Triballadoresdi Vittorio Casula |
Messaggi del 04/10/2014
Post n°1895 pubblicato il 04 Ottobre 2014 da deosoe
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Post n°1894 pubblicato il 04 Ottobre 2014 da deosoe
Inca Pescara: crescono le richieste di aiuto agli sportelli dei patronati «Dietro ai numeri ci sono persone. Non sempre questa cosa viene percepita bene». Nicola Primavera, sindacalista di lunga esperienza, è il direttore provinciale del patronato Inca di Pescara, l'organismo che si occupa di "tutela individuale". Chi del sindacato ha l'immagine di una casta ormai lontana dai lavoratori, se non estranea al mondo del lavoro reale, dovrebbe venire qui al piano terra di via Benedetto Croce: servizio di reception, sala gremita, impiegati indaffarati, pratiche che viaggiano da una stanza all'altra. Seduti in attesa: pensionati, esodati, donne in maternità, giovani, disoccupati, cassintegrati, infortunati, invalidi civili, immigrati, familiari di disabili. Le domande sono sempre le stesse: quando otterrò il mio primo assegno di pensione? Ho diritto ai contributi familiari? Che farò dopo la fine della Cassa integrazione? Che cosa devo fare per farmi riconoscere la malattia professionale? Riuscirò ad avere l'assegno di accompagnamento per mio figlio disabile? Come faccio ad arrivare alla fine del mese? «Con la crisi economica», spiega Primavera, «il nostro lavoro è aumentato ed è in qualche modo cambiato. Ormai non facciamo più solo consulenza, ma siamo chiamati a dare supporto psicologico. Siamo diventati veri e propri centri d'ascolto. Abbiamo a che fare con un numero crescente di persone che non ce la fanno più e che hanno bisogno di sostegno. Riscontriamo molta solitudine ed emarginazione, che possono portare anche a comportamenti patologici, basti pensare all'aumento del gioco d'azzardo. Questi cittadini, si sentono soli, e per loro è difficile farsi ascoltare dalle istituzioni». Paradossalmente il progressivo uso della telematica nell'amministrazione pubblica accentua questo disagio, soprattutto in alcune fasce di lavoratori e di anziani, e l'Inca si trova a fare da front-office di enti (con i quali ci sono anche accordi diretti) come Inps, Inail, Agenzia delle Entrate, centro per l'impiego, direzione territoriale del lavoro. Uno sportello unico che tenta di mettere ordine e di dare senso al caos della burocrazia italiana. Un esempio di caos? Il 35% delle pensioni in Italia hanno un importo errato al momento della loro liquidazione. «Le istituzioni dovrebbero dare risposte più puntuali», dice Primavera, «e penso che anche il sindacato dovrebbe porsi un problema di tutela più complessiva». Nelle parole del sindacalista non c'è solo una richiesta di efficienza o efficacia dell'azione pubblica. Primavera pensa soprattutto alla domanda inevasa di aiuto. «Anche noi viviamo questo disagio, tanto che in queste settimane siamo impegnati in corsi di team-building (sono attività formative di gruppo, ndr) per essere in grado di sopportare questa crescente pressione psicologica». Ci sono naturalmente anche i numeri a tracciare il diagramma della crisi. Le pratiche affrontate registrano incrementi annui a due cifre: 18.850 pratiche nel 2013 contro le 14.593 del 2012. E corrispondono non solo alla caduta dell'occupazione (7.354 interventi per ammortizzatori sociali nel Pescarese su un totale regionale di 43.884), o alle varie leggi Fornero, ma anche all'aumento delle malattie professionali (1.400 nel 2013 contro le 772 del 2008) e delle invalidità civili (21.505 prestazioni in provincia di Pescara nel 2013, 76.188 in Abruzzo con pochissimi casi di revoche) che viaggiano in controtendenza rispetto alla diminuzione degli incidenti sul lavoro.
