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di Vittorio Casula

 
 

 

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Messaggi del 19/02/2015

IL MANIFESTO

Post n°2130 pubblicato il 19 Febbraio 2015 da deosoe

Il Manifesto

 
 
 

Red

Post n°2129 pubblicato il 19 Febbraio 2015 da deosoe

Al via la prima sperimentazione per la campagna Red Estero e certificazione esistenza in vita

Al via da alcuni giorni le campagne dell’INPS sulla certificazione dei redditi percepiti dai pensionati italiani all’estero (RED EST)  e l’accertamento dell’esistenza in vita (CEV) richiesta da Citi Bank per il pagamento delle pensioni ai connazionali che risiedono all’estero. E proprio su quest’ultima certificazione l’INPS avvia in questi giorni – sollecitata dagli stessi Patronati – una nuova procedura. In un’intervista all’agenzia Italian Network, Andrea Malpassi, responsabile area estero dell’Inca Cgil nazionale spiega quali saranno le novità dei due appuntamenti annuali con l’Inps.

“Come Patronati abbiamo chiesto che fosse più semplice la certificazione dell’esistenza in vita sia per i pensionati che devono farlo ogni anno, sia per i nostri operatori. L’anno scorso avevamo chiesto ci fosse una linea dedicata in modo tale che i nostri operatori potessero avere direttamente informazioni per aiutare i pensionati con la certificazione. Quest’anno siamo riusciti ad avere una sperimentazione che coinvolge quattro paesi: Canada, Stati Uniti, Canada e Regno Unito. In questi Paesi laddove l’operatore di Patronato sia anche titolato a certificare l’esistenza in vita – ovvero che abbia un titolo locale che gli permetta di documentare l’esistenza in vita  – in questo caso si utilizza una procedura telematica per cui il modulo di attestazione dell’esistenza in vita debitamente compilato ed accompagnato dal documento di identità viene inviato per via telematica – e non per posta. E’ una sperimentazione che vale solo per questi Paesi anglofoni”.

“Naturalmente, nel corso dell’anno abbiamo insistito che questo tipo di campagna fosse estesa ad altri Paesi - prosegue – anche laddove non sia previsto che l’operatore di patronato sia titolato a certificare, perchè il pensionato non sia costretto a spedire la busta ma a farla spedire per via telematica. Ci tengo a sottolineare, che è un’attività che viene fornita in maniera completamente gratuita dai Patronati perché  non essendo all’interno del “paniere” riconosciuto dal Ministero del Lavoro non è rimborsata, pur essendo un’attività che in realtà, per i Patronati, per il tempo che l’operatore impiega nell’assistere il pensionato e per le spese postali.”

Avete, comunque, idea che l’iniziativa telematica possa , comunque, essere estesa ? 

“Riteniamo di sì anche se la campagna dura poco, termina ai primi di giugno, esattamente il 3 giugno”.  “Ci sono oggettivamente però –  sottolinea Malpassi - alcune settimane  per mettere in campo una sperimentazione nuova ed un sistema informatico che la supporti. Quello che chiediamo è che dall’anno prossimo ci sia un meccanismo per il quale in tutto il mondo e per tutti gli operatori di Patronato sia possibile inviare telematicamente il modulo e la documentazione per la certificazione dell’esistenza in vita e, al tempo stesso, poiché questa attività ci viene normalmente richiesta sia anche riconosciuta, non a carico dell’assistito, ma nel paniere come attività dei Patronati all’estero ed in questo senso anche rimborsata”…..

http://www.italiannetwork.it/news.aspx?ln=it&id=28045).

 
 
 

ISTAT

Post n°2128 pubblicato il 19 Febbraio 2015 da deosoe

Istat, cresce la disoccupazione di lunga durata

La disoccupazione in Italia non molla la presa: nel 2013 il tasso ha proseguito la sua crescita toccando il 12,2, l’1,5 punti percentuali in più rispetto al 2012, raggiungendo così il livello più elevato dal 1977. Ma è quella di lunga durata, cioè la disoccupazione che si protrae per più di 12 mesi, a registrare la performance peggiore: la sua incidenza è passata dal 52,5 per cento del 2012 al 56,4 per cento nel 2013, il livello più alto raggiunto nell’ultimo decennio con un”incidenza superiore al 50% del totale dei disoccupati. E’ quanto certifica l’Istat nel rapporto “Noi Italia 2015″.

