Isabella, invalida e murata viva

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Oggi scrivo a nome mio e di mio marito, i genitori di isabella.
Tralascio volutamente quel retrogusto un po’ ironico che normalmente uso per raccontarvi della mia bambina, perché stamattina non ho proprio voglia di ridere. Ieri sera c’è stata una riunione di condominio per approvare la spesa di 11.400 euro per ampliare la cabina ascensore del nostro civico, per permettere a Isabella di entrare con la sedia a rotelle, adesso infatti si fa molta fatica perché le sedie posturali come quelle della mia principessa sono piuttosto ingombranti.
Ebbene amici, lo sapete?
Non è stato approvato… hanno votato NO. Ce lo dobbiamo pagare noi, visto che l’alternativa è murare mia figlia in casa.
Siamo feriti nel profondo del cuore (mio marito anche alla mano, visto che alla fine ha perso le staffe e ha dato un pugno all’armadio), non tanto per il fatto in sé quanto per come è andata.
Non ci aspettavamo tanta piccolezza, soprattutto perché l’intervento era a favore di una creatura innocente che non ha mai fatto uno sgarbo a nessuno, che se sta bene regala sorrisi a tutti, che sta pagando un prezzo altissimo per una colpa non sua.
Il lavoro verrà fatto comunque, a spese nostre.
Io sarei tentata di augurare a chi si è opposto di trovarsi nella nostra stessa situazione, ma so il dolore lacerante che provoca avere un figlio gravemente malato, e non lo auguro al mio peggior nemico. Isabella non lo farebbe
La mamma di Isabella.

Russia, coppia di cannibali confessa.

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Dmitry Baksheev e la moglie Natalia, la coppia di cannibali arrestati nei giorni scorsi, hanno confessato. A far scattare l’arresto sono stati i resti di una giovane donna, scomparsa pochi giorni prima, utilizzati come sfondo di una serie di autoscatti di Dimitry.
La coppia reclutava le proprie vittime su siti web di incontri, per poi rapirle, ucciderle e divorarle.
Trovato da una foto in cui Dimitry appare con una vittima, Elena B. , che viveva nell’Accademia militare dove Natalia lavorava.
Nello scatto si vede una testa di donna su un piatto, circondata da mandarini, con un limone in bocca e olive al posto degli occhi.
Nell’appartamento della coppia sono stati rinvenuti sette sacchi contenenti resti umani, conservati in frigorifero, un barattolo con pezzi di pelle tagliati a fette e alcune lattine contenenti “carne di dubbia provenienza”.
Nella casa c’erano molti telefoni cellulari, probabilmente appartenenti alle vittime, con i quali erano stati registrati video su come cucinare la carne umana.
Natalia dava da mangiare i resti anche agli studenti dell’Accademia militare dove era impiegata come infermiera.
I coniugi Baksheev vivevano in condizioni di miseria e nel passato erano stati arrestati più volte per furti e rapine.
Dimitry, rimasto orfano, fu cacciato dalla famiglia adottiva quando era ancora minorenne, e si sposò con Natalia, di sette anni più vecchia, quando aveva 18 anni.
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Il “Made in Italy” globalizzato.

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Quante aziende italiane hanno delocalizzato la produzione all’estero in nome della globalizzazione e continuano a vendere con il marchio “Made in Italy”?
Il “Made in Italy” non è di proprietà delle aziende, ma del nostro Paese.
Chi lo usa deve produrre in Italia.
Se emigra utilizzi per i vestiti, le auto, i caschi per le moto, le caffettiere, i marchi “Made in China” o “Made in Romania” e vediamo chi comprerà i suoi prodotti.
La delocalizzazione ha regalato profitti giganteschi alla Confindustria e la disoccupazione agli italiani.
In alcuni casi questo è avvenuto, come per la Romania, attraverso incentivi alle aziende provenienti dai contributi versati dall’Italia alla UE, i famosi “fondi europei”.
Ci siamo pagati la delocalizzazione con le nostre tasse…
Aziende create da generazioni di tecnici, operai, ingegneri, designer italiani non si possono spostare come un pacco postale in un qualunque luogo della Terra perché “costa meno”. In posti dove spesso non esistono controlli, garanzie, leggi, norme di tutela ambientale.
E’ necessaria subito, per bloccare l’emorragia, una legge che tolga il diritto dell’uso del “Made in Italy” alle aziende che non ne hanno diritto. Oltre al danno della disoccupazione non possiamo subire anche la beffa del marchio abusivo.

Buio Erotico.

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Buio.
Buio completo.
La benda che ho sugli occhi mi impedisce di vedere cosa sta accadendo.
Lo posso solo immaginare, dai rumori, dagli odori, da quella sensazione
di vicinanza di un’altra persona che si ha solo quando si hanno gli occhi tappati. Sono sdraiato sul letto
un volere di lei.
Sono a sua completa disposizione.
E mi piace.
La sento che si avvicina, al mio viso, la sento respirare.
Inizia una fellatio bellissima, passionale, non violenta,
sia per lei che per me.
L’unica mia sofferenza quella di non poter usare le mani, il tatto.
Sento che mi scioglie i polsi.
Ma mi ordina di non toccare la benda, che oltre a non farmi vedere, mi fa sudare tantissimo.
Ma sono pronto a questo disagio.
Mi fa alzare anche me, mi fa mettere in ginocchio sul letto, quindi mi dice di aspettare.
Dopo poco la sento davanti a me.
Le mani, ora libere possono esplorare la scena.
lei si alza,
la sento che si allontana,
va in bagno a rimettersi in sesto.
Quando torna mi toglie la benda.
Mi butta addosso i miei vestiti e mi dice:
Adesso vattene.