nell’ambito del Servizio Archivio storico documentazione e biblioteca, risale al 1996 ed è stata formalizzata con legge dell’anno successivo. Nel dicembre 2007 all’Archivio storico viene conferita autonomia organizzativa, alle dirette dipendenze del Segretario generale. Dal giugno 2009 ha sede nel Palazzo Sant’Andrea.

Cenni storici

Il 2 giugno del 1946 gli italiani sono chiamati a votare per il referendum che porta alla nascita della Repubblica e per l’elezione dell’Assemblea costituente. Dopo la proclamazione dei risultati del referendum, nella notte tra il 12 e il 13 giugno, Alcide De Gasperi, in qualità di Presidente del Consiglio in carica, esercita “ope legis” le funzioni di Capo dello Stato fino al 30 giugno. Il 28 giugno l’Assemblea elegge il Capo provvisorio dello Stato, Enrico De Nicola, che assume la carica il 1° luglio.

Il 27 dicembre 1947 viene promulgata la Costituzione italiana. A norma della prima delle disposizioni finali e transitorie, il Capo provvisorio dello Stato assume la denominazione di Presidente della Repubblica dal 1° gennaio 1948. In questa data entra in vigore la nuova Costituzione che, nel titolo II della Parte II, relativa all’Ordinamento della Repubblica, dedica gli artt. 83-91 al Presidente della Repubblica.

Le prime elezioni politiche si svolgono il 18 aprile 1948. L’11 maggio 1948 Luigi Einaudi viene eletto Presidente della Repubblica dal Parlamento e presta giuramento il giorno successivo. Durante la Presidenza Einaudi il Palazzo del Quirinale diventa sede della Presidenza della Repubblica. Nell’agosto del 1948, con L. 9 agosto, n. 1077, viene istituito il Segretariato generale della Presidenza della Repubblica, in cui “sono inquadrati tutti gli uffici e i servizi necessari per l’espletamento delle funzioni del Presidente della Repubblica e per l’amministrazione della dotazione”.

La formazione dell’Archivio Storico

L’esigenza di conservare e riordinare gli archivi storici si delinea subito dopo l’insediamento della Presidenza nel Palazzo del Quirinale, nel 1948, anche se in concreto inizialmente si deve fare riferimento alla documentazione della Real Casa ancora qui conservata. Successivamente l’archivio della Real Casa è trasferito all’Archivio centrale dello Stato, salvo quelle serie, per lo più attinenti al personale, al patrimonio artistico, agli edifici e alle tenute della Presidenza della Repubblica, necessarie per la prosecuzione dell’attività di gestione amministrativa e tecnica e di conservazione e manutenzione dei beni artistici.

Di fatto, in una prima fase, l’archiviazione dei documenti prodotti e acquisiti dal Segretariato generale, nel corso dello svolgimento delle funzioni del Presidente della Repubblica e della gestione del patrimonio, è venuta a formarsi nell’ambito dei rispettivi uffici, mentre una generica competenza sugli archivi storici è affidata al settore dell’Amministrazione e patrimonio.
 Nel 1978, durante la Presidenza Leone, gli archivi storici risultano inclusi nel Servizio biblioteca, studi e documentazione.

Nel 1981, sotto la Presidenza Pertini, viene istituito l’Archivio di deposito del Segretariato generale della Presidenza della Repubblica, nel quale sarebbero dovuti confluire gli atti di tutti i servizi relativi a pratiche concluse. L’iniziativa, però, non ha seguito. Sotto il profilo formale, le funzioni relative alla conservazione dei documenti e al loro ordinamento risultano affidate al Servizio biblioteca e documentazione, presso cui si costituisce un Ufficio biblioteca e archivi. Inoltre, viene istituita la Commissione di sorveglianza sugli archivi del Segretariato generale, di cui fa parte, tra gli altri, il sovrintendente all’Archivio centrale dello Stato. Il decreto istitutivo della Commissione fa esplicito riferimento alla legge archivistica del 1963 (D.P.R. 30 settembre, n. 1409) e successive integrazioni o modifiche.

Durante la Presidenza Cossiga – in cui viene distinta nettamente l’organizzazione del Segretariato generale in Uffici e Servizi, assegnando ai primi le attività riconducibili alle funzioni del Presidente e ai secondi quelle relative all’amministrazione della dotazione e agli altri compiti amministrativi e tecnici – l’Ufficio biblioteca e archivi diviene Divisione biblioteca e archivi, sempre nell’ambito del Servizio biblioteca e documentazione.

Nel 1996, durante la Presidenza Scalfaro, viene istituito l’Archivio storico e il Servizio assume la denominazione di Servizio archivio storico, documentazione e biblioteca, di cui fa parte la Divisione archivio e documentazione. In base alla L. 13 novembre 1997, n. 395, che modifica in “Archivi storici degli organi costituzionali” il titolo della legge del 1971 con cui erano stati istituiti gli Archivi storici del Senato e della Camera dei deputati, anche la Presidenza della Repubblica “conserva i suoi atti presso il proprio Archivio storico, secondo le determinazioni assunte dal Presidente della Repubblica con proprio decreto, su proposta del Segretario generale”. Viene nominato un consulente del Presidente della Repubblica per l’Archivio storico, cui è affiancato personale specializzato.

Con la Presidenza Ciampi il Demanio consegna in uso alla Presidenza della Repubblica il Palazzo Sant’Andrea, individuato su suggerimento del consulente prof. Giuliana Limiti come sede idonea per l’Archivio storico.

Durante la Presidenza Napolitano vengono affrontate secondo un progetto organico le questioni inerenti all’ordinamento e alla sede dell’Archivio storico. Con decreto presidenziale 31 dicembre 2007, n. 17/N, l’Archivio storico, scorporato dal Servizio Archivio storico documentazione e biblioteca, assume la denominazione di Archivio storico della Presidenza della Repubblica, posto alle dirette dipendenze del Segretario generale. La direzione è affidata a un sovrintendente nominato con decreto presidenziale. Con decreto in pari data, n. 18/N, è approvato il nuovo regolamento. Il 25 giugno 2009 viene inaugurata la nuova sede nel Palazzo Sant’Andrea.

Le funzioni

Il regolamento che stabilisce le funzioni dell’Archivio storico, sostituendo quello approvato nel 1998, è stato emanato con decreto presidenziale 31 dicembre 2007, n. 18/N. In base a tale regolamento l’Archivio storico provvede alla conservazione, inventariazione, fruizione e valorizzazione di tutti gli archivi e singoli documenti, su qualsiasi supporto, prodotti o ricevuti nell’ambito dell’attività della Presidenza della Repubblica e relativi ad affari conclusi.