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Post n°1893 pubblicato il 04 Ottobre 2014 da deosoe
Pellegrino Artusi Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Pellegrino Artusi Pellegrino Artusi (Forlimpopoli, 4 agosto 1820 - Firenze, 30 marzo 1911) è stato uno scrittore, gastronomo e critico letterario italiano. Indice [nascondi]
Biografia[modifica | modifica wikitesto] Figlio di un droghiere benestante, Agostino (detto Buratèl, cioè "piccola anguilla") e di Teresa Giunchi, Pellegrino Artusi nacque in una famiglia numerosa: 12 fratelli; fu chiamato Pellegrino in onore del santo forlivese Pellegrino Laziosi. Come molti ragazzi di buona famiglia, compì gli studi nel seminario della vicina Bertinoro, nel forlivese.
Monumento funebre dell'Artusi nel cimitero di San Miniato al Monte Negli anni tra il 1835 e il 1850, Artusi frequentò ambienti studenteschi bolognesi(in un brano di una sua opera afferma che era iscritto all'università)[1][2]. Nella locanda «Tre Re» fece la conoscenza del patriota Felice Orsini, di Meldola, località anch'essa presso Forlì. Tornato nel suo paese natale, intraprese la professione del padre, ricavandone un certo profitto, ma la vita della famiglia Artusi venne sconvolta per sempre dall'incursione del 25 gennaio 1851 a Forlimpopoli del brigante Stefano Pelloni, detto il Passatore. Costui prese in ostaggio, nel teatro della città, tutte le famiglie più in vista, rapinandole una per una. Fra le famiglie rapinate vi fu anche quella di Pellegrino Artusi. Terminata la raccolta del bottino, gli efferati banditi stupraronoalcune donne, e tra queste Gertrude, sorella dell'Artusi che impazzita per lo shock, dovette essere ricoverata in manicomio. L'anno dopo, tutta la famiglia si trasferì a Firenze. Qui Pellegrino si dedicò all'intermediazione finanziaria; contemporaneamente sviluppò le sue grandi passioni: la letteratura e l'arte della cucina. Sposate le sorelle e morti i genitori, poté vivere di rendita grazie alle tenute che la famiglia possedeva in Romagna (a Borgo Pieve Sestina di Cesena e Sant'Andrea di Forlimpopoli). Acquistò una casa in piazza D'Azeglio a Firenze, dove tranquillamente condusse la sua esistenza fino al 1911, quando morì, a 90 anni. Celibe, visse con un domestico del suo paese natale e una cuoca toscana, Marietta. Riposa nel cimitero di San Miniato al Monte. La sua opera più famosa è La Scienza in cucina e l'Arte di mangiar bene. Il titolo è di chiara matrice positivistica. Artusi, ammiratore del fisiologo monzese Paolo Mantegazza, esaltava il progresso ed era fautore del metodo scientifico, metodo che applicò nel suo libro. Il suo, infatti, può essere considerato un manuale "scientificamente testato": ogni ricetta fu il frutto di prove e sperimentazioni. Il caso del minestrone ed il colera[modifica | modifica wikitesto]Di particolare interesse è una testimonianza dello stesso Artusi riguardo ad una sua disavventura avvenuta durante la stagione dei bagni a Livorno, nel 1855, quando lo stesso gastronomo entrò a diretto contatto con il colera, lamalattia infettiva che in quegli anni mieteva molte vittime in Italia. Giunto a Livorno, Artusi si recò in una trattoria per cenare. Dopo avere consumato il minestrone, decise di prendere alloggio presso la palazzina di un certo Domenici in piazza del Voltone. Come Artusi testimonia, passò la notte in preda a forti dolori di stomaco e diede la colpa per quest'ultimi al minestrone. Il giorno dopo, di ritorno a Firenze, gli giunse la notizia che Livorno era stata colpita dal colera e che il Domenici ne era caduto vittima. Fu allora che comprese chiaramente la situazione: non era stato il minestrone, ma i primi sintomi della malattia infettiva a procurargli i forti dolori intestinali. L'episodio convinse l'Artusi a scrivere una personale e celebre ricetta del minestrone. Opere[modifica | modifica wikitesto]
La Scienza in cucina e l'Arte di mangiar bene, ed. 1910 Tre furono le opere di Artusi: due saggi di critica letteraria e un manuale di cucina. I saggi, una biografia di Ugo Foscolo e una critica a trenta lettere di Giuseppe Giusti, passarono quasi completamente sotto silenzio, e presto non vennero più ristampati. Il manuale, dal titolo La Scienza in cucina e l'Arte di mangiar bene, dopo un iniziale insuccesso alla sua prima pubblicazione, nel 1891,[3] fece raggiungere invece al suo autore la popolarità. Il volume è tuttora in stampa da oltre cent'anni ed è stato tradotto in diverse lingue, tra le quali, ultima in ordine cronologico, ilportoghese.
