“FRATELLO D’ALBA’NIA” NONO CAPITOLO…notare l’accento sulla A di Alba’nia

BUONGIORNO! Dopo di questo nono capitolo, ne mancano altri e tre alla fine di questo “supplizio”…Coraggio; Da sabato prossimo si torna allo starnuto ed ai cannoni! Il video di oggi è un famoso pezzo delle “ORME” proposto dalla cover ufficiale del famoso gruppo: “Ad Gloriam”! Video da ascoltare e da gustare…magari passando prima dalla lettura del nono capitolo del racconto…

Capitolo IX

 

Comunico a Gilibert, che dopo cena andiamo ad Anglona: voglio dare un’occhiata… di notte, così non ci sono spettatori!

“Ma… ti perdi il <processo di Biscardi>!” Esclama mia moglie.

“… Dopo la scoppola di ieri, voglio evitare al mio fegato an’altra strapazzata! Quelli sono tutti viola! Paga Cecchi Gori…”

Durante il viaggio, metto al corrente Gilibert di cosa frullo.

“Come dici tu, Skender non è morto in seguito alla caduta, ma per la botta in testa che glia hanno dato dopo?!”

“Deve essere così.”

“Ma… hai anche detto che ci vuole un mancino…”

Bhe… credo che sia stata usata la mano sinistra; ma non bisogna essere per forza mancini per farlo!… Soprattutto se hai una distorsione al polso destro! Sul giornale c’era scritto che don Vincenzo, se l’era procurata nel tentativo si sostenere Skender.”

“Non quadra!… Prima cerca di aiutarlo, poi lo uccide!”

“Quadra… quadra! Se Skender gli si è attaccato al braccio, quando lo ha gettato di sotto…”

Siamo arrivati. Gli ultimi cento metri, li abbiamo percorsi a piedi.

Individuo il punto della caduta: sul lato sinistro, verso la parte posteriore della cattedrale, che si erge su un dosso erboso, circondato da siepi.

“Cosa cerchiamo?”

“L’ideale sarebbe trovare un martello…! Ma mi accontento di un sasso macchiato di sangue!”

e invece troviamo il martello!!! (non ci credete?) Anzi, lo trova Gilibert, incastrato nella siepe, a poche metri da dove era stato il corpo dell’albanese.

Lo prendo con un fazzoletto; sulla testa ci sono delle macchie scure. Lo metto in un sacchetto di plastica, e ringrazio perché da queste parti non piove mai!

Guardo il fabbricato distante una dozzina di metri: è la sede vescovile.

La tentazione di andare a suonare il campanello è forte…

22 settembre ore 08.30

 

Nell’ufficio di Anna, aspettiamo i risultati dell’esame del martello.

O meglio: aspetto, visto che Anna è sparita!

Gilibert è all’ufficio stranieri, per certi documenti che gli servono per fare domanda di ricongiunzione in Italia con la famiglia.

“Andiamo a bere un caffè: tanto c’è tempo…” dice Anna, quando ritorna.

“Certo che se vien fuori quello che pensi, questa storia farà un tale botto che possiamo vivere di rendita per i prossimi sei mesi qui in questura!… I pezzi grossi, vogliono essere informati minuto per minuto!”

“Di questo passo mi diventi questore!”

“Sfotti…sfotti!”

Quando torniamo, troviamo Gilibert ad aspettarci.

“Senti…” fa Anna “andatevi a parcheggiare da qualche parte: ho troppo da fare e non posso starvi dietro! Torna per la 11.00: Per quell’ora sapremo qualcosa!”

Bighelloniamo per un’oretta abbondante… (63 minuti per la precisione), poi torniamo in questura. E’ la prima volta che il mio hobby (passo il tempo aspettando che il tempo passi) fa cilecca!

“Vieni! Ho qui i risultati: hai fatto bingo!!!” e tutta eccitata, mi passa un foglio.

Sul martello sono state trovate tracce di sangue e di materiali organici, compatibili con quelli di Skender! Le impronte rilevate, non sono state comparate, in quanto non ci sono campioni di quelli di Parisi.

“Quando vi procurate le impronte, fammi sapere se sono quelle della mano sinistra: è una questione di principio!”

“Che vanitoso!”

“E adesso: come procedete?”

“Intanto vado a procurare un mandato: abbiamo un omicidio ed abbiamo un assassino! Becchiamolo!!!”

“Già che ci sei, fatti dare un mandato di perquisizione per Anglona…”

“Perché?”

“Non dimenticarti che cerco Arben. Chissà… forse troviamo qualche traccia!”

