Triballadoresdi Vittorio Casula |
Messaggi del 23/09/2014
Post n°1869 pubblicato il 23 Settembre 2014 da deosoe
ISTAT Lascia una rispostaShare on Facebook+1Share on Tumblr Istat, 500mila occupati in meno tra 2008 e 2012, più colpiti gli artigiani Dal 2008 al 2012 il numero di occupati è diminuito di oltre 500 mila unità. I più colpiti sono gli artigiani e gli operai specializzati, che perdono 555 mila occupati, mentre le professioni impegnate in attività non qualificate, sia di produzione che di servizio, aumentano di 358 mila unità. E' l'Istat a fotografare lo stato dell'occupazione ai tempi della crisi. Ma artigiani e operai specializzati non sono i soli ad aver pagato un prezzo alto alla recessione: anche i dirigenti e gli imprenditori subiscono, in quattro anni, un deciso calo dell'occupazione, con 449 mila unità in meno (pari a -42,6 per cento), di cui quasi 100 mila solo nell"ultimo anno. Nel 2012 la contrazione di questo grande gruppo professionale interessa quasi esclusivamente gli imprenditori e direttori di grandi (-54 mila unità) e piccole imprese (-40 mila unità). Al calo dell'occupazione nelle professioni operaie e in quelle imprenditoriali si contrappone invece la forte crescita nelle professioni non qualificate e in quelle impegnate nelle attività commerciali e dei servizi. In entrambi i raggruppamenti il numero di occupati aumenta in modo significativo: le professioni impegnate in attività elementari sono cresciute di 358 mila unità e quelle dedite alle attività commerciali e di servizi di 372 mila. Per le professioni tecniche si registra un rallentamento della contrazione dell"occupazione (-0,3 per cento fra 2011 e 2012), dopo la forte caduta del triennio 2008-2011, quando la perdita è stata pari a oltre 322 mila unità (-7,3 per cento). L'occupazione femminile ha registrato un calo evidente (-12,5 per cento) soprattutto tra le professioni tecniche (con la perdita di 231 mila occupate, circa il doppio rispetto agli uomini); al contrario, la presenza femminile cresce più di quella maschile soprattutto tra le professioni dei servizi (+14,1 per cento) e in quelle a bassa qualificazione (+24,9 per cento). In tali settori l'occupazione femminile aumenta, rispettivamente, quasi quattro volte e circa il doppio rispetto a quella maschile.
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Post n°1868 pubblicato il 23 Settembre 2014 da deosoe
Sicurezza Lascia una rispostaShare on Facebook+1Share on Tumblr Cgil, sicurezza e salute emergenze sottovalutate "Un ennesimo, tragico, incidente sul lavoro ha causato quattro nuove vittime, allungando questa drammatica striscia di morte che da settimane registra una preoccupante recrudescenza. Morti che ci dimostrano ancora come il tema della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro continui ad essere un"emergenza sottovalutata e colpevolmente derubricata nel dibattito pubblico'. E' quanto si legge in una nota della Cgil Nazionale e nella quale l'organizzazione "si unisce al dolore delle famiglie e dei colleghi dei quattro operai" che hanno perso la vita in un grave incidente sul lavoro avvenuto ad Adria, in provincia di Rovigo. "Sollecitiamo la Magistratura a fare al più presto luce su quanto accaduto oggi - prosegue la nota - e allo stesso tempo saremo al fianco dei lavoratori e delle famiglie perché sia fatta chiarezza al più presto". "Un impegno però che deve investire anche il fronte politico: non bisogna, infatti, abbassare la guardia sulla questione sicurezza. E' necessario fare della prevenzione nei confronti degli incidenti sul lavoro, della questione salute, così come delle malattie professionali, un impegno centrale per il nostro paese e per il sistema produttivo tutto", conclude la Cgil.