L’Archivio storico promuove l’acquisizione in originale o in copia di fondi conservati in altri Archivi, pubblici o privati, di rilevante interesse per la storia dei Capi dello Stato italiano. Il regolamento istituisce una Commissione archivistica, nominata e presieduta dal Segretario generale, con funzioni consultive; la Commissione decide altresì in merito alle proposte di scarto e approva i massimari di conservazione. L’Archivio storico è aperto al pubblico e svolge anche funzioni di supporto all’attività del Presidente della Repubblica e all’attività interna del Segretariato generale. Con decreto del Segretario generale 26 febbraio 2009, n. 48, è stato approvato il regolamento di ammissione del pubblico all’Archivio storico.

Il patrimonio documentario

La documentazione versata dagli Uffici e dai Servizi riflette, nel processo di produzione e di ordinamento, l’evoluzione dell’organizzazione interna del Segretariato generale della Presidenza della Repubblica. L’Archivio storico conserva la documentazione relativa sia alle funzioni istituzionali svolte dal Presidente della Repubblica sia alla gestione del patrimonio.

Il patrimonio documentario più significativo attiene alle seguenti funzioni del Presidente della Repubblica sancite dalla Costituzione.

Il Presidente è il Capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale. Nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di quest’ultimo, nomina i ministri.Può inviare messaggi alle Camere. Indice le elezioni delle nuove Camere e ne fissa la prima riunione; può convocare in via straordinaria ciascuna Camera; può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse, salvo che negli ultimi sei mesi del suo mandato.

Il Presidente autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo; promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti; prima di promulgare una legge, può, con messaggio motivato alle Camere, chiedere una nuova deliberazione. Indice il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione.

Con decreto motivato del Presidente della Repubblica sono disposti, nei casi previsti dalla Costituzione, lo scioglimento del Consiglio regionale e la rimozione del Presidente della Giunta. Il Presidente nomina un terzo dei membri della Corte costituzionale e, nei casi previsti dalla legge, i funzionari dello Stato; accredita e riceve i rappresentanti diplomatici; ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorre, l’autorizzazione delle Camere.

Con legge ordinaria sono determinati gli atti amministrativi da adottarsi nella forma di Decreto del Presidente della Repubblica. Il Presidente ha il comando delle Forze armate; presiede il Consiglio supremo di difesa e dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere. Presiede il Consiglio superiore della magistratura e può, a norma di legge, decretarne lo scioglimento. Può concedere grazia e commutare le pene. Conferisce le onorificenze della Repubblica. Può nominare cinque senatori a vita; chi è stato Presidente della Repubblica è di diritto senatore a vita. Il Presidente della Repubblica, prima di assumere la carica, presta giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione dinanzi al Parlamento in seduta comune.

Quanto alle attività del Segretariato generale, le norme esecutive del decreto istitutivo risalgono al D.P.R. 21 aprile 1949, n. 412, mentre già nel novembre dell’anno precedente era stato approvato il primo provvedimento per l’organizzazione degli uffici del Segretariato generale. Successivi decreti, emanati nell’ambito di ogni mandato presidenziale, hanno introdotto, nel corso degli anni, parziali modifiche all’assetto originario. Nella sostanza, è consolidata la distinzione in Uffici, cui sono preposti i consiglieri scelti dal Presidente per coadiuvarlo nell’esercizio delle sue funzioni istituzionali, e in Servizi, diretti dal personale di ruolo, per l’amministrazione della dotazione e degli altri compiti amministrativi e tecnici.

 Il Segretario generale, che rappresenta l’Amministrazione della Presidenza della Repubblica e sovrintende a tutti gli Uffici e Servizi, è nominato e revocato con decreto del Presidente della Repubblica, controfirmato dal Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio dei ministri.

Le serie documentarie, a parte quelle residue dell’archivio della Real Casa, che risalgono ovviamente a data anteriore, partono dal 1948, con precedenti dal 1946 relativi all’attività del Capo provvisorio dello Stato. Si segnalano, tra le serie relative alle funzioni istituzionali del Presidente, quelle dell’Ufficio per gli affari giuridici e le relazioni costituzionali, dell’Ufficio per gli affari diplomatici, dell’Ufficio per la stampa e l’informazione e del Servizio del cerimoniale.

Quantitativamente molto consistente è la documentazione sui rapporti con i cittadini, come ad esempio la serie “adesioni, patronati e premi”, o quella che attesta, nel corso degli anni, l’attività di assistenza e beneficenza, poi confluita in un più generale concetto di solidarietà sociale. Normalmente, la documentazione viene versata dagli Uffici fino al settennato precedente a quello del Presidente in carica, mentre quella versata dai Servizi arriva a due settennati precedenti a quello del Presidente in carica. Per alcune serie il termine del versamento è di venti anni dall’esaurimento degli affari.

L’Archivio storico conserva, inoltre, carteggi personali di Enrico De Nicola, Giovanni Colli e Augusto Monti. Include audiovisivi (6.000 audiocassette e 1.550 videocassette) e un cospicuo patrimonio fotografico. Vi si trova, infine, una collezione completa dei francobolli emanati dallo Stato italiano dal 1945 al 1997.

L’Archivio storico conserva, attualmente, circa 6 km di documentazione. La documentazione riordinata è consultabile mediante inventari ed elenchi.

L’accesso

I documenti conservati sono liberamente consultabili ad eccezione di quelli riservati relativi alla politica interna ed estera dello Stato, che diventano liberamente consultabili 50 anni dopo la loro data, e di quelli che contengono dati sensibili, che diventano liberamente consultabili 40 anni dopo la loro data; il termine è di 70 anni nei casi previsti dalla normativa generale (Codice dei beni culturali e del paesaggio, d. lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modifiche, Codice di deontologia e di buona condotta per la ricerca storica, allegato al Codice in materia di protezione dei dati personali, d. lgs. 30 giugno 2003, n. 196).

Il Presidente della Repubblica, su proposta del Segretario generale, sentita la Commissione archivistica, può autorizzare la consultazione anticipata dei documenti riservati.

Informazioni utili:

Archivio storico della Presidenza della Repubblica
 Palazzo Sant’Andrea, Via del Quirinale, 30 – 00187 Roma
 Telefono: 06 46992681; 06 46992386
 Fax: 06 46993087

Orario di apertura al pubblico: dal lunedì al venerdì dalle ore 9 alle ore 18

Sovrintendente dell’Archivio storico della Presidenza della Repubblica, dott.ssa Marina Giannetto
Telefono: 06 46993332

Il modulo per richiedere l’ammissione alla frequenza della Sala di studio.