Un aumento, questo, che non solo “costituisce un grave problema sociale, ma rappresenta anche un segnale del distorto funzionamento del mercato del lavoro”, dicono gli economisti di via Balbo. “Un medesimo livello di disoccupazione può difatti coesistere con differenti durate medie della stessa, comportando naturalmente implicazioni sociali e di policy diverse”, spiegano ancora. A rimanere disoccupati più a lungo soprattutto gli uomini, dal 51,0 al 56,1% mentre la componente femminile sale dal 54,1 al 56,7%. Nella media Ue28, la disoccupazione di lunga durata si attesta al 47,5%; la Slovacchia si conferma il paese con la quota più elevata (70,2%), i paesi scandinavi quelli con i valori più contenuti (18,5% in Svezia).

Ma gli italiani sono anche sempre più sfiduciati. Su 3 milioni che nel 2013 non hanno cercato lavoro, ma avrebbero voluto lavorare, quasi la metà, il 46,4%, è scoraggiato: un ”esercito” di 1,5 milioni di persone, cioè, che una occupazione neppure più la cercano convinti che non riuscirebbero a trovarla.  In generale il tasso di mancata partecipazione italiano, di coloro cioè che si dichiarano disponibili a lavorare pur non cercando attivamente lavoro, è stato nel 2013 pari al 21,7% rispetto al 20% dell’anno precedente. Un dato molto al di sopra della media Ue28 il cui tasso si attesta invece al 14,1% consegnando l’Italia al quarto posto di una classifica al rovescio con il valore più alto dopo Spagna, Grecia e Croazia. Una distanza dal resto d’Europa che si è accresciuta negli anni di crisi, dice ancora l”Istat: se nel 2008 l’indicatore risultava superiore a quello europeo di 5,8 punti, nel 2013 il divario arriva a 7,6 punti. Il valore più basso spetta invece alla Germania con il 6,5%.

Le più sfiduciate le donne italiane con una quota del 26,1% mentre gli uomini costituiscono il 18,3% del totale. Un divario in “lieve diminuzione” a causa di un “più forte peggioramento” della situazione maschile. Nella media europea invece il tasso delle donne (14,9 per cento) è superiore a quello degli uomini (13,4 per cento), con un divario di genere di 1,5 punti.

 
 
 

Morti sul lavoro

Post n°2127 pubblicato il 19 Febbraio 2015 da deosoe

Bilancio 2014: più di 1.000 morti sul lavoro in un anno …

“Più di 1000 vittime del lavoro in un anno – 1.009 per la precisione (dati INAIL) -  sono un bilancio davvero drammatico per il nostro Paese. Questi sono i dati che abbiamo elaborato e con i quali ci confrontiamo quotidianamente da tempo. Un impegno che portiamo avanti dal 2009 nella speranza che i numeri dell’emergenza nel nostro Paese diventino uno strumento in più per indirizzare le politiche nazionali e regionali ad adottare provvedimenti maggiormente efficienti per la sicurezza dei lavoratori”.

Il Presidente dell’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro di Vega Engineering esordisce così nella presentazione dell’ultima indagine sulle morti sul lavoro in Italia relativa a tutto il 2014 elaborata sulla base di dati Inail. Una mappatura dettagliata dove sono 263 gli infortuni mortali rilevati in itinere e 746 quelli verificatisi in occasione di lavoro con una flessione rispetto al 2013 (erano 775) del 3,7 per cento.

La Lombardia sempre in cima alla graduatoria regionale per numero di incidenti mortali (86 lavoratori deceduti), seguita dall’Emilia Romagna (72), dalla Puglia (68), dal Piemonte (66), dalla Sicilia(65), dalla Campania (58) e da Veneto e Lazio (56).  Un dramma che coinvolge tutta la Penisola e dove a morire sono anche le donne: 46 le lavoratrici che hanno perso la vita nel 2014. Gli stranieri deceduti in occasione di lavoro, invece, sono stati 100. Osservando, poi, l’incidenza della mortalità rispetto alla popolazione lavorativa è ancora la Basilicata a far rilevare il dato peggiore con un indice pari a 94,4 contro una media di 33,2. Un rischio di mortalità triplo rispetto al resto del Paese e assai vicino a quello rilevato in Molise (90,5).

Analizzando i dati della classifica provinciale si scopre che il più elevato numero di vittime viene registrato a Roma (34): al secondo posto Torino (26), al terzo Bari (23). Seguono: Napoli (18), Salerno (17), Cuneo (16), Brescia e Milano (14), Lecce, Bolzano Palermo (13).

