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Messaggi del 14/03/2015

Landini

Post n°2217 pubblicato il 14 Marzo 2015 da deosoe

 

Landini, al via coalizione sociale: "Pd dice che urlo? Cancellare i diritti è peggio"

Landini, al via coalizione sociale:

PoliticaA Roma il primo incontro del progetto del leader Fiom per contrastare le politiche di Renzi. Presenti Emergency, Arci, Articolo 21, Libertà e giustizia e l'ex M5S Mussini, Romani e Bencini: "Obiettivo? Rilanciare l'idea che la politica non è proprietà privata". Da Bologna l'attacco della minoranza Pd: "Non abbiamo bisogno delle sue grida televisive"di  | 14 marzo 2015

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Più informazioni su: ArciEmergencyFiomMatteo RenziMaurizio Landini

"Una coalizione per difendere i diritti di tutti". Per ora non sarà un partito, ma un cantiere per "una coalizione sociale". Maurizio Landini a Roma ha radunato associazioni e rappresentanti dei lavoratori per dare il via al suo progetto politico. "Stiamo lavorando a un nuovo statuto dei lavoratori che metta insieme tutte le forme di lavoro e le tuteli. La manifestazione contro l'austerità il 18 aFrancoforte è la prima tappa". Si muove qualcosa a sinistra: mentre il segretario Fiom incontra i suoi, la minoranza Pd a Bologna ha organizzato un convegno. Proprio da quel palco non sono mancati gli attacchi a Landini: "Non abbiamo bisogno delle sue urla televisive", ha detto Roberto Speranza. E Landini ha ribattuto: "Io mi concentro sul merito. Ricordo che questo governo e in particolare il partito di maggioranza ha cancellato i diritti dei lavoratori: è peggio delle urla". Il segretario ha poi annunciato una manifestazione per il 28 marzo: "Un evento della Fiom ma che è aperto a tutti quelli che condividono i nostri obiettivi, C'è un elemento di continuità con la manifestazione di ottobre, non ci fermiamo, vogliamo unire tutto ciò che il governo sta dividendo. Un importante avvio di discussione".

 

 di Annalisa Ausilio

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Alla riunione a porte chiuse erano presenti: i portavoce delle associazioni Emergency, Arci, Libera, Articolo 21 a Libertà e giustizia; i rappresentanti di alcune categorie professionali (da avvocati a farmacisti); i senatori ex M5S Maria Mussini, Maurizio Romani e Alessandra Bencini; il costituzionalista Gianni Ferrara; Giovanni Cocchi del comitato per una legge popolare sulla buona scuola. Tutti i partecipanti sono stati convocati da Landini presso la sede nazionale della Fiom con una lettera di invito nella quale si chiedeva di dare forma a dei "punti di programma condivisi nello spazio nazionale" che muovano da una certezza: "La politica non è una proprietà privata". La coalizione sociale nasce, spiegava ancora Landini nell'invito, per contrastare due assunti: "la fine del lavoro" e quello secondo cui "la società non esiste, esistono solo gli individui e il potere che li governa" con cui è stato creato "lo spettro di un futuro già presente con cui siamo chiamati a fare i conti in tutta Europa" e che sta scatenando "una guerra tra poveri". Per questo, "serve superare le divisioni, il frazionamento, le solitudini collettive e individuali e coalizzarsi insieme".

Landini ha ripetuto però che l'obiettivo non è quello di fare un nuovo partito, ma al massimo quello di rinnovare il sindacato. "Noi facciamo il nostro mestiere di movimento sindacale e sociale", ha detto. "Agiremo contrattualmente nei luoghi di lavoro per chiedere che tutti abbiano gli stessi diritti, per aprire una battaglia sugli appalti, per riconquistare i contratti ma cambiare le leggi vuol dire fare proposte per costruire un consenso e, se necessario, arrivare anche a forme di referendum abrogativi".

Nel giorno del battesimo, il nuovo soggetto ha guadagnato anche diversi attacchi: "Landini, come noi tutti, farà i conti e avrà l'onestà intellettuale di guardare a ciò che accade davvero", afferma da Trieste il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, parlando con i giornalisti sulla bocciatura del Jobs Act da parte del segretario Fiom. "Se alla fine di quest'anno avremo un numero rilevante di nuovi occupati, e avremo centinaia di migliaia di contratti precari che saranno diventati stabili, Landini avrà pure la sua opinione, ma i numeri hanno la testa più dura di Landini, e di Poletti". Più politica la reazione dell'M5S Luigi Di Maio, "l'Italia non ha bisogno di nuovi partiti, non è con i simboli che si cambia il Paese. Ogni giorno si annuncia una nuova coalizione - ha aggiunto - mentre noi del M5s ci tagliamo lo stipendio e grazie a noi partiranno migliaia di nuove imprese in italia. Noi siamo dalla parte della gente, e portiamo in Parlamento le questioni che interessano i cittadini".