Dal 1997 il comune di Forlimpopoli, paese natale dell'Artusi, celebra in onore del suo famoso concittadino la "Festa Artusiana", manifestazione dedicata al cibo in tutte le sue declinazioni: gastronomia, cultura, spettacolo. Nel corso della Festa Artusiana vengono assegnati ogni anno il "Premio Pellegrino Artusi", a un personaggio che, a qualunque titolo, si sia distinto per l'originale contributo dato alla riflessione sui rapporti fra uomo e cibo, e il "Premio Marietta", intitolato alla collaboratrice di Pellegrino Artusi, assegnato ad una donna o ad un uomo di casa abile artefice - nello spirito di Pellegrino e di Marietta - di ghiottonerie domestiche. Note[modifica | modifica wikitesto]
Controllo di autorità VIAF: 17212280 LCCN: n50001896 SBN: ITICCUCFIV51740
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Post n°1892 pubblicato il 04 Ottobre 2014 da deosoe
Sono stati trovati circa 7400 risultati nella categoria Circolari Circolare n. 118 del 03-10-2014 Oggetto: Decreto direttoriale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali 8 agosto 2014. Incentivo all'assunzione dei giovani ammessi al "Programma Operativo Nazionale per l'attuazione della Iniziativa Europea per l'Occupazione dei Giovani" (in breve Programma "Garanzia Giovani"). Prime indicazioni operative. Tipo: Pagina Web - Dimensione: 59,77 KB Categoria: Circolari Oggetto: Convenzione fra l'INPS e la Federazione del Commercio, Turismo, Servizi, Artigianato, Agricoltura, Terziario, Piccole e Medie Imprese (FEDIMPRESE) per la riscossione dei contributi sindacali sulle prestazioni pensionistiche ai sensi della legge 11 agosto 1972, n. 485. Istruzioni operative e contabili. Variazioni al piano dei conti. Tipo: Pagina Web - Dimensione: 27,28 KB Categoria: Circolari Oggetto: Convenzione per adesione tra l'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale e l'Ente Bilaterale Piccole Imprese e Cooperative (in breve E.BI.P.I.C.) avente ad oggetto la riscossione dei contributi da destinare al finanziamento dell'Ente Bilaterale Tipo: Pagina Web - Dimensione: 23,71 KB Categoria: Circolari Oggetto: Fusione per incorporazione dei fondi pensione complementare Perseo e Sirio; istruzioni operative per le sedi e le amministrazioni in relazione alle attività che coinvolgono l'Inps. Tipo: Pagina Web - Dimensione: 30,36 KB Categoria: Circolari Circolare n. 114 del 30-09-2014Oggetto: Trasferimento alla Direzione Provinciale di Asti della competenza alla trattazione delle pratiche di pensione trasmesse dalle Casse francesi CANSSM di Parigi e CRAV di Strasburgo relativamente ai residenti in Francia. Tipo: Pagina Web - Dimensione: 22,54 KB Categoria: Circolari Circolare n. 113 del 24-09-2014Oggetto: Convenzione tra l'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale e l'Ente Bilaterale Ebilcoba, per la riscossione dei contributi destinati al finanziamento dell'Ente Bilaterale medesimo di cui al CCNL sulla disciplina del rapporto di lavoro colf e badanti stipulato in data 8 maggio 2013. Tipo: Pagina Web - Dimensione: 21,92 KB Categoria: Circolari Oggetto: Convenzione fra l'INPS e la Confederazione Sindacale Autonoma lavoratori e Pensionati Europei (CONF.S.A.L.P.E.) per la riscossione dei contributi sindacali sulle prestazioni pensionistiche ai sensi della legge 11 agosto 1972, n. 485. Istruzioni operative e contabili. Variazioni al piano dei conti. Tipo: Pagina Web - Dimensione: 27,39 KB Categoria: Circolari Oggetto: Convenzione fra l'INPS e il Sindacato Nazionale Autonomo Lavoratori