Marxismo libertario. A. R. Giles-Peters – Karl Korsch un amico marxista dell’anarchismo, da “Red and Black”, n° 5, aprile 1973.

Karl Korsch un amico marxista dell’anarchismo

A. R. Giles-Peters

Karl Korsch (1886-1961), che è oggi riscoperto dalla “nuova sinistra”, era uno dei maggiori teorici del comunismo di sinistra. Dei tre maggiori teorici del marxismo degli anni 20 – Gramsci, Lukacs e Korsch – Korsch è immediatamente quello che presenta maggior interesse per gli anarchici e anche, io credo, il marxismo superiore.

I marxisti degli anni 20 hanno un interesse per gli anarchici che è di un ordine molto differente da quelli di tutti gli altri periodi. La ragione è che, per un breve periodo dopo la prima guerra mondiale, il marxismo fu una teoria rivoluzionaria come non lo era più stato dopo Marx e come non lo è più stato in seguito (lasciando da parte il suo uso come ideologia per delle rivoluzioni, essenzialmente, di contadini nazionalisti).

Durante questo breve periodo, la rivoluzione russa servì da punto di allineamento per degli intellettuali di sinistra di tutte le sfumature del rosso e del nero e quest’ultimi si unirono a dei lavoratori anarchici e socialisti di una tempra sindacalista per formare le basi dei nuovi partiti della Terza Internazionale.

Con l’eccezione della Spagna, le organizzazioni anarchiche e sindacaliste persero ovunque del terreno di fronte a questi nuovi partiti che evolsero rapidamente verso delle organizzazioni socialiste di Stato burocratiche interessate attraverso il controllo del movimento della classe operaia.

Durante questa evoluzione gli anarchici, i sindacalisti e i socialisti di sinistra che avevano considerato come vera la promessa iniziale della Rivoluzione Russa furono isolati, eliminati e scartati dall’organizzazione superiore del Partito dall’accesso alla classe operaia che sola poteva sostenere un movimento rivoluzionario. Karl Korsch fu una delle vittime di questo processo.

Benché Gramsci sia stato un sostenitore dei consigli operai, e che in prigione abbia avuto tendenza ad associarsi con dei sindacalisti, egli non divenne un oppositore di sinistra al Komintern. Le ragioni sembrano essere, innanzitutto, che il problema italiano non era la rivoluzione ma la difesa contro il fascismo; in secondo luogo, che Gramsci era opposto all’estremismo astratto di Bordiga che era collegato con l’ultra-sinistra tedesca; e in terzo luogo, che la prigionia di Gramsci lo ha tenuto al sicuro e isolato dalle convulsioni del movimento internazionale.

I casi di Korsch e Lukacs sono più chiari. Lukacs era membro di un gruppo borghese marginale, l’intelligentsia ebraica, in un paese semi-feudale, l’Ungheria. Prima del 1917 i suoi centri d’interesse erano soprattutto la letteratura benché sia stato influenzato da Szabo, un intellettuale che traeva il suo sindacalismo da Sorel.

Non è sorprendente che la sua posizione iniziale in quanto rivoluzionario sia stata utopistica e astrattamente di ultra-sinistra, più tardi la sua evoluzione verso una posizione di “destra”, quasi socialdemocratica (“Tesi di Blum”, 1929) era molto ragionevole dato che l’Ungheria smise di essere feudale soltanto nel 1945. Da un’altra parte, il suo compromesso con lo stalinismo, del tutto parziale e “non sincero” come ha preteso che sia stato, è duro da perdonare.

La conoscenza del movimento operaio da parte di Korsch era, alla fine della guerra, di un tutt’altro ordine di quello di Lukacs. Formato in diverse università in economia, diritto, sociologia e filosofia, divenne dottore in giurisprudenza nel 1911 e andò in Inghilterra dove raggiunse la società Fabiana e studio i movimenti sindacalisti e quello delle associazioni socialiste.

Era già opposto all’ortodossia marxista che definiva il marxismo come una negazione del capitalismo attraverso la nazionalizzazione, vedeva l’avvento del socialismo come inevitabile e concepiva il marxismo come una pura “scienza” separata dalla pratica del movimento operaio.