 

 

 

 
 
 

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Post n°2216 pubblicato il 14 Marzo 2015 da deosoe

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Tempo di misericordia  

14 marzo 2015

   

La basilica di San Pietro come un grande "ospedale da campo". A ogni angolo tanti sacerdoti e penitenti. Chi in ginocchio, chi seduto, chi in piedi, decine di fedeli ricevono la "medicina" della misericordia. Non è un farmaco, ma molto di più, perché ha il potere di risanare all'istante le ferite dell'anima. E il peccato non fa distinzione di persone: ecco perché nella basilica c'è gente di ogni razza, lingua, cultura e provenienza geografica. Uno accanto all'altro, giovani e anziani, donne e uomini, consacrati, laici, sacerdoti, in attesa di ricevere il perdono attraverso il sacramento della penitenza. Non poteva esserci dunque miglior occasione per annunciare un anno di grazia, un giubileo straordinario, un anno santo all'insegna della misericordia. Come ha fatto Papa Francesco venerdì pomeriggio, 13 marzo, presiedendo la celebrazione della penitenza. Una sorpresa che ha lasciato stupiti, contenti, commossi, e che è stata accolta da uno scrosciante applauso.

Sarà un tempo di misericordia quindi quello che si aprirà l'8 dicembre prossimo, solennità dell'Immacolata, cinquantesimo anniversario della chiusura del concilio Vaticano II, e si chiuderà il 20 novembre 2016, domenica di Cristo Re dell'Universo. L'annuncio ufficiale e solenne avverrà con la lettura e la pubblicazione presso la porta santa della Bolla nella festa della divina misericordia, la prima domenica dopo Pasqua. Significativa la scelta di utilizzare per le letture delle domeniche del tempo ordinario dell'anno giubilare il Vangelo di Luca, "l'evangelista della misericordia".

Un tempo di grazia che in qualche modo è già iniziato e che per ogni cristiano inizia tutte le volte che il perdono di Dio riconcilia il cuore attraverso l'assoluzione sacramentale. Non è passato inosservato, del resto, che il primo a inginocchiarsi davanti a un confessore sia stato lo stesso Papa Francesco. Sullo scalino del confessionale in legno, il Pontefice si è genuflesso per confessarsi da uno dei frati minori conventuali che trascorre ore intere nella basilica per accogliere i penitenti. Non è la prima volta che il Pontefice si confessa in pubblico: già lo fece lo scorso anno, nella stessa occasione. Ma come allora, questa scena è rimasta impressa negli occhi di quanti partecipavano al rito, con il quale ha preso il via anche la «24 ore per il Signore», l'iniziativa promossa dal Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, che si occuperà anche dell'organizzazione del Giubileo straordinario.

Dopo aver ricevuto l'assoluzione, Francesco si è seduto in un confessionale e ha ascoltato otto penitenti: un giovane, un anziano, una madre di famiglia, due volontari, una religiosa, un sacerdote e un uomo. A raccogliere le altre confessioni dei fedeli erano quarantotto sacerdoti, tra i quali i penitenzieri delle quattro basiliche papali, San Pietro, San Giovanni in Laterano, Santa Maria Maggiore, San Paolo fuori le Mura.

 
  •  Papa Francesco

 

 

 
 
 

Vangelo senza sconti

Post n°2215 pubblicato il 14 Marzo 2015 da deosoe

Vangelo senza sconti


· L'udienza di Papa Francesco alla comunità Seguimi ·

14 marzo 2015

 

 

Vivere «il Vangelo senza sconti»: è questa l'ispirazione di fondo che ha dato origine all'associazione laicale Seguimi, nata cinquant'anni fa in pieno concilio Vaticano II. Il Papa l'ha riproposta ai membri della comunità, ricevuti in udienza nella mattina di sabato 14 marzo, nella Sala Clementina, invitandoli a essere «persone decentrate da voi stessi e a porre il vostro centro vitale nella Persona viva di Gesù».

