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Messaggi di Ottobre 2017

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Post n°2714 pubblicato il 31 Ottobre 2017 da deosoe

 
 
 

Pensione di reversibilità

Post n°2712 pubblicato il 31 Ottobre 2017 da deosoe

Pensione di reversibilità

 

Ecco l’ultima: Addio alla pensione di reversibilità: il Governo fa cassa sulle vedove.

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Ecco l'ultima: Addio alla pensione di reversibilità: il Governo fa cassa sulle vedove. Ecco l’ultima: Addio alla pensione di reversibilità: il Governo fa cassa sulle vedove. di Marina Crisafi – Il Governo vuole far cassa sulla pelle delle vedove, andando a toccare anche la pensione di reversibilità È questo l’allarme lanciato dal segretario generale dello Spi-Cgil, Ivan Pedretti che, sulle colonne dell’Hffington Post., denuncia l’arrivo di un disegno di legge delega del Governo alla commissione lavoro della Camera, contenente un punto molto controverso che andrebbe ad incidere appunto sul diritto alla pensione di reversibilità.Spiegato con parole semplici, secondo il ddl le reversibilità saranno considerate prestazioni assistenziali e non più previdenziali.Ciò significa letteralmente che l’accesso alla pensione di reversibilità sarà legato all’Isee e quindi al reddito familiare, andando a ridurre inevitabilmente il numero delle persone che continueranno a veder garantito questo diritto.Com’è noto, infatti, l’asticella dell’Isee è molto bassa (fissata spesso a redditi da fame) e per superarla, facendo saltare tutti i benefici, basta poco.Per fare un esempio, è sufficiente che una donna anziana viva ancora con suo figlio che percepisce anche un piccolo reddito da lavoro per far saltare il diritto o che la stessa donna decida di condividere la casa con un’amica (magari vedova titolare di pensione) per rendere meno grama la vecchiaia per perdere la reversibilità. A contribuire all’Isee è anche la casa: la vedova che vive nella dimora coniugale rimarrebbe così con la casa ma senza alcun reddito.Ad essere colpite, com’è evidente, saranno soprattutto le donne, principali beneficiarie della prestazione in quanto aventi un’età media più alta rispetto agli uomini. Donne che sarebbero – afferma Pedretti “doppiamente colpite” perché oggi hanno una pensione media inferiore a quella degli uomini e che “in futuro rischiano di impoverirsi ulteriormente”.Sinora per loro la reversibilità costituiva una piccola certezza su cui contare.Sinora appunto. Perché se dovesse passare così com’è il ddl andrebbe a demolire un diritto individuale che diventerebbe inaccessibile per centinaia di migliaia di soggetti.“Questo non è solo profondamente ingiusto – prosegue Pedretti – ma è anche tecnicamente improprio e rischia di aprire un contenzioso anche a livello giuridico. La   pensione di reversibilità infatti è una prestazione previdenziale a tutti gli effetti, legata a dei contributi effettivamente versati. Che in molti casi quindi sparirebbero nel nulla, o meglio, resterebbero nelle casse dello Stato”.In parole povere, una sorta di “rapina legalizzata” ai danni degli italiani che si augura possa essere oggetto di ripensamento nella discussione che si aprirà a breve in commissione lavoro.Intanto i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil hanno inviato al Governo una lettera per sollecitare un tavolo di confronto.

 
 
 

Cagliari

Post n°2711 pubblicato il 16 Ottobre 2017 da deosoe

Cagliari :Via XXIX novembre 1847

di Francesco Casula

A Cagliari c’è una Via (piccola traversa di Viale Trieste) con questa intestazione: Via XXIX novembre 1947.

Credo che pochi cagliaritani e sardi conoscano questa data e perché ad essa sia stata dedicata una via. Se lo sapessero probabilmente la rimuoverebbero.

Io mi accontenterei di porre, magari a fianco, una bella lastra di marmo con una didascalia che illustri e chiarisca la vicenda sottesa a quella data.