“D’accordo. Ci vediamo ad Anglona per … ora sono le 11.20… per le quattro del pomeriggio: per quell’ora avrò tutto pronto.”

“Ci vediamo oggi allora!”

A pranzo, non tocco cibo.

Mia moglie si preoccupa… “perché non mangi?”

“Non mi va! Sono… non so come sono!…”

“Batistuta ti ha distrutto!” fa lei.

“…e non riaprire questa ferita!!!”

Squillo Telecom.

“Vieni: c’è Anna al telefono! E’ urgente…” urla.

“Va subito ad Anglona! Io sto per arrivarci. E’ successa una cosa grossa: il vescovo ha ucciso don Vincenzo e si è sparato un colpo alla testa… E’ morto pure lui!!!”

“Cosa!!!”

“E’ così! Dai… corri!”

Rimango con la cornetta muta, incollata all’orecchio.

“Che succede?” E’ Gilibert.

“Il vescovo…: ha ucciso don Vincenzo e si è suicidato!”

“Cosa?” esclama mia moglie.

“L’ho già detto io! Andiamo Glibert: presto!”

Partiamo.

“E con questi siamo ad otto!…”

“otto che?”

“Cadaveri! Siamo ad otto cadaveri, Gilibert!”

Lassù è un casino: macchine, ambulanze, lampeggianti accesi… decine di curiosi e … soprattutto loro: la stampa! Il questore se li porta dietro come tanti servitori!

Quando mi vede, Anna mi raggiunge e mi porta al di là del nastro che trattiene la gente. Perdo Gilibert…

Saliamo al piano di sopra.

“Che macello! Sembra che tra il vescovo e Skender, ci fosse una relazione <omo>; e che il vescovo, una volta capito che don Vincenzo era responsabile della morte dell’albanese, lo ha vendicato prima di spararsi!”

“Brava!!! Già sai tutto!”

“E’ scritto!… E’ scritto in un foglio trovato sulla scrivania di sua eccellenza! Prima di suicidarsi, ha scritto una confessione…”

“Roba da pazzi…”

“Certo. Che botta ragazzi!”

“Dottore?.. Dottore! Venga qui sotto!” è un agente che fa capolino dallo scantinato a chiamarla.

“Abbiamo trovato il ragazzo!!! E’ vivo!”

Ci precipitiamo giù!

Arben è sdraiato su di un lettino, dentro uno stanzino, ricavato in un angolo, e che era occultato da vecchi confessionali e banchi di chiesa.

Ha gli occhi sbarrati… come persi! Non mi riconosce. Non parla!

“Un dottore! Presto!” urla Anna.

Siamo fuori.

Gilibert è andato all’ospedale, con suo figlio; in ambulanza.

Arben non pareva riconoscere nemmeno lui…

“E’ sotto shock!” ha detto il medico. “Ma nel complesso sta bene!”

Guardo l’ora; ”Si è fatto tardi… vado a casa. Mia moglie vorrà sapere di Arben!”

“O.K:” mi risponde Anna.

“… ah!… Mi farai sapere delle impronte… la mano sinistra…”

“Certamente!”

“…Non è per vanità. E’ che sono pignolo!!!” La saluto.

Cazzo!!! Ho dimenticato di dire che sono le otto di sera…

“Vai! Parla coi medici!” mi esorta Gilibert, non appena arrivo con mia moglie all’ospedale. Arben, adagiato sul letto, ha sempre la stessa espressione!… Povero ragazzo!

“Nel complesso sta bene” conferma il dottor Santini “… almeno sul piano fisico. Certo… è sotto shock! Né possiamo prevedere se e quando si riprenderà!”

“Vuole dire che… potrebbe rimanere così?…”

“Non so. A livello psichico, la mazzata è stata tremenda! Faremo il possibile. Adesso, per un paio di giorni, lo terremo qui. Il dottor Giorgi, lo psicologo, ha consigliato di reinserirlo al più presto nel suo ambiente: potrebbe averne significativi benefici.”

Lo ringrazio e riferisco al mio amico.

Sono le 23.15, quando lasciamo l’ospedale e Gilibert, visto che non vuole saperne di venire a casa con noi.

Appena fuori, accendo una sigaretta. (Si: ho sempre fumato! Ve lo dico perché mi serve un rigo… per chiudere il capitolo).

