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Messaggi del 24/04/2015

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Post n°2376 pubblicato il 24 Aprile 2015 da deosoe


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Luigi Longo costruttore e dirigente del Pci

 Luigi Longo

 

di Alexander Höbel
1. "Nella vita di Longo si riflette la storia del Partito". Così scriveva Palmiro Togliatti sull'"Unità", in occasione del sessantesimo compleanno del "comandante Gallo". E nel discorso commemorativo tenuto nel 1980, Berlinguer ribadiva: "Del Partito comunista italiano Longo è stato costruttore e figlio al medesimo tempo, testimoniando che cosa sia e debba essere un vero comunista e un autentico rivoluzionario".
L'intreccio tra la vita di Longo e la storia del Pci è in effetti strettissimo, tanto che in diversi momenti i due percorsi sembrano addirittura sovrapponibili. Dal Congresso di Livorno al dibattito sulla "svolta" del 1929, dalla politica di fronte popolare alla guerra di Spagna, dalla Resistenza alla costruzione del "partito nuovo", fino all'assunzione della Segreteria del Partito nel 1964, Gallo è presente con un ruolo di protagonista in tutti i passaggi-chiave della storia del Pci.
Longo si iscrive alla Gioventù socialista nel 1920, all'indomani del rientro a Torino dopo l'esperienza della leva militare, che gli ha rivelato nel modo più evidente quella realtà della divisione in classi della società che già aveva avuto modo di intravedere nell'infanzia passata a Fubine e negli anni adolescenziali trascorsi a Torino, nella zona operaia di Barriera di Milano. La Prima guerra mondiale, la Rivoluzione d'Ottobre e l'influsso della propaganda socialista nelle fila stesse dell'esercito, contribuiscono alla presa di coscienza di Longo, che quindi si iscrive alla Fgsi. A Torino egli ha modo di conoscere Gramsci: come giovane socialista, lo scorta spesso nel percorso tra la Camera del Lavoro e la redazione dell'"Ordine Nuovo", e ha modo quindi di ascoltarne le riflessioni. Tuttavia su Longo - che intanto è diventato segretario del gruppo studentesco torinese - è forte l'influenza delle posizioni di Bordiga, viste come "taglio netto" rispetto a quella tradizione socialista che nella vicenda dell'occupazione delle fabbriche ha rivelato tutta la sua inadeguatezza. A Torino peraltro la collaborazione tra ordinovisti e bordighiani è molto stretta. Longo aderisce quindi naturalmente alla frazione comunista del Psi, ed è Giovanni Parodi, uno dei leader operai più noti e amati del capoluogo piemontese, a proporlo nella delegazione torinese al Congresso di Livorno.
2. Longo assiste quindi in prima persona alla fondazione del Partito comunista d'Italia, il 21 gennaio di 92 anni fa. In quella occasione, la stragrande maggioranza della Federazione giovanile socialista si schiera per la nascita del nuovo partito, di cui costituirà il principale "scheletro organizzativo", dando al Pcd'I anche un carattere di rottura generazionale.
Longo entra quindi nel Comitato centrale della Federazione giovanile comunista. Di fronte allo squadrismo fascista che avanza, promuove in Piemonte la formazione di squadre di difesa proletarie. È in questi mesi, dinanzi alla marea nera che dilaga con la complicità dello Stato senza trovare una risposta adeguata da parte del movimento operaio, che Longo matura il distacco dalle posizioni della sinistra bordighiana, cui imputa l'incapacità di concepire una politica di alleanze di stampo leninista, che consenta di opporsi al fascismo e riprendere il processo rivoluzionario. Fin da ora, egli sottolinea l'importanza del lavoro di massa, e di un approccio di massa, non settario, della politica del Partito, che parta dalle condizioni materiali dei lavoratori e dalle loro esigenze vitali. In questo quadro, la politica di "fronte unico" varata dall'Internazionale lo trova più che concorde.
Il primo viaggio a Mosca, nell'ottobre 1922, lo mette a contatto con la realtà internazionale del movimento comunista. Longo è tra i delegati della Fgcd'I al IV Congresso del Comintern. Tornato in Italia, assieme alla sua compagna Teresa Noce assume la direzione del giornale della gioventù comunista, "Avanguardia", iniziando la sua vita di "rivoluzionario di professione". Il Partito intanto, colpito dalla repressione fascista e infine messo fuori legge dal regime, inizia la sua attività clandestina. Per militanti e dirigenti è un cambiamento di non poco conto. Metodi organizzativi e modalità dell'iniziativa politica cambiano inevitabilmente; ogni quadro assume uno o più pseudonimi: da questo momento Longo è "Gallo".