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Post n°1867 pubblicato il 23 Settembre 2014 da deosoe
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Post n°1866 pubblicato il 23 Settembre 2014 da deosoe
ULTIMISSIME LAVORO - FISCALE23/09/2014 Lascia una rispostaShare on Facebook+1Share on Tumblr
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Post n°1865 pubblicato il 23 Settembre 2014 da deosoe
ULTIMISSIME EDILIZIA - COOPERATIVE22/09/2014 Lascia una rispostaShare on Facebook+1Share on Tumblr
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Post n°1864 pubblicato il 23 Settembre 2014 da deosoe
ULTIMISSIME LAVORO - FISCALE22/09/2014 Lascia una rispostaShare on Facebook+1Share on Tumblr
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Post n°1863 pubblicato il 23 Settembre 2014 da deosoe
San Pio da Pietrelcina (Francesco Forgione)
Nome: San Pio da Pietrelcina (Francesco Forgione)Ricorrenza: 23 settembre Pochi santi furono, come padre Pio, dotati di doni straordinari che hanno richiamato su di lui l'attenzione del mondo intero: le stimmate, il profumo misterioso che emanava dal suo corpo, i carismi di profezie e di scrutamento dei cuori, le guarigioni e le conversioni attribuite alla sua preghiera. Nel convento del Gargano, nel quale l'umile frate cappuccino viveva, la ressa di devoti era quotidiana: tutti lo volevano vedere, toccare; tutti desideravano assistere alla sua messa un momento di rara intensità spirituale e soprattutto confessarsi, rimettersi in sintonia con Dio guidati da lui. La confessione era un incontro che spesso sconvolgeva le persone mutando per sempre la loro vita, mentre il numero dei «convertiti» e dei devoti estimatori aumentava incessantemente. Ma poi, in concreto, per lui la vita fu un lungo calvario che egli visse unendosi a Cristo per la salvezza delle anime, fedele a un programma di vita, che egli aveva così espresso nell'immagine ricordo della sua prima messa: «Gesù, mio sospiro e mia vita, oggi che trepidante ti elevo in un mistero d'amore, con te io sia per il mondo Via, Verità e Vita e per te sacerdote santo, vittima perfetta». Francesco Forgione (così si chiamava padre Pio prima di indossare il saio francescano) era nato il 25 maggio 1887 a Pietrelcina, piccolo paese di contadini e pastori della provincia di Benevento. I genitori, ambedue analfabeti, pur sudando sui campi, non riuscivano a sfamare la copiosa nidiata che avevano messo al mondo (sette figli). Tanto che papà Orazio un giorno si imbarcò per l'America sperando in una sorte migliore. Gli andò bene, lavoratore instancabile e avveduto, riuscì a mettere insieme una discreta fortuna. Alla famiglia intanto badò mamma Maria Giuseppa. Forte e ricca di fede, aveva una predilezione per il piccolo Francesco, perché era il più gracile, spesso in preda a misteriose e violente febbri, e dotato di una fine sensibilità religiosa che lo portava a ricercare luoghi solitari per dedicarsi alla preghiera. E si chiedeva, mamma Maria, che cosa avrebbe potuto fare da grande quel suo figliolo così gracile. Risolse lui stesso il problema. Indicando con la mano il frate cappuccino venuto per la questua, disse: «Voglio farmi frate, come fra Camillo». Nel 1903, indossando il saio francescano nel convento dei cappuccini di Morone, iniziava il cammino di preparazione alla vita religiosa e sacerdotale che si concluse il 10 agosto 1910. E non fu un cammino facile: le misteriose malattie che lo avevano tormentato a casa, continuarono con assalti di una virulenza tale da far temere che non sarebbe mai giunto vivo all'ordinazione, tant'è vero che, non appena ebbe l'età minima richiesta dal diritto canonico, fu consacrato sacerdote. Con gli sgargianti paramenti sacri addosso pareva ancora più debole ed emaciato, tanto che i superiori ebbero compassione di lui e, anziché inserirlo subito nell'attività pastorale, lo mandarono a Pietrelcina, sperando che l'aria di casa gli avrebbe fatto tornare un po' di forze; qui invece il giovane frate imboccava dritto la strada di quel calvario che percorrerà per tutta la vita. Il 5 agosto 1918 gli apparve un misterioso personaggio che gli trafisse il cuore con un dardo infuocato, mentre il 20 settembre riceveva le stimmate, inizialmente invisibili. «Ero in coro ha raccontato lui stesso dopo la celebrazione della santa messa, allorché venni sorpreso da un riposo simile a un dolce sonno. Tutti i sensi interni ed esterni nonché le stesse facoltà dell'anima si trovarono in una quiete indescrivibile. Vi subentrò subito una grande pace. E mentre tutto questo si andava operando, vidi innanzi un misterioso Personaggio, simile a quello visto il 5 agosto, che si differenziava solamente in questo: aveva le mani, i piedi e il costato che grondavano sangue. La sua vista mi atterrì. Mi sentii morire e sarei morto se il Signore non fosse intervenuto a sostenere il cuore che sentivo sbalzare dal petto. Il Personaggio si ritirò e io mi avvidi che mani, piedi e costato erano trasformati e grondavano sangue». Un fatto mistico accompagnato da dolore fisico acuto e lacerante. Ma sopportabile. Più profondo e più lacerante fu il dolore provocato invece dai giudizi, dai sospetti e dalle condanne che gli vennero da istituzioni ecclesiastiche, da confratelli e da ambienti scientifici per i quali le ferite del frate del Gargano erano frutto di isterismo. Scienziati di ogni tipo, inviati da organismi