Triballadoresdi Vittorio Casula |
Messaggi del 17/04/2014
Post n°1652 pubblicato il 17 Aprile 2014 da deosoe
Eternit: Cavagnolo, parte civile respinge "indennizzo finto" Lo ha chiamato "un risarcimento finto", l'avvocato di parte civile, quello che tre imputati di un processo per il caso Eternit, a Torino, hanno proposto alla famiglia di una persona deceduta per amianto: accettare, in pratica, avrebbe impedito di ricevere gli indennizzi dovuti dall'imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny nel filone giudiziario principale dopo la condanna a 18 anni di La vicenda è emersa oggi in tribunale alla ripresa del processo in questione, legato al decesso di alcuni ex lavoratori della Saca di Cavagnolo. Tre imputati hanno proposto all'avvocato patrocinante di una delle famiglie, di ritirare la costituzione di parte civile in cambio di 60 mila euro; però avrebbe dovuto liberare da qualsiasi azione giudiziaria gli amministratori di altre società della galassia Eternit, fra le |
Post n°1651 pubblicato il 17 Aprile 2014 da deosoe
Ue: Parlamento approva nuove regole per lavoratori distaccati Il Parlamento ha inserito nella nuova normativa sui lavoratori dislocati un elenco non esaustivo di criteri con cui individuare se un distacco è autentico o se è solo un tentativo di aggirare la legge, attraverso società fittizie stabilite nei paesi che richiedono un basso livello di protezione sociale o tramite la figura del ''falso autonomo''. I lavoratori autonomi non sono infatti soggetti a diverse norme previste della direttiva. Per evitare abusi, il Parlamento ha indicato una serie di misure nazionali di controllo e verifica: i governi dovranno Le norme approvate oggi modificano la direttiva del 1996 sulle condizioni di lavoro dei lavoratori distaccati da un paese dell'Ue all'altro, un aggiornamento resosi necessario anche per l'ingresso dei nuovi paesi dell'est Europa, in cui il costo del lavoro è molto inferiore a quello dei vecchi Stati membri. Sono 1,2 milioni i lavoratori dislocati nella Ue, i più importanti paesi di origine sono Polonia, Germania, Francia, Romania, Ungheria, Belgio e Portogallo, quelli ricettori Germania, Francia, Olanda, Belgio, Spagna, Italia ed Austria. |
Post n°1648 pubblicato il 17 Aprile 2014 da deosoe
Lavoro: precario vince causa contro Abercrombie, discriminato I giudici con il dispositivo della sentenza ordinano a Abercrombie&Fitch di ''cessare il suo comportamento discriminatorio '' e di ''riammettere'' il giovane ''nel posto di lavoro'' in forza di ''un rapporto di lavoro subordinato'' part-time. L'azienda, inoltre, dovrà pagare ''a titolo di risarcimento del danno'' oltre 14mila euro al lavoratore. Il giovane era stato assunto, il 14 dicembre del 2010, con un ''contratto di assunzione a chiamata a tempo determinato della durata di 4 mesi'', come si legge nel ricorso dei legali, assunzione con tale forma di contratto ''precario'' motivata dall'azienda spiegando che ''il candidato ha meno di 25 anni ed è disoccupato'', sulla base di un decreto legislativo del 2003. Il contratto, poi, è stato prorogato fino al dicembre 2011 ed è poi stato trasformato in un ''indeterminato'' il primo gennaio 2012, fino a che il giovane non è stato licenziato nell'agosto 2012. Secondo i legali, però, anche quando il giovane era ''a chiamata'' ''ha sempre lavorato svolgendo turni notturni presso il magazzino di Carugate: si occupava dello stoccaggio vestiti, ripiegatura, sistemazione della merce in magazzino secondo le direttive impartite dai responsabili''. I legali hanno fatto causa contro l'azienda perché venisse accertato il carattere ''discriminatorio'' dell'assunzione ''a chiamata'' del giovane motivata solo con il fatto che aveva meno di 25 anni. Secondo la difesa, infatti, anche in base alle normative europee, non si può fissare questo parametro ''in clamorosa contraddizione proprio con la finalità di facilitare l'inserimento dei giovani nel mercato del lavoro''. |
Post n°1647 pubblicato il 17 Aprile 2014 da deosoe