 

 

“FRATELLO D’ALBA’NIA” OTTAVO CAPITOLO…notare l’accento sulla A di Alba’nia

 

BUONGIORNO E BUON INIZIO DI SETTIMANA! Siamo giunti così all’ottavo capitolo di questo mio racconto; a quanto sembra in tanti mi chiedono dove sono andato a pescare questa idea…e qualcuno mi chiede anche di anticipargli il finale in esclusiva! Un pò di pazienza e arriveremo alla fine della storia. Il video di oggi è un vecchio pezzo dell'”Equipe 84″ con il grande Maurizio Vandelli…ma non sarà lui a cantarlo in questo video. Le immagini sono di un treno in corsa  che dal nord scende veloce al sud, trasportando migranti che tornano al proprio paese per un periodo di ferie. Mi sono chiesto: chissà se i migranti di oggi usano ancora le valige di cartone legate con dello spago, come i nostri parenti emigranti di 40 anni fa…ok…il pezzo lo “stono” io e suono anche le percussioni…buona lettura, buona visione e buon ascolto…e se non ci riuscite proprio ad ascoltarmi…fate come con la tv: cambiate canale.

 

Capitolo VIII

 

“E se non fosse caduto?” è Gilibert.

Non rispondo.

“E se l’hanno buttato giù?” continua.

“E se è lui l’uomo che ha preso Arben?”

“…Se tutti questi <se>, cambiano faccia… bisognerà ricominciare dal principio!” gli dico. “Intanto Skender è defunto!” proseguo.

“E non potrà dirci gran che!”

“Non potrà dirci niente vorrai dire!”

“No Gilibert… qualche volta i morti parlano… e Skender, forse, qualcosina ce la dirà!”

Mi guarda in modo strano. Poi si rivolge a mia moglie.

“Quando deve andare dallo psichiatra tuo marito?”

“Dallo Psicologo! Gilibert! “ dice mia moglie. “O… serve anche lo psichiatra???”

Notte fra il 20 ed il 21 settembre

 

Sono rimasto nello studio. Ho capito che il letto non mi è amico stanotte!

Troppe cose sono successe ieri! Alcune buone, altre no…(leggi Batistuta).

Se Skender Hagi è l’uomo che ha preso Arben, una volta in Italia, ce lo può dire Fatmir.

Se Skender Hagi lo hanno buttato giù, vediamo di scoprirlo noi! Domani. (Chissà perché, quando è notte si dice sempre domani. Sono le 03.25 del mattino!)

Devo Tornare da Anna.

Ho pensato che ci sarà pur stata un’autopsia. Sono curioso di leggere il referto. Inoltre, se ricordo bene, quando è andato giù, c’era un testimone: il segretario del vescovo, mi pare…

Vuoi vedere che lo ha buttato giù lui?!!?

Sento che l’idea non mi dispiace!…

Ma: Perché????

Ed Arben???

Che fine avrà fatto???

Ha avuto un destino diverso dai suoi coetanei?

Da qualche parte serviva un rene, o un fegato?

In Germania, forse?

Intanto, in questa storia, i cadaveri sono già sei, contando il <tedesco>. E chissà perché, ho l’impressione che aumenteranno…! Basta!!!

Ho anche altri problemi!

Sarà presto per telefonare a Berlusconi? Ci vogliono due acquisti: un terzino ed una punta se vogliamo aggiustare la squadra!

Ed alla fine dormo!

Ma… quanta confusione nei miei incubi!…

La signora del coltello, litiga con Batistuta per accaparrarsi tutti i <primi piani>. Poi raggiungono un compromesso, e Batistuta corre con… un coltello nella pancia!

21 settembre ore 06.00

 

Faccio due telefonate: la prima a Marko, a Belgrado. Gli spiego il mio nuovo problema; la seconda ad Anna “pranziamo insieme oggi?”

“Oh.. no!!!” è la sua risposta.

“Passo a prenderti alle due in ufficio.”

A colazione, comunico a mio figlio che oggi è in <vacanza> da scuola, sollevando le sue festose reazioni.

Sorvolo su quelle di mia moglie!…

Gilibert mi sente attivo, e non fa domande.

Usciamo. Passiamo dal circolo cittadino, dove fanno la raccolta dei quotidiani con cronaca locale: cerco una foto di Skender: Sono fortunato, l’avevano pubblicata. Ne faccio una copia e poi vado verso Anglona.

“Posso parlare?” fa Gilibert.

“dai!” Parla.”

“Perché tuo figlio non va a scuola?”

“Alle 11.30, Fatmir è nell’ufficio di Marko.”

“Bhe?”

“Ci colleghiamo via internet, e dà un’occhiata alla foto che abbiamo preso prima.”

“E siccome non capisci un accidente di queste cose, voglio dire i computer, tuo figlio diventa indispensabile!”