◾ Il Presidente della Repubblica


◾biografia
◾interventi e interviste
◾fotografie
◾video
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◾diario

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le altre sezioni

◾I Presidenti
◾Gli atti del Capo dello Stato
◾I simboli della Repubblica
◾Gli uffici e i servizi
◾Le Onorificenze
◾L’Archivio storico
◾La Biblioteca
◾La Costituzione
◾Il Palazzo del Quirinale

 

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I PRESIDENTI


dal 1948 al 2015

 

foto ufficiale di Giorgio Napolitano

Giorgio Napolitano
 2013-2015
 2006-2013
◾biografia
◾elezione 20 aprile 2013
◾elezione 10 maggio 2006


foto ufficiale di Carlo Azeglio Ciampi

Carlo Azeglio Ciampi
 1999-2006
◾biografia
◾elezione


foto ufficiale di Oscar Luigi Scàlfaro

Oscar Luigi Scàlfaro
 1992-1999
◾biografia
◾elezione


foto ufficiale di Francesco Cossiga

Francesco Cossiga
 1985-1992
◾biografia
◾elezione


foto ufficiale di Sandro Pertini

Sandro Pertini
 1978-1985
◾biografia
◾elezione


foto ufficiale di Giovanni Leone

Giovanni Leone
 1971-1978
◾biografia
◾elezione


foto ufficiale di Giuseppe Saragat

Giuseppe Saragat
 1964-1971
◾biografia
◾elezione


foto ufficiale di Antonio Segni

Antonio Segni
 1962-1964
◾biografia
◾elezione


foto ufficiale di Giovanni Gronchi

Giovanni Gronchi
 1955-1962
◾biografia
◾elezione


foto ufficiale di Luigi Einaudi

Luigi Einaudi
 1948-1955
◾biografia
◾elezione


foto ufficiale di Enrico De Nicola

Enrico De Nicola
 1948
◾biografia

 
 
 

Cassa Integrazione

Post n°2632 pubblicato il 16 Dicembre 2015 da deosoe

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Cassa integrazione, nuovi termini di presentazione 2015 0

di in 15 dicembre 2015 Cassa integrazioneCassa integrazione

 

Cassa integrazione

 

I nuovi termini di presentazione delle domande di cassa integrazione ordinaria, compresa quella dell'edilizia dopo il Jobs Act

Con l'entrata in vigore, lo scorso Il 24 settembre 2015, del decreto legislativo 148/2015 contente norme in materia di ammortizzatori sociali in attuazione del Jobs Act si è disciplinata organicamente tutta la materia della cassa integrazione, compresa quella del settore edile, introducendo diverse importanti novità.

Una delle novità più importanti per imprese e Consulenti del Lavoro, riguarda i nuovi termini tassativi di presentazione delle domande di cassa integrazione ordinaria, compresa quella dell'edilizia.

Cassa integrazione nuovi termini di presentazione 2015

A partire dal 24 settembre 2015, data di entrata in vigore della norma, la domanda di CIGO, ovvero di Cassa Integrazione in Edilizia ma anche negli altri settori interessati, va presentata, secondo le stesse modalità del passato, ma obbligatoriamente entro 15 giorni dall'inizio della fruizione della sospensione/riduzione, anziché 25 giorni dalla fine del periodo di paga in corso come avveniva in passato.

L'istanza di CIGO Edile, da inviarsi in via esclusivamente telematica, deve quindi pervenire entro il suddetto termine di 15 giorni dall'inizio della sospenzione o riduzione: nei casi di tardiva presentazione l'eventuale trattamento di integrazione salariale non potrà aver luogo per periodi anteriori di una settimana rispetto alla data di presentazione (cioè dal lunedì della settimana precedente).

La norma stabilisce inoltre che qualora dalla omessa o tardiva presentazione della domanda derivi a danno dei lavoratori la perdita parziale o totale del diritto all'integrazione salariale, l'impresa è tenuta a corrispondere ai lavoratori stessi una somma di importo equivalente all'integrazione salariale non percepita.

Nuovi dati da riportare nella domanda di Cassa Integrazione

Ulteriore novità riguarda anche i dati da inserire nella domanda telematica, infatti, in base all'art. 15, questa deve riportare, oltre alla causa della sospensione o riduzione dell'orario di lavoro e la presumibile durata, anche i nominativi dei lavoratori interessati e le ore richieste per ognuno.

In considerazione dell'immediata entrata in vigore del decreto, al fine di consentire alle aziende di poter presentare le domande senza soluzione di continuità, l'INPS, come indicato nella Circolare 197 dello scorso 2 dicembre, consente l'invio in allegato alla domanda di un file in formato CSV contenente le informazioni relative ai lavoratori precedentemente indicate.

Tale allegato, in via transitoria in attesa dell'aggiornamento delle procedure telematiche di invio, potrà essere trasmesso anche successivamente all'invio della domanda e dovrà essere compilato rispettando lo schema dati, in formato CSV, pubblicato sul sito internet www.inps.it (personalmente non sono riuscito a trovarlo).

Cassa integrazione in edilizia

 

 

Le nuove tempistiche di inoltro della domanda rappresentano evidentemente un notevole aggravio per le aziende e per i Consulenti del Lavoro, in particolare per le aziende edili, in quanto per rispettare i nuovi termini di invio sarà necessario comunicare immediatamente al loro verificarsi le giornate di maltempo al fine di rispettare i nuovi termini di presentazione della domanda di CIG. Inoltre nello stesso mese probabilmente ci sarà bisogno di più di un invio in base alla distribuzione delle giornate di maltempo verificatesi.

Approfondimenti: Circolare numero 197 del 02-12-2015

 

 
 
 

il santo del giorno

Post n°2631 pubblicato il 15 Dicembre 2015 da deosoe

Santa Virginia Centurione Bracelli


Santa Virginia Centurione Bracelli †Nome: Santa Virginia Centurione BracelliRicorrenza: 15 dicembre



Virginia Centurione nacque a Genova da Giorgio Centurione e Lelia Spinola il 2 aprile 1587. Il padre avrebbe poi ricoperto la carica di Doge Biennale. All'età di quindici anni Virginia venne data in sposa a Gaspare Braeelli dal quale ebbe due figlie Lelia e Isabella. La nostra rimasta vedova nel 1607 all'età di vent'anni, dopo aver deciso di non passare a seconde nozze si ritirò con le due figlie a casa della suocera, Maddalena Lomellini. La scelta di dedicarsi all'attività caritativa e poi ad una forma di vita religiosa non è in Virginia un dato spiegabile solo attraverso il suo cammino spirituale; si tratta della corrispondenza ad un elemento della cultura genovese del tempo.