e Pensionati (S.N.A.L.P.) per la riscossione dei contributi sindacali sulle prestazioni pensionistiche ai sensi della legge 11 agosto 1972, n. 485. Istruzioni operative e contabili. Variazioni al piano dei conti. Tipo: Pagina Web - Dimensione: 27,07 KB Categoria: Circolari Oggetto: Convenzione fra l'INPS e la Confederazione delle Piccole e Medie Imprese, dei Lavoratori Autonomi e dei Pensionati (FEDERAZIENDE) per la riscossione dei contributi sindacali sulle prestazioni pensionistiche ai sensi della legge 11 agosto 1972, n. 485. Istruzioni operative e contabili. Variazioni al piano dei conti. Tipo: Pagina Web - Dimensione: 27,28 KB Categoria: Circolari Oggetto: Convenzione per adesione tra l'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale e il Fondo ASIM - Ente di assistenza sanitaria integrativa per i dipendenti delle imprese esercenti servizi di pulizia e servizi integrati/multiservizi (in breve ASIM) avente ad oggetto la riscossione dei contributi da destinare al finanziamento del Fondo Tipo: Pagina Web - Dimensione: 23,9 KB Categoria: Circolari
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Post n°1890 pubblicato il 04 Ottobre 2014 da deosoe
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Post n°1889 pubblicato il 04 Ottobre 2014 da deosoe
Nome: San Francesco d'AssisiTitolo: Patrono d'ItaliaRicorrenza: 04 ottobre S. Francesco nacque ad Assisi l'anno 1182 da Pietro Bernardone e da madonna Pica, ricchi commercianti. La sua nascita fu circondata da avvenimenti misteriosi: un mendicante, presentatosi a madonna Giovanna Pica, pochi giorni prima della nascita di Francesco, le disse: « Fra queste mura spunterà presto un sole... »; il giorno stesso della nascita, essendo la madre oltremodo accasciata per i dolori del parto, un altro pellegrino le disse: « Tutto andrà bene, purchè la madre sia condotta nella stalla », e così avvenne. Un altro giorno fu udito pér le vie di Assisi un romito che gridava: « Pace e bene, pace e bene! » il futuro motto di Francesco. La dolce madonna Pica taceva e pregava, pensando: cosa mai sarà di questo fanciullo così prediletto da Dio? Intanto Francesco cresceva vivace, allegro, amante delle spensierate brigate, delle laute cene, dei suoni e dei canti. Siccome gli affari andavano bene, il padre lo avviò alla mercatura. Di ingegno vivace, riusciva a meraviglia; combattè anche contro Perugia e sostenne lunga prigionia. La grazia di Dio intanto lavorava. Un giorno gli amici, vedendolo assorto, gli domandarono: « Pensi a prendere moglie? ». « Sì, rispose Francesco, e sposerò la donna più bella e più amabile del mondo ». Si riferiva a « madonna povertà »! Una mattina, è colpito, in una chiesetta di campagna, da un brano del Vangelo, che dice: "Non tenere né oro né argento né altra moneta; non borse, non sacchi, non due vesti, non scarpe, non bastone". Si spogliò di tutto, diede quanto aveva in elemosina, e a suo padre che l'aveva citato davanti al Vescovo, diceva rendendogli anche i vestiti: « Finora ho chiamato Pietro di Bernardone mio padre, d'ora in poi a maggior ragione dirò: Padre mio che sei nei cieli ». Esce all'aperto e, immediatamente. mette in pratica il consiglio evangelico. Si scalza, s'infila una tunica contadinesca, getta la cintura di cuoio e al suo posto s'annoda sui fianchi una corda. (La cintura di cuoio era nel medioevo la parte più importante dell'abito, tanto importante che Dante. quando vorrà lodare la rude semplicità dei vecchi fiorentini, li dirà "cinti di cuoio e d'osso") Da quel