A partire dal 1926, Longo - ormai pienamente conquistato alle posizioni gramsciane - è responsabile del Centro estero della Fgcd'I, con Secchia alla guida del Centro interno. In questa veste trascorrerà vari mesi a Mosca come membro dell'Esecutivo dell'Internazionale giovanile comunista e componente della delegazione del Pcd'I presso il Comintern. Ed è proprio nelle discussioni che si sviluppano a Mosca e poi a Parigi sulla linea che il Partito deve adottare dinanzi alla fascistizzazione crescente del Paese, che matura la politica della "svolta". Assieme a Secchia, Longo va a costituire una "nuova sinistra", molto diversa da quella bordighiana, nell'ambito del gruppo dirigente. Prendendo le mosse dal "fallimento dell'Aventino" e dall'inesistenza in Italia di forze che possano lottare per una Assemblea costituente, Gallo chiede di abbandonare tale parola d'ordine, lanciata da Gramsci due anni prima: occorre "legare all'avanguardia proletaria per la lotta rivoluzionaria le masse che seguivano l'Aventino" - osserva - e a ciò "risponde la parola d'ordine del Governo operaio e contadino".
Come ricorderà lo stesso Longo, lui e Secchia "avevano la sensazione [...] che qualcosa stava radicalmente mutando nella situazione del paese e che, perciò, piuttosto che appellarsi alla continuità di una linea politica" e a parole d'ordine poco mobilitanti, occorreva porre al centro il tema del potere, ribadire l'obiettivo di un cambiamento radicale, e soprattutto "mettere in primo piano la presenza organizzata del partito" in Italia, ferma restando l'esistenza del Centro estero e della stessa Segreteria oltre confine.
Sebbene in una prima fase queste posizioni restino in minoranza, Longo diviene membro candidato dell'Ufficio politico del Pcd'I, tra i responsabili del nuovo Centro interno, e infine membro della Segreteria. In Italia, intanto, i primi effetti della crisi economica stanno stimolando una nuova "combattività delle masse", una disponibilità, soprattutto "della gioventù operaia, studentesca, a una più attiva partecipazione alla lotta". Di qui la necessità che il Partito raccolga e diriga questa spinta. Bisogna - dice Longo nel suo progetto di documento sulle questioni organizzative - che tutto l'apparato del partito [...] sia decisamente orientato verso il ritorno in Italia non solo come lavoro (il che è sempre stato) ma anche come sede".
Il dibattito si trascina a lungo, ma il mutare della situazione italiana, assieme alla "svolta a sinistra" dell'Internazionale, che erroneamente prefigura l'inizio di una nuova fase offensiva nelle lotte del proletariato, fanno pendere la bilancia dalla parte di Longo, anche grazie alla capacità di Togliatti di tenere sempre "dentro" il dibattito del gruppo dirigente le posizioni di Gallo, e alla capacità di quest'ultimo di criticare senza rompere, conservando sempre uno stile di rapporti franco e leale. Con l'appoggio di Secchia, ma anche di Ercoli, di Grieco e della Ravera, dunque, la svolta passa. Su questo si consuma la rottura con Tresso, Leonetti e Ravazzoli. Ma sarà proprio questa politica - pur con i suoi errori di valutazione sulla radicalizzazione delle masse e con gli alti costi umani che implicherà - a consentire quella capillare presenza dei comunisti nel Paese, e quell'emergere di una nuova leva di quadri, che saranno alla base della loro egemonia nella lotta antifascista e poi nella Resistenza.
All'inizio del 1930, quindi, a Longo è affidata la responsabilità dell'Organizzazione. Nelle sue direttive egli esorta a riprendere il proselitismo fra gli operai, rafforzare la Cgdl clandestina, costituire comitati di lotta e "squadre di difesa" antifasciste, agendo al tempo stesso - come suggerito da Ercoli - all'interno dei sindacati fascisti. Nei mesi seguenti, i risultati non mancheranno, anche se la repressione poliziesca colpirà duramente il quadro attivo.
3. Sul modo di intendere la politica delle alleanze permarrà peraltro una differenza di approccio rispetto a Ercoli, di cui la corrispondenza del 1932-33 fra i due dirigenti - Longo a Mosca come rappresentante del Pcd'I presso il Comintern e Togliatti a Parigi al vertice del Partito - è una testimonianza di grande interesse.
A partire dal 1934, però, le distanze tornano ad attenuarsi, e sulla base della correzione di rotta operata dal Comintern rispetto alla linea del "socialfascismo", Gallo è protagonista della politica dei fronti popolari. Rientrato a Parigi, Longo firma assieme a Nenni un primo manifesto unitario coi socialisti, contro il fascismo e la guerra, base del patto di unità d'azione tra i due partiti. Alla vigilia dell'aggressione fascista all'Etiopia, egli pone al gruppo dirigente del Pcd'I la prospettiva della creazione di un fronte popolare in Italia, ma anche l'obiettivo del "partito unico operaio". "Il proletariato unito" - afferma - "è condizione per il raggruppamento attorno ad esso di tutti gli strati malcontenti della popolazione, di tutti quelli che vogliono farla finita con il [...] fascismo". Per Gallo, dunque - ora è lui a venire sulle posizioni di Togliatti - la rivoluzione italiana deve essere una "rivoluzione popolare antifascista", in cui il proletariato sia alla testa di un fronte di alleanze più vasto. Il Patto consente inoltre ai comunisti italiani che operano in Francia di rafforzare la dimensione di massa della loro iniziativa; e Cerreti ricorderà Longo come "il più entusiasta" di ogni "iniziativa che ci faceva uscire dai confini del lavoro cospirativo".
