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Post n°2668 pubblicato il 06 Luglio 2016 da deosoe

 

Lingua sarda

Post n°868 pubblicato il 02 Luglio 2016 da asu1000

 

Sulla lingua sarda uno stato fuorilegge e inadempiente
di Francesco Casula
Sulla lingua sarda l'Europa bacchetta e ammonisce lo Stato italiano: esso infatti è inadempiente e fuorilegge con il governo Renzi che discrimina la lingua sarda.
Il Consiglio d'Europa, attraverso il Comitato consultivo di controllo della Convenzione quadro di protezione delle minoranze nazionali, in un rapporto di 38 pagine denuncia il fatto che mentre le lingue frontaliere (tedesco e ladino in Trentino Alto Adige, francese in Valle d'Aosta e sloveno in Friuli Venezia Giulia) sono sufficientemente sostenute, quelle riconosciute solo nel 1999 con la Legge 482, ad iniziare dal sardo e dal catalano, vengono bistrattate e dimenticate.
Nel dossier degli esperti del Comitato si denunciano "le emergenze più grandi" ad iniziare dalla mancanza di una programmazione in TV e Radio. Così un milione circa di parlanti il Sardo non ha accesso alla televisione pubblica e alla Radio nella propria lingua. Ancor più evidente l'emergenza nel campo della scuola in cui "le opportunità in cui l'insegnamento in e con altre lingue come l'albanese, il catalano, il croato, il greco e il sardo sono ampiamente inadeguate".
Lo stesso discorso vale per la formazione degli insegnanti, l'aggiornamento e la disponibilità di materiale didattico. La conseguenza è che :"In Sardegna la percentuale degli allievi che ha avuto anche un solo contatto episodico e non continuativo con la lingua a scuola è inferiore al 15%".
Ad annunciare la denuncia europea contro l'inapplicazione delle norme sulle minoranze linguistiche  da parte del governo Renzi è il Coordinamento pro su sardu ufitziale  (CSU), la cui Assemblea direttiva attraverso Giuseppe Corongiu, - fondatore dello stesso Coordinamento e responsabile dell'Ufficio linguistico regionale dal 2006 al 2014 - sostiene che :"Est importante chi su Comitadu de su Cussìgiu de Europa apat retzepidu sas istàntzias nostras, e sa cosa tenet unu valore particulare ca est istada realizada petzi cun su cuntributu de sos assòtzios de base. Nos diat èssere agradadu a mandare a dae in antis custu traballu cun sa Regione; amus fintzas iscritu, ma non nos ant carculadu. Como su Guvernu Tzentrale at a dèvere dare rispostas cumbinchentes; si nono su Comitadu de sos Ministros at a intervènnere de seguru cun santziones. Amus a pedire a sos europarlamentares sardos de intervènnere".
La Regione sarda non solo no at carculadu a su CSU, ma tace. A fronte della "ammonizione" dell'Europa ci si sarebbe infatti aspettati una forte e decisa presa di posizione della Giunta Regionale contro il Governo Renzi, inadempiente e "fuorilegge" persino rispetto alle deboli e anemiche normative (come la Legge 482 sulle Minoranze linguistiche storiche).  Invece niente. Dorme. E' di fatto complice della discriminazione antisarda. Forse perché ha la cattiva coscienza. Se lo Stato discrimina e dimentica la lingua sarda, la Regione fa altrettanto. Anzi peggio. Fa passi indietro persino rispetto al passato, alle Giunte Soru e Cappellacci, in cui sul fronte della politica linguistica qualcosa si era mosso. Pigliaru e la sua Giunta cercano di affossare e inabissare persino quel minimo di standardizzazione del Sardo che iniziava a dare qualche frutto nella direzione di "superare" la frammentazione dialettale per imboccare la strada di un sardo "ufficiale". Senza il quale ogni prospettiva di Bilinguismo perfetto è vana. Senza il quale la lingua sarda è destinata a languire, marginalizzata e "dialettizzata" nelle feste paesane e nel folclorismo.
E' questo che si vuole? Temo di sì: almeno da parte dello Stato e della Regione. A parte infatti le dichiarazioni di principio e i proclami alla vigilia delle elezioni, per accalappiare qualche voto "identitario"; a parte le stesse leggi (la 26 a livello regionale del 1997 e la 482 del 1999, a livello statale: in ritardo abissale di ben mezzo secolo rispetto al dettato costituzionale del '48, articolo 5:"La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche"), non c'è la consapevolezza dell'importanza e della necessità di valorizzare la lingua sarda come lingua "normale" e coufficiale (con l'Italiano) da insegnare nelle scuole di ogni ordine e grado e da utilizzare in tutte le occasioni di vita (in famiglia, nei luoghi di lavoro ecc) come nei Media (Rai-TV-Internet-Giornali), nella Pubblicità e nella Toponomastica.
Anche se non lo si ammetterà ho l'impressione che Pigliaru (come la quasi intera classe politica ma anche accademica) seguano ancora l'indicazione di Carlo Baudi di Vesme, che nell' opera Considerazioni politiche ed economiche sulla Sardegna, scritta su incarico del re Carlo Alberto tra l'ottobre e il novembre 1847 ma completata nel febbraio 1848, sostiene che "Una innovazione in materia di incivilimento della Sardegna e d'istruzione pubblica, che sotto vari aspetti sarebbe importantissima, si è quella di proibire severamente in ogni atto pubblico civile non meno che nelle funzioni ecclesiastiche, tranne le prediche, l'uso dei dialetti sardi, prescrivendo l'esclusivo impiego della lingua italiana...E' necessario inoltre scemare l'uso del dialetto sardo ed introdurre quello della lingua italiana anche per altri non men forti motivi; ossia per incivilire (sic!) alquanto quella nazione, sì affinché vi siano più universalmente comprese le istruzioni e gli ordini del Governo...".
Eppure Pigliaru, presidente di una maggioranza che si vorrebbe progressista e addirittura con componenti sovraniste e indipendentiste, dovrebbe conoscere - e dunque praticare - l'insegnamento di Michelangelo Pira che in La rivolta dell'oggetto (pagina 252) scrive:"Il vicerè non aveva alcun obbligo di essere bilingue; alla traduzione dei suoi ordini potevano provvedere intellettuali bilingui suoi dipendenti. Il presidente della Regione (per dire le istituzioni e organizzazioni sarde autonomistiche) ha l'obbligo di essere compiutamente bilingue: il suo compito non è quello di trasmettere ordini di una sovranità esterna bensì quello di farsi estensione di una sovranità interna, partecipando alla costruzione di questa.
Egli deve capire quel che si vuol fare della Sardegna da parte dei poteri esterni dell'Isola, ma anche e soprattutto deve capire quel che la Sardegna vuol fare di se stessa e dei suoi rapporti con i suoi interlocutori esterni. E la volontà interna si forma e si individua sia parlando in sardo, sia parlando in italiano".
O no?