Il settore delle costruzioni quello maggiormente coinvolto dagli incidenti mortali (14,2 per cento dei casi e 106 vittime), seguito dalle attività manifatturiere (12,6 per cento e 94 infortuni mortali) e dai trasporti e magazzinaggi (9,9 per cento e 74 decessi). Mentre l’incidenza più alta della mortalità rispetto alla popolazione lavorativa a livello provinciale viene registrata ad Isernia (218,4) seguita da Enna (140,9). Quasi un terzo delle vittime aveva un’età compresa tra i 45 e i 54 anni (243 lavoratori), il 25,5 per cento dai 55 ai 64 anni (190 lavoratori).
“Analizzando le modalità con cui si perviene all’infortunio mortale, è possibile rilevare spesso una grave carenza di cultura della sicurezza. Non è mai sufficiente ripetere che questo aspetto impatta non solo sulla sensibilità del lavoratore in merito ai rischi, ma anche e soprattutto sull’errata scelta delle modalità esecutive del lavoro (procedure) e, più in generale,  – spiega Vega Engineering – sulla non corretta progettazione del lavoro (per esempio, in merito alla scelta delle attrezzature adeguate, di idonei apprestamenti e di dispositivi di protezione), trascurando completamente la preventiva predisposizione di idonee misure necessarie a salvaguardare la sicurezza di chi opera”

 
 
 

Cgil

Post n°2126 pubblicato il 19 Febbraio 2015 da deosoe

Cgil: a breve proposta nuovo Statuto lavoratori

La Cgil avanzerà una proposta per un nuovo Statuto delle Lavoratrici e dei Lavoratori. “Di fronte a scelte divisive e al totale stravolgimento del diritto di lavoro e della sua funzione di riequilibrio di poteri, è urgente tradurre in una proposta di legge da approvare nel Comitato Direttivo, la nostra ipotesi di un nuovo Statuto delle Lavoratrici e dei Lavoratori, che abbia la caratteristica di riunificare il mondo del lavoro attraverso un processo di innovazione e di rafforzamento di diritti e tutele”, si legge nel documento diffuso a conclusione del Direttivo Cgil.

Il sindacato di Corso d’Italia “non esclude che tali percorsi possano essere sostenuti da proposte abrogative”. E’ però “indispensabile attendere di poter valutare il quadro complessivo che risulterà dall’insieme dei decreti attuativi del Jobs Act, così come saranno definiti dal Governo”.

Sulla base di tale valutazione e di un relativo dispositivo che sarà deciso dal Comitato Direttivo, possibilmente nella stessa sessione ove sarà approvata la proposta di Statuto delle Lavoratrici e dei Lavoratori, la Cgil “attiverà la consultazione straordinaria delle iscritte e degli iscritti, così come prevista dallo Statuto, circa la possibilità di intraprendere un percorso abrogativo per il contrasto alla precarietà e per i diritti del lavoro che, qualora deciso, non potrà e non dovrà delegare ad altri questo terreno di iniziativa, che andrà reso autonomo da qualunque tentazione identitaria di nuove e vecchie ambizioni politiche”. Obiettivo della consultazione straordinaria, “il cui esito sarà vincolante per l’insieme dell’Organizzazione, dovrà anche essere quello di realizzare fin da subito una straordinaria ed inedita partecipazione delle iscritte e degli iscritti”.

AdnKronos

 
 
 

Caritas

Post n°2125 pubblicato il 19 Febbraio 2015 da deosoe

Caritas: UE, 2,5 milioni senza lavoro e in Italia ”triste” primato Neet

Nonostante alcuni segnali di ripresa, “gli effetti della crisi appaiono ancora molto forti e persistenti”. Lo sottolinea Caritas Europa in un Rapporto nel quale rileva che nell’Unione a 28 sono più di 25 milioni i cittadini privi di lavoro (8,4 mln in più rispetto al dato pre-crisi del 2008). “Le persone più colpite – ricorda Caritas – sono quelle con bassi livelli di istruzione e i giovani. Aumenta la disoccupazione di lungo periodo”.  Per l’Italia “triste primato” dei Neet, giovani che non studiano e non lavorano.

In tema di povertà e di esclusione sociale, Caritas evidenzia “un’Europa due velocità”: alla fine del 2013 il 24,5% della popolazione europea (122,6 milioni di persone, un quarto del totale) era a rischio di povertà o esclusione sociale, 1,8 milioni in meno rispetto al 2012. Nei sette Paesi considerati più vulnerabili a seguito della crisi lo stesso fenomeno coinvolge il 31% della popolazione. L’Italia si posiziona su valori intermedi (28,4%), mentre il valore più elevato si registra in Romania (40,4%).