La politica di fronte popolare peraltro non si ferma ai socialisti, ma mira a un dialogo costruttivo anche con repubblicani, Giustizia e Libertà ecc. Gallo - da sempre tra i più critici verso Gl - polemizza vivacemente con Rosselli, ma un incontro che ha luogo tra i due dirigenti consente di avviare un dialogo più costruttivo. In breve Longo si convince che, nonostante le differenze di fondo che separano i comunisti da Giustizia e Libertà, quest'ultima dev'essere parte integrante del "fronte popolare" da costruirsi in Italia. Tuttavia il suo obiettivo resta quello del "partito unico del proletariato", col Psi "ufficiale" e col Partito massimalista.
Longo intanto coglie il processo di internazionalizzazione del fenomeno fascista, ed è tra i più tenaci nel tentare di contrastarlo. All'indomani dell'aggressione all'Etiopia da parte dell'Italia, è tra gli organizzatori del Congresso di Bruxelles contro la guerra e il fascismo. Alla fine di agosto del '36, poco dopo la sollevazione di Franco e lo scoppio della guerra civile, è già in Spagna, dove organizza la componente italiana di quelle Brigate internazionali che - dopo l'appello di Stalin a favore del governo repubblicano e sotto la spinta del Comintern - diventano un fenomeno di massa. In Spagna il "comandante Gallo" diventa leggendario e - come ha scritto Spriano - si rivela, "per il suo spirito pratico e per le sue doti umane", l'uomo adatto a risolvere le situazioni più delicate. Il suo ruolo di ispettore generale delle Brigate internazionali, che raccolgono circa 50.000 volontari di 52 paesi, è innanzitutto un ruolo di direzione politica, che egli alterna ai frequenti rientri a Parigi per organizzare nuove partenze di volontari verso il fronte.
Longo avverte la necessità di chiarire al massimo l'impostazione politica delle Brigate internazionali, che intende come parte integrante dell'esercito repubblicano spagnolo; al tempo stesso è molto attento al terreno della comunicazione e della propaganda. Non è un caso se anche sotto il suo impulso inizia una serie di trasmissioni radiofoniche dedicate alle Brigate. Nel discorso inaugurale Gallo sottolinea l'importanza della solidarietà internazionalista che si sta sviluppando, ma lancia anche un primo messaggio agli italiani che combattono sul fronte opposto, "ingannati" dalla "demagogia fascista"; un messaggio che rilancerà nel corso della battaglia di Guadalajara, che metterà di fronte italiani ad altri italiani: in quella occasione saranno lanciati nelle linee nemiche migliaia di volantini, i cui testi saranno anche letti e diffusi tramite altoparlante, con un approccio "pedagogico" e comunicativo che trasformerà quella battaglia in una enorme vittoria politica.
4. Terminata la guerra civile spagnola con la sconfitta della Repubblica, nel settembre 1939, con l'invasione tedesca della Polonia, inizia la Seconda guerra mondiale. L'Urss, al fine di guadagnare tempo, ha appena siglato un patto di non aggressione con la Germania. Per la Francia invece l'attacco tedesco è imminente. Per i comunisti che si trovano nel Paese la situazione è molto difficile; Longo viene arrestato lo stesso giorno dell'attacco tedesco alla Polonia. Dopo un mese di carcere, è recluso prima nello stadio Rolland Garros, poi nel campo di internamento del Vernet, dove rimarrà fino all'autunno del '41. All'inizio del '42 l'Italia fascista ottiene la sua estradizione. Confinato a Ventotene, Gallo ritrova molti altri dirigenti comunisti, da Pietro Secchia a Camilla Ravera. Il confino durerà fino alla caduta del fascismo, nell'estate 1943.
Appena libero, Gallo è tra i principali promotori della Resistenza: il suo Promemoria sulla necessità urgente di organizzare la difesa nazionale contro l'occupazione e la minaccia di colpi di mano da parte dei tedeschi è il documento fondativo del movimento di liberazione. Assieme a Secchia, Gallo promuove e organizza le Brigate Garibaldi. Contemporaneamente è il principale dirigente del Pci nell'Italia occupata.
Ancora una volta la dimensione politica e di massa di un'iniziativa che è anche militare è affermata da Longo con grande forza. E anche qui egli insiste sulla necessità di un'organizzazione unitaria sul piano militare, che consenta di coordinare fino in fondo le forze, accantonando - sia pure temporaneamente - le differenze politiche. È con questo spirito che Gallo guiderà il Corpo volontari della libertà assieme a Parri e Cadorna; e la costituzione stessa del Cvl è una vittoria della politica sostenuta da lui e in generale dal Pci.
È questa impostazione, assieme alla lotta costante contro ogni forma di passività e attendismo, che consente ai comunisti di essere la forza egemone della Resistenza, e a quest'ultima di risultare vittoriosa.