giorno l'eroismo di Francesco non ebbe più limiti: i poveri, i lebbrosi, gli ammalati di ogni specie furono la sua parte életta. Fu trattato da pazzo, percosso, vilipeso, maledetto, ed egli ricambiava tutto con preghiere, carità, amore. Ai suoi seguaci che volle chiamare « Frati Minori » insegnava il lavoro, l'elemosina, la preghiera e la povertà più assoluta. Dove passò portò la benedizione di Dio: la pace fra le fazioni e l'amore fra i nemici: convertì peccatori, salvò miserabili, protesse oppressi. I tre voti francescani, obbedienza, povertà e castità, non erano pesi che il figlio di Pietro Bernardone prendeva sulle sue grame spalle e che imponeva ai compagni d'avventura. Al contrario, quei voti rendevano lui e i suoi seguaci più presti e leggeri. L'obbedienza scioglieva da ogni dubbio; la povertà liberava da ogni cupidigia; la castità sollevava da ogni impegno carnale. I vizi contrari a quei voti, cioè la superbia, l'avarizia e la lussuria, erano tre mostruose fibbie, che imbrigliavano l'uomo mondano. Benedetto dal papa, estese ovunque ed a tutti la sua opera; istituì le Clarisse; fondò e diffuse il Terz'Ordine. Andò fra i Turchi: mandò apostoli dappertutto a portare «pace e bene ». Alla Verna, Dio impresse sul suo servo fedele il segno del suo amore: le sacre stimmate. Compose laudi in onore del suo Dio perchè esclamava: « L'amore non è amato, l'amore non è amato! ». Morì, benedicendo i suoi figliuoli e la sua cara città di Assisi, il 4 ottobre 1226. Fu chiamato il più santo degli Italiani, e il più Italiano dei santi; assieme a S. Caterina da Siena è il grande protettore della nostra amata patria. PRATICA. Ad onore di S. Francesco facciamo oggi una mortificazione ed una elemosina. PREGHIERA. O Dio, che per i meriti di S. Francesco accrescesti la tua Chiesa di una nuova famiglia, concedici di disprezzare a suo esempio le cose terrene, e di poter partecipare alla gioia dei doni celesti. San Francesco e il Natale La natura fantastica del "giullare di Dio" e insieme la sua intuizione didattica si manifestarono specialmente nella più poetica rappresentazione ideata in un bosco, cioè nel Presepio di Greccio. Per Francesco il Natale era la festa delle feste, appunto perché Dio stesso, con la sua adorabile incarnazione, scendeva in terra, e si faceva fratello degli uomini. Frate, non monaco. L'eterno entrava nel tempo; l'immobile diventava viandante. Dal Natale in poi, tutte le strade sarebbero state come quella d'Emmaus. Il santo dell'umiltà si commuoveva all'idea dell'infinita umiliazione di Dio che si fa uomo. Il santo della povertà piangeva al pensiero dell'estrema indigenza di Gesù, nato in una stalla. E finalmente, il santo della perfetta letizia si rallegrava al ricordo dell'Alleluia celeste. Il Natale era dunque la festa più francescana dell'anno liturgico. Vi si celebrava l'umiltà, la povertà e l'innocenza. I tre voti francescani brillavano, con meraviglioso fulgore, nel cielo natalizio. "Se io potessi parlare all'imperatore," diceva Francesco "vorrei pregarlo di emanare un comando generale, perché tutti coloro che lo possono, spargano per le vie frumento e granaglie nel giorno di Natale, sicché in quel giorno di tanta solennità gli uccelli abbiano cibo in abbondanza". Anche questo sarebbe stato un modo di rendere evidente la gioia natalizia, comunicandola, attraverso il cibo, anche agli abitanti dell'aria. Un anno, il Natale cadeva di venerdì e fra' Monco, il cuciniere, fu in dubbio se fare, in quel giorno, di grasso o di magro. "Faresti