Tematiche marxiane. Lo Stato. Da: “Glosse marginali di critica all’articolo: Il re di Prussia e la riforma sociale, Firmato Un Prussiano” , (Vorwärts, 1844).

[Lo Stato considerato come strumento imparziale e neutro tra interessi universali e interessi particolari]Vorwärts

Lo Stato non troverà mai nello “Stato e nell’ordinamento della società” il fondamento dei mali sociali, come il “prussiano” pretende dal suo re. Là dove sono partiti politici, ciascuno trova il fondamento di ciascun male nel fatto che al timone dello Stato si trova non già esso ma il suo partito avversario. Perfino i politici radicali e rivoluzionari cercano il fondamento del male non già nell’essenza dello Stato ma in una determinata forma di Stato, al cui posto essi vogliono mettere un’altra forma di Stato.
Lo Stato e l’ordinamento della società, dal punto di vista politico, non sono due cose differenti. Lo Stato è l’ordinamento della società. In quanto lo Stato ammette l’esistenza di inconvenienti sociali, li ricerca o in leggi di natura, cui nessuna forza umana può comandare, o nella vita privata, che è indipendente da esso, o nella inefficienza dell’amministrazione che da esso dipende. Così l’Inghilterra trova che la miseria ha il suo fondamento nella legge di natura, secondo la quale la popolazione supera necessariamente i mezzi di sussistenza. Da un’altra parte, il pauperismo viene spiegato come derivante dalla cattiva volontà dei poveri, così come secondo il re di Prussia dal sentimento non cristiano dei ricchi, e secondo la Convenzione dalla disposizione sospetta, controrivoluzionaria, dei proprietari. Perciò l’Inghilterra punisce i poveri, il re di Prussia ammonisce i ricchi e la Convenzione ghigliottina i proprietari.
Infine, tutti gli Stati ricercano la causa in deficienze accidentali intenzionali dell’amministrazione, e perciò in misure amministrative i rimedi dei loro mali. Perché? Appunto perché l’amministrazione è l’attività organizzatrice dello Stato.
Lo Stato non può eliminare la contraddizione tra lo scopo determinato e la buona volontà dell’amministrazione da un lato e i suoi mezzi come pure le sue possibilità dall’altro, senza eliminare se stesso, poiché esso poggia su tale contraddizione. Esso poggia sulla contraddizione tra vita privata e pubblica, sulla contraddizione tra gli interessi generali e gli interessi particolari. L’amministrazione deve perciò limitarsi ad una attività formale e negativa, poiché proprio là dove ha inizio la vita civile e il suo lavoro, là termina il suo potere. Anzi, di fronte alle conseguenze che scaturiscono dalla natura asociale di questa vita civile, di questa proprietà privata, di questo commercio, di questa industria, di questa reciproca rapina delle differenti sfere civili, di fronte a queste conseguenze, l’impotenza è la legge di natura dell’amministrazione. Infatti, questa lacerazione, questa infamia, questa schiavitù della società civile è il fondamento naturale su cui poggia lo stato moderno, così come la società civile della schiavitù era il fondamento su cui poggiava lo Stato antico.
L’esistenza dello Stato e l’esistenza della schiavitù sono inseparabili. Lo Stato antico e la schiavitù antica – schiette antitesi classiche – non erano saldati l’uno all’altra più intimamente che non siano lo Stato moderno ed il moderno mondo di trafficanti, ipocrite antitesi cristiane. Se lo Stato moderno volesse eliminare l’impotenza della sua amministrazione, sarebbe costretto a eliminare l’odierna vita privata. Se esso volesse eliminare la vita privata, dovrebbe eliminare se stesso, poiché esso esiste soltanto nell’antitesi con quella. Ma nessun essere vivente crede che i difetti della sua esistenza abbiano le loro radici nel principio della sua vita, nell’essenza della sua vita, bensì in circostanze al di fuori della sua vita. Il suicidio è contro natura. Perciò lo Stato non può credere all’impotenza interiore della sua amministrazione, cioè di se stesso. Esso può scorgere soltanto difetti formali, casuali, della medesima e tentare di porvi riparo. Se tali modificazioni sono infruttuose allora l’infermità sociale è una imperfezione naturale, indipendente dall’uomo, una legge di Dio, ovvero la volontà dei privati è troppo corrotta per corrispondere ai buoni scopi dell’amministrazione. E quali sono questi pervertiti privati? Essi mormorano contro il governo ogni qualvolta esso limita la libertà, e pretendono dal governo che impedisca le conseguenze necessarie di tale libertà.
Quanto più potente è lo Stato, quanto più politico quindi è un paese, tanto meno esso è disposto a ricercare nel principio dello Stato, dunque nell’odierno ordinamento della società, della quale lo Stato è l’espressione attiva, autocosciente e ufficiale, il fondamento delle infermità sociali, e ad intenderne il principio generale. L’intelletto politico è politico appunto in quanto pensa entro i limiti della politica. Quanto più esso è acuto, quanto più è vivo, tanto meno è capace di comprendere le infermità sociali. Il periodo classico dell’intelletto politico è la Rivoluzione francese. Ben lungi dallo scorgere nel principio dello Stato la fonte delle deficienze sociali, gli eroi della Rivoluzione francese scorsero piuttosto nelle deficienze sociali la fonte delle cattive condizioni politiche. Così Robespierre vede nella grande miseria e nella grande ricchezza un ostacolo alla pura democrazia. Egli desidera perciò stabilire una generale frugalità spartana. Il principio della politica è la volontà. Quanto più unilaterale, cioè quanto più compiuto è l’intelletto politico, tanto più esso crede all’onnipotenza della volontà, e tanto più è cieco dinnanzi ai limiti naturali e spirituali della volontà, tanto più dunque è incapace di scoprire la fonte delle infermità sociali. Non è necessario argomentare ulteriormente contro la balorda speranza del “prussiano”, secondo la quale “l’intelletto politico” è chiamato “a scoprire le radici della miseria sociale per la Germania”.