5. Dopo la Liberazione, Longo è tra i massimi dirigenti del partito nuovo. È tra i pochi a insistere sul tema della pianificazione di settori strategici dell'economia, esaltando forme di controllo dal basso e chiedendo la nazionalizzazione delle industrie chiave. Al V Congresso tiene una relazione sulla prospettiva del "partito unico della classe operaia", che non sia la mera sommatoria di Pci e Psi, ma la base di una più ampia unificazione di tutte le forze "sinceramente democratiche e progressive". Subito dopo, è eletto vicesegretario di Togliatti, con Secchia responsabile dell'Organizzazione.
Negli anni seguenti, sarà deputato, alla Costituente e poi alla Camera. Rappresentante del Pci nella riunione costitutiva del Cominform, tiene testa alle critiche di Zdanov. Dopo le elezioni del '48, Longo rilancia l'idea di un'ampia alleanza delle forze progressiste di fronte a una situazione in cui "lo Stato italiano torna ad essere in modo pieno e aperto lo strumento dei gruppi industriali e agrari più reazionari".
Siamo ormai all'inizio della guerra fredda e del duro confronto coi governi centristi. In quegli anni Longo è tra l'altro il principale animatore del giornale "Vie Nuove" che rappresenta un primo, avanzato tentativo di usare i mezzi di comunicazione di massa in termini popolari, divulgativi ma al tempo stesso con quell'intento di pedagogia politica e civile che caratterizzava il Pci. Dopo la strage di Modena, Longo chiede il divieto dell'uso di armi da fuoco da parte della polizia. Al VII Congresso denuncia la gravità della reazione antipopolare in atto e propone la nascita di 'un largo fronte del lavoro', che alle lotte per la pace e la difesa della Costituzione affianchi la lotta per l'attuazione del Piano del lavoro proposto dalla Cgil. L'attenzione di Longo, dunque, è sempre rivolta alla tenuta democratica del Paese e ai suoi possibili progressi. Alla vigilia dell'VIII Congresso, è lui a definire la Costituzione come "il programma stesso del partito", asse fondamentale della "via italiana al socialismo".
6. L'asse con Togliatti-Longo è dunque decisivo per molto tempo, e al momento della morte del segretario, nel 1964, la successione appare naturale e scontata. Eletto segretario del Partito, Longo dà subito un'impronta nuova a questo ruolo, avviando una direzione collegiale in cui egli è una sorta di primus inter pares, e sforzandosi di svolgere una funzione di sintesi fra le diverse letture della "via italiana al socialismo" che subito emergono, polarizzandosi attorno alle figure di Amendola e Ingrao. Più che mediare, Longo cerca di valorizzare gli elementi più vitali delle proposte dei due dirigenti, superandone le unilateralità, e "legittimandone" la circolazione - e dunque la discussione, anche aspra - all'interno del Partito.
Al tempo stesso, Longo caratterizza la sua segreteria anche per gesti innovativi dal forte valore politico, dalla decisione di pubblicare il Memoriale di Yalta alla relazione alla conferenza dei Pc europei a Karlovy Vary, con la rivendicazione netta del superamento dei blocchi e di una politica di sicurezza collettiva; e in questo quadro si pongono le prime aperture alla Spd di Brandt. E ancora: il dialogo col movimento studentesco, la ripresa del rapporto unitario con l'area che fa capo a Parri e l'"invenzione" degli indipendenti di sinistra; il sostegno espresso all'esperimento di Dubcek, in cui vede anche un incoraggiamento per la stessa "via italiana"; e infine la condanna dell'intervento del Patto di Varsavia in Cecoslovacchia, non perché Longo non veda i pericoli che si addensano in quella situazione, ma perché non condivide il modo di affrontarli.
Il suo dunque è un nuovo internazionalismo, che raccoglie e sviluppa la riflessione dell'ultimo Togliatti. Ma l'elemento principale dell'impostazione di Longo segretario è il tema della democrazia, inteso sia come lotta contro tutti i tentativi di involuzione autoritaria dello Stato, sia come affermazione del legame inscindibile fra lotta democratica e lotta per il socialismo, fra democrazia rappresentativa e forme di gestione diretta da parte dei lavoratori organizzati nei gangli vitali della società. Specie dopo il 1968, egli rilancia con forza questa tematica, sottolineando ancora una volta la centralità della partecipazione e dell'iniziativa di massa.
Colpito da ictus alla fine del 1968, Longo sarà affiancato da Berlinguer come vicesegretario nel febbraio '69. Comincia allora una nuova fase della vita del Partito e della sua stessa funzione dirigente. Negli anni successivi, Longo non mancherà di far sentire la sua voce, sia nel dibattito sulla Resistenza, sia nella fase della solidarietà nazionale, rispetto a cui prenderà una posizione critica, sottolineando i rischi di quella complessa operazione politica.
Qualche parola infine va detta sullo stile di lavoro di Longo, quello che si chiamava il "costume di partito"; un elemento forse sottovalutato, ma che pure è stato decisivo nel fare grande il Pci. Uno stile fatto di modestia, anti-individualismo, fiducia nel lavoro collettivo, capacità di ascolto e di sintesi, critica e autocritica; uno stile sobrio e rigoroso, ma al tempo stesso ricco di fantasia e apertura. Qualcosa da cui i comunisti del XXI secolo hanno ancora molto da imparare.