La sua opposizione a questa ortodossia orienta l’attenzione di Korsch verso la preoccupazione Fabiana per la preparazione degli individui al socialismo attraverso l’educazione e verso l’accento sindacalista posto sull’attività cosciente dei lavoratori come base al contempo della rivoluzione e della gestione di una economia socialista.

Sin dai suoi primissimi articoli pose l’accento sul ruolo della coscienza nella lotta per il socialismo e sull’importanza dell’auto-attività della classe operaia.

Dopo la guerra sviluppò le sue idee mettendo a punto dei progetti per la socializzazione associato al controllo operaio.

All’inizio della prima guerra mondiale, Korsch fu arruolato nell’esercito tedesco e andò al fronte, ma era contro la guerra e, benché ferito due volte, non portò mai delle armi.

Accolse favorevolmente la formazione del movimento socialista anti-guerra e aderì dopo la guerra al Partito Socialista Indipendente (USPD).

Sempre opposto al marxismo “ortodosso” o “revisionista”, credeva durante quest’epoca che una terza corrente, il “socialismo pratico”, era stato formato ed era rappresentato da Luxemburg e Lenin. Per questa tendenza la transizione al socialismo era un “atto umano cosciente”.

Korsch divenne sufficientemente leninista nel 1924 per vedere l’atto rivoluzionario come quello di un partito rivoluzionario di massa ma vedeva sempre il partito come un mezzo per approdare a una democrazia diretta dei consigli operai.

Benché si unisse con la maggioranza della USPD il Partito Comunista (KPD), argomentò contro le 21 condizioni di affiliazione di Mosca; in particolare si oppose alla richiesta di un’organizzazione parallela illegale che sarebbe stata fuori dal controllo delle masse del partito. Malgrado le sue riserve, Korsch divenne rapidamente un leader del KPD. Diventò l’editore del giornale del partito e deputato al Reichstag.

Dovette ciò alla sua superiorità teorica dovuta al fatto che, benché abbia sempre respinto il “marxismo” socialdemocratico, che era stato portato nel corso dei suoi studi di diritto a vedere la società e l’economia come le basi dei sistemi legali e, durante la breve liberazione del marxismo dall’ortodossia, i suoi studi filosofici, sociologici ed economici precedenti gli furono molto utili.

Tuttavia la situazione cambiò presto; dopo il 1923 era evidentemente nell’ala sinistra del KPD; nel 1924 il suo libro del 1923, Marxismo e filosofia, fu denunciato alla riunione dell’esecutivo dell’Internazionale Comunista ed egli fu allontanato dal suo posto editoriale nel 1925; nel 1926 fu escluso dal KPD.

Secondo Mattick, Korsch aveva sempre una posizione critica verso lo Stato russo emergente ma agli inizi della rivoluzione russa, quando tutte le forse della reazione erano dispiegate contro di esso, credeva che un rivoluzionario doveva sostenerlo.

Inoltre, benché la rivoluzione russa doveva essere una rivoluzione capitalista (la sua missione era quella di sviluppare il capitale e il proletariato nella Russia sottosviluppata), ciò aveva ancora un significato rivoluzionario se la breccia nel sistema mondiale poteva essere esteso verso ovest, in Germania.

Non appena la Russia ebbe raggiunto il suo compromesso con la Germania e altri poteri capitalisti ed ebbe trasformato L’Internazionale Comunista in uno strumento della politica estera per i suoi obiettivi nazionali, un rivoluzionario doveva rompere con la Russia.

Così nel 1926 egli raggiunse la “Sinistra Risoluta” – un gruppo di estrema sinistra opposto alla nuova burocrazia russa e al suo alleato tedesco lo SPD.

Era stato in contatto con Sapronov del gruppo “Centralismo democratico” all’interno del Partito russo che credeva che il proletariato russo doveva rompere con i bolscevichi.