Il testo integrale del discorso del Papa

www.vatican.va


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Udienza ai Membri della Comunità "Seguimi", 14.03.2015
[B0188]
Udienza ai Membri della Comunità "Seguimi"
Alle ore 11.30 di questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza i Membri della Comunità "Seguimi" in occasione del 50° anniversario di fondazione dell'associazione laicale.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto ai presenti all'Udienza:

Discorso del Santo Padre

Cari fratelli e sorelle,

vi accolgo in occasione del 50° anniversario della fondazione della vostra comunità, l'associazione laicale Seguimi. Vi saluto con affetto e ringrazio il CardinaleVallini, che si è fatto interprete dei vostri sentimenti.

Come è stato ricordato, questa associazione è nata durante il Concilio Vaticano II, e dal magistero conciliare ha tratto l'ispirazione a vivere "il Vangelo senza sconti", come afferma il titolo di una vostra pubblicazione. Il gesto, simbolico e intensamente spirituale, dei primi membri di partire dalle Catacombe di San Callisto testimonia questa volontà, che avete espresso nella formula statutaria del vostro programma di vita: "Gesù Cristo vivo è al centro di Seguimi". Questo è molto bello. Vi incoraggio a vivere ogni giorno con impegno tale programma, cioè ad essere persone decentrate da voi stessi e a porre il vostro centro vitale nella Persona viva di Gesù. Tante volte, anche nella Chiesa, crediamo di essere buoni cristiani perché facciamo opere sociali e di carità bene organizzate. Va bene, sono cose buone. Ma non dobbiamo dimenticare che la linfa che porta la vita e trasforma i cuori è lo Spirito Santo, lo Spirito di Cristo. Lasciate che Lui, il Signore, occupi il centro del vostro cuore e del vostro operare. E proprio rimanendo saldamente uniti a Lui, come tralci alla vite (cfr Gv 15,1-9), potete andare verso le periferie del mondo.

I vostri Fondatori hanno tracciato alle prime compagne le linee fondazionali di Seguimi, percorrendo una via nuova configurata oltre le forme classiche di vita consacrata e alla quale il Pontificio Consiglio per i Laici ha concesso l'approvazione pontificia. L'impegno dei consigli evangelici in un contesto generale di laicità è assorbito nell'unico obbligo fondamentale della fedeltàall'amore del Padre, a Cristo e al suo Vangelo, fedeltà all'azione dello Spirito Santo che è amore e libertà, fedeltà al patto vocazionale tra i membri del Gruppo, a cui vi obbligate a non venire meno. La fedeltà in Seguimi è sentita come massimo valore morale naturale, al quale vi legate in coscienza per rispondere alla chiamata di Dio, senza altri vincoli giuridici di origine positiva, convinti che se la fedeltà è veramente vissuta, altri legami non sono necessari. Dunque, la vostra è una forma di vita evangelica da praticare in un contesto di laicità e di libertà. Un programma di vita cristiana per laici, con obiettivi chiari e impegnativi, un modo originale di incarnare il Vangelo, una via efficace per camminare nel mondo. Le diverse forme di appartenenza rappresentano altrettante modalità di impegno e di partecipazione agli ideali dell'unica comunità. Celibi e sposi, ciascuno nel proprio stato di vita, si incontrano e condividono un'esperienza arricchente di complementarietà.

Conservate e sviluppate questa comunione fraterna e lo scambio dei doni, finalizzati alla crescita umana e cristiana di tutti, insieme alla creatività, all'ottimismo, alla gioia e al coraggio di andare - quando è giusto - controcorrente. Siate vigilanti sul vostro cammino spirituale e aiutatevi a praticare sempre la reciproca carità, che vuol dire difendersi dall'egoismo individualista per essere veri testimoni del Vangelo.

Come laici, voi siete persone immerse nel mondo e vi impegnate all'interno delle realtà terrene per servire il bene dell'uomo. Siete chiamati a permeare di valori cristiani gli ambienti in cui operate con la testimonianza e la parola, incontrando le persone nelle loro situazioni concrete, affinché abbiano piena dignità e siano raggiunte dalla salvezza in Cristo. Egli è la pienezza per ogni esistenza umana: infatti, rivelando il mistero del Padre e del suo amore, svela anche pienamente l'uomo all'uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione (cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes, 22).