Il Manifesto sardo potrebbe farsi promotore di tale iniziativa, avanzando al Comune di Cagliari e al Sindaco Zedda la proposta. In tal modo quella Via inizierebbe a parlare, ai Cagliaritani e ai Sardi. Rendendoli edotti e consapevoli di una triste e funesta vicenda. Oggi è infatti, questa strada è muta, silente.Quindi inutile. O, se parla, è un insulto alla Sardegna intera: nel caso volesse celebrare quella data.

Scriverei, sinteticamente questo: il 29 novembre del 1947 ci fu la Fusione perfetta della Sardegna con gli stati sabaudi di terraferma, Con essa l’Isola veniva deprivata del suo Parlamento, perdeva la sua indipendenza statuale e dunque finiva il Regnum Sardiniae.

A chiedere  la Fusione, che verrà decretata da Carlo Alberto, furono alcuni membri degli Stamenti di Cagliari e di Sassari, senza alcuna delega né rappresentatività né istituzionale (Il Parlamento neppure si riunì ) né tanto meno, popolare. Tanto che Sergio Salvi, lo scrittore e storico fiorentino, gran conoscitore di “cose sarde”, ha parlato di “rapina giuridica”.

Certo a favore della Fusione ci furono manifestazioni pubbliche a Cagliari (dal 19 al 24 novembre) e a Sassari nel 1947: ma esse erano erano poco rappresentative della popolazione sarde in quanto i partecipanti appartenevano quasi sostanzialmente ai ceti urbani. Ma soprattutto esse rispondevano esclusivamente agli interessi della nobiltà ex feudale, illecitamente arricchitasi, con la cessione dei feudi in cambio di esorbitanti compensi, che riteneva più garantite le proprie rendite dalle finanze piemontesi piuttosto che da quelle sarde.

Nella fusione inoltre  vedevano una possibile fonte di arricchimento la borghesia impiegatizia e i ceti mercantili.

I sostenitori della Fusione – ad iniziare da Giovanni Siotto-Pintor – si illudevano o, comunque speravano, che venissero estese anche alla Sardegna riforme liberali quali l’attenuazione della censura sulla stampa, la limitazione degli abusi polizieschi e qualche libertà commerciale.

La realtà fu un’altra: l’Unione Perfetta non apportò alcun vantaggio all’Isola, né dal punto di vista economico, né da quello politico, sociale e culturale. Tale esito fallimentare, fu ben chiaro sin dai primi anni  con l’aggravamento fiscale e una maggiore repressione che sfociò nello stato d’assedio, – che divenne sistema di governo –  sia con Alberto la Marmora (1849) che con il generale Durando (1852)

Gli stessi sostenitori della Fusione, ad iniziare proprio da Giovanni Siotto-Pintor, parlarono di follia collettiva, riconoscendo l’errore. “Errammo tutti” e “ci pentimmo amaramente”, ebbe a scrivere Pintor.

Gianbattista Tuveri scrisse che dopo la Fusione “La Sardegna era diventata una fattoria del Piemonte, misera e affamata di un governo senza cuore e senza cervello”.

Tra le prime conseguenze della Fusione il servizio militare obbligatorio per i giovani sardi e il “sequestro” da parte dello Stato piemontese di tutte le miniere e di tutte le risorse del sottosuolo. Che furono date in concessione, per quattro soldi, a “capitalisti”, o meglio a “briganti”, in genere stranieri (francesi, belgi eccJ ma anche italiani).

Questi “spogliatori di cadaveri” –scriverà Gramsci in un articolo sull’Avanti del 1919, – “si limiteranno a pura attività di rapina dei minerali, alla semplice estrazione,senza paralleli impianti per la riduzione del greggio e senza industrie derivate e di trasformazione”.

Oggi Via XXIX Novembre a Cagliari è una strada muta, silente.Quindi inutile. O, se parla, è un insulto alla Sardegna intera: nel caso volesse celebrare quella data. Con una bella didascalia ci comunicherebbe la verità storica. Funesta e drammatica ma da conoscere.

 
 
 
 
 

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