Nella sua opera del 1923,Marxismo e filosofia, Korsch tentava di “restaurare” la posizione marxista su questo argomento allo stesso modo, e per gli stessi obiettivi rivoluzionari, in cui Lenin aveva restaurato la posizione marxista sullo Stato in Stato e rivoluzione (un libello denunciato come “anarchico” dagli altri bolscevichi).

Di fatto ciò che egli fece fu di dimostrare come il marxismo era diventato un’ideologia del movimento operaio: per Korsch il marxismo, sia quello di prima del 1848 nella sua forma filosofica o dopo il 1848 nella sua forma “scientifica”, non fu né una scienza né una filosofia, era la coscienza teorica di una pratica rivoluzionaria proletaria oppure un’ideologia “marxista” non collegata a una pratica oppure dissimulante una pratica contro-rivoluzionaria.

Tutto questo era posto in un contesto di violento attacco contro il marxismo ortodosso di Kautsky, e di conseguenza, diceva Korsch, era contro la seconda Internazionale e a favore della terza Internazionale. Sostenendo queste cose, Korsch calpestava del tutto questa ortodossia marxista, tedesca o russa, socialdemocratica o bolscevica, prendendo ciò molto a cuore.

Nel 1930, quando Korsch si pose il problema di scrivere un’anti-critica, era ben al corrente di quanto era accaduto nel frattempo. A sua insaputa, era stato ritenuto “colpevole” di deviazione nei confronti dell’ortodossia marxista-leninista emergente, basata su Kautsky e Plekhanov.

Per i russi esisteva quindi una filosofia marxista materialista (esposta in Materialismo ed empiriocriticismodi Lenin) e anche una scienza marxista che, seguendo Kautsky, doveva essere apportata al proletariato dall’esterno da parte di intellettuali borghesi (come esposto nel Che fare? di Lenin). Così ciò che Korsch aveva pensato fosse una nuova, terza corrente nel marxismo era giusto una nuova variante ideologica della vecchia ortodossia marxista.

Le caratteristiche speciali del bolscevismo erano semplicemente un riflesso dei compiti speciali che l’ideologia aveva da compiere nella Russia sottosviluppata. La scoperta della natura ideologica della teoria comunista e la rovina di tutti i movimenti operai marxisti rivoluzionari di fronte alla controrivoluzione implicavano una rivalutazione del marxismo.

Per Korsch la teoria marxista era l’espressione generale del movimento rivoluzionario esistente. Durante i periodi controrivoluzionari il marxismo poteva essere ulteriormente sviluppato nel suo contenuto scientifico ma non appena il marxismo era sviluppato come una pura scienza separata dalla sua connessione con il movimento proletario, esso tendeva a diventare un’ideologia.

Così il legame tra la teoria e la pratica non aveva nulla a che vedere con l’applicazione di una scienza ma significava semplicemente che la teoria la coscienza articolata di un movimento rivoluzionario pratico.

Ristabilire il legame richiedeva l’esistenza di un movimento rivoluzionario proletario e la depurazione dal marxismo di tutti i suoi elementi ideologici e borghesi.

Il solo movimento che rispondeva alla descrizione nell’Europa degli anni 30 era il movimento anarchico spagnolo, così Korsch, continuando il suo lavoro sulla teoria marxista, studiò anche Bakunin e il movimento anarchico.

Nella sua opera del 1923, Korsch aveva insistito sul fatto che il marxismo primitivo era una continuazione, in un nuovo contesto, della teoria rivoluzionaria della borghesia, sopratutto della tradizione idealistica tedesca.

Nelle sue “Tesi su Hegel e la rivoluzione” del 1930, tornò su questa questione e rivalutò allo stesso tempo le teorie hegeliane e marxiste. La filosofia hegeliana non era che la filosofia rivoluzionaria della borghesia; era la filosofia della fase finale della rivoluzione e dunque anche una filosofia della restaurazione.

Così il metodo dialettico non è il principio puramente rivoluzionario immaginato dai marxisti. Così anche la creazione di una teoria della rivoluzione proletaria sulla base di una dialettica “materializzata” è soltanto una fase transitoria del movimento operaio.