Vi incoraggio ad essere laici in prima linea, a sentirvi parte attiva nella missione della Chiesa, a vivere la vostra secolarità dedicandovi alle realtà proprie della città terrena: la famiglia, le professioni, la vita sociale nelle diverse espressioni. Così potete contribuire, a modo di fermento, a immettere lo spirito del Vangelo nelle pieghe della storia con la testimonianza della fede, della speranza e della carità.

Cari amici, Seguimi possa essere sempre più una forma di vita cristiana e di impegno apostolico che promuove ed eleva i suoi membri rendendoli protagonisti insieme con gli altri di un mondo migliore.

Vi benedico di cuore e, per favore, non dimenticatevi di pregare per me.

[00421-01.02] [Testo originale: Italiano]

[B0188-XX.02

 

 
 
 

Deledda

Post n°2214 pubblicato il 14 Marzo 2015 da deosoe

IL BILINGUISMO DI GRAZIA DELEDDA

 di Francesco Casula

 

Specie in occasione della presentazione della mia Letteratura e civiltà della Sardegna (2 volumi, Edizioni Grafica del Parteolla, 2011-2013) spesso mi si chiede: “Come mai Deledda per i suoi racconti e romanzi non ha usato la lingua sarda, che pur conosceva bene”?

Per comprendere bene la lingua che utilizza la Deledda nei suoi scritti occorre partire da questa premessa: la lingua sarda non è un dialetto italiano – come purtroppo ancora molti affermano e pensano, in genere per ignoranza – ma una vera e propria lingua. Noi sardi dunque, siamo bilingui perché parliamo contemporaneamente il Sardo e l’Italiano. Anche la Deledda era bilingue. Era una parlante sarda e i suoi testi in Italiano rispecchiano, quale più quale meno, le strutture linguistiche del sardo, non tanto o non solo in senso tecnico quanto nei contenuti valoriali, nei giudizi, nei significati esistenziali, nelle struttura di senso magari inespresse ma presenti nel corso della narrazione. Voglio sostenere che la Deledda struttura il suo vissuto personale, la fenomenologia delle sue sensazioni e del profondo in lingua sarda, ma lo riversa nella lingua italiana che risulta così semplice lingua strumentale. In tal modo opera un transfert del suo universo interiore nuorese, dell’inconscio, della fantasmatica.

Poteva non operare tale transfert e scrivere in Sardo? Certamente. Se non lo ha fatto è stato perché non vi era in quel momento storico (siamo a fine Ottocento-inizio Novecento) la cultura, la sensibilità, l’abitudine da parte degli scrittori, specie di romanzi, di utilizzare il sardo. Prima con i Savoia e poi con lo Stato unitario e ancor più con il fascismo, la lingua sarda viene infatti proibita, negata, criminalizzata.

Dopo il passaggio della Sardegna dalla Spagna al Piemonte (per un baratto di guerra) i Savoia (che parlano il francese!) introducono (e impongono) formalmente l’italiano al posto dello spagnolo, proibendo il sardo. Scriverà Carlo Baudi di Vesme, uno spocchioso storico di Cuneo, amico di Carlo Alberto (in Considerazioni politiche ed economiche sulla Sardegna,Torino 1848) che “In materia d’incivilimento della Sardegna e d’instruzione pubblica, innovazione importantissima si è quella di proibire severamente in ogni atto pubblico civile l’uso dei dialetti sardi, prescrivendo l’esclusivo impiego della lingua italiana”. E ancora ripete e insiste: “E’ necessario inoltre scemare l’uso del dialetto sardo e introdurre quello della lingua italiana per incivilire alquanto quella nazione…”.

Insieme alla lingua verrà proibita e negata la storia sarda, perché – risposero le autorità governative piemontesi a Pietro Martini che voleva introdurre fra gli studenti dell’Isola l’insegnamento della Storia – “nelle scuole dello Stato debbasi insegnare la storia antica e moderna, non di una provincia ma di tutta la nazione e specialmente d’Italia”.