“Esatto Gilibert. E se Fatmir riconosce il nostro amico, abbiamo un nuovo punto di partenza!” concludo.

“E ad Anglona cosa andiamo a fare?”

“Annusiamo l’aria! Hai scoperto solo oggi la morte di tuo cugino…”

“Quale cugino?”

“Skender! Skender è tuo cugino, hai capito?”

“Si… si! Ho afferrato!”

Ma, una volta alla sede diocesana, ci dicono che il vescovo è <impegnato>, il segretario è <impegnato>, il parroco è <impegnato>.

Sarà così per tutta la giornata!

Peccato… avevo una buona favoletta!

Alle 11.30 puntuali, siamo collegati con Marko. Fatmir è con lui. Riconosce Skender!!! Gilibert ha di nuovo il volto della speranza!

Confabula con mio figlio, e sullo schermo appare il seguente messaggio: Se Arben è vivo, non ti rompo nessun osso!…

E’ diretto a Fatmir.

Non vorrei dovergli dire mai che suo figlio può essere stato usato come pezzi di ricambio!!!

Alle due del pomeriggio, sono davanti alla questura.

Gilibert è rimasto a casa mia. Si è offerto di sistemarci il giardino; a mia moglie non pareva vero!

A tavola, metto Anna al corrente degli ulteriori sviluppi.

“Secondo te, questo Skender Hagi è l’uomo che ha preso il figlio del tuo amico?”

“Non secondo me! Fatmir, lo scafista albanese, lo ha riconosciuto in una sua foto.”

“E che fine ha fatto il bambino?”

“Brava! E lo sapessi, non mi agiterei tanto!”

“Ma, un’idea di quanto è successo, te la sarai fatta?!” Mi chiede.

“Qualcosa mi frulla… Abbiamo un’organizzazione albanese che traffica bambini. Troviamo un terminale in Italia, che porta alla casa per pedofili.”

Abbiamo un <tedesco> che fa fuori quattro persone, prima di defungere lui stesso.

Infine abbiamo un albanese, quello che ha preso in consegna Arben e forse un altro ragazzo, che riesce a cadere giù da una cattedrale, lo stesso giorno che in Albania tagliano la gola a suo fratello.

E’ chiaro che il tedesco aveva il compito di eliminare tutti quelli che avevano a che fare con questa storia. E siccome anche Skender ha a che fare, non è cascato per caso!

Ho letto che quando Skender è <andato>, c’era con lui il segretario del vescovo. E visto che non credo alle coincidenze, vuol dire che a buttarlo di sotto è stato lui, don Vincenzo Parisi!”

“Fin qui hai elencato i fatti o quasi. Ma quel che frulla?”

Già! Che frulla?.. Ci provo!

“Metti che, oltre al rifornimento per i pedofili, i bambini servivano per qualcos’altro: organi per esempio. Metti che il segretario del vescovo ed il tedesco erano in combutta. Metti che Socol e Skender Hagi abbiano alzato il tiro…”

“Ricatto?” interviene Anna.

“Si!”

“Può andare! Solo che come facciamo a trovare un assassino, senza dimostrare che c’è stato un omicidio?”

“Bella domanda! E’ già difficile digerire che un prete si mischia in certe cose… un omicidio, poi!”

Rimaniamo zitti per un po’.

“Che vuoi fare?” mi domanda.

“Cosa dici, se mi fai dare una sbirciata al referto dell’autopsia, e nel frattempo, chiedi notizie di don Vincenzo?”

“Devo procurarlo. Non è di mia competenza. Dovrò parlare di nuovo col capo!”

“Bhe… Fallo!”

“O.K.!”

Una volta nel suo ufficio, mi lascia solo per una mezz’ora. Quando torna, ha con se un fascicolo.

“Mettiti a quella scrivania e guardatelo. Vado a cercare notizie di don Parisi.”

Nel fascicolo, ci sono delle foto di Skender defunto: non è venuto molto bene…!

Alcune di esse sono state scattate dove è avvenuto l’impatto al suolo. Si vede il corpo adagiato sul fianco sinistro, con il braccio sotto il capo. Quasi a volerlo sostenere.

Leggo il referto.

Escoriazioni varie lungo il fianco sinistro, al gomito ed all’anca sinistra; nonché alle mani. Frattura al gomito, al femore ed alla tibia sinistra. Ferita parietale destra, con sfondamento della tempia. E’ quella che ha causato il decesso.

Intanto è arrivata Anna.

“Don Vincenzo Parisi: è nipote del cardinale Fossati, l’uomo nuovo del Vaticano… si parla di lui come il prossimo pontefice. Attualmente si occupa degli <Affari speciali>, e della sicurezza di sua Santità”

E’ l’ombra del Papa: dappertutto!