Dopo la presenza di Caterina Fieschi Adorno la scelta della vedovanza come stile di vita dedito alla pietà ed alla carità divenne a Genova una prassi comune nel richiamo alla figura della Fieschi. Vittoria de Fornari Strata che esercitò un profondo influsso sulla Centurione, avrebbe seguito lo stesso percorso fondando poi le monache «turchine»; l'agiografia locale, specie nella sua tradizione manoscritta, ci ha lasciato esempi di questo tipo fino al secolo XVIII. Ci troviamo pertanto di fronte alla rispondenza delle scelte individuali ad un modello divenuto riferimento sociale. All'insegna di una carità familiare ebbe inizio quindi l'attività della Centurione Bracelli che si diede al recupero e alla protezione delle ragazze orfane o in pericolo di essere avviate alla prostituzione. La questione si poneva in maniera urgente perché la situazione di crescente crisi economica assediava dall'interno le strutture della repubblica aristocratica.

Con l'invasione piemontese del 1625 quello che era stato un flusso migratorio dalle campagne e dalle riviere verso la capitale divenne un'urgenza improrogabile, aggravata dal fatto che in una città portuale come Genova la situazione della prostituzione si caricava di una particolare urgenza. È in quest'epoca che prende forma su iniziativa della Centurione l'attività delle Cento Dame; si trattava di un' istituzione che si basava sull'aiuto economico dato da dame del patriziato genovese alle donne povere e in difficoltà. Questa realtà si veniva a trovare in concorrenza con altre strutture sia pubbliche che private della Genova del tempo: l'Ufficio dei Poveri, il Magistrato di Misericordia e le Dame di Misericordia, otto nobildonne quest'ultime, che si dividevano l'assistenza di altrettante zone della città con particolare attenzione per le fanciulle in pericolo. Con la Centurione si assiste ad una privatizzazione e familiarizzazione della carità in un ambiente, quello genovese, nel quale lo stato aveva strutture proprie e i privati si inserivano in forme di assistenza o già collaudate o che si sarebbero istituzionalizzate successivamente. Nel 1630, nel momento in cui i disordini interni (una serie di congiure dal 1627 al 1629) e la crisi economica mettevano in pericolo la stessa sopravvivenza della repubblica, la Centurione si dedicò con attività al sostegno delle donne povere. La sua azione, che si pone sotto il segno di una forte identificazione femminile, superava le strutture medioevali sopravvissute fino a metà cinquecento, come ad esempio le Maddalenine, monasterireclusori finalizzati a rieducare le ex prostitute ed altre forma di marginalità femminile.

È nel 1631 che veniva dalla nostra preso in affitto un convento in località Monte Calvario. La struttura che raccoglieva donne e ragazze raccolte dalla Centurione venne presto sdoppiata in una seconda casa, dello S. Santo, che avrebbe accolto le più «ricuperabili» nella val Bisagno, fuori dalla città. In queste strutture le ricoverate conducevano una vita semimonastica con obbedienza, povertà, un abito uniforme, senza però emettere voti. Chi voleva poteva andarsene a patto che avesse un recapito e una fonte di sostentamento. Con un editto del 13 dicembre 1635 il Senato della repubblica di Genova riconosceva le due strutture come una sola opera di pubblica utilità. Nel 1641 aveva luogo il trasferimento delle assistite, arrivate ormai al numero di trecento, nella casa di Carignano dove sarebbe continuata l'opera.

Nel 1632 l'Ufficio dei Poveri aveva affidato, come da lei richiesto, a Virginia la cura del Lazzaretto di Genova che, se all'epoca non aveva più una funzione direttamente collegata alla lebbra, rimaneva con i suoi seicento internati un elemento basilare delle strategie di controllo e di assistenza della repubblica. Da un lato i conservatori che recuperavano le donne e le ragazze, dall'altra il Lazzaretto costituiscono due momenti portanti dell'opera della Centurione con la coesistenza di selettività sessuale e internamento di massa. La Centurione avrebbe esercitato una forte influenza sulle costituzioni riformate del Lazzaretto riorganizzandolo dal punto di vista dell'ascesi e del lavoro, insistendo in particolare sulla separazione delle età e dei sessi dei ricoverati. È qui da rilevare come sia proprio con la morte della Centurione che il Magistrato di Sanità deciderà lo sgombero del Lazzaretto, primo passo verso la costruzione dell'Albergo dei Poveri.

L'attività della Centurione per il suo interesse sociale venne posta sotto la protezione della repubblica, in particolare, quando nel 1641 Virginia venne colpita da una grave malattia i protettori dell'istituto presero definitivamente in mano le redini dell'attività dell'opera del Rifugio, come era stata chiamata dalla fondatrice. A fianco di Virginia si trovò così a collaborare Emanuele Brignole, membro dell'Ufficio dei Poveri che divenuto anche protettore dell'opera poté, nella sua duplice veste, coordinarla con le altre attività caritative cittadine. La situazione della Genova della prima metà del seicento era segnata da un reticolo di conflitti: quelli interni al patriziato tra nobili vecchi e nuovi, le ripetute congiure contro l'assetto stesso repubblicano dello stato, le pressioni militari sabaude. Tutto ciò poneva l'antica repubblica in una situazione di stallo conflittuale. Con l'elezione all'episcopato di Stefano Durazzo si ebbe un'epoca di duro scontro tra chiesa e senato, significativo in una città che non aveva mostrato una specifica insofferenza verso l'autorità ecclesiastica.

Quando nel 1642 il senato tolse il contributo governativo al seminario, Virginia Centurione si prodigò in un'opera di pacificazione tra cattedra episcopale e autorità civile; la sua situazione di nobile, figlia di doge, la metteva in una posizione di privilegio per essere ascoltata. Una riconciliazione tra il Durazzo e il senato si ebbe tra il 1645 e il 1648, poi i conflitti ripresero. Nella sua opera di riforma il Dura7zo aveva trovato forti ostacoli non solo nello stato ma nel clero che mal sopportava le sue richieste di denaro; è in questo quadro che si iscrive l'azione della Centurione nel sostegno alla riforma della chiesa oltre che nell'assistenza alla povertà. Va qui segnalato l'impegno per favorire la diffusione della celebrazione delle Quarantore che Virginia sostenne attivamente. È da rilevare peraltro che fu il Durazzo ad erigere canonicamente la compagnia a questa devozione consacrata. Questa pratica di pietà, del resto, è attestata a Genova già nel 1496 ed ebbe fin dal cinquecento un forte sviluppo.

Un dato interessante è che sarebbe stato proprio Emanuele Brignole, protettore dell'opera della Centurione, a sviluppare a partire dal 1655-1656 la costruzione dell'Albergo dei Poveri, gigantesca struttura AssistenziaLeReclusiva che nell'intento di radunare e recuperare tutti i diseredati della città si poneva su di una linea di compimento e alternativa rispetto alle realizzazioni settoriali della Centurione. L'ideologia centralizzatrice del Brignole, apparsa già nel suo protettorato dell'opera del Rifugio, si sviluppava nell'Albergo dei Poveri che realizzava in una sola struttura quella segregazione educativa, rivolta con particolare attenzione ai fanciulli e alle donne, tentata in strutture meno totalizzanti da Virginia Centurione Bracelli.