 

 
 
 

il santo del giorno

Post n°2667 pubblicato il 06 Luglio 2016 da deosoe

Share _n FacebookShare on Facebook+1+1Share _n TumblrShare on TumblrSanta Maria Goretti

 

Nome:
 Santa Maria Goretti

 

Titolo:
 Vergine e martire

Ricorrenza:
 06 luglio

Il 16 ottobre 1890 a Corinaldo la terzogenita Maria veniva a rallegrare con i suoi vagiti la povera e laboriosa famiglia dei coniugi Goretti.

Ebbe una buona e cristiana educazione dai genitori esemplari. Divenuta orfana di padre ancora in tenera età, aiutò la mamma, fu custode vigile dei fratellini, contribuì alla loro educazione cristiana, si applicò a sbrigare la maggior parte delle faccende domestiche, affinché la mamma potesse dedicarsi al lavoro per guadagnare il pane.

Prendeva tutto con rassegnazione e con filiale abbandono nel Signore.

Il 16 giugno 1901 Mar:letta, con una gioia indescrivibile, si accostò per la prima volta alla Mensa dell'Agnello Immacolato. A soli dodici anni, per il precoce sviluppo, era divenuta una giovanetta che si distingueva per la sua semplicità e per una purezza angelica. Coi Goretti coabitava un giovane, Alessandro Serenelli. Costui, divenuto orfano di madre quando ne aveva maggiormente bisogno, era di carattere chiuso, solitario. Il vizio dell'impurità, fomentato dalla lettura di stampe pornografiche, aveva guastato il suo cuore. Per due volte ebbe l'ardire di tentare Marietta. La fanciulla si rifiutò energicamente, anzi racchiudendosi in un'amara angoscia, pregò sempre di più Gesù affinché le desse la forza di combattere e di vincere. Ma, mentre la giovanetta confidava nell'aiuto divino, Alessandro macchinava un orrendo delitto, se, non fosse riuscito nel suo intento.

Il 5 luglio 1902 nell'aia adiacente al caseggiato, il lavoro agricolo ferveva come sempre. Alessandro montò su un carro; era serio e preoccupato: ad un certo punto con un pretesto qualsiasi lasciò la guida del carro a mamma Assunta, salì in fretta le scale ed entrò in casa; sul pianerottolo Marietta stava rammendando una camicia; passati alcuni istanti, riapparve sull'uscio e fissatala con occhio infuocato le intimò: « Maria, vieni dentro ».

Marietta non si mosse; il suo cuore innocente presagiva e tremava. Alessandro allora, invaso da satanico furore, la prese per un braccio e trascinatala brutalmente dentro, chiuse la porta con un calcio. La giovanetta si trasformò in lottatrice coraggiosa e intrepida. Al seduttore gridò: « No! No! Dio non vuole!... Che fai Alessandro?... Non mi toccare, è peccato; tu vai all'inferno! ». A nulla valsero queste sante parole, anzi la passione si tramutò in odio, e impugnato un coltello la trapassò quattordici volte, lasciando a terra la martire tramortita. L'ultimo grido della martire fece accorrere i vicini. Quale lo strazio di mamma Assunta nel vedere la sua Marietta così ridotta! Vane furono le cure dei medici: ormai le rimanevano poche ore di vita.

Non un lamento uscì dalle labbra della santa martire nelle lunghe venti ore di agonia, ma solo preghiere, e negli ultimi istanti di vita anche parole di perdono per il suo uccisore: « Sì, lo perdono; lo Perdono di cuore e spero che anche Dio lo perdoni, perché lo voglio con me in Paradiso ».

PRATICA. — Chi ama veramente la purezza rinuncia a tutto, anche alla vita.

PREGHIERA. — Ascoltaci, o Dio nostro Salvatore, e fa' che impariamo ad imitare S. Maria Goretti, tua vergine e martire, nelle molte tentazioni di questa misera vita, per poi conseguire l'eterna beatitudine in Cielo.

 

 
 
 
 
 

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