Don Vincenzo è figlio di sua sorella.

L’influenza dell’alto prelato, lo porterà presto ad in carichi più prestigiosi.

Nessun parente in zona.

Per il resto: la vita normale, di un uomo normale, che fa il prete.”

Non so se l’ho sentita…

“E tu: trovato niente?”

“Non so…”

“Come sarebbe?”

“Guarda queste foto… cosa vedi?”

“Che discorsi! Vedo un cadavere!…”

“Si… ma… guarda la testa! Vedi quell’ematoma?”

“O.K. lo vedo… e allora’”

“Niente… solo che è l’unico trauma al capo, dopo un volo di quindici metri… ed è l’unico nella parte destra del corpo, ed è quello mortale!… Vorrei sapere se… don Vincenzo è mancino…!”

“Frulli?”

“Frullo… frullo!”

“Ma non è mancino. Ho visto il filmato della sua deposizione, resa qualche giorno dopo: fuma con la destra…”

Vado a casa.

 

 

 

“FRATELLO D’ALBA’NIA” SETTIMO CAPITOLO…notare l’accento sulla A di Alba’nia

BUONA DOMENICA! Oggi settimo capitolo di “Fratello di Albània”; colgo ancora l’occasione per ringraziare: chi mi legge in primis…e chi oltre che leggere mi ha fatto pervenire commenti positivi per questa iniziativa. Come ormai è d’uso, il capitolo è seguito da un video  di un bellissimo pezzo di “Ad Gloriam” quando si chiamava “Wine Shop’s Band” composto da loro e con l’aggiunta dell’inconfondibile voce di Enzo Denti; che molti di voi concittadini ricorderanno. Buona lettura, buona visione e buon ascolto.

 

Capitolo VII

 

“Quelli sono albanesi!” dice Gilibert, indicandomi un paio di individui che stanno seduti su un gradino che porta all’interno di una costruzione secondaria, rispetto al corpo centrale, che più di una casa colonica, sembra una villa dotata di ogni confort (miracolo della legge sull’agriturismo?).

E’ quasi buio. Siamo di fianco ad un cancello telecomandato che sbarra il viale di accesso; un videocitofono fa bella mostra di se. Un grosso cespuglio ci permette di osservare non visti. La macchina l’abbiamo lasciata più in giù in un boschetto.

“Si, sono albanesi. Il dottor Biondi ne ha altri tre alle sue dipendenze.”

“Che dici?” mi fa , guardando il campanello. “Suoniamo?”

“No; stiamo un po’ a vedere.”

Il rombo di un motore ci avverte dell’arrivo di qualcuno. Dalla Ferrari Testa rossa sopraggiunta, scende un signore di mezz’età ben vestito (beh! Uno che scende da quella macchina, deve esserlo per forza). Suona al citofono: “mi manda Lubrano” è la frase che ascolto distintamente. Il cancello scorre. Prendo il numero di targa ed ho un’idea… anzi: due! La prima è che Zaccheroni deve spostare Maldini centrale, se vuole assestare la difesa!… La seconda è quella di lasciare Gilibert nei paraggi per qualche ora.

“E tu che fai?” chiede.

“Vado a Matera. Voglio invitare a cena una vecchia amica!”

“Solo una vecchia amica?”

“Si … solo una vecchia amica.” Beh!… veramente Anna Mauri è stata qualcosa di più! Ma questa è preistoria!

Anna è funzionario di polizia. Si occupa di minori. E’ stata in zone <calde>: Napoli, Palermo, Reggio Calabria; poi, una volta deciso di mettere su  famiglia, sposò un collega, si è fatta assegnare alla questura di Matera, dove già lavorava il marito.

Lei vi è rimasta… il marito no!

Qualche anno fa, una polacca aveva problemi di visto; (lui lavorava all’ufficio stranieri) ed ora vive a Varsavia!

“Cosa c’è sotto questa volta? La solita rogna?” E’ Anna che mi risponde al telefono.

“Perché dici questo? Ti ho solo invitata a cena!!!”

“Già! Ed al digestivo la tiri fuori!”

“No! Questa volta è diverso: prometto!”

“Ho una storia da raccontarti…” comincio, una volta al ristorante.

“Ma non avevi promesso che questa volta sarebbe stato diverso?”

Siamo seduti in un locale molto discreto con vista sui <Sassi>.

“E sto mantenendo la promessa: te la tiro fuori all’aperitivo, non al digestivo!”