L'azione della Centurione si può qui iscrivere in una fase di passaggio dalla carità privata come scelta scaturita da relazioni familiari (vedovanza, utilizzo della casa della suocera come rifugio per ragazze sbandate) all'assistenza come magnificenza patrizia.

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Post n°2630 pubblicato il 13 Dicembre 2015 da deosoe

 

Inca: Dal 2006, gli infortuni mortali sul lavoro non sono mai diminuiti

"Anche se ancora ufficiosi e provvisori, i dati Inail 2015 sugli infortuni mortali legati al lavoro confermano ciò che da tempo l'Inca denuncia con fermezza. Il calo degli incidenti registrato negli ultimi rapporti ufficiali dell'Istituto assicuratore coincide con la riduzione dell'occupazione indotta dalla grave crisi economica che affligge il nostro paese e con il persistere di un mercato del lavoro sommerso ancora molto esteso, sul quale i controlli spesso sono frammentati e poco più che simbolici". E' il commento di Silvino Candeloro, della presidenza dell'Inca, alla crescita percentuale delle morti per incidenti sul lavoro dall'inizio dell'anno del 18,6%, che sono  passate dagli 833 casi dei primi dieci mesi 2014 a 988 nel 2015; in pratica ben 155 vite umane spezzate in più. Nel solo mese di ottobre 2015, rispetto allo stesso mese del 2014, i morti per il lavoro sono aumentati del 74% che, in valori assoluti, significano 87 vittime.

L'Inail aggiunge inoltre che risulta particolarmente grave la crescita dei decessi avvenuti in occasione di lavoro nei cosiddetti settori ad alto rischio, in particolare nei Trasporti e nelle Costruzioni. Lo stesso avviene per gli incidenti in itinere mortali, che sono aumentati di 54 unità (da 205 a 259 pari al +26,0%). Un incremento che ha interessato in misura consistente sia la componente maschile (+19,0%) sia quella femminile (+14,3%).  Una tendenza che nel nostro Paese non si verificava dal 2006, anno in cui, peraltro, la crescita degli infortuni mortali fu molto più contenuta (+5,1%).

E' un quadro sconfortante, cui si aggiunge la riduzione delle denunce, a dimostrazione di come, molto spesso, la paura della perdita del posto di lavoro scoraggi l'emersione di un fenomeno tutt'altro che marginale.  Dall'inizio dell'anno, infatti,  le denunce sono diminuite di circa 26.000 unità (dai 549.000 dei primi dieci mesi 2014 ai 523.000 dell'analogo periodo 2015), pari a -4,7%. 
"Il ricatto occupazione - spiega Candeloro - esprime una condizione soggettiva tanto dolorosa per chi la vive, quanto profondamente sbagliata per uno Stato di diritto come il nostro che dovrebbe avere tra le sue priorità il benessere delle lavoratrici e dei lavoratori".

Lo sanno bene i patronati che ogni anno, pur con tutte le difficoltà, avviano decine di migliaia di denunce di infortuni e di malattie professionali. "Non è facile - osserva Candeloro - agire in un mercato del lavoro che, con i provvedimenti legislativi di ultima generazione, quali sono gli alleggerimenti delle responsabilità in capo alle aziende, ha fatto della precarietà la condizione costante delle nuove opportunità di lavoro". Non è un caso che l'Inca abbia rafforzato la propria attività promuovendo una campagna in alcuni settori strategici, come i trasporti e la sanità, per incoraggiare i lavoratori e le lavoratrici a far conoscere le reali condizioni di lavoro. Si è partiti dai presidi sanitari ospedalieri nei principali  nosocomi di alcune città come Napoli, Bari, Palermo ecc... distribuendo questionari tra gli addetti di questi settori, invitandoli a compilarli. Ciò consentirà, assicurano all'Inca, di far crescere la consapevolezza dei rischi e un accesso alle prestazioni  Inail, cui hanno diritto per legge. "A breve arriveranno i primi risultati di questa indagine  - continua Candeloro - che rappresenteranno una buona base per consentire al sindacato di negoziare con l'azienda una revisione delle modalità di svolgimento delle mansioni e all'Inca di assicurare una migliore attività di tutela  individuale. Due ambiti di azione che sono strettamente connessi e racchiusi emblematicamente nello slogan che accompagna questa campagna di sensibilizzazione: Dignità nel lavoro, diritto alla salute".

 

 

 
 
 

Il santo del giorno

Post n°2629 pubblicato il 13 Dicembre 2015 da deosoe

 


 Beata Maria Vergine di Guadalupe

 

†Nome: Beata Maria Vergine di GuadalupeRicorrenza: 12 dicembre

La storia religiosa di Guadalupe inizia 480 anni fa nel 1531 quando la Santa Vergine, Madre di Nostro Signore Gesù Cristo, apparve più volte a Guadalupe, in Messico. 

Colui al quale la Madonna volle manifestarsi era un azteco e si convertì al Cristianesimo. Il suo nome era Juan Diego Cuauhtlatoatzin e vide Maria Santissima per più di una volta dal 9 al 12 dicembre.

Il 31 Luglio del 2002 l'apparizione di Guadalupe fu riconosciuta dalla Chiesa Cattolica e Juan Diego Cuauhtlatoatzin fu canonizzato da Giovanni Paolo II, un passo molto importante per la fede di milioni di pellegrini.

Maria apparve per la prima volta a Juan Diego su un colle e gli chiese di far erigere ai piedi di esso un santuario in suo onore. Così Juan Diego si recò dal Vescovo Juan de Zummarràga e gli riferì l'evento ma il Vescovo purtroppo non gli credette.

Nella seconda apparizione Maria disse al veggente di tornare dal Vescovo, che questa volta lo ascoltò ma chiese una prova che confermasse il fatto.

Juan Diego tornò sul colle e Maria gli promise un segno per il giorno dopo, ma il veggente l'indomani non poté recarsi sul colle poiché suo zio era gravemente malato. Così il giorno ancora seguente Juan Diego vide Maria lungo la strada e lo rassicurò dicendogli che suo zio era già guarito chiedendogli di tornare al colle. 

Quando Juan Diego giunse al colle trovò dei fiori di Castiglia il segno che avrebbe fatto ricredere il Vescovo, poiché si trovavano in una pietraia e una tipologia floreale insolita per la stagione. Juan Diego li mise nel suo mantello e tornò nuovamente dal Vescovo.