(Karl Marx, Glosse marginali di critica all’articolo : Il re di Prussia e la riforma sociale, Firmato : Un Prussiano, Vorwarts, 1844)

NOTE

Vorwarts

Grandi marxisti. Karl Korsch (1886 – 1961)

Grandi marxisti.

KORSCH

Il 21 ottobre 1961 muore negli Stati Uniti, nel Massachusetts a Cambridge Karl Korsch, fu un filosofo, insegnante, teorico e militante del comunismo dei consigli. Era nato in Germania a Tostedt, 15 agosto 1886.
korsch-marxismus-undNel 1911 ottenne il titolo di dottore in diritto all’Università di Jena. Dal 1912 al 1914 fu in Inghilterra dove fu in contatto con la Fabian Society. La prima guerra mondiale lo riporta in Germania dove è incorporato nell’esercito tedesco dove trascorrerà tutti gli anni del conflitto in cui verrà ferito due volte e subirà a secondo le fluttuazioni politiche degradazioni e promozioni.

korsch marxismo e filosofia

Contrario alla guerra, si unisce al partito socialdemocratico indipendente (USPD), la cui ala sinistra creerà nel dicembre del 1918 il Partito comunista tedesco (KPD). Durante la rivoluzione tedesca, Korsch partecipa alla creazione del consiglio operaio di Meiningen.
Iniziò a insegnare all’Università di Jena come conferenziere a partire dal 1919, poi come insegnante a partire dal 1924. Karl Korsch divenne deputato alla dieta della Turingia e per un breve periodo ministro della giustizia di questo Stato nell’ottobre del 1923 perché il governo operaio qui durò solo tre settimane. Dal 1924 al 1928 fu deputato al Reichstag oltre che redattore e caporedattore dell’organo teorico del KPD “Die Internationale” fondato nel 1915 da Rosa Luxemburg. Nel maggio del 1926, aspramente criticato dall’Internazionale comunista e avendo rifiutato di fare l’autocritica, fu espulso dal partito.
Dopo aver dimissionato da “Die Internationale”, Korsch partecipò all’organizzazione dell’ala sinistra del KPD, che creerà una corrente chiamata “Entschiedene Linke”, e la rivista Kommunistische Politik. Dopo la sua espulsione dal KPD creerà, insieme ad altri deputati comunisti esclusi e dissidenti, un gruppo parlamentare denominatosi “Linke Kommunisten”, che raggrupperà 15 deputati al Reichstag. Unitosi all’opposizione consiliare tedesca, Korsch si pose in relazione con il gruppo russo “Centralismo Democratico” e entrò in contatto con il Partito comunista operaio tedesco (KAPD) e l’opposizione di estrema sinistra presente all’interno del SPD.
Ostile alla degenerazione opportunista dell’Internazionale comunista, Korsch, la cui conoscenza e comprensione della teoria marxista erano superiori a quelle dei teorici ufficiali del partito, entrò in conflitto con l’ideologia ufficiale del partito bolscevico. Nel 1923, pubblicò Marxismo e filosofia, che segnò la sua rottura definitiva con il leninismo, libro che gli varrà la denuncia da parte dell’Internazionale comunista nel 1924. Korsch pubblicò in questo stesso anno una “anticritica” nella quale riaffermò la pertinenza delle sue tesi antibolsceviche.
Dopo il 1928 abbandonò la vita politica attiva per dedicarsi alla ricerca teorica. Nel 1933 l’ascesa al potere di Hitler lo costrinse a lasciare la Germania per andare in Inghilterra, per poi emigrare nel 1936 negli Stati Uniti, dove insegnò a New Orleans, dedicandosi unicamente, a causa delle circostanze storiche e politiche, allo studio della teoria marxista. Nel 1936, sostenne i comunisti libertari durante la rivoluzione spagnola.
Le sue opere principali sono: Marxismo e filosofia” (1923); Il materialismo storico (1929); Karl Marx (1938).

Aforismi marxisti. Erich Fromm.

 

Erich_Fromm

[Fromm in un disegno di Arturo Espinosa]

Aforismi marxisti.

“Direi piuttosto cosa è Marx per me. Non è stato, resta una delle fonti più importanti del mio pensiero e della mia ispirazione. Oggi è molto difficile parlare di Marx, perché pochi pensatori sono stati così manipolati, soprattutto da coloro che si autodefiniscono marxisti, dunque soprattutto i comunisti. In Russia non si conosce quasi Marx. L’ho notato, io stesso. Una volta ho partecipato ad una riunione a cui erano presenti alcuni esperti russi… i corifei: di Marx ne sapevano quanto un prete di campagna sa di teologia medioevale. Del resto non può essere diversamente, perché in un sistema come quello russo Marx deve essere ucciso per poter vivere”.

Fromm – Il coraggio di vivere.