“Beh… è meglio che non la mantieni! Dimmela al digestivo, così mangiamo in pace!”

“D’accordo ragazza mia:”

“E non chiamarmi ragazza mia!” lo odio!!! Chissà perché ogni volta che mi inviti da qualche parte, è solo per lavoro! Mai che finiamo a letto!”

“E dopo?” rispondo.

“Già!… E dopo?” forse ride “non potevi fare un altro lavoro; che so… il muratore… il musicista, così ci sentivamo solo per Natale, quando ci si scambia gli auguri!”

E’ sempre così fra noi. Ogni volta è una barca di sensazioni in un mare agitato di cose che sono state, di cose che potevano essere! Poi di colpo siamo in porto… al riparo delle nostre odierne vite! Anche se i <vent’anni> saranno sempre patrimonio comune!

Siamo al terzo digestivo, quando termino di raccontare quello che è successo. Si offre di accompagnarmi quando è ora di andare a riprendere Gilibert… a proposito! Il poveretto è digiuno! Faccio preparare due panini e partiamo.

“Non sarebbe male” le dico “se ti occupi del nostro dottore: cento a uno che è dentro fino al collo!”

“D’accordo! Domani lo faccio: informo il mio capo ed apro un fascicolo a suo nome.”

“Dobbiamo fare una passeggiata al chiaro di luna, per raggiungere Gilibert. Lascio qui la macchina.”

“O. K.! Non è che al <chiaro di luna> mi diventi romantico?”

La lingua batte dove il dente duole! (Anche questa è stata già detta).

Faccio finta di non aver sentito.

“Come sta andando?” chiedo a Gilibert, un volta al riparo del cespuglio. (Volete vedere che pensate a chissà quanto è grosso il cespuglio? E’ grosso. Vi assicuro che è grosso!).

“Grande traffico” risponde “e tutte macchine belle! Ho qui i numeri di targa; sono… otto più la Ferrari. Tutti arrivano e tutti dicono <mi manda Lubrano!>; chi è?”

“Chi è questo Lubrano che manda tutti!”

Gli spiego che da noi, quando vuoi far credere di essere raccomandato, prima si diceva <mi manda Picone>. Poi Picone è andato in pensione…

“Avrai fame! Ho qui dei panini.”

“Per ora no. Li mangio dopo.”

Mi rivolgo ad Anna “cosa ne pensi?”

“Hai ragione! Questa faccenda merita la massima attenzione. Domani faro come ho detto. Inoltre controllo queste targhe.”

“Oggi, vorrai dire! Visto che sono le due e dieci in questo momento!”

“Cavolo, devo alzarmi fra cinque ore!”

“Beh… andiamo tutti a nanna allora!”

“Io resto qui” fa Gilibert.

“Ma no! Non è necessario!” rispondo.

“Ci sono ancora tre macchine dentro…e poi, potrebbe succedere qualcosa.”

Rifletto… “e va bene!… ma non sognare di farti <mandare da Lubrano!>”

Sorride “non ti preoccupare! E anche perché non ho sonno!”

Raggiungiamo la macchina.

“Non è che il tuo albanese si mette nei casini?” mi chiede Anna.

“Stai tranquilla. Non lo farà.”

“E tu che fai?” mi dice, una volta sotto casa sua.

“E’ tardi! Non ritorno a casa. Cerco un albergo.”

“Ma puoi dormire da me!”

La guardo… “ cerco un albergo!”

“Brutto stronzo! Cosa credi?… che ti salti addosso?”

Dormo da lei. E il guaio è che dormo sul serio! (E non per quello che immaginate…). L’avevo fatta franca per tre notti!… questa no!

Alla prima notte di sonno, è arrivata! Puntuale come un orologio svizzero. Si aggira per la stanza, col coltello nella pancia, grondando sangue!

“Avevamo un appuntamento! Non ricordi?”

 

19 settembre, ore 07.00

 

Profumo di caffè! Chiedo ad Anna il permesso di telefonare a casa.

“Non rientro a pranzo.” Dico a mia moglie

“Veramente non sei rientrato nemmeno a cena!”

“…Si è vero… ma ti assicuro che ho mangiato!”

“Dove sei finito?”

“Sono a Matera. Non so come si sviluppa la giornata. Tu fa finta che non esisto!”

“Non c’è bisogno di fingere! Ha telefonato Landi; voleva farti sapere che ha consegnato i fischietti ed erano O. K.!”

“Grazie. Bacia i ragazzi.” “Così ricorderanno che hanno un padre!”

Accompagno Anna in ufficio e vado a recuperare Gilibert. Lo trovo che cammina lungo la statale.