Il marxismo non è la teoria di una rivoluzione proletaria indipendente ma la teoria di una rivoluzione così come essa si sviluppa al di fuori della rivoluzione borghese e questa teoria mostra le sue origini: essa è ancora impregnata di teoria rivoluzionaria borghese, e cioè di giacobinismo.

Ciò significa che la politica marxista rimane all’interno dell’orbita della politica borghese.

Come dice Korsch nelle sue “Dieci tesi sul marxismo oggi”, scritto nel 1950, il marxismo aderisce incondizionatamente alle forme politiche della rivoluzione borghese. La rottura con la politica borghese è stata portata soltanto dai movimenti anarchici e sindacalisti nella forma della rottura con la politica in quanto tale.

Soltanto questi movimenti erano ancora rivoluzionari nella pratica. Per Korsch la loro importanza consisteva nel fatto che essi conservassero ancora l’ideale, sacrificato ovunque, della solidarietà di classe al di là degli interessi materiali immediati e che si basassero essi stessi sull’auto-attività della classe operaia come espressa nel principio dell’azione diretta.

Quando la guerra civile spagnola esplose nel 1936, Korsch sostiene i tentativi dei militanti della CNT per introdurre l’autogestione operaia in opposizione con la linea politica dei socialisti di destra, degli stalinisti e dei repubblicani borghesi.

Questo sviluppo di una posizione sindacalista opposta alla posizione dell’ortodossia socialista marxista era parallela a una reinterpretazione del marxismo.

Benché Korsch rimase un marxista, la sua visione del marxismo diventava sempre più critico.

Nel 1960 aveva completamente respinto il marxismo come sola teoria della rivoluzione proletaria e aveva fatto di Marx uno, tra gli altri, dei numerosi precursori e promotori del movimento socialista operaio.

Nel 1961 stava lavorando a uno studio su Bakunin e credeva allora che la base di un atteggiamento rivoluzionario durante l’epoca borghese moderna sarebbe dovuto essere un’etica che Marx avrebbe respinto come “anarchica”.

Nelle sue “Dieci tesi” del 1950 aveva criticato anche la sopravvalutazione dello Stato come strumento della rivoluzione e la teoria del socialismo in due fasi attraverso la quale l’emancipazione reale della classe operaia è rimandata a un futuro indefinito.

Così egli respingeva esplicitamente gli elementi del marxismo che separavano quest’ultimo dall’anarchismo. L’opera della sua vita è allo stesso tempo un’esposizione e una critica del marxismo da una posizione politica vicina all’anarchismo. Benché, come Korsch stesso l’abbia dimostrato, il marxismo non sia sufficiente per un movimento rivoluzionario moderno, uno studio del marxismo di Korsch permette di preservare i migliori elementi dell’eredità del movimento operaio classico.

http://1libertaire.free.fr/KorschAmiAnars.html

Marxisti libertari. Massimo Cardellini – Herman Gorter (1864 – 1927).

gorter
Massimo Cardellini
Il 15 settembre 1927 muore a Bruxelles Herman Gorter, un poeta, e marxista vicino al consiliarismo e uno dei fondatori del Partito Socialista Olandese. Era nato in Olanda a Wormerveer il 26 novembre 1864.
Suo padre era un pastore mennonita che morì quando Herman aveva 11 anni. Per poter vivere sua madre aprì una pensione. Gorter fu un membro importante dei Tachtigers, il “Movimento degli Ottanta”, un gruppo di scrittori olandesi che lavoravano insieme ad Amsterdam negli anni ’80 dell’800 e che avevano come proprio organo di espressione la rivista De Nieuwe Gids.