peccato, o fratello" gli gridò Francesco "chiamando venerdì il giorno in cui è nato Gesù. Vorrei che in un giorno come questo mangiassero carne anche le pareti e, non potendo, ne fossero almeno unte di fuori!" Soltanto la fantasia d'un uomo sobrio e continente come lui poteva immaginare qualcosa di simile. Nell'inverno del 1223 ebbe finalmente l'idea della prima sacra rappresentazione. Mandò a chiamare il signore di Greccio, Giovanni Velita, e gli disse: "È mio pensiero rievocare al vivo la memoria di quel Bambino celeste che è nato laggiù in Betlem, e suscitare davanti al suo sguardo e al mio cuore gl'incomodi delle sue infantili necessità: vederlo proprio giacere su poca paglia, reclinato in un presepio, riscaldato dal fiato di un bue e di un asinello". Così, la notte di Natale del 1223, nel bosco di Greccio, avvenne la prima rappresentazione natalizia inventata da San Francesco: il Presepio. Un sacerdote celebrò la Messa di mezzanotte sopra una mangiatoia. San Francesco, non essendo sacerdote, ma soltanto diacono, cantò il Vangelo della Nascita, e lo spiegò al popolo, accorso nel bosco di Greccio con fiaccole accese. Chiamava Gesù " il bambino di Betlem ", e nel pronunziare queste parole narra il suo primo biografo sembrava una pecora che belasse "talmente la sua bocca era ripiena, non tanto di voce, quanto di dolce affetto". "E nominando il Bambino di Betlem, oppure dicendo Gesù, lambivasi con la lingua le labbra, quasi a gustare e deglutire la dolcezza di quel nome." San Francesco e gli animali San Francesco chiamava gli animali «i nostri fratelli più piccoli». Per loro aveva le attenzioni più delicate. Voleva scrivere a Federico II perché con un editto stabilisse che a Natale le strade fossero cosparse di granaglie e di grano per gli uccelli: anch'essi dovevano gioire per la nascita del Redentore. Perché non fossero calpestati, scansava dai sentieri i vermi. A Sant'Angelo in Pantanelli, presso Orvieto, viene mostrato tuttora uno scoglio sul Tevere, dal quale avrebbe gettato nel fiume dei pesci che gli erano stati regalati. Un giorno S.Francesco andò alla elemosina assieme a frate Massèo e i due si imbatterono in un uomo che portava al mercato due agnelli da vendere, legati, belanti e penzolanti dalla spalle. All'udire quei belati, il servo di Dio, vivamente commosso, si accostò, accarezzandoli, come suol fare una madre con i figlioletti che piangono, con tanta compassione e disse al padrone: "Perché tormenti i miei fratelli agnelli, tenendoli così legati e penzolanti?". Rispose: "Li porto al mercato e li vendo: ho bisogno di denaro". E Francesco: "Che ne avverrà?". E quello: "I compratori li uccideranno e li mangeranno». Nell'udire questo il santo esclamò: «Non sia mai! Prendi come compenso il mio mantello e dammi gli agnelli». Quell'uomo fu ben felice di un simile baratto, perché il mantello, che Francesco aveva ricevuto a prestito da un uomo proprio quel giorno per ripararsi dal freddo, valeva molto di più delle bestiole. Infatti ogni creatura dice: Dio mi ha creato per te, o uomo! Noi che siamo vissuti con lui, lo vedevamo rallegrarsi interiormente ed esteriormente di quasi tutte le creature, così che, toccandole o mirandole, il suo spirito sembrava essere in cielo, non in terra. E per le grandi gioie che aveva ricevuto e riceveva dalle creature, egli compose, poco prima della sua morte, alcune Lodi del Signore per le sue creature, per incitare alla lode di Dio i cuori di coloro che le udissero, e così il Signore fosse lodato dagli