 

 

 
 
 

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Fondi Pensione

Post n°2369 pubblicato il 24 Aprile 2015 da deosoe

Fondi pensione, una bussola per il futuro

I rendimenti previdenziali dei lavoratori dipendenti che si riducono con il crollo del Pil. La mancata copertura previdenziale per migliaia di giovani che svolgono lavori precari oggi e che rischiano di avere pensioni da fame nel futuro. Le norme recenti del governo che per fare cassa hanno penalizzato proprio i fondi pensione. Gli effetti perversi della riforma Fornero che aumentano le diseguaglianze e rendono più incerto il futuro per migliaia di lavoratori. Sulle pensioni, sia pubbliche che integrative è di nuovo emergenza. Ed è arrivato dunque il tempo di ricominciare a parlare di previdenza integrativa (o complementare) e di fondi pensione.

 Sono proprio le misure del governo Renzi, ma più in generale il peggioramento generale del sistema previdenziale che impongono al sindacato e ai suoi patronati uno scatto in avanti. Quello sui fondi pensione e la previdenza complementare è infatti un dibattito “carsico” in Italia, che appare e scompare a seconda delle diverse emergenze sociali. Un dibattito che però oggi è necessario rilanciare avviando una grande campagna tra tutti i lavoratori sulla necessità di costruire la previdenza integrativa, la famosa seconda gamba previdenziale che – secondo le intenzioni del legislatore – dovrebbe bilanciare la perdita dei rendimenti delle pensioni pubbliche.