Verso il Congresso Cgil - Le tre giornate del lavoro Tre giornate dedicate al lavoro. Al lavoro che manca e che è precario, ma soprattutto al lavoro che sarà, se si faranno scelte lungimiranti e strategiche nei vari campi dell'economia e dell'amministrazione pubblica. L'Italia è a un passaggio decisivo e servono idee e proposte concrete per affrontare problemi antichi e nuovissimi. Per questo la Cgil ha scelto una formula inedita per confrontarsi con gli esperti, i ministri e i politici, gli amministratori e i giornalisti. Tra i dibattiti ci saranno anche una intervista pubblica al presidente della Camera, Laura Boldrini a cura della giornalista Natalia Aspesi su “donne e potere” e due lectio magistralis, una di Romano Prodi sull'Europa, o meglio sulle ingiustizie sociali che sono la base dei nuovi populismi e una sulla ricerca in Italia di Roberto Cingolani, direttore scientifico dell'Iit di Genova . Oltre ai dibattiti e alle lectio magistralis ci saranno spettacoli teatrali, due concerti, proiezioni di film e documentari e letture di testi e altri appuntamenti all'insegna della cultura e della festa. A Rimini, dal 2 al 4 maggio. Un evento sperimentale per la Cgil che quest'anno si colloca non casualmente tra il Primo Maggio e il Congresso nazionale che si terrà sempre a Rimini dal 6 all'8 maggio. |
Post n°1646 pubblicato il 17 Aprile 2014 da deosoe
Cassa integrazione in deroga: Cgil-Cisl-Uil, sblocco delle risorse o mobilitazione Cgil, Cisl, Uil lanciano un avviso sullo sblocco delle risorse per la cassa integrazione in deroga e annunciano che, "qualora nelle prossime giornate il Governo non darà risposte concrete nel segno di una immediata assegnazione alle Regioni delle risorse già disponibili, promuoveranno una forte iniziativa a carattere nazionale a Roma". I sindacati confederali hanno deciso di avviare una serie di iniziative di mobilitazione sul territorio per sensibilizzazione l'opinione pubblica su "questa vera e propria emergenza sociale" e chiedono lo sblocco dei fondi già assegnati e il rifinanziamento della cassa in deroga per tutto il 2014. "Non è comprensibile - affermano in una nota - che le risorse già stanziate e immediatamente disponibili non vengano ripartite, consentendo di dare una risposta, almeno per qualche mese, alle migliaia di lavoratori e lavoratrici che in alcuni casi sono in attesa del sussidio da 7-8 mesi". |
Post n°1645 pubblicato il 17 Aprile 2014 da deosoe
L’Italia e i diritti negati agli immigrati: Stop da Strasburgo Ci sono voluti 13 anni di battaglie legali e una sentenza della Corte dei diritti dell’Uomo (Cedu), sollecitata dai legali dell'Inca, perché si riconoscesse a un lavoratore tunisino, con regolare permesso di soggiorno e 4 minori a carico, il diritto all'assegno previsto, per i nuclei familiari numerosi, dalla legge n. 448/1998. A mettere fine al suo calvario è intervenuta la Corte di Strasburgo, chiamata a pronunciarsi sulla base di un ricorso promosso dallo studio legale “Angiolini e associati” di Milano, con cui l'Inca collabora da tempo. La sentenza dell'8 aprile scorso afferma in modo inequivocabile che il solo mancato possesso del permesso di soggiorno per lungo soggiornanti (peraltro non previsto all'epoca dei fatti dalla legislazione italiana) non è un argomento sufficiente per negare ad un lavoratore extracomunitario le prestazioni di welfare, condannando lo Stato italiano a pagare non soltanto quanto dovuto al lavoratore straniero, ma anche i danni morali che ne sono derivati. E non solo; la Corte di Strasburgo ha rigettato tutte le eccezioni sollevate dallo Stato Italiano tese soprattutto a dimostrare che l'Accordo di cooperazione tra l'Unione europea e la Tunisia (cosiddetto Accordo Euro mediterraneo), ratificato dall'Italia con la legge n. 35 del 3 febbraio 1997, non prevede la concessione di tali benefici ai tunisini regolarmente presenti in Italia, limitandosi a riconoscere loro soltanto alcuni istituti legati alla totalizzazione dei contributi previdenziali per la pensione, alle indennità di malattia, di disoccupazione e all'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali. La sentenza dell'Alta Corte europea scaturisce dopo aver espletato, senza successo, i tre gradi di giudizio in Italia. Il primo pronunciamento negativo è stato emesso il 10 aprile del 2002 dal Tribunale di Marsala; il secondo, il 21 ottobre 2004, dopo il ricorso in appello, dal Tribunale di Palermo. La Cassazione, infine, chiamata a pronunciarsi sulle “pregiudiziali di principio” esposte dagli altri due tribunali ha pensato di poter chiudere il caso confermando, nella sentenza del 15 aprile 2008, il rigetto della richiesta. Ma così non è stato. Il patronato Inca e i suoi legali sono ricorsi alla Corte dei diritti dell'uomo perché fin troppo evidenti erano i sospetti di illegittimità del diniego. E infatti, la Cedu, nella sentenza di aprile, ha ritenuto non convincente l'orientamento della