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Messaggi del 15/01/2016
Post n°2637 pubblicato il 15 Gennaio 2016 da deosoe
Nuovo esonero contributivo 2016, ecco come cambia 0 di Antonio Maroscia in 15 gennaio 2016 Inps
Esonero contributivo 2016
La Legge di Stabilità 2016, ha confermato anche per quest'anno il cosiddetto esonero contributivo, ma ci sono differenze con il 2015 per importi e durata. La Legge di Stabilità 2016, ha confermato anche per quest'anno il cosiddetto esonero contributivo al fine di promuovere forme di occupazione stabile. Ci sono però delle differenze con l'esonero contributivo triennale valido per le assunzioni del 2015, sia per gli importi che per la durata. Il testo di riferimento è l'art. 1 comma 178 della L. 28 dicembre 2015, n. 208 (Legge di Stabilità 2016), dal quale si evince che, al fine di promuovere forme di occupazione stabile, ai datori di lavoro privati, con esclusione del settore agricolo, e con riferimento alle nuove assunzioni con contratto di lavoro a tempo indeterminato, con esclusione dei contratti di apprendistato e dei contratti di lavoro domestico, decorrenti dal 1° gennaio 2016e non oltre il 31 dicembre 2016, è riconosciuto, per un periodo massimo di ventiquattro mesi, ferma restando l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche, l'esonero dal versamento del 40% dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro, con esclusione dei premi e contributi dovuti all'INAIL, nel limite massimo di un importo di esonero pari a 3.250 euro su base annua. Esonero contributivo per l'anno 2016, importo e durataLo sgravio contributivo per le assunzioni avvenute nel 2016 e rientranti nella normativa è pari al 40% dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro, con esclusione dei premi e contributi dovuti all'INAIL, nel limite massimo di un importo di esonero pari a 3.250 euro su base annua, mentre per il 2015 era pari al 100% dei contributi per un massimo di 8.060 euro. Per quanto riguarda la durata dello sgravio, questa passa da 36 mesi a 24 mesi dell'esonero contributivo 2016. Casi in cui non spetta l'esonero contributivo 2016L'esonero contributivo 2016 spetta per le nuove assunzioni, con esclusione di quelle relative a lavoratori che nei sei mesi precedenti siano risultati occupati a tempo indeterminato presso qualsiasi datore di lavoro. Non spetta inoltre per l'assunzione di lavoratori per i quali si è già usufruito dell'esonero contributivo triennale introdotto dalla legge di stabilità 2015. Infine l'esonero non spetta ai datori di lavoro per le assunzioni a tempo indeterminato relativamente a lavoratori risultavano già assunti a tempo indeterminato presso lo stesso datore di lavoro, o presso società controllate o collegate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile o facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto, nei tre mesi antecedenti la data di entrata in vigore della presente legge, ovvero nel periodo dal 1 ottobre 2015 al 31 dicembre 2015. Come richiedere lo sgravio
In attesa delle circolari esplicative dell'INPS sulle modalità di richiesta ricordiamo che il vecchio esonero contributivo triennale andava richiesto dal Datore di Lavoro tramite i contatti del Cassetto Previdenziale sul portale dell'INPS. Casi particolari e part-timeInfine, sempre in attesa delle Circolari dell'INPS occorre ricordare che nel caso di contratto a tempo parziale, lo sgravio va riproporzionato in relazione all'orario di lavoro concordato nel contratto individuale di lavoro rispetto al normale orario di lavoro previsto dal CCNL. Mentre nel caso di 2 part-time l'esonero può essere richiesto da entrambi i datori di lavoro purchè le assunzioni partano lo stesso giorno e entrambe le aziende rispettino i requisiti richiesti dalla norma. esonero contributivo legge di stabilità 2016 sgravi
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Post n°2636 pubblicato il 15 Gennaio 2016 da deosoe
Morto Franco Citti, l'Accattone di Pasolini Aveva 80 anni ed era malato da tempo. Nato in borgata, fu uno dei volti simbolo del regista-poeta. Recitò anche a teatro con Carmelo Bene
Morto Franco Citti, l'Accattone di Pasolini Aveva 80 anni ed era malato da tempo. Nato in borgata, fu uno dei volti simbolo del regista-poeta. Recitò anche a teatro con Carmelo Bene
Franco Citti nell'interpretazione del Decameron di Pasolini (1971)
Per tutti era Cataldi Vittorio, detto Accattone, l'incarnazione rabbiosa dei «ragazzi di vita» pasoliniani. E ribelle, selvaggio, vitale e inquieto Franco Citti sarebbe sempre rimasto, dal giorno della sua nascita (23 aprile a Roma 1935), fino ad oggi, sempre nel ventre scuro della sua città. Da anni era bloccato sulla sedia a rotelle in seguito a tre ictus ripetuti, ma non voleva lasciare la vita, si attaccava al fuoco che sentiva dentro, solo velato dalla saggezza del tempo e dalla solitudine crescente per i tanti amici lasciati per strada: Pasolini, Betti, Cerami, suo fratello Sergio. Del gruppo scandaloso e felice che circondava Pier Paolo Pasolini tra i suoi esordi letterari e la scoperta del cinema resta ormai solo Ninetto Davoli, forse quello che meglio ha saputo prendere i cambiamenti del tempo per il loro verso.
