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di Vittorio Casula

 
 

 

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Messaggi del 20/07/2014

Pubblica Amministrazione

Post n°1796 pubblicato il 20 Luglio 2014 da deosoe


 

L'Azione del Ministro

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Primo piano

Post n°1795 pubblicato il 20 Luglio 2014 da deosoe

 

Primo piano

Tutte le news

Rossella Orlandi nuovo Direttore dell'Agenzia

Il Consiglio dei ministri del 20 giugno ha concluso la procedura prevista per la nomina di Rossella Orlandi a capo dell'Agenzia

Bonus Irpef

Credito a lavoratori dipendenti: le regole dopo le modifiche introdotte dalla legge di conversione (circolare) - pdf

Exit tax

Modalità e condizioni di esercizio dell'opzione per le imprese che trasferiscono la residenza all'estero (provvedimento) - pdf

Studi di settore

Le novità per il periodo d'imposta 2013 nella circolare n. 20/E (circolare) - pdf

Territorio Italia

Online il n°1/2014 della rivista scientifica

Comitato Permanente del Catasto

L'Agenzia delle Entrate ne assume la guida in occasione del semestre italiano di Presidenza Ue (comunicato) - pdf

Pubblicazioni OMI

Online le Note territoriali del II semestre 2013: il mercato residenziale nelle province italiane

OMI News n° 2 - giugno 2014 - pdf

Concorsi pubblici

Concorso per 140 funzionari tecnici: avviso di rinvio al 16 settembre 2014 della pubblicazione della data e della sede d'esame - pdf

Proroga versamenti

Contribuenti con studi di settore: al 7 luglio i versamenti da dichiarazioni

Controlli formali (36-ter)

I 30 giorni per presentare i documenti partono dalla data in cui arriva la comunicazione - pdf

Scelta del 2 per mille

Destinazione volontaria del due per mille dell'Irpef in favore di un partito politico: scheda e istruzioni per la scelta

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IL MANIFESTO

Post n°1794 pubblicato il 20 Luglio 2014 da deosoe

EDITORIALE

 

Era la nipote di Mubarak

-  Norma Rangeri, 18.7.2014

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Non sarà lo sta­ti­sta che in Europa e nel mondo ci invi­dia­vano, ed è pur sem­pre un impren­di­tore pre­giu­di­cato per reati di frode fiscale, oltre che un ex pre­si­dente del con­si­glio a pro­cesso per la compra-vendita di par­la­men­tari. Ma con l'assoluzione pro­nun­ciata dai giu­dici della corte d'appello di Milano, oggi Sil­vio Ber­lu­sconi con­qui­sta l'invidiabile sta­tus di anziano miliar­da­rio a tal punto cre­du­lone da scam­biare Ruby per la nipote di Mubarak.

Quelle sei tele­fo­nate in una notte, alla que­stura di Milano, men­tre era a Parigi per un impor­tante ver­tice inter­na­zio­nale, erano sem­pli­ce­mente un gesto uma­ni­ta­rio verso una ragazza reclu­tata in una casa-famiglia dai suoi amici, malau­gu­ra­ta­mente finita in que­stura per furto. E come avrebbe potuto un pre­si­dente del con­si­glio, privo di col­la­bo­ra­tori e infor­ma­tori, imma­gi­nare che l'oggetto delle sue paterne cure fosse una mino­renne in cerca di pro­te­zione e denaro in cam­bio di sesso?