religiosi e dallo stesso Vaticano, si accanirono per dimostrare che i fenomeni attribuitigli non avevano alcuna origine soprannaturale. E riuscirono a convincere il Sant'Uffizio, promotore di una delle inchieste più clamorose durante il pontificato di Pio XI, che si trattava di fenomeni isterici. E gli arcigni monsignori del Vaticano nel 1923, con un apposito decreto, vietavano al frate di Pietrelcina di dire la messa in pubblico e di confessare i fedeli. Un'atroce tortura, durata una decina d'anni, che padre Pio visse in silenzio, senza protestare, rifugiandosi nella preghiera e nella penitenza. La gente, che non aveva mai messo in dubbio l'origine soprannaturale di quelle misteriose piaghe, quando cessò l'ostracismo, riprese a salire la mulattiera che conduceva al convento per ascoltare la messa celebrata dal frate delle stimmate. Padre Pio definiva la messa «il mistero tremendo». Ed era per lui un momento di grande emozione spirituale: il volto trasfigurato, gli occhi luminosissimi, il corpo rapito oltre il tempo e lo spazio. Ma anche per quanti la seguivano era un momento di rara tensione e, dopo la messa, facevano la coda davanti al suo confessionale per accedere al sacramento del perdono e per chiedergli di intercedere per loro presso Dio. E c'era chi se ne andava deluso o irritato, e chi interiormente trasformato. Molte le conversioni anche di personaggi notissimi al grande _pubblico che verso il frate stigmatizzato nutrirono sempre profonda riconoscenza e devozione. Padre Pio, uomo di grande carità e umiltà, aveva anche il dono di leggere nei cuori, «sentiva» se chi lo avvicinava era sincero o ambiguo; per qucsto con alcuni era buono e con altri spicciativo o addirittura burbero. Invitava tutti comunque a pregare sempre, a essere in continuo contatto con il Signore. Nel 1940, mentre il mondo era alle prese con il terribile dramma della guerra, nascevano su suo invito i «Gruppi di preghiera», un'istituzione che presto si diffuse proficuamente in tutto il mondo. «La preghiera aveva detto ai suoi confratelli è la chiave dei tesori di Dio, è l'arma del combattimento e della vittoria in ogni lotta per il bene e contro il male». Nel medesimo anno, spinto da un grande amore per il prossimo, soprattutto per quanti erano afflitti dalla malattia, metteva in moto un movimento di carità e di solidarietà per poter realizzare una struttura ospedaliera a servizio dei malati poveri. L'idea si concretizzava nel 1956 con l'inaugurazione della Casa sollievo della sofferenza, destinata a diventare uno degli ospedali meglio attrezzati del Meridione, nel quale lavorano luminari della medicina e dove tutti sono invitati a vedere nel malato e nel povero il volto stesso di Gesù. Tra i tanti doni di cui era dotato, padre Pio ebbe anche quello di prevedere il tempo della sua morte. Un giorno, ed eravamo nel 1918 quando aveva appena ricevute le stimmate, disse a uno che frequentava il convento: «Coraggio: abbiamo ancora cinquant'anni davanti». E cinquant'anni dopo, 1968, mentre con i devoti si accingeva a commemorare il mezzo secolo dall'evento, padre Pio avvicinò quel fedele e con un filo di voce gli sussurrò: «Cinquant'anni sono passati». La domenica 20 settembre si fece gran festa, padre Pio celebrò messa e poi si affacciò a benedire i pellegrini che erano accorsi in gran numero. Fu l'ultima volta che lo videro vivo, perché la notte del 23, dopo aver recitato per intero il rosario, moriva. La gente lo venerò come un santo, prima ancora che la chiesa si esprimesse in tal senso. Il convento e la chiesa dove celebrava messa sono diventati ben presto meta di incessanti pellegrinaggi e luogo di preghiera, di carità e di conversione. Il cammino verso gli altari, però, fu più tortuoso. Coloro che lo avevano avversato in vita, anche per motivi poco nobili (leggi: l'uso delle tante offerte che la gente inviava per le sue iniziative di carità), misero molti pali tra le ruote. Ma alla fine la verità sulla sua santità ha avuto il sopravvento. Padre Pio, che definiva se stesso «un frate che prega», è stato proclamato beato da papa Giovanni Paolo II, che nutriva per lui grande devozione, il 2 maggio del 2000, e due anni dopo, il 16 giugno 2002 lo stesso Pontefice in piazza San Pietro, lo proclamò Santo e ne stabilì la memoria liturgica per il 23 settembre, "giorno della sua nascita al cielo". Il luglio 2004 fu inaugurata la nuova grande chiesa a S. Giovanni Rotondo progettata dal celebre architetto Renzo Piano. PRATICA. Riflettiamo sulle parole di San Pio, (ASN, 15): "La vita non è che una perpetua reazione contro se stessi e non si schiude in bellezza, che a prezzo del dolore. Tenete sempre compagnia a Gesù nel Getsemani ed egli saprà confortarvi nelle ore angosciose che verranno"./i> PREGHIERA. O Dio, per la tua misericordia e per i meriti di questo tuo grande santo, concedi anche a noi una fede capace di scorgere nei poveri e nei sofferenti il volto di Gesù. Insegna anche a noi l'umiltà del cuore, perché in tuo nome, scopriamo la gioia di perdonare i nostri nemici.
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Post n°1862 pubblicato il 23 Settembre 2014 da deosoe
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Post n°1861 pubblicato il 23 Settembre 2014 da deosoe
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"SU RE" DI GIOVANNI COLUMBU
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