Tale concezione, da ricondurre a un progetto di omogeneizzazione culturale, – che per l’Isola significherà dessardizzazione – la ritroviamo pari pari nelle Leggi sull’istruzione elementare obbligatoria nell’Italia pre e post unitaria con i programmi scolastici, impostati secondo una logica rigidamente statalista e italocentrica, finalizzati a creare una coscienza “unitaria“, uno spirito “nazionale“, capace di superare i limiti – così si pensava – di una realtà politico-sociale estremamente composita sul piano storico, linguistico e culturale. Questo paradigma fu enfatizzato nel periodo fascista, con l’operazione della “nazionalizzazione-italianizzazione” dell’intera storia italiana. Non c’è quindi da meravigliarsi che, una volta negata e proibita, gli scrittori – anche per avere una maggiore visibilità e diffusione delle loro opere – scrivano in italiano: la Deledda come tanti altri. Ma – dicevo – Deledda rimane bilingue: pensa in sardo e traduce, spesso meccanicamente, in italiano, soprattutto “nel parlare dialogico” – lo sostiene il linguista Massimo Pittau e io sono d’accordo – come in :”Venuto sei? –che traduce il sardo: Bennidu ses?; o “Trovato fatto l’hai? – Accatadu fattu l’as?; o ancora “A Luigi visto l’hai? –A Luisu bidu l’as?; o “Quando è così, andiamo – Cando est gai, andamus.

Vi sono poi innumerevoli vocaboli tipicamente sardi e solamente sardi che Deledda inserisce nelle sue opere quando attengono all’ambiente sardo: pensiamo a tanca (terreno di campagna chiuso da un recinto fatto in genere di sassi), socronza,usatissima in Elias Portolu (consuocera), corbula (cesta), bertula (bisaccia), tasca(tascapane), leppa (coltello a serramanico), cumbessias o muristenes (stanzette tipiche delle chiese di campagna un tempo utilizzate per chi dormiva là per le novene della Madonna o di Santi), domos de janas (tombe rupestri e letteralmente “case delle fate”).

O addirittura intere frasi in sardo come: frate meu (fratello mio), Santu Franziscu bellu(San Francesco bello), su bellu mannu (il bellissimo, letteralmente il bello grande), su cusinu mizadu (il borghese con calze), a ti paret? (ti sembra?), corfu ‘e mazza a conca(colpo di mazza in testa), ancu non ch’essas prus (che tu non ne esca più: è un’imprecazione).

Qualche volta Deledda ricorre a frasi italiane storpiate in sardo o frasi sarde storpiate in italiano:  “Come ho ammaccato questo cristiano così ammaccherò te (…) o Avete compriso?”.

Occorre però chiarire che i sardismi linguistici della Deledda, non solo lessicali ma anche sintattici, non derivano dalla sua incapacità di utilizzare correttamente la lingua italiana. Scrive a questo proposito la critica sarda Paola Pittalis: “L’uso dei “sardismi” linguistici da parte della Deledda anche nelle opere della maturità –è il caso di Elias Portolu - è consapevole e voluto. Rappresenta anzi una chiara e decisa scelta di linguaggio letterario, di canone stilistico e fa parte del suo essere “bilingue”. Ciò non significa che in questa scelta non sia stata condizionata da fenomeni letterari e culturali esterni, – come il verismo – che prevedevano la raffigurazione oggettiva della realtà da parte dello scrittore che doveva riportare fedelmente il linguaggio popolare e “dialettale” dei personaggi.

A questo proposito occorre, secondo molti critici, liquidare risolutamente il luogo comune della “cattiva lingua” e della “mancanza di stile” appoggiato alla valutazione di intellettuali di prestigio da Dessì (le “sgrammaticature” di Deledda) a Cecchi (la sua lingua “spampanata”). Si tratta invece – secondo Paola Pitzalis – “di forme nate dall’incontro fra dialetto e italiano nel momento di formazione delle varietà designate oggi come <italiani regionali>. L’uso di vocaboli dialettali, sardismi sintattici e atti linguistici frequenti in Sardegna è intenzionale, tanto è vero che scompaiono quando l’interesse di Deledda si sposta dal romanzo <verista> e <regionale> al romanzo <psicologico> e <simbolico> (dopo il 1920). La sintassi prevalentemente paratattica, non equivale alla mancanza di stile; deriva dal trasferimento nella scrittura di modalità anche linguistiche di costruzione del racconto orale (è questo un percorso suggestivo sul quale da tempo lavora con esiti personali Sole). Ed è il contributo modernizzante di Deledda allo snellimento della lingua letteraria italiana costruita sul modello della frase manzoniana…” [Paola Pittalis, Il ritorno alla Deledda, <Ichnusa>, rivista della Sardegna, anno 5, n.1 Luglio-Dicembre 1986, pag.81]

 
 
 
 
 

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