“Novità?”

“No. L’ultima macchina è uscita alle tre e mezza.”

Andiamo a bere un caffè in una stazione di servizio.

“Arben è lì!” Non è una domanda… Non rispondo. Se è lì, ed è successo quello che penso…

“Cosa intendi fare?”

“Per ora niente. Aspettiamo notizie da Anna. La devo raggiungere per le dieci.”

“Dobbiamo fare in fretta” dice il mio amico.

“Dobbiamo fare in tempo! Non in fretta! Gilibert.”

“Ho controllato le targhe delle macchine” fa Anna, quando la vedo

“I proprietari sono tutti professionisti affermati. Avvocati, un notaio, dei medici! Da Foggia, Bari; persino da Campobasso! Uno è di Matera. Ha un piccolo precedente: una querela, poi rimessa, per atti di libidine nei confronti di una ragazzina di sette anni! Se i bambini albanesi sono lì, ci troviamo di fronte ad un fatto notevole. Potrebbe essere la prima casa di <appuntamento> per pedofili scoperta in Italia!!! Fai sempre le cose in grande tu!”

Non sono sorpreso.

“Il capo ha fiutato l’osso! Già si vede in prima pagina. Stanotte facciamo delle irruzioni. Sto aspettando che il giudice firmi i mandati.!

“Bene! Ho un posto in prima fila?”

“Hai un posto in prima fila. Scegli dove.”

“A casa del dottore: voglio vedere la sua faccia!”

“Ed il tuo amico?”

“Portalo all’azienda con te… credo che andrai là; è vero?” fa un cenno di assenso. “Può servirti! I bambini non parlano certo l’italiano! Poi potrebbe esserci suo figlio lì dentro!”

“Ma… se gli capita qualcosa?”

“Non gli capiterà!”

Rimaniamo intesi che pranziamo insieme per le due. Quando torno alla macchina, trovo Gilibert addormentato! Compro la <Gazzetta dello sport> e mi siedo in un bar. L’ha scritto!!! L’aveva promesso e l’ha fatto! “Se non vince domenica, Zaccheroni non mangerà i panettoni” ha addirittura titolato l’articolo!

A pranzo vedo Anna in tensione. Sarà l’imminenza dell’azione a renderla così!… Questa storia, anche se non lo dice, potrebbe avere influssi positivi per la sua carriera… oltre che su quella del suo capo!

“Due campari ed una camomilla!” ordino per aperitivo.

“Per chi è la camomilla?”

“Guardati allo specchio e lo saprai. Sembri una corda di violino!”

Per trentuno secondi tace…

“Hai ragione… ma … non bevo camomilla a pranzo!”

Gilibert provvede a correggere l’ordinazione.

“Cos’è che non va?”

“Nulla!… Quasi!”

“E quanto è grosso il <quasi>?”

“… E’ solo una sfumatura!… Pezzi grossi… oh! Insomma! Ho ricevuto una chiamata da Roma; nelle alte sfere seguono con interesse il caso!”

“E con questo? Non dovrebbe spiacerti! Hai pensato alla possibilità di fare carriera… o il capo non ti lascia spazio?!”

“No! Non è questo. Avrò il mio spazio! E’ che… la verità è che ho bisogno di una vacanza! Ho accumulato stress arretrato!”

“Allora falla. Vai a disintossicarti da qualche parte!”

“Si. Lo farò!”

 

20 settembre, ore 01.20

 

L’operazione sta filando liscia come l’olio. Quando il dottor Biondi esce dal portone di casa, ammanettato tra due agenti, mi fissa con astio… per mio conto, sono più leggero: dopo trentatré ore, è sceso dalle mie palle! Le perquisizioni, in casa e allo studio, vanno O. K.! Alle 02.10 sentiamo per radio che anche all’azienda è andata O. K.! Sotto la questura, pullula di fotografi e cameramen quando arriviamo. Il capo è circondato dai microfoni! Non posso fare a meno di ammirare la <tempestività> con cui la stampa si appropria della faccenda… Alle 04.00 rientra la truppa di Anna. Nel caos che si crea ulteriormente, vedo Gilibert venirmi incontro con gli occhi lucidi!

“Non c’era!… Mio figlio non c’era!!!”

Lo lascio piangere.

Sono le 11.00 quando ci mettiamo in macchina per rientrare a casa. Nessuno dei due ha voglia di parlare. Ho visto i visi di quei bambini, quando, con l’aiuto di Gilibert, hanno cercato di fare loro qualche domanda. Visi impauriti! Visi segnati dai traumi subiti; dalle sevizie a cui sono stati sottomessi. Anna è stata comprensiva: mi ha dato un minuto da solo col dottore. Poveraccio… è scivolato procurandosi la frattura del setto nasale!… Sono undici i bambini liberati. Confrontando la lista di Fatmir e quella della questura di Durazzo, abbiamo dato loro un nome.