Del resto c'è una legge che per que­sto tipo di reati, tra adulti e minori, pre­vede "l'ignoranza ine­vi­ta­bile", cioè la pos­si­bi­lità, nel caso nostro, che l'anziano bene­fat­tore igno­rasse l'anagrafe dell'ospite delle sue cene ele­ganti. I magi­strati che lo ave­vano con­dan­nato a sette anni e all'interdizione perenne dai pub­blici uffici, non pote­vano pre­ten­dere che l'uomo più potente del paese fosse infor­mato dell'età di ogni sin­gola pas­seg­gera di quella caro­vana di donne pagate per esclu­si­va­mente per l'amabile con­ver­sa­zione come, al di là di ogni sospetto, spie­gava l'affidabile Minetti, mae­stra di bur­le­sque («c'è la dispe­rata, c'è quella che viene dalle fave­las, c'è la zoc­cola...»). Né c'è chi possa legit­ti­ma­mente sospet­tare che lo spac­chet­ta­mento del gra­vis­simo reato di con­cus­sione, con l'introduzione della fat­ti­spe­cie di "inde­bita indu­zione", sia stato con­ge­gnato per offrire ai magi­strati la for­mula legale per ripu­lire l'immagine dell'imputato eccel­lente. Evi­den­te­mente la sen­tenza di primo grado aveva com­ple­ta­mente tra­vi­sato la realtà dei fatti.

Del resto que­sto non è il paese divo­rato dal con­flitto di inte­ressi fino al punto di can­cel­lare i con­fini e i con­flitti tra destra e sini­stra a favore di quell'amalgama, riu­sci­tis­simo, delle lar­ghe intese, oggi bril­lan­te­mente ribat­tez­zate come il patto costi­tuente del Naza­reno. Così come in nes­sun modo il nuovo potere ren­ziano, arte­fice del patto, può aver influito sul giu­di­zio di asso­lu­zione che ha gra­ziato Ber­lu­sconi. La realtà supera sem­pre la fan­ta­sia, e dice che non c'era biso­gno di que­sta asso­lu­zione per ridare a Ber­lu­sconi il ruolo di part­ner pri­vi­le­giato nella revi­sione delle regole demo­cra­ti­che. Come si diceva una volta, il pro­blema è politico.

 

 

 
 
 

Lavoro

Post n°1793 pubblicato il 20 Luglio 2014 da deosoe

 

Lavoro: Garanzia giovani,129.000 registrati,7.000 posti

Sono 129.322 i ragazzi che si sono registrati al progetto Garanzia Giovani al 17 luglio, 17.695 sono stati già convocati dai servizi per il lavoro e 6.907  hanno già ricevuto il primo colloquio di orientamento. Lo comunica il ministero del Lavoro che segnala come le occasioni di lavoro sono 4.707, per un totale di posti disponibili pari a 6.948.

E' concentrata al Nord il 57% delle opportunità, il 31% e' al Centro, l'11% al Sud e l'1% e' all'estero anche se gli iscritti provengono soprattutto dall'Italia meridionale (in particolare da Sicilia e Campania). Il 78% dei posti riguarda contratti a tempo determinato, il 9% il tempo indeterminato e il 7% tirocini, mentre l'apprendistato pesa per l'1% e le altre tipologie (collaborazioni e lavoro autonomo) per il 5%.

I ragazzi iscritti hanno nel 50% dei casi tra 19 e 24 anni e nel 44% tra 25 e 29, ma c'è anche una quota del 6% che ha meno di 18 anni. Uno su cinque e' laureato e oltre metà (56%) ha un diploma superiore. Sono tanti, però, anche quelli che hanno un titolo di studio di terza medie o inferiore (23%).

 

 

 
 
 

Amsicora

Post n°1792 pubblicato il 20 Luglio 2014 da deosoe

 

Amsicora: chi era costui? Un ascaro o un eroe sardo?

di Francesco Casula .

La fonte fondamentale della storia e della figura di Amsicora, è costituita in buona sostanza dall'opera dello storico romano "Ab urbe condida, XXIII, 40".

Ebbene il più grande latinista italiano, Ettore Paratore, nella sua monumentale <Storia della Letteratura latina> (1) scrive, in modo impietoso, che "chi volesse farsi un'idea precisa delle campagne militari romane attraverso Livio, finirebbe per non capire nulla". Perché?

Perché Livio intende la storia come diletto e ammaestramento che lo portano ad alterare le vicende storiche: di qui -per esempio- il prevalere degli interessi letterari e morali su quelli storici, soprattutto nella narrazione del periodo più arcaico.