Beata Vergine Maria di Guadalupe

Il Vescovo era insieme ad altre persone e quando Juan Diego aprì il suo mantello di fronte a tutti per mostrare i fiori, ecco che su di esso vi rimase l'immagine della Madonna, visibile da tutti. Ecco un segno ancora più grande! Così Juan Diego poté mostrare il luogo dove Maria aveva chiesto fosse costruito un santuario in suo onore. 

Nel giro di un secolo, nel luogo delle apparizioni di Guadalupe, iniziarono la costruzione di una piccola cappella, poi di una più grande, e si giunse all'edificazione di un vero e proprio santuario, che venne consacrato nel 1622. Per poi approdare all'inaugurazione dell'odierna Basilica nel 1976. Intitolata a Nostra Signora di Guadalupe.

Oggi il mantello si conserva all'interno della Basilica di Nostra Signora di Guadalupe.

 

 

 
 
 

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Post n°2628 pubblicato il 13 Dicembre 2015 da deosoe

 

L'anniversario

Piazza Fontana: Cgil, 46 anni dopo continuiamo a chiedere giustizia e verità12 dicembre 2015 ore 14.19

Nel giorno in cui ricorre il 46esimo anniversario della strage di piazza Fontana, la Cgil "ricorda le vittime e torna a chiedere verità e giustizia. Il 12 dicembre del 1969 una bomba ad alto potenziale esplodeva all'interno della Banca Nazionale dell'Agricoltura di Milano, provocando 17 morti e 84 feriti. Quella strage segnò l'inizio della strategia della tensione, di una stagione buia, che aveva l'obiettivo di minare le basi della democrazia repubblicana e che venne sconfitta grazie alla mobilitazione unitaria dei lavoratori, del sindacato e delle forze democratiche del Paese". E' quanto si legge in una nota di Corso Italia.

Quarantasei anni dopo, nonostante numerosi processi e diverse sentenze, per questa strage nessuno ha pagato. "Per questo la Cgil continua a chiedere verità e giustizia, rinnovando con forza l'insegnamento scaturito da quegli anni: contro il terrorismo, per difendere la democrazia, la Repubblica e i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici, è necessario tenere alta la memoria e non abbassare mai la guardia". Nel pomeriggio la Cgil, parteciperà alle celebrazioni che si terranno a Milano. Sarà presente il segretario generale, Susanna Camusso.

 

 

 
 
 

Il santo del giorno

Post n°2627 pubblicato il 13 Dicembre 2015 da deosoe

 


Santa Lucia

 

InviaNome: Santa LuciaTitolo: Vergine e martireRicorrenza: 13 dicembreProtettrice di:ciechi, contro le malattie degli occhi e le carestie, elettristici, oculisti

Lucia nacque a Siracusa nell'anno 281 da nobilissima e ricchissima famiglia. Rimasta orfana di padre sll'età di cinque anni venne educata nella religione cristiana dalla pia e saggia Eutichia, sua madre. 

Fatta grandicella e accesa di puro amore di Dio, decise all'insaputa della madre di mantenere perpetua verginità. Ignorando questo segreto la buona Eutichia, come allora usavasi universalmente, non tardò d interessarsi per trovare alla figliuola uno sposo che convenisse. Era questi un giovane nobile, ricco e di uone qualità, però non cristiano. Lucia si turbò: ma non volendo manifestare il suo segreto alla madre, cercò pretesti per tramandare le nozze; ed intanto confidava nella preghiera e nella grazia. 

Ed ecco quanto avvenne: Eutichia fu presa da una grave malattia, per cui non bastando né medici nè medicine, pér consiglio di Lucia, mamma e figlia decisero di portarsi in pellegrinaggio a Catania, alla tomba di S. Agata, per ottenere la guarigione. 

Giunte a Catania, e prostratesi in preghiera presso quelle sacre reliquie, Agata fece intendere a Lucia di rimanere fedele al voto fatto e di contenere, se necessario, anche il martirio per amor di Gesù. La madre ottenne la guarigione, ma una grazia maggiore ebbe Lucia: il suo avvenire era irrevocabilmente deciso. 

Tornate a Siracusa, Lucia si confidò con la madre ed ottenne che la lasciasse libera nella scelta del suo stato. 

Il pretendente deluso, montò subito sulle furie e giurò vendetta, appena seppe che il rifiuto di Lucia proveniva dal fatto di essere cristiana. Si presentò quindi al proconsole romano Pascasio e accusò la giovane come seguace della religione cristiana e perciò ribelle agli dèi ed a Cesare. Tradotta davanti al proconsole, si svolse un dialogo drammatico, nel quale rifulsero la fermezza e costanza della martire. Neppur la forza valse a smuoverla, poiché Gesù rese impotenti i suoi nemici. Fu martirizzata il 13 dicembre del 304. La festa cade in prossimità del solstizio d'inverno (da cui il detto "santa Lucia il giorno più corto che ci sia").

La salma fu posta nelle Catacombe, dove sei anni dopo sorse un maestoso tempio a lei dedicato. 

Si dice che a S. Lucia venissero cavati gli occhi e che le fossero immediatamente restituiti dal Signore. Per questa ragione e per lo stesso suo nome che significa Luce, essa è invocata come protettrice degli occhi. 

PRATICA. Recitiamo un atto di dolore per i nostri peccati. 

PREGHIERA. Esaudiscici, o Dio, nostro Salvatore, affinchè, come ci rallegriamo per la festa della tua beata Lucia vergine e martire, così siamo ammaestrati nel'affetto della pia devozione.

 

 

 
 
 

Patronati

Post n°2626 pubblicato il 01 Dicembre 2015 da deosoe

 

Tagli ai Patronati - Inca Bologna, sciopero a rovescio....

Tagliare i Fondi ai Patronati vuol dire negare la gratuità delle tutele esenziali, indebolire i diritti dei più deboli, abbattere il sistema assistenziale in Italia.

L'INCA NON TI LASCIA SOLO.

Il patronato della Cgil di Bologna il prossimo sabato 5 dicembre, fino alle ore 16.00, in via straordinaria aprirà le sue sedi per fornire i servizi di tutela e per informare i cittadini del taglio, stabilito nel ddl di stabilità, che li priverà delle tutele previdenziali e socio assistenziali garantite gratuitamente dai patronati.

Si tratta di uno sciopero alla rovescio. Tagliare di nuovo il Fondo Patronati, significa infatti tagliare i servizi, oggi gratuiti, soprattutto per le fasce deboli. I cittadini, lavoratori e pensionati saranno lasciati solo in balia di un mercato privato che offre servizi onerosi e senza regole.