 Ed è merito dell'Inca, il patronato della Cgil, aver rilanciato il tema proprio in questo momento di scelte difficili sia dal punto di vista economico, sia dal punto di vista delle politiche previdenziali. Il pretesto è stato dato oggi (23 aprile) dalla presentazione di una ricerca commissionata dall'Inca e realizzata in collaborazione con l'Associazione Bruno Trentin sul sistema dei fondi pensione negoziali, ovvero tutti quelli gestiti dalle varie categorie professionali del lavoro dipendente.

 Si tratta di un strumento di lavoro che – come ha spiegato Fulvio Fammoni, presidente dell'Associazione Trentin – sarà utile ai patronati, a tutti gli operatori del settore e più in generale a tutti quelli che vorranno capire in che cosa consiste oggi il sistema della previdenza complementare. Una ricerca, curata da Clizia Savarese, che si è trasformata quindi nella Guida più aggiornata sul sistema della previdenza integrativa. Molto interessanti (e preoccupanti) in particolare le risposte dei giovani lavoratori che continuano a sottovalutare l'importanza di cominciare per tempo a costruirsi la pensione integrativa.

 La maggioranza dei giovani interpellati, ha spiegato Clizia Savarese, pensa di essere troppo giovane per porsi il problema della pensione, oppure pensa che sarebbe comunque più conveniente tenere il Tfr in azienda. Alcuni sono convinti addirittura che avranno una pensione pubblica decente, come è successo ai loro padri, ma soprattutto ai loro nonni. Cosa che evidentemente, con l'attuale assetto della previdenza, non sarà mai possibile. Per questo è necessario, per il sindacato e per il suo patronato Inca, ricominciare a occuparsi direttamente di previdenza complementare, oltre che di previdenza pubblica.

“Deve diventare un tema fondante per il patronato – ha spiegato Morena Piccinini, presidente dell'Inca. Ce ne vogliamo occupare e preoccupare perché ogni anno siamo chiamati a fornire migliaia di consulenze sul futuro previdenziale dei lavoratori e delle lavoratrici che si rivolgono a noi. La consapevolezza di tutti deve essere che non si può fare adeguata e completa consulenza previdenziale, soprattutto più per i più giovani, se non si uniscono i due aspetti, sia per coloro che già hanno aderito alla previdenza complementare, sia e soprattutto per coloro che non hanno aderito. Ed è per questo che ci siamo voluti dotare di uno strumento di lavoro come la Guida che presentiamo oggi.”

L'intento dell'Inca e della Cgil (oggi alla presentazione della Guida è intervenuta Vera Lamonica, segretario confederale) è quello di rilanciare l'informazione tra i lavoratori, ma nello stesso tempo fare pressione sulla politica e quindi sul legislatore affinché si correggano i tanti errori che sono stati fatti in questi anni sul fronte delle pensioni: a partire ovviamente dalle distorsioni introdotte più di recente dalla riforma Monti-Fornero, ma anche dalle tante incompiute che si sono registrate dopo le riforme storiche degli anni Novanta. “Molti dei provvedimenti che si sono succeduti in questi anni hanno anche prodotto una rottura dell’equilibrio tra i diversi fattori che connotavano la riforma Dini – ha spiegato Morena Piccinini - cambiandone profondamente il senso e gli obiettivi e hanno permesso l’aumento dell’impatto negativo sulle singole persone di fattori quali la disfunzione del mercato del lavoro o le alterne fasi dell’economia”.

 
 Sia Piccinini, sia Vera Lamonica hanno poi criticato duramente in particolare i più recenti interventi del governo Renzi sul sistema dei fondi pensione, a partire dall'aumento della tassazione (dall'11 al 20%), per passare alle norme sul prelievo del Tfr in busta paga (che per fortuna non riscuote successo tra la maggioranza dei lavoratori). Il governo attuale, che in questo senso risulta in perfetta continuità con i precedenti è anche responsabile della mancata informazione ai lavoratori. Una vera campagna istituzionale del Ministero del lavoro – è stato detto oggi durante la presentazione della Guida dell'Inca – non è mai stata realizzata.