De_Nieuwe_Gids_5-1886 Gorter nel 1889 aveva pubblicato un racconto in versi Mei (Maggio), che lo rese celebre nel campo della poesia e che è considerato il vertice della letteratura impressionista olandese, a cui fece seguito Juni (Giugno) continuazione del poema, e un libro di poesie brevi intitolato Verzen (Versi, 1890). Opere poetiche fortemente improntate a un panteismo lirico profondo che porta una ventata innovativa nel panorama asfittico della poesia olandese caratterizzato da retorica e religiosità angusta. L’esaltazione pagana dei sensi e della natura da parte dell’individualità del poeta, paradigma autentico dell’uomo in armonia con l’intero universo, richiamano alla mente la filosofia di Spinoza, il filosofo panteista ebraico di origini portoghese e di cui Herman Gorter tradurrà nel 1895 la sua Etica. Gorter studiò greco e latino ad Amsterdam conseguendo il dottorato, ma non si adattò mai all’insegnamento.
Mei - GorterNel 1897 Gorter attratto dal pensiero marxista aveva aderito allo SDAP (Partito Socialdemocratico dei Lavoratori: “Sociaal-Democratische Arbeiderspartij”), fondato nel 1894, diventandone un ardente propagandista. L’anno seguente entrò a far parte della redazione di De Niewwe Tijd, una rivista di studi indipendenti di orientamento socialista di cui divenne la voce più autorevole e il rappresentante dell’opposizione marxista, finché quest’ultima non si raccolse intorno al settimanale De Tribune. La lotta di Gorter, fiancheggiato da notevoli figure come Henriette Roland-Holst, Pannekoek, Wynkoop, Van Ravenstyn, e altri, in questo periodo fu rivolta contro i revisionisti olandesi che avevano in Troelstra il loro principale leader.
SDAP_1918
L’adesione di Gorter ad una concezione del marxismo critico e libertario si concretizzano inoltre, oltre che nella lotta interna al partito ufficiale prima e a quello nuovo sorto dopo la scissione del 1909, nella produzione di opuscoli di divulgazione teorica del marxismo autentico con titoli come: Le basi della socialdemocrazia (1906); Marxismo e revisionismo (1907; Anarchismo e socialismo, Il Materialismo storico (1911); L’imperialismo, la Pace mondiale e la socialdemocrazia; Morale di classe; La Rivoluzione mondiale; testi diventati oramai classici.
gorter - L'imperialismo....
I “tribunisti” si scissero infatti dal SDAP nel 1909 e fondarono il SDP (Partito Socialdemocratico Neerlandese, Sociaal-Democratische Partij), considerato da molti ricercatori storici dei moderni movimenti radicali come il primo partito comunista marxista del mondo. Questa svolta intellettuale non fu senza conseguenze sulla produzione poetica di Gorter, che abbandonò il lirismo individuale per legare la propria individualità con il movimento delle masse. Een Klein Heldendicht [Un piccolo poema eroico], (1906) e Pan (1916) rappresentano i primi risultati di questo mutamento, in cui l’autore vuole cantare le lotte dei lavoratori intendendole come liberazione dell’intera umanità e avvento di un nuovo uomo.
gorter - Een_klein_heldendicht.CVRIl movimento socialista olandese proprio perché aveva espresso tendenze contrarie al parlamentarismo puro sin da prima della grande guerra 14-18, ed a cui avevano aderito molte note figure di intellettuali, tra cui Anton Pannekoek, Henriette Roland-Holst, oltre allo stesso Gorter e molti altri ancora; seppero porsi alla testa del dibattito politico e teorico in ogni momento di crisi e suscitare risposte e iniziative concrete al contrario dei settori collaborazionisti partitici e sindacali.
gorter - Karikatuur in De Notenkraker van 24 mei 1913 door Albert Hahn
Questo ha fatto sì che le organizzazioni autenticamente antisistema della II Internazionale trovassero in esso un prezioso alleato nonché delle figure importanti che collaborarono a criticare ogni forma di degenerazioni teorica o politica da qualunque parte provenissero in un aspirazione di natura profondamente antipartitico e antisindacalista, di denuncia cioè di ogni oppressione burocratica.