uomini nelle sue creature» Dai "Fioretti" di San Francesco Santo Francesco andò una volta per lo distretto del Borgo a Santo Sipolcro, e passando per uno castello che si chiama Monte Casale, venne a lui uno giovane nobile e molto dilicato, e dissegli: "Padre, io vorrei molto volentieri essere de' vostri frati". Rispuose Santo Francesco: "Figliuolo, tu se' giovane, dilicato e nobile: forse che tu non potresti sostenere la povertà e l'asprezza nostra". Ed egli: "Padre, non sete voi uomini come io? dunque, come la sostenete voi, così potrò io colla grazia di Cristo". Piacque molto a Santo Francesco quella risposta; di che benedicendolo, immantanente Io ricevette all'ordine e puosegli nome frate Agnolo. E portassi questo giovane sì graziosamente che ivi a poco tempo santo Francesco il fece guardiano nel luogo detto di Monte Casale. continua >> Cantico delle creatureAltissimu; onnipotente bon Signore, Laudato si, mi Signore, curo tucte le tue creature, Laudato si, mi Signore, per sora luna e le stelle; Laudato si, mi Signore, per frate vento Laudato si, mi Signore, per sor'acqua, Laudato si, mi Signore, per frate focu, Laudato si, mi Signore, per sora nostra matre terra, Laudato si, mi Signore, per quilli che perdonano per lo tuo amore Laudato si, mi Signore, per sona nostra morte corporale, Laudate et benedicete mi Signore, e rengraziate. TESTAMENTO DI SAN FRANCESCO (1226) Il Signore dette a me, frate Francesco, d'incominciare a fare penitenza cosi: quando ero nei peccati, mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi; e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da essi, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza d'animo e di corpo. E di poi, stetti un poco e uscii dal mondo. E il Signore mi dette tale fede nelle chiese, che io così semplicemente pregavo e dicevo: Ti adoriamo, Signore Gesù Cristo, anche in tutte le tue chiese che sono nel mondo intero e ti benediciamo, perché con la tua santa croce hai redento il mondo.
Poi il Signore mi dette e mi da una cosi grande fede nei sacerdoti che vivono secondo la forma della santa Chiesa Romana, a motivo del loro ordine, che anche se mi facessero persecuzione, voglio ricorrere proprio a loro. E se io avessi tanta sapienza, quanta ne ebbe Salomone, e mi incontrassi in sacerdoti poverelli di questo mondo, nelle parrocchie in cui dimorano, non voglio predicare contro la loro volontà. E questi e tutti gli altri voglio temere, amare e onorare come i miei signori. E non voglio considerare in loro il peccato, poiché in essi io riconosco il Figlio di Dio e sono miei signori. E faccio questo perché, dello stesso altissimo Figlio di Dio nient'altro vedo corporalmente, in questo mondo, se non il santissimo corpo e il santissimo sangue che essi ricevono ad essi soli amministrano agli altri. E voglio che questi santissimi misteri sopra tutte le altre cose siano onorati, venerati e collocati in luoghi preziosi. E dovunque troverò manoscritti con i nomi santissimi e le parole di lui in luoghi indecenti, voglio raccoglierli, e prego che siano raccolti e collocati in luogo decoroso. E dobbiamo onorare e venerare tutti i teologi e coloro che amministrano le santissime parole divine, cosi come coloro che ci amministrano lo spirito e la vita. E dopo che il Signore mi diede dei frati, nessuno mi mostrava che cosa dovessi fare, ma lo stesso Altissimo mi rivelo che dovevo vivere secondo la forma del santo Vangelo. Ed io la feci scrivere con poche parole e con semplicità, e il signor Papa me la