Livio è persuaso che quella di Roma fosse una storia provvidenziale, una specie di <storia sacra>, quella del popolo eletto dagli dei.

Deriva da questa convinzione la più attenta cura a far risaltare tutti gli atti e tutte le circostanze in cui la virtus romana abbia rifulso. Tutto ciò è chiaramente adombrato anche nel proemio dell'opera "Ab urbe condita" dove si insiste sul carattere tutto speciale del dominio romano, provvidenziale e benefico anche per i popoli soggetti: "Se a qualche popolo è opportuno permettere che circondi le proprie origini col fascino della sacralità e le attribuisca agli dei, è anche da rilevare che la maggior gloria del popolo romano in guerra è che, sebbene esso vanti particolarmente Marte come primogenitore suo e del suo fondatore Romolo, le nazioni della terra sopportino questo vanto con la medesima buona disposizione con cui si assoggettano al suo dominio".

Di qui l'impegno politico che porta Livio ad esaltare i grandi valori etici, religiosi e patriottici dell'antica Roma sulla base del "Tu regere imperio populos, Romane, memento" (Ricordati, Romano, che tu devi dominare gli altri popoli) e del "Parcere subiectis et debellare superbis" (Occorre perdonare chi si sottomette e distruggere chi osa resistere).

Livio scrive dunque una storia "ideologica", senza alcun rigore storico, con svarioni colossali e immani contraddizioni: Eccone alcune:

1) Iosto, figlio di Amsicora, mentre il padre si trovava presso i Sardi Pelliti, preso dalla baldanza giovanile avrebbe attaccato sconsideratamente i Romani e sarebbe stato sconfitto e ucciso,volto in fuga l'esercito dei Sardi con 3.000 morti e 1.300 prigionieri.

Dopo tale colossale disfatta inflitta ai Sardi il console Tito Manlio Torquato invece di inseguire il resto dell'esercito e occupare Cornus - aveva ben quattro legioni! - volge le spalle al nemico e si trincera a Cagliari. A questo proposito c'è da chiedersi - come si domanda il Carta Raspi (2) in <Storia della Sardegna>: "Perchè Manlio non attacca i Cartaginesi che sbarcavano non lontano dagli accampamenti romani con circa 10.000 fanti e alcune centinaia di cavalieri mentre il console romano aveva il doppio di effettivi 22.000 fanti e 1.200 cavalieri?"

2) Nella seconda battaglia, svoltasi pare, nei pressi di Assemini, dopo la morte di Iosto, i Sardi e i Cartaginesi ebbero 12.000 morti, persero 27 insegne e circa 3.700 prigionieri.

Sempre, naturalmente secondo Livio o meglio - in questo caso - secondo Valerio Anziate, (3) da cui pare, abbia attinto i dati. E Amsicora, quando seppe della morte del figlio si sarebbe ucciso.

Dopo tale vittoria Manlio Torquato - che a parere di Teodor Mommsen (4) in < Storia di Roma antica>: " distrusse interamente l'esercito sbarcato dei Cartaginesi e conservò di nuovo ai Romani l'incontrastato possesso dell'Isola - trionfante, parte per Roma a portarvi il lieto annuncio della Sardegna " vinta e domata per sempre".

Dopo poco più di 30 anni - è lo stesso Livio a dircelo - questa Sardegna vinta e domata per sempre insorge di nuovo: " In Sardinia magnum tumultum esse cognitum est....Ilienses adiunctis Balanorum auxiliis pacatam provinciam invaserant...".

Evidentemente era stata "conquistata ma non convinta nè domata" - intendendo per Sardegna, la regione della montagna, "perché questa fu la ribelle...con i fierissimi Iliesi e Balari" almeno secondo Salvatore Merche,(5) storico sardo dell'inizio del '900.

Ci saranno infatti rivolte sia nel 181 che nel 178 a.c: gli Iliesi con l'aiuto dei Balari avevano attaccato la Provincia, la zona controllata da Roma e i Romani non potevano opporre resistenza perchè le truppe erano colpite da una grave epidemia, forse la malaria.

