Parlare senza mai capirsi per raggiungere chissà quale meta, e quale obiettivo diventa sempre più difficile, se non addirittura impossibile.
Guardo oltre la finestra mentre le mie dita scorrono lungo la tastiera e vorrei descrivere di quello che ho dentro.
Liberarmi dai pensieri opprimenti che gravano la mia mente, e potermi sentire leggera lontana dai pesi che la mia vita mi impegna a sostenere.
Non ho il coraggio di cambiare le cose, non ho il fegato per modificare le cose, perché sono diventata vigliacca ed incapace persino di reagire.
A volte mi sento come se avessi vissuto per millenni in questa vita ed aver vissuto tante vite sempre diverse tra loro, ma con un comune denominatore collettivo.
Ho bisogno di respirare perché mi sento soffocare da questa vita, avverto l’affanno che comprime il respiro e vorrei urlare contro il mondo la rabbia che mi pervade.
Non ricordo cosa sia la felicità, ma nonostante mi senta quasi morire dentro avverto la necessità di riprovare ancora una volta la sensazione della felicità.
Ma la felicità non si manifesta a comando, purtroppo.
Non so descriverla, non trovo le parole che ne possano garantire la veridicità e le fattezze.
Le sensazioni spesso sono inesplicabili e volerle riferire comporta una buona dose di impegno narrativo, ed io non so narrare, e tanto meno sono una scrittrice, pertanto dovrò soltanto nominarla questa parola che appare spesso così ridondate ed espressiva.
Felicità.
Forse un giorno la sentirò nel cuore e mi porterà la luce che adesso è spenta, e mi ridarà il coraggio e la voglia di andare oltre il muro invalicabile dei miei pensieri opprimenti.