confermò. E quelli che venivano per abbracciare questa vita, distribuivano ai poveri tutto quello che potevano avere, ed erano contenti di una sola tonaca, rappezzata dentro e fuori, del cingolo e delle brache. E non volevano avere di più. Noi chierici dicevano l'ufficio, conforme agli altri chierici; i laici dicevano i Pater noster; e assai volentieri ci fermavamo nelle chiese. Ed eravamo illetterati e sottomessi a tutti. Ed io lavoravo con le mie mani e voglio lavorare; e voglio fermamente che tutti gli altri frati lavorino di un lavoro quale si conviene all'onesta. Coloro che non sanno, imparino, non per la cupidigia di ricevere la ricompensa del lavoro, ma per dare l'esempio e tener lontano l'ozio. Quando poi non ci fosse data la ricompensa del lavoro, ricorriamo alla mensa del Signore, chiedendo l'elemosina di porta in porta. Il Signore mi rivelo che dicessimo questo saluto:"Il Signore ti dia la pace! ". Si guardino bene i frati di non accettare assolutamente chiese, povere abitazioni e quanto altro viene costruito per loro, se non fossero come si addice alla santa povertà, che abbiamo promesso nella Regola, sempre ospitandovi come forestieri e pellegrini. Comando fermamente per obbedienza a tutti i frati che, dovunque si trovino, non osino chiedere lettera alcuna (di privilegio) nella curia romana, ne personalmente ne per interposta persona, ne per una chiesa ne per altro luogo, ne per motivo della predicazione, ne per la persecuzione dei loro corpi; ma, dovunque non saranno accolti, fuggano in altra terra a fare penitenza con la benedizione di Dio. E fermamente voglio obbedire al ministro generale di questa fraternità e a quel guardiano che gli piacerà di assegnarmi. E cosi voglio essere prigioniero nelle sue mani, che io non possa andare o fare oltre l'obbedienza e la sua volontà, perché egli e mio signore. E sebbene sia semplice e infermo, tuttavia voglio sempre avere un chierico, che mi reciti l'ufficio, così come e prescritto nella Regola. E non dicano i frati: Questa e un'altra Regola, perché questa e un ricordo, un'ammonizione, un'esortazione e il mio testamento, che io, frate Francesco piccolino, faccio a voi, miei fratelli benedetti, perché osserviamo più cattolicamente la Regola che abbiamo promesso al Signore. E il ministro generale e tutti gli altri ministri custodi siano tenuti, per obbedienza, a non aggiungere e a non togliere niente da queste parole. E sempre tengano con se questo scritto assieme alla Regola. E in tutti i capitoli che fanno, quando leggono la Regola, leggano anche queste parole. E a tutti i miei frati, chierici e laici, comando fermamente, per obbedienza, che non inseriscano spiegazioni nella Regola e in queste parole dicendo: "Cosi si devono intendere" ma, come il Signore mi ha dato di dire e di scrivere con semplicità e purezza la Regola e queste parole, così cercate di comprenderle con semplicità e senza commento e di osservarle con sante opere sino alla fine. E chiunque osserverà queste cose, sia ricolmo in cielo della benedizione dell'altissimo Padre, e in terra sia ricolmato della benedizione del suo Figlio diletto col santissimo Spirito Paraclito e con tutte le potenze dei cieli e con tutti i Santi. Ed io frate Francesco piccolino, vostro servo, per quel poco che io posso, confermo a voi dentro e fuori questa santissima benedizione. (Amen).
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ARCIPELAGHI DI GIOVANNI COLUMBU
"SU RE" DI GIOVANNI COLUMBU
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