Nel 177 e 176 nuove e potenti sommosse costringeranno il Senato romano ad arruolare sotto il comando del console Tiberio Sempronio Gracco - lo stesso console della conquista romana del 238-237 -due legioni di 5.200 fanti ciascuna, più di 300 cavalieri, 10 quinquiremi cui si associeranno altri 12.000 fanti e 600 cavalieri fra alleati e latini.

Commenta Salvatore Merche nell'opera citata (6): "La grandezza di questa spedizione militare e lo sgomento prodotto nell'urbe dal solo accenno a una sollevazione dei popoli della montagna, dimostra quanto questi fossero terribili e temuti, anche dalla potenza romana, quando si sollevavano in armi. Evidentemente poi, perdurava in Roma la terribile impressione e i ricordi delle guerre precedenti con i Pelliti di Amsicora e di Iosto, nelle quali i Romani avevano dovuto constatare d'aver combattuto con un popolo d'eroi, disposti a farsi ammazzare ma non a cedere".

Alla fine dei due anni di guerra - ne furono uccisi 12 mila nel 177 e 15 mila nel 176- nel tempio della Dea Mater Matuta a Roma fu posta dai vincitori questa lapide celebrativa, riportata da Livio: "Sotto il comando e gli auspici del console Tiberio Sempronio Gracco la legione e l'esercito del popolo romano sottomisero la Sardegna. In questa Provincia furono uccisi o catturati più di 80.000 nemici. Condotte le cose nel modo più felice per lo Stato romano, liberati gli amici, restaurate le rendite, egli riportò indietro l'esercito sano e salvo e ricco di bottino, per la seconda volta entrò a Roma trionfando. In ricordo di questi avvenimenti ha dedicato questa tavola a Giove".

Gli schiavi condotti a Roma furono così numerosi che "turbarono" il mercato degli stessi nell'intero mediterraneo, facendo crollare il prezzo tanto da far dire a Livio "Sardi venales ": da vendere a basso prezzo.

Ma le rivolte non sono finite neppure dopo il genocidio del 176 da parte di Sempronio Gracco. Altre ne scoppiano nel 163 e 162. Non possediamo - perchè andate perse le Deche di Tito Livio successive al 167 - sappiamo però da altre fonti che le rivolte continueranno: sempre causate dalla fiscalità esosa dei pretori romani e sempre represse brutalmente nel sangue. Così ci saranno ulteriori guerre nel 126 e 122: tanto che l'8 Dicembre di quest'anno viene celebrato a Roma il trionfo "ex Sardinia" di Lucio Aurelio; nel115-111, con il trionfo il 15 Luglio di quest'anno di Marco Cecilio Metello ben annotato nei Fasti Trionfali, e infine nel 104 con la vittoria di Tito Albucio, l'ultima ribellione organizzata che le fonti ci tramandano, ma non sicuramente l'ultima resistenza che i Sardi opposero ai Romani.

Lo stesso Livio, che scriveva alla fine del I secolo a.c., affermerà - soprattutto a proposito degli Iliesi - che si tratta di "gente ne nunc quidem omni parte pacata ". Il che trova conferma in un passo di Diodoro Siculo (7), da riportarsi a questo stesso periodo, secondo il quale gli abitanti delle zone montuose sarde, ai suoi tempi :"Ancora hanno mantenuto la libertà".

Altro che Sardegna pacificata o Sardi "avvezzi ad essere battuti facilmente"! (facile vinci) come sostiene Livio e di cui ora parlerò.

3) I Sardi dunque - secondo Livio - erano avvezzi ad essere facilmente battuti. Ma come fa a sostenere ciò? A parte quanto succederà dopo il 215 - e che ho testè documentato - non conosce forse lo storico romano quanto è successo prima, dal 238 almeno?

Fin dal 236 infatti, due anni dopo la conquista da parte romana del centro sardo-punico della Sardegna, i Romani - come annota brevemente Giovanni Zonara (8), risalendo a Dione Cassio (9) - condussero operazioni contro i Sardi che rifiutavano di sottomettersi.