LA "FAMIGLIA" PASOLINIANA La sua strada incrociò quella del poeta-professore all'inizio degli anni '50 quando Pasolini, lasciata Casarsa con la madre, insegnava a Roma in periferia e si circondava di un piccolo cenacolo di poeti di strada, alcuni allievi diligenti (come Cerami che del gruppo era il più piccolo), altri già avvezzi alla durezza della vita (il diciottenne Sergio Citti era appena uscito dal riformatorio), altri come Sergio in bilico tra l'adolescenza e la rabbia. Per tutti Pasolini diventa un punto di riferimento, scopre in Sergio un «maestro di vita e di lingua», si affeziona a Franco fino a trasfigurarlo nelle sue pagine da narratore. Con loro gioca a pallone, parla di letteratura e di umanità, si costruisce una sorta di famiglia fatta di calore, umanità, libertà, un guscio protettivo che lo accompagnerà sempre, dai giorni dello scandalo per i romanzi messi all'indice fino alle polemiche incessanti che ne scandiranno la carriera e la vita.
MEMORABILE «ACCATTONE» «Di tutti i Citti è sempre stato l'anima più libera - dice oggi un amico e allievo come il regista David Grieco -, ha sempre vissuto a modo suo, senza compromessi e senza cedimenti». E da persona libera se ne è andato, lasciando tre figli, una scia di ricordi e l'incessante passione (come del resto Sergio) per ridare onore al maestro, facendo luce sulla sua morte. Pasolini chiama Franco Citti per la sua prima regia nel 1961 e conferisce alla sua maschera tragica, già segnata e beffarda, la statura assoluta del protagonista in «Accattone». Per molti è una rivelazione e il gioco del cinema appassiona il ragazzo che, l'anno dopo, riporta sullo schermo se stesso in «Una vita violenta» di Paolo Heusch e Brunello Rondi. L'impronta del maestro guida anche la recitazione di Franco Citti che, autodidatta assoluto, costruirà una carriera densa di incontri (alla fine saranno 55 i suoi ruoli per lo schermo) e uno stile interpretativo unico, fortemente radicato nella lingua vernacolare, istintivo nell'amore per la macchina da presa (un amore ricambiato sempre, con primi piani di rabbiosa intensità) e sempre diretto fino a fare della spontaneità il suo tratto distintivo.
FOTO - Pier Paolo Pasolini sul set di "Accattone'' con l'attore Franco Citti
ROMANESCO DI BORGATA Per «Mamma Roma» del '62 Pasolini lo richiama e così sarà per «Edipo Re», «Porcile», «Decameron» e gli altri due episodi della «Trilogia della vita». Ma il cinema dei Citti scrive anche una storia parallela perché il fratello Sergio lo coinvolge nel suo film di debutto, «Ostia» (1970) e poi, insieme a Cerami, nei successivi «Storie scellerate (1973), «Casotto» (1977), «Il minestrone» (1981), «I magi randagi» (1996) , fino a firmare a quattro mani quei «Cartoni animati» che nel 1997 chiudono idealmente l'arco dell'eredità pasoliniana sullo schermo. Intanto Franco Citti cammina anche da solo, ricercato per cinema di genere («Requiescant» di Carlo Lizzani nel 1967), cinema d'impegno («Seduto alla sua destra» di Valerio Zurlini, 1968), incursioni internazionali («Il Padrino » di Coppola nel 1972). Raccontava lo stesso Citti che, alla notizia, Pasolini gli raccomandò: «Vai e divertiti, ma non perdere la tua lingua, perché se perdi quella smarrirai te stesso». E il romanesco, quello delle borgate, quello che non si piega al gergo generazionale e conserva la sua immediatezza oltre le mode, rimarrà sempre il modo espressivo dell'attore Citti, chiamato da Fellini per «Roma», da Petri per «Todo modo», da Ferreri per «Yerma», da Bertolucci per «La luna», da Maselli per «Il segreto», fino all'ultima apparizione, in «E insieme vivremo tutte le stagioni» di Gianni Minello nel 1999.
GLI ULTIMI ANNI Nel 1992, insieme a Claudio Valentini, si racconta in una sorta di autobiografia impressionista, «Vita di un ragazzo di vita» edito da SugarCo. La bocca piegata in una smorfia amara che si illuminava nel sorriso, gli occhi lunghi, quasi arabeggianti, il ciuffo ribelle dei capelli che l'età aveva seminato di neve, il «baby» di whisky a portata di mano, la sigaretta divorata con apparente distacco: ecco come la sua immagine resta impressa nel ricordo. E in quello sguardo da poeta triste, da Rimbaud delle borgate, rivive oggi un'intera epoca. Forse la sua morte assomiglia al suo estremo gesto di libertà. Oggi Franco Citti si alza dalla sedia a rotelle e ricomincia a camminare
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Post n°2635 pubblicato il 15 Gennaio 2016 da deosoe
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Post n°2634 pubblicato il 15 Gennaio 2016 da deosoe
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