 

 

 
 
 

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Post n°2625 pubblicato il 01 Dicembre 2015 da deosoe


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Perché intitolare la 131 a Giovanni Maria Angioy, "cacciando" Carlo Felice, vice re e re ottuso, famelico, repressivo e crudele. di Francesco Casula

1. La figura di Giovanni Maria Angioy. 2. Angioy coltivatore ed imprenditore, professore di diritto canonico, giudice della Reale Udienza. 3. Angioy e i moti del 1795. 4. Angioy "Alternos". 5. L'Angioy a Sassari. 6. L'Angioy e la marcia verso Cagliari, la sua fine e la fine di un sogno... 7. Riferimenti bibliografici.

La proposta di Paolo Maninchedda di dedicare la 131 a un eroe sardo mi trova assolutamente consenziente. A mio parere - senza togliere nulla a Mariano IV, il giudice-re padre di Eleonora - preferisco che si intitoli la 131 a Giovanni Maria Angioy.

Sono molteplici e di varia natura (storico-politiche, culturali ed etiche) le ragioni. Esse emergono soprattutto con il suo viaggio a Sassari, (proprio attraversando la 131) quando inizia il suo eroico e sfortunato tentativo di liberare i vassalli sardi dallo sfruttamento feudale e di costruire una repubblica sarda indipendente e federata alla Francia.

 

 

 

1. La figura di Giovanni Maria Angioy

 

La sua figura - scrive lo storico sassarese Federico Francioni (1)- nella storia del suo tempo è stata a lungo oggetto di controversie, a volte di esaltazioni, a volte

di accuse, spesso condizionate da un dibattito politico contingente, che prendevanoparticolarmente di mira sue indecisioni e «doppiezze».

Oggi invece è necessario cercare di capire nel profondo le ragioni dei dubbi ed anche delle ambiguità che, ad un primo esame, sembrano le fasi e le caratteristiche piú

marcate della biografia angioyna. Ma è indispensabile, prima di tutto, indagare sulle origini delle lotte antifeudali con le quali giunsero a maturazione istanze comuni sia

al mondo delle campagne che ai gruppi della nascente borghesia isolana. È essenziale, inoltre, non perdere di vista il quadro in cui vanno collocati gli avvenimenti

sardi: il drammatico scenario dominato dal crollo dell'ancien régime, dalle attese quasi messianiche di emancipazione delle masse rurali, dall'azione di élites

audaci ed intransigenti e dagli «alberi della libertà».

Solo così sarà possibile rimettere in discussione stereotipi - in larga parte ancora vigenti - su una Sardegna tagliata fuori, sempre e comunque, da tutte le grandi correnti

rivoluzionarie, politiche, culturali ed intellettuali dell'Europa moderna.

 

2. Angioy coltivatore ed imprenditore, professore di diritto canonico, giudice della Reale Udienza.

 

La vita dell'Angioy non è solo una traccia, un frammento, nella storia sotterranea dellelongues durées e dei processi di trasformazione che hanno attraversato la società

sarda. La sua vicenda politica ed umana assume infatti un valore emblematico perché riflette la parabola di un'intera generazione di sardi, vissuta fra le realizzazioni

del «riformismo» sabaudo, un decennio di sconvolgimenti rivoluzionari e la spietata restaurazione dei primi anni dell'Ottocento. In quel contesto si inserisce anche

l'attività di Angioy, nato a Bono il 21 ottobre 1751, dopo aver studiato a Sassari nel Collegio Campoleno ed essersi addottorato in Legge, nel 1773 a Cagliari inizia la

pratica forense.

Imprenditore agrario e manifatturiero oltre che professore di diritto canonico, è un alto funzionario dello Stato (fra l'altro giudice della Reale Udienza) colto ed efficiente,

oltre che intellettuale aperto agli stimoli e agli influssi dei "lumi" e delle riforme.

Come giudice della Reale Udienza fa parte della Giunta stamentaria costituita di due membri di ciascuno dei bracci parlamentari. Pur rimanendo nell'ombra negli anni delle

sommosse cittadine e dei moti antipiemontesi, - anche se il Manno, cercando di metterlo in cattiva luce, insinua che egli tramasse dietro le quinte anche in quelle circostanze e

dunque fosse coinvolto nella cacciata dei piemontesi- secondo molti storici sardi - ad iniziare dal Sulis - si affermerebbe come il capo più autorevole del Partito democratico

e come l'esponente più importante di un gruppo di intellettuali largamente influenzato dall'illuminismo e dal Giacobinismo: fra i più importanti Gioachino Mundula, Gavino

Fadda, Gaspare Sini, il rettore di Semestene Francesco Muroni con il fratello speziale Salvatore, il rettore di Florinas Gavino Sechi Bologna e altri.

 

3. Angioy e i moti del 1795.

 

I moti del 1795 - scrive ancora Francioni - a differenza di quelli del 1793, che ingenere erano stati guidati da gruppi interni ai villaggi, sono preceduti da un'intensa

attività di propaganda non solo antifeudale ma anche politica. Infatti insieme alleribellioni nelle campagne si darà vita ai cosiddetti "strumenti di unione" ovvero a

"patti" fra ville e paesi - per esempio fra Chiesi, Bessude, Brutta e Cheremule il 24novembre 1795 e in seguito fra Bonorva, Semestene e Rebeccu nel Sassarese. In essi

le persone giuravano di "non riconoscere più alcun feudatario".

Lo sbocco di questo ampio movimento - autenticamente rivoluzionario e sociale perchè metteva radicalmente in discussione i capisaldi del sistema vigente nelle campagne

- fu l'assedio di Sassari - scrivono gli storici Lorenzo e Vittoria Del Piano (2). Con cui si costrinse la città alla resa dopo uno scambio di fucilate con la guarnigione. I capi,

il giovane notaio cagliaritano Francesco Cilocco e Gioachino Mundula arrestarono il governatore Santuccio e l'arcivescovo Della Torre mentre i feudatari erano riusciti a

fuggire in tempo rifugiandosi in Corsica prima e nel Continente poi.

Dentro questo corposo movimento antifeudale, di riscatto economico, sociale e persino culturale-giuridico dei contadini e delle campagne si inserisce il "rivoluzionario"

Giovanni Maria Angioy.

 

4. Angioy "Alternos".

 

Mentre nel capo di sopra divampa l'incendio antifeudale, con le agitazioni che continuano e si diffondono in paesi e ville del Sassarese, gli Stamenti propongono al

viceré Vivalda di nominare l'Angioy alternos con poteri civili, militari e giudiziari pari a quelli del viceré. Il canonico Sisternes si sarebbe poi vantato di aver proposto

il nome dell'Angioy per allontanarlo da Cagliari e indebolire il suo partito. Certo è che il suo nome venne fatto perché persona saggia e perché solo lui, grazie al potere

e al prestigio che disponeva nonché alla competenza in materia di diritto feudale ma anche perché originario della Sardegna settentrionale, avrebbe potuto ristabilire

l'ordine nel Logudoro.