Nel 235, sobillati -a parere di Zonara- dai Cartaginesi che "agivano segretamente" i Sardi si ribellano e vengono repressi nel sangue da Manlio Torquato - lo stesso console che sarà scelto per combattere Amsicora - che celebrerà il trionfo sui Sardi, il 10 Marzo del 234, come attesteranno i Fasti trionfali capitolini.

Nel 233 ulteriori rivolte saranno represse dal Console Carvilio Massimo, che celebrerà il trionfo il Primo Aprile del 233.

Nel 232 sarà il console Manio Pomponio a sconfiggere i Sardi e a meritarsi il trionfo celebrandolo il 15 Marzo.

Nel 231 vengono addirittura inviati due eserciti consolari, data la grave situazione di pericolo, uno contro i Corsi, comandato da Papirio Masone e uno, guidato da Marco Pomponio Matone, contro i Sardi. I consoli non otterranno il trionfo, a conferma che i risultati per i Romani furono fallimentari. E a poco varrà a Papirio Masone celebrare di sua iniziativa il trionfo negatogli dal senato, sul monte Albano anzichè sul Campidoglio e con una corona di mirto anzichè di alloro. In questa circostanza il console Matone -la testimonianza è sempre di Zonara- chiederà segugi addestrati nella caccia e adatti nella ricerca dell'uomo per scovare i sardi barbaricini che, nascosti in zone scoscese e difficilmente accessibili, infliggevano dure perdite ai Romani.

Nel 226 e 225 si verificherà una recrudescenza dei moti, ma ormai - come sottolinea Piero Meloni (10) " Roma è intenzionata fortemente al dominio del Mediterraneo e dunque al possesso della Sardegna che continua ad essere di decisiva importanza" e l'Isola unita con la Corsica - come la Sicilia - dopo il 227 ha avuto la forma giuridica di Provincia con l'invio di due pretori per governarla.

4) Livio parla di "Sociorum populi romani" (alleati di Roma) e in un'altro passo di "Comunità sarde, amiche di Roma che contribuirono <benigne> con tributi e con la decima, visto che non si poteva pagare il soldo ai militari nè distribuire viveri". Ma a chi allude? Ma non è lui stesso, in altri passi delle sue "Storie" a sostenere che le popolazioni vennero multate per aver partecipato al conflitto? Obbligate a pagare gravi tributi in denaro e frumento? E non in base alle possibilità contributive ma semplicemente per aver partecipato alla rivolta a fianco di Iosto e Amsicora? La verità è che in Sardegna non esistevano popolazioni amiche dei Romani: del resto è lo stesso Cicerone (11)a confermarlo nell'Orazione "Pro Scauro" in cui afferma che non vi era fino a quel tempo <215> in Sardegna neppure una città amica dei Romani:" ...quae est enim praeter Sardiniam provinciam, quae nullam habeat amicam populo romano ac liberam civitatem?

5) Livio parla di Iosto ucciso in battaglia, Silio Italico (12) scrive che fu ucciso dal poeta latino Ennio (13). Questi nella sua opera " Annales " non fa cenno di questo episodio.

6) Livio scrive di Amsicora come di un sardo-cartaginese per i suoi interessi di grande latifondista, integrato nell'aristocrazia punicizzata. Insomma una sorta di ascaro. Ma come spiegare in questo caso la sua "auctoritate", il suo prestigio persino presso le popolazioni delle tribù nuragiche dell'interno, tanto da recarsi presso di loro per chiedere e sollecitare il loro aiuto nella guerra contro Roma? Non si tratta forse degli stessi sardi che intorno alla metà del VI secolo avevano lanciato una grande offensiva contro i Cartaginesi, fino a distruggere la fortezza di Monte Sirai?

E allora?

