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Un blog creato da a_tiv il 28/10/2006

Il Libero Pensiero

Il blog di Vito Schepisi

 
 
 

10 DICEMBRE: GIORNATA MONDIALE DEI DIRITTI UMANI

Il 10 dicembre del 1948 l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite proclamava la Giornata Mondiale per i Diritti Umani

DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI UMANI


http://www.unhchr.ch/udhr/lang/itn.htm

 

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CONDANNA DEL COMUNISMO

Risoluzione del Consiglio di Europa  n.1481 del 25 gennaio 2006 - Condanna del Comunismo

Il 25 gennaio 2006 l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa approva la Risoluzione n. 1481, che condanna i crimini dei regimi comunisti

europei.http://www.democraticicristiani.it/europa/ris_1481.html

 
 

 

« Vendola in Puglia paga l...La fabbrica di nichi »

Le Regioni non riconsegnano più le deleghe

Foto di a_tiv

C’era chi ci aveva sperato. Ma i sogni come si sa svaniscono all’alba.

La notizia era di quelle che, sebbene per diverse motivazioni, poteva definirsi di gradimento trasversale. Si inquadrava propriamente nel mezzo, tra gli effetti del qualunquismo e quelli della reazione istintiva: in quel diffuso moto di disappunto che anima gli italiani avverso la politica, con tutti i suoi rituali, i suoi giochi ed i suoi abusi.

Le Regioni che riconsegnavano le deleghe al Governo per la gestione di alcuni servizi di pubblica utilità, poteva anche essere una buona notizia. Un’ottima notizia!

Siamo tra quelli che sono convinti che gli enti locali, e le regioni in maggior misura, come anche autorevolmente rilevato  dalla Corte dei Conti, non facciano molta attenzione alla spesa, anzi, al contrario, se ne servano per alimentare un sottobosco corrotto. Nel recente passato, sono stati tantissimi gli esempi di allegra gestione. Molto spesso ci si è ritrovati, infatti, a riflettere sulle contraddizioni che sorgono tra le macroscopiche carenze di servizi in alcune realtà del Paese ed il ricorso alle spese superflue.

Dinanzi alle megalomanie inutili, all’uso clientelare, se non criminoso, delle deleghe amministrative, dinanzi ai disavanzi finanziari di gestione, che per l’incidenza sul debito pubblico concorrono a danneggiare l’intero Paese, ci si chiede se tutte le carenze e gli eccessi siano oggi compatibili con la presenza di un mercato globale sempre più difficile con cui quotidianamente occorre misurarsi.

Siamo tra quelli che immaginano che con la manovra finanziaria, il cui decreto è appena passato al Senato ed è in attesa di definitiva conversione in legge alla Camera, si sia appena all’inizio dell’opera che ci attende da questo Governo, per la razionalizzazione e la ritrovata efficienza della spesa pubblica. Non è immaginabile, infatti, pensare di proseguire nell’andazzo percorso negli anni passati.

Il federalismo fiscale potrà forse servire per mettere dinanzi alle proprie responsabilità i governatori delle regioni e potrà far comprendere agli elettori ciò che è legittimo che debbano aspettarsi dagli amministratori locali. Con il federalismo potrà, forse, essere più facile far comprendere ai cittadini quanto sia più utile guardare alla qualità e quantità dei servizi che le amministrazioni sono state capaci di mettere a disposizione delle comunità o che saranno in grado di poter assicurare in futuro che non, invece, guardare alla vita privata di Berlusconi. Si potrà evitare di cadere nella trappola della stampa schierata che ha utilizzato il gossip e le escort per distogliere l’attenzione da alcune questioni amministrative, le cui gravità avrebbero potuto assumere, ad esempio in Puglia, grande rilevanza per il voto locale.

La qualità della vita nelle città potrà, infatti, mutare con il ricorso alle scelte amministrative e cogliendo le opportunità di sviluppo sul territorio. E non come abbiamo visto, invece, non realizzarsi con il mancato uso dei fondi europei destinati allo sviluppo delle aree sottoutilizzate. Il mezzogiorno, ad esempio, nel suo insieme, ha avuto la possibilità di  uscire dalle sue difficoltà, che risalgono ai tempi dell’Unità d’Italia (150 anni fa), utilizzando, per gli investimenti sul territorio e per la modernizzazione degli impianti, i fondi messi a disposizione dall’Europa. Non lo ha fatto. Non lo ha saputo fare. Gli amministratori sono stati, forse, troppo impegnati ad inseguire le spese di rappresentanza, le consulenze, i lussi, le apparenze, le pubblicità istituzionali, le politiche clientelari ovvero i fumosi principi ideologici.

Immaginare così che i governatori delle regioni fossero sul punto di  rimettere le deleghe al Governo, e quindi pensare che quest’ultimo potesse nominare dei commissari per la gestione e naturalmente per il controllo della pertinenza della spesa, ci aveva persino riempito di buone speranze.

Nessuna cosa in campo amministrativo può essere peggiore di ciò che ben si conosce, specialmente se ciò che c’è è molto simile al niente.  E finanziare il niente è stupido e dannoso. Se l’amministratore, infatti, ha la possibilità di avere soldi, li spende anche per il niente. Nessuno, motu proprio, rinuncia mai alla gestione di fondi. Il superfluo nasce sempre da disponibilità iniziali a cui, in futuro, nessuno è più disposto a rinunciare. Si creano strutture, si creano competenze, si creano professionalità ed organici che restano a vita, anche quando viene a mancare l’utilità e la ragione di queste presenze. Il sistema pubblico, come si sa, è antieconomico per definizione perché, da parte di chi amministra, spesso non c’è altro interesse se non  quello di poter disporre di fondi. Il potere, infatti, sta nel gestire e per farlo occorre avere facoltà di spesa. E’ una spirale poco virtuosa, ma che, purtroppo, si involge sempre così.