Dal 2012 al 2013 la povertà “assoluta” è diminuita di poco: dal 9,9 al 9,6% della popolazione nell’Ue a 28 Stati. Tra i Paesi deboli, il fenomeno è “allarmante” (14,9% nel 2013) – sottolinea il Rapporto della Caritas – con punte massime in Romania (28,5%) e in Grecia (20,3%). In Italia la “deprivazione materiale grave” colpisce il 12,4% della popolazione.    Il numero di persone che vive in famiglie quasi totalmente prive di lavoro è aumentato in tutti i sette Paesi europei considerati dal Rapporto di Caritas: erano il 12,3% nel 2012 e sono diventate il 13,5% nel 2013.

 
 
 

Il Santo del giorno

Post n°2124 pubblicato il 19 Febbraio 2015 da deosoe

Beato Corrado Confalonieri da Piacenza

 


Beato Corrado Confalonieri da Piacenza

Nome: Beato Corrado Confalonieri da Piacenza
Titolo: Eremita, Terziario francescano
Ricorrenza: 19 febbraio

Egli era un nobile del Trecento, sposo felice di una gentildonna sua pari, e aveva un debole per la caccia. Un giorno, lungo la riva del Po giallastro, un ghiotto capo di selvaggina, ch’egli inseguiva a cavallo, circondato dai cani e dai bracconieri, cercò scampo dentro una macchia impenetrabile.

Dominato dall’impazienza e dal dispetto, l’appassionato cacciatore impartì un ordine imprudente: quello di dar fuoco alla macchia per stanare l’animale. Era estate, e nella pianura riarsa dal sole, gli uomini di Corrado non furono in grado di controllare le fiamme da loro stessi suscitate. Si sviluppò un incendio che, con l’aiuto del vento, distrusse le messi e le cascine vicine.

Corrado e i suoi uomini rientrarono in città senza esser notati. Nessuno era stato testimone del loro involontario malestro. Il rimorso e la paura tennero suggellate le bocche. Ma i proprietari e i contadini danneggiati protestarono presso il governatore della città, che ordinò un’inchiesta. Fu allora arrestato un vagabondo, trovato nei boschi, vicino al luogo dell’incendio. Le prove a suo carico parvero sufficienti, ed egli venne senz’altro condannato a morte. Ma sulla piazza della città, poco prima che avesse luogo l’esecuzione, Corrado non poté resistere all’impulso della propria coscienza, che gl’imponeva di scagionare l’innocente e di accusarsi colpevole al suo posto.

La sua inaspettata confessione chiarì come erano andate le cose. Poiché non si trattava di dolo, ma di responsabilità colposa, dovuta ad una imprudenza, il nobile piacentino venne condannato a risarcire tutti i danni arrecati dalle fiamme. Corrado era ricco, ma l’incendio era stato rovinoso. Quando l’ultimo danneggiato fu risarcito, egli aveva finito non solo tutti i suoi beni ma anche quelli della moglie.

I due sposi ridotti all’indigenza non si angustiarono per questo. Per ambedue quel drammatico avvenimento aveva illuminato di nuova luce tutta la loro vita, come un segno del cielo. La donna rivestì così l’abito delle poverissime figlie di Santa Chiara, entrando nel convento di Piacenza. Corrado si unì ad alcuni devoti eremiti che vivevano fuor di città, sotto la Regola del Terz’Ordine francescano.

I meriti dell’incendiario fattosi penitente furono così luminosi, che molti ammiratori presero a visitarlo e a seguirlo. Per questo Corrado preferì allontanarsi dai luoghi natali, incamminandosi verso Roma. Ma non si fermò presso le tombe degli Apostoli. Proseguì il suo lungo viaggio percorrendo tutta la penisola e passando in Sicilia. Qui si fermò, nella valle di Noto, non lontano da Siracusa, in vista del ceruleo mare Ionio, dove visse trent’anni prima presso ‘un ospedale poi come eremita sui monti. E anche qui volò alta la fama della sua santità, e soprattutto l’eco delle durissime privazioni di quel devoto penitente. Ogni venerdì egli scendeva a Noto, e, dopo essersi confessato, pregava a lungo davanti ad un celebre crocifisso che si conserva nella cattedrale della città. In quella stessa cattedrale furono riposte le sue reliquie, dopo la morte avvenuta nel 1351, 2 i cittadini di Noto onorarono con culto vivissimo il miracoloso eremita piacentino. Ottennero anche, dal Papa Leone X, di poterlo invocak come secondo Patrono della città, subito dopo il grande San Nicola, al quale è dedicata la chiesa che ospita i venerati resti del Beato Corrado, nobile di Piacenza e primo cittadino di Noto.

 
 
 
 
 

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