Anche l’antistatalismo, conseguentemente, era fortemente sentito dai settori socialisti olandesi di estrema sinistra e diede luogo alla teorizzazione e alla prassi di valorizzare in funzione antiburocratica forme di azione diretta di lotta delle classi lavoratrici, soprattutto a dare un notevole rilievo all’istituto del consiglio dei lavoratori come strumento di affermazione della volontà politica dei lavoratori.
Tutti questi elementi libertari, insiti nel marxismo, a cui le organizzazioni maggioritarie della II Internazionale avevano finito con il trascurare e criticare ai tempi del cosiddetto revisionismo, furono sempre al centro degli interessi teorici e politici di questi settori antisistema e libertari marxisti ed hanno attraversato l’intero XX secolo in molti modi fortunosi riuscendo a giungere sino ai nostri giorni, grazie al rigore morale e alla valenza teorica delle sue principali figure, di cui Herman Gorter fu una delle più intransigenti e coerenti.
Nel 1914, fervente internazionalista e quindi conseguentemente deciso oppositore della guerra, Gorter fu espulso dall’Olanda e andò a vivere e occuparsi di politica attivamente in Germania, dove si avvicinò allo spartachismo, poi al Partito Comunista di Germania (KPD), poi all’organizzazione sorta dalla scissione di quest’ultimo, la KAPD (Partito comunista operaio di Germania).
Dopo essersi entusiasmato per la rivoluzione bolscevica Gorter si disilluse ben presto circa la sua autentica natura socialista e marxista, e soprattutto anticapitalistica, fedele com’era allo spirito critico del marxismo. Entrò quindi ben presto in rottura con i comunisti sia tedeschi sia olandesi e lo stesso Lenin. Il piccolo SDP olandese si era trasformato sin dal 1917 nel Partito comunista olandese (Cpn), nel 1918 conquistò soltanto due seggi in parlamento, mentre nel 1919 aderì al Comintern. L’eccessiva sottomissione a Mosca però provocò l’uscita sia di Anton Pannekoek sia di Herman Gorter che non ammettevano compromessi o cedimenti nei confronti del comunismo dei consigli che essi opponevano alla nuova ortodossia leninista.
Gorter diede una grandissima testimonianza di questo stato di cose nella celebre Lettera aperta al compagno Lenin nel 1920, la sua risposta precisa e puntuale in cui fa a pezzi tutti gli argomenti del capo del bolscevismo mondiale verso i cosiddetti “estremisti” contenuti nel suo libro L’Estremisno, malattia infantile del comunismo. Le sue critiche alla dittatura di partito di Lenin contribuirono all’uscita dei comunisti consiliari dalla KPN olandese ed alla nascita della KAPN.
GORTER-Offener-brief-an-den-genossen-Lenin1920-----Come tanti marxisti libertari tedeschi e olandesi, Gorter dava grande risalto e valore all’autonomia delle classi lavoratrici che egli e i consiliaristi contrapponevano al burocratismo e collaborazionismo dei partiti ufficiali socialisti della II così come della III Internazionale. Critica che Gorter estendeva quindi al parlamentarismo come tattica politica di queste organizzazioni filosistema e anche ai sindacati. Ritrovare nell’esperienza rivoluzionaria russa la distruzione dei soviet da parte di chi si diceva loro rappresentante lo portò a schierarsi contro Lenin e tutto il bolscevismo in generale e a fare dell’antileninismo un punto critico e teorico irremovibile così come della denuncia della reale natura sociale dell’URSS, concepita da Gorter come dai consiliaristi, come un regime totalitario definito capitalismo di Stato, un assunto politico ideologico definitivo e irremovibile.
Negli ultimi anni di vita Gorter si ritirò progressivamente dalla politica, riprendendo la sua attività letteraria e tenendosi molto in disparte dalla vita pubblica.
Morì a Bruxelles nel 1927.
BIBLIOGRAFIA

(A cura di Aldo Agosti) – Enciclopedia della sinistra europea nel XX secolo, Voci: Herman Gorter e Paesi Bassi.

(A cura di Jacques Droz) – I partiti socialisti di modello tedesco fino alla prima guerra mondiale. Il socialismo olandese, pp. 150-155; da: Storia del socialismo, vol. II, Dal 1975 al 1918; Editori Riuniti, Roma, 1974.

George Douglas Howard Cole, Storia del pensiero socialista. La Seconda Internazionale, vol. III, t. 2, cap. XVII, Olanda, pp. 161-174; Laterza, Bari, 1976.