L'intellettuale di Bono accettò, ritenendo che con quel ruolo avrebbe rafforzato le proprie posizioni ma anche quelle della sua parte politica incentrate sicuramente nella

abolizione del feudalesimo in primis. Il viaggio a Sassari fu un vero e proprio trionfo: seguaci armati ed entusiasti si unirono con lui nel corso del viaggio, vedendolo come

il liberatore dall'oppressione feudale. E giustamente. Anche perché riuscì a comporre conflitti e agitazioni, a riconciliare molti personaggi, a liberare detenuti che giacevano

- scrive Vittorio Angius "in sotterranee oscure fetentissime carceri".

 

5. L'Angioy a Sassari

 

Accolto a Sassari dal popolo festante ed entusiasta - persino i monsignori lo ricevettero nel Duomo al canto del Te Deum di ringraziamento - in breve tempo riordinò

l'amministrazione della giustizia e della cosa pubblica, creò un'efficiente polizia urbana e diede dunque più sicurezza alla città, predispose lavori di pubblica utilità

creando lavoro per molti disoccupati, si fece mandare da Cagliari il grano che era stato inutilmente richiesto quando più vivo era il contrasto fra le due città: per questa

sua opera ottenne una vastissima popolarità. Nel frattempo i vassalli, impazienti nel sospirare la liberazione dalla schiavitù feudale (ovvero"de si bogare sa cadena da-e

su tuiu" come diceva il rettore Murroni, amico e sostenitore di Angioy) e di ottenere il riscatto dei feudi, proseguirono nella stipulazione dei patti dell'anno precedente:

il 17 marzo 1796 ben 40 villaggi del capo settentrionale, confederandosi, giuravano solennemente di non riconoscere più né voler dipendere dai baroni. Angioy non poteva

non essere d'accordo con loro e li riconobbe: in una lettera spedita il 9 giugno 1796 al viceré da Oristano, nella sfortunata marcia su Cagliari che tra poco intraprenderà,

cercò di giustificare l'azione degli abitanti delle ville e dei paesi riconoscendo la drammaticità dell'oppressione feudale che non era possibile più contenere e gestire e

assurdo e controproducente cercare di reprimere.

Non faceva però i conti con la controparte: i baroni. Che tutto voleva fuorché l'abolizione dei feudi: ad iniziare dal viceré. Tanto che i suoi nemici organizzarono

durante la sua stessa permanenza a Sassari una congiura, scoperta ad aprile. Si decise perciò di "impressionare gli stamenti con una dimostrazione di forza, che facesse loro

comprendere come il moto antifeudale era seguito da tutta la popolazione e che eraormai inarrestabile" (3). Lasciò dunque Sassari e si diresse a Cagliari.

 

6. L'Angioy e la marcia verso Cagliari, la sua fine e la fine di un sogno...

 

Il 2 Giugno 1896 l'Alternos si dirige verso Cagliari, accompagnato da gran seguito di dragoni, amici e miliziani: nel Logudoro si ripetono le scene di consenso entusiastico

dell'anno precedente. A Semestene però ebbe una comunicazione da Bosa circa i preparativi che erano in atto per fronteggiare ogni sua mossa e a San Leonardo, "fatta

sequestrare la posta diretta a Sassari, ebbe conferma delle misure che venivano presecontro di lui(4). Difatti a Macomer popolani armati, sobillati pare da ricchi proprietari,

cercarono di impedirgli il passaggio, sicchè egli dovette entrare con la forza. Poiché anche Bortigali gli si mostrava ostile, si diresse verso Santu Lussurgiu e l'8 giugno

giunse in vista di Oristano.

Nella capitale la notizia che un esercito si avvicinava spaventò il viceré che radunò gli Stamenti. Tutti furono contro l'Angioy: anche quelli che erano stati suoi partigiani

come il Pintor, il Cabras, il Sulis. Ahimè ritornati subito sotto le grandi ali del potere in cambio di prebende e uffici. Sardi ancora una volta pocos, locos y male unidos:

l'antica maledizione della divisione pesa ancora su di loro. Questa volta per qualche piatto di lenticchie.

Così il generoso tentativo dell'Angioy si scontra con gli interessi di pochi: fu rimosso dalla carica di Alternos, si posero 1.500 lire di taglia sulla sua testa e da leader

prestigioso e carismatico, impegnato nella lotta antifeudale, per i diritti dei popoli e, in prospettiva nella costruzione in uno stato sardo repubblicano, divenne un volgare

"ricercato".

Occorre infatti dire e sostenere con chiarezza che l'Angioy aveva in testa - come risulta dal suo Memoriale (5)- non solo la pura e semplice abolizione del feudalesimo

ma una nuova prospettiva istituzionale: la trasformazione dell'antico Parlamento in

Assemblea Costituente e uno stato sardo indipendente che "doveva comporsi di quattro

dipartimenti (Sassari, Oristano, Cagliari e Orani) suddivisi a loro volta in cantoni

ricalcanti le micro-regioni storiche dell'Isola"(6).

 

Riferimenti bibliografici

1. Federico Francioni, Giommaria Angioy nella storia del suo tempo, Editore Della Torre, Cagliari 1985

2. Lorenzo e Vittoria Del Piano, Giovanni Maria Angioy e il periodo rivoluzionario 1793-1812,Edizioni C. R, Quartu, 2000

3. Natale Sanna op. cit.

4. Lorenzo e Vittoria Del Piano op. cit.

5. II testo integrale in francese del memoriale angioiano, con il titolo Mémoire sur la Sardaigne, si trova in La Sardegna di Carlo Felice e il problema della terra, a cura di C. Sole, Cagliari, 1967, sp. pp. 181-182Di esso aveva già fornito un sunto J. F. Mimaut,Histoire de Sardaigne ou la Sardaigne ancienne et moderne considérée dans ses loìs, sa topographìe, ses productìons et sa moeurs, t. II, Paris, 1825, pp. 248-253. Tradotto in italiano si può leggere in A. Boi, Giommaria Angioy alla luce di nuovi documenti,Sassari, 1925 (v. sp. p. 80).

6. Antonello Mattone, Le radici dell'autonomia. Civiltà locale ed istituzioni giuridiche dal Medioevo allo Statuto speciale, in La Sardegna cit., 2, pp. 19-20; vedi, anche La Sardegna di Carlo Felice cit., pp. 194-196C. Ghisalberti, Le costituzioni «giacobine» 1796-1799, Milano, 1973.

 

 

 
 
 
 
 

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