Cassazione che, invece, di pronunciarsi sulle “pregiudiziali di principio”, per le quali era stata chiamata in causa, ha soltanto fornito una interpretazione restrittiva dell'accordo bilaterale tra la Tunisia e l'Italia, facendo scaturire, di fatto, la negazione del principio di uguaglianza, che pure è, afferma la Corte europea, scritto in modo inequivocabile nell'intesa tra i due paesi. Altra eccezione espressa dal nostro Stato in sede giudiziaria e respinta da Strasburgo riguarda la presunta regolare interpretazione della legislazione italiana che limita agli extracomunitari il riconoscimento delle prestazioni di natura previdenziale, escludendoli dall’accesso di quelle di tipo assistenziale, come è appunto quella dell'assegno al nucleo familiare numeroso. Secondo la Cassazione queste ultime sono assicurate principalmente ai cittadini italiani, salvo altre disposizioni. Anche in questo caso la Corte europea ha ribadito che non può esserci diversità di trattamento poiché il lavoratore ha a tutti gli effetti gli stessi diritti di cui godono gli autoctoni. In altre parole, poiché gli extracomunitari pagano le tasse come tutti e contribuiscono con il loro lavoro alla ricchezza del paese ospitante non c'è ragione di ritenere che debbano essere esclusi dai benefici di welfare, sia pure assistenziali. Spuntata anche l'arma di questa eccezione, il nostro paese di fronte al Tribunale dei diritti dell'uomo si è difeso dalla contestazione di aver avuto un atteggiamento discriminatorio legato alla nazionalità del lavoratore tunisino, affermando che l'estensione agli stranieri presenti regolarmente in Italia del diritto all'assegno al nucleo familiare numeroso, è subordinata alle disponibilità finanziarie programmate. Un’argomentazione debole per la Corte europea che nella sentenza afferma chiaramente che: “Una tale differenza è discriminatoria se non si poggia su una giustificazione oggettiva e ragionevole” e... “le autorità (italiane ndr) non hanno dato motivazioni ragionevoli che potessero giustificare la esclusione da certi benefici di legge degli stranieri legalmente inseriti in Italia”; da qui la conclusione che la scelta di negare il diritto sia solo frutto di un atteggiamento discriminatorio, legato alla nazionalità del lavoratore tunisino. In sostanza, il Tribunale di Strasburgo, pur riconoscendo la legittimità degli interessi di budget di uno Stato, questi da soli non possono giustificare la differenza di trattamento denunciata in questa causa. Tanto più, dice la sentenza, che “il lavoratore tunisino non era uno straniero soggiornante sul territorio per un breve periodo, o in violazione delle leggi sull'immigrazione e non apparteneva nemmeno alle categorie di persone che non contribuiscono al finanziamento dei servizi pubblici, per i quali uno Stato può avere delle buone ragioni per impedire loro di accedere ai servizi sociali pubblici, quali sono i programmi di sicurezza sociale, di prestazioni pubbliche e di cura”. Nulla da fare, quindi, per lo Stato italiano che ora dovrà pagare al lavoratore tunisino gli arretrati degli assegni non goduti, comprensivi degli interessi di mora (complessivamente circa 9 mila euro) e altri 10 mila euro per i danni morali che ne sono derivati; soprattutto, si potrebbe aggiungere, in ragione di un’attesa del tutto ingiustificata, forse l’unico aspetto della vicenda che potrebbe ridimensionare la portata di questo importante pronunciamento. “In realtà non è così - spiega Claudio Piccinini, coordinatore degli uffici immigrazione dell’Inca –, perché la decisione di Strasburgo conserva integro il valore di un’affermazione del principio di uguaglianza che difficilmente potrà essere ignorato dalle nostre istituzioni". "La sentenza - continua Piccinini - porta con sé la conseguenza che in materia di immigrazione lo Stato italiano non può mostrarsi reticente di fronte ad una domanda di tutela delle persone straniere che chiedono semplicemente più integrazione e maggiore coesione sociale; che sono i principi fondanti dell’Unione europea”. “Questa sentenza – aggiunge l’avvocato Angiolini, che ha curato il ricorso – censura una discriminazione che colpisce la famiglia e i minori, la quale non fa male solo a chi la subisce, ma anche alla società che la infligge o la tollera, coltivando nel proprio seno, con la disuguaglianza, il germe della divisione”. |
Post n°1644 pubblicato il 17 Aprile 2014 da deosoe
MARZO 2014
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