Allora bisogna concludere che la versione Liviana non è assolutamente credibile e la storia di Amsicora occorre riscriverla, partendo a mio parere da un'ipotesi fondamentale: che esso era non solo un sardo verace ma addirittura un barbaricino, come ci testimonia Silio Italico secondo cui Amsicora si gloriava di essere iliense, discendente dei coloni venuti da Troia e quindi un montanaro del più nobile sangue e assai coraggioso e fiero.Versione questa di Silio Italico, fatta propria da uno storico sardo del 1600, Giovanni Proto Arca di Bitti (14) che chiama Amsicora "dux barbaricinorum": "erat dux Barbaricinorum Hampsagoras et eius filius Oscus".

Del resto, Amsicora, fin dal tempo di Cicerone non è stato sempre raffigurato con tanto di barba, pugnale e mastruca, tipico dei Sardi Pelliti?

Ed è un caso che nell'immaginario collettivo, soprattutto degli artisti e dei poeti Sardi, venga considerato come un eroe sardo che difende la Sardegna contro il romano invasore e non un ascaro? Si tratta solo di fantasie e sogni?

Può darsi.

Ma forse che l'Amsicora liviano non è ugualmente costruito e disegnato sulle fantasie dello storico latino tutto proteso a magnificare la stirpe romana, piegando a tale filosofia dati, date e avvenimenti come ormai ci risulta con certezza?

Riferimenti bibliografici

1) Ettore Paratore, Storia della Letteratura latina, Sansoni editore, pag.455

2) Raimondo Carta-Raspi, Storia della Sardegna, ed. Mursia, pag.212.3) Valerio Anziate, storiografo romano vissuto nell'Età di Silla (1° secolo a.c.) Scrisse 75 libri di "Annales", quasi completamente perduti. Godeva già presso gli storici antichi e ancor più ne gode oggi presso gli storici moderni fama di grande falsario o comunque di faciloneria, mancanza di scrupoli ed esagerazioni.

4) Theodor Mommsen, Storia di Roma antica, vol.I, tomo I, pag.143.

5) Salvatore Merche, Barbaricini e la Barbagia nella storia della Sardegna pag.26 segg.

6) Salvatore Merche,op. cit. pag. 28.7) Diodoro Siculo (90 a.c.- 20 d.c.) Vive ai tempi di Cesare e nei primi anni di Augusto. Storico greco scrive in 40 libri la "Biblioteca storica".

8) Giovanni Zonara (1080-1118) storico e scrittore ecclesiastico bizantino, autore di un'opera "Epitome storica" che tratta dalle Origini alla morte di Alessio Commeno.

9) Dione Cassio, storico greco. Autore di "La storia di Roma" dalle origini al 229 d.c. in 80 libri.

10) Piero Meloni, "La Sardegna romana", Chiarelli editore.

11) Cicerone (106-43 a.c.) Parla della Sardegna - sempre in termini dispregiativi - in più opere, fra l'altro nell'orazione " Pro Scauro". Diventerà per altri scrittori e storici che parleranno successivamente della Sardegna, la principale fonte.

12) Silio Italico, (25-101 d.c.) Poeta latino. La sua opera principale è il poema epico "Punica" in 17 libri e 12.200 versi.Tratta della 2° Guerra Punica: dall'assedio di Sagunto fino a Zama. Fu lui che attribuì al poeta Ennio la morte in duello di Iosto, il figlio di Amsicora.

13) Ennio (239-169 a.c.) poeta latino, autore degli " Annales", poema epico in 18 libri e in 30.0 00 versi, per la gran parte andati persi in cui celebra la Storia di Roma dalle Origini ai suoi giorni, ispirati ad entusiastica ammirazione per l'espansionismo romano, tanto da essere ammiratissimo da Cicerone.

14) G. Proto Arca, "Barbaricinorum libri", Ed. Sarda Fossataro

 

Questo breve saggio storico è la base su cui è stato costruito la monografia in lingua sarda della Collana "Omines e feminas de gabbale":

Amsicora, Frantziscu Casula-Amos Cardia (Alfa editrice, Quartu, 2007)

Ora anche in Italiano, inserita nel volume (pagine 9-30):

Uomini e donne di Sardegna, Francesco Casula, (Alfa editrice, Quartu, 2010)

 

 

 
 
 
 
 

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