La notizia c’era, la Conferenza delle Regioni compatta l’aveva lanciata. Sapevamo che era solo una provocazione. Sapevamo che sarebbe stato un sogno destinato a svanire in una notte di inizio estate. Non ci avevamo veramente creduto sino in fondo, ma la speranza l’avevamo nutrita. Conosciamo i nostri politici. Sappiamo che in Italia il passo tra la politica e la sceneggiata è molto breve, sapevamo che anche questa volta doveva trattarsi del solito festival degli strilli che, per il suo andazzo rituale, si doveva dispiegare tra le crisi di pianto ed il disperato strappar di vestiti, ma ci avevamo sperato. Peccato!

Vito Schepisi

 
 
 
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UNDICI SETTEMBRE

Crono 911: tutto su l'11 set 2001  a  N.Y.

Storia, Documenti e perizie ufficiali

su

http://nuke.crono911.org/

 

LA GIORNATA DEL RICORDO

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Il ricordo dei martiri delle foibe e dell’esodo dei 350.000 italiani, giuliani, istriani e dalmati

 

GIORNATA DELLA MEMORIA

27 gennaio 2007 Il giorno della memoria

Per non dimenticare

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Dove eravamo?

Li ho rivisti ieri sera, in bianco e nero, anime tragiche, tragici volti stupiti, adunati come gregge sperduto, chiuso tra cani pastori con sembianze d'uomo.
Latrati incomprensibili davano tremito nascosto alle loro membra, al loro il cuore; la loro anima immobile di terrore, i loro pensieri mortificati da abusi su corpi e anime.
 

Era sempre inverno in quegli anni, anche in primavera e in autunno e in estate.
Dov'eravamo noi, allora?
 

Conducevamo quei treni, tragici forzieri d'umano carico, o li aspettavamo tra la neve, quei convogli? 

Li ho rivisti ieri sera, in bianco e nero, e un attimo eterno di disperazione mi ha investita.
Disarmata e impotente ho sparso inutili lacrime nel guardarli, e ho chiesto un inutile perdono alla vita, per me e per tutti coloro che, allora, calpestarono esistenze innocenti con gli occhi dell'anima bendati.

Ringrazio sentitamente una mia cara e sensibile amica, autrice delle parole. Parole che ho condiviso e chiesto di rendermele disponibili.

 

GRIDO DI LIBERTà

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"Signor Presidente, lei si vanta di aver dato al nostro paese una libertà della quale non ha mai goduto, mentre l'unica libertà che ancora non ci è stata tolta è quella di respirare e camminare, per il resto non abbiamo mai vissuto in una situazione peggiore per quanto concerne le libertà individuali e collettive.

Probabilmente non condividiamo il significato della parola libertà.

In una società libera gli studenti non sono cacciati dalle università in quanto dissidenti, non sono pestati regolarmente dai suoi sostenitori perché contrari al suo governo, non si vedono negare il diritto a organizzarsi in associazioni o a pubblicare riviste.

Lei ci ha accusato di essere agenti di potenze straniere, se riuscirà a dimostrare questa sua accusa ci autoimpiccheremo per aver tradito il nostro paese.

Quelle grida che lei ha ascoltato lunedì, non erano voci individuali, era la voce di un popolo che chiede libertà, democrazia e giustizia.

Impari ad ascoltarla."

Lettera scritta dagli studenti dell'Università di Teheran al Presidente Ahmanidenejad  - Teheran dicembre 2006

 

ICH BIN EIN BERLINER! (J. F. KENNEDY 26.6.1963)

Durante la sua visita a Berlino del 26 giugno 1963, il presidente statunitense John Fitzgerald Kennedy pronunciò un discorso toccante. Il suo discorso sarebbe divenuto simbolo della Guerra Fredda:


«Ci sono molte persone al mondo
che non comprendono, o non sanno,
quale sia il grande problema tra
il mondo libero e il mondo comunista.
Lasciateli venire a Berlino!
Ci sono alcuni che dicono che
il comunismo è l'onda del futuro.
Lasciateli venire a Berlino!
Ci sono alcuni che dicono che,
in Europa e da altre parti,
possiamo lavorare con i comunisti.
Lasciateli venire a Berlino!
E ci sono anche quei pochi che
dicono che è vero che
il comunismo è un sistema maligno,
ma ci permette di fare progressi economici.
Lasst sie nach Berlin kommen!
Lasciateli venire a Berlino! [...]
Tutti gli uomini liberi,
ovunque essi vivano,
sono cittadini di Berlino,
e quindi, come uomo libero,
sono orgoglioso di dire,
Ich bin ein Berliner! (sono un Berlinese).»

* * *

A berlino ci sono andato nell'agosto del 1971.

Dopo 10 anni dalla realizzazione del "muro" nella notte tra il 12 ed il 13 agosto del 1961.

Il 12 ed il 13 agosto del 1971 ero a Berlino.

Mi sono recato nella parte est della città il giorno 12, con un permesso che mi scadeva a mezzanotte, ho rischiato la chiusura del varco per una sfilata militare che m'impediva l'accesso alla Friederich strasse, unico passaggio per turisti e stranieri.

Il 13 agosto la Berlino comunista celebrava la separazione della città con una parata militare oceanica: celebrava il muro.

Ero là anche il 13 agosto mattina ad assistere.

Honeker sul palco nella Under Der Linden che arringava la folla.

La sua voce severa, dura, autoritaria.

Non avevo mai visto e sentito niente di simile dal vero.

Non capivo le parole ma ne interpretavo la violenza.

Mi sono sentito berlinese anch'io.


Vito Schepisi
 

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