 La confusione tra i lavoratori è tanta ed è questo sicuramente uno dei motivi di un'adesione che continua a rimanere troppo scarsa nel mondo del lavoro dipendente. Molto interessante nella Guida anche la parte di dati che riguarda l'andamento delle adesione ai diversi fondi pensione e la descrizione di tutto il sistema nel suo complesso. Alla fine del 2013 erano operanti 510 forme pensionistiche complementari. Di questi 39 (ora sono diventate 37) riguarda i fondi pensione negoziali dei sindacati. Rispetto a una platea potenziale di 25,5 milioni di persone, che comprende non solo gli occupati, ma anche coloro che sono in cerca di occupazione, il tasso di partecipazione alla previdenza complementare è stato del 24,3%. Per i dipendenti del settore privato, i soli interessati dal meccanismo del conferimento del Tfr, il tasso di adesione è salito al 32,2%.

 Nella Guida è possibile verificare anche l'andamento degli investimenti, la loro tipologia e soprattutto i rendimenti. Nonostante la crisi pesantissima che è cominciata nel 2008 il sistema dei fondi pensione ha tenuto e i rendimenti sono stati all'altezza delle aspettative. Un dato, questo della tenuta finanziaria dei Fondi negoziali, su cui hanno insistito tutti gli ospiti intervenuti alla presentazione (alla tavola rotonda coordinata da Fulvia Colombini del collegio di Presidente dell'Inca, hanno partecipato Mauro Marè, presidente Mefop, Leonario Tais, direttore centrale Area vigilanza Covip, Michele Tronconi, presidente Assofondipensione, Mauro Agazzi, direttore Fondo pensione Cometa, Marco Lo Conte, giornalista del Sole 24 ore).

 La discussione di oggi è stata anche utile per l'avvio di un ripensamento qualitativo (e strategico) del sistema della previdenza complementare. Si tratta di una questione centrale perché i fondi pensione, già dalla prima impostazione legislativa, hanno sempre avuto una doppia missione: la prima, quella prioritaria ovviamente, è la costruzione di una rendita previdenziale che si affianchi alla pensione pubblica al momento dell'uscita dal mercato del lavoro attivo.

 Ma l'altra funzione, sul piano economico, che era stata pensata per il sistema dei Fondi integrativi è quella dell'utilizzo produttivo delle risorse finanziarie, ovvero della possibilità di dedicare agli investimenti nell'economia reale le risorse da investire. Tutti i fondi pensione investono infatti su prodotti finanziari sicuri che assicurano una crescita dei portafogli di risparmio. Ma invece di invece in modo casuale sarebbe utile investire in funzione delle esigenze di rilancio del paese.

 E non sarebbe male cominciare a praticare esperienze nuove di investimento etico, come ci ha raccontato per esempio questa mattina Mauro Agazzi, presidente del più grande fondo pensione italiano (Cometa, il fondo dei metalmeccanici) a proposito di alcuni progetti nuovi sul fronte del contrasto al lavoro minorile e in favore dell'investimento ecosostenibile in campo ambientale. E non è un caso, come ha ricordato nelle conclusioni Vera Lamonica, che la Cgil abbia messo tra i tre punti di proposta in alternativa al Def del governo proprio l'utilizzo virtuoso delle risorse dei fondi pensione ai fini degli investimenti pubblici nell'economia reale.

 Un discorso che si sposa con la richiesta del sindacato e dell'Inca di ripensare le troppe rigidità del sistema della previdenza pubblica e di quella complementare. “Penso che di fronte alla grande rigidità del sistema di previdenza pubblico con il rischio di avere una strutturalità di disoccupazione anziana senza reddito e senza diritto a pensione – ha detto Morena Piccinini - non sarebbe male se i fondi pensione mettessero a disposizione una anticipazione della rendita spettante negli ultimi anni precedenti il diritto alla pensione pubblica, una anticipazione che si possa unire ad un reddito a part-time o a prestazioni di sostegno al reddito. Insomma, di fronte ad un sistema pubblico sempre più rigido, proprio la previdenza complementare potrebbe mettere in campo soluzioni, certamente non esaustive, di maggiore flessibilità per incrociare i bisogni delle persone in difficoltà”. Insomma il capitolo previdenza, con le proposte dell'Inca e della Cgil, è riaperto.

 
 
 

Il Fatto Quotidiano

Post n°2368 pubblicato il 24 Aprile 2015 da deosoe

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