Durante il pranzo, i TG sono il piatto forte! Apprendiamo fra l’altro, che gli arresti della notte, sono il frutto di mesi di delicate indagini… condotte dalla questura di Matera e coordinate dal questore in persona!…

Gilibert è andato a trovare dei suoi paesani che lavorano qui; sono clandestini.

Il mio pomeriggio ha la faccia di Arben!

Arben che mi corre incontro… Arben che siede sulle mie ginocchia! Poi, un’altra faccia lo sostituisce prepotentemente: Batistuta-Batistuta-Batistuta! Milan 0 fiorentina 3!!!

Che giornata nera! Anzi: viola!!!

Voglio toccare il fondo! Mantengo una promessa. Nel mio studio, sto scrivendo… al 751° <io sono un coglione>, squilla il telefono.

“Papà” strilla mia figlia “è un certo Eris dall’Albania; vuole te. Prendi la linea!”

“Pronto?!”

“Ti manda tanti saluti Batistuta!… Ho sentito per radio…”

“Va fa n’culo!!!”

“Senti: ho novità per te.”

“Anch’io!” lo interrompo, e gli racconto dei ragazzi.

“Ed Arben?”

“Niente! Dall’elenco di Fatmir, mancano lui ed un altro.”

“Mi dispiace per Gilibert! Ho il nome dell’inquilino della grotta… si chiama Socol Hagi.”

“Socol Hagi… non mi suona nuovo!”

“Aveva un fratello in Italia. E’ morto qualche giorno fa; un incidente sul lavoro.”

Ecco… ci sono! “Ci sono Eris! Me l’ha detto <Emilio>, il giorno del terremoto…”

“Quale terremoto?! E chi è Emilio?!”

Non sto a raccontargli di Fede! Lo saluto. E’ un bravo poliziotto! Skender Hagi si chiamava l’albanese caduto dalla cattedrale di Anglona! Che giorno era? Chiamo mia figlia “ti ricordi quando ha fatto il terremoto, e tuo fratello ci ha tirato quello scherzo…”

“Certo che lo ricordo! La sera ho visto la <Maschera di ferro> con Leonardo!!!”

E’ proprio vero: trascuro i miei figli! Ha un amichetto ed io non so niente!

“Lo conosco?” le chiedo.

“Ma papà!… E’ Di Caprio! Quel film lo interpretava lui!”

Falso allarme… “Beh… che giorno era? Me lo dici: si o no?”

“Era l’otto di settembre.”

Otto settembre… anche Socol era morto l’otto settembre; lo aveva visto Fatmir!… Muoiono due fratelli. Lo stesso giorno. A quattrocento chilometri di distanza! La prima e l’ultima era un altro… aveva detto Fatmir… la prima e l’ultima!… Skender!!?

Penso che… non devo pensare. Se penso adesso, penso male!!!

Ho altri  249 <io sono un coglione> da scrivere!

 

 

“FRATELLO D’ALBA’NIA” SESTO CAPITOLO…notare l’accento sulla A di Alba’nia

 

BUONGIORNO! pubblichiamo oggi il sesto capitolo del racconto; qualcuno mi ha chiesto, se quello che ho scritto nel racconto è riferito ad eventi veri. Come già chiarito nella prefazione al primo capitolo, date ed eventi ufficiali sono realmente occorsi in quei giorni ed in quelle date; I disordini in “Albània”; la tensione aspra fra Serbia ed Albania, a causa del Kossovo, sfociata poi nell’intervento “umanitario” dei “buoni” bombardando Belgrado nell’anno successivo, il 1999. In quelle date sono stato presente in quei luoghi per altri motivi che esulano dalla vicenda narrata, che, ripeto è di fantasia…ma, come leggerete nei prossimi capitoli, vanno a fondersi con molti eventi reali  che intersecano la vicenda e la sua storia, andando a sfociare in un episodio che mi è realmente accaduto e che diventa storia reale per un tratto…fino a quando la fantasia si riprende il suo protagonismo. Il video che proponiamo, a seguire, si riferisce ad una festa di matrimonio in Albània… Buona lettura, buona visione e buon ascolto. 

 

 

Capitolo VI

 

“Possibile?!!? Non hai rotto un braccio?” Diniego.

“Una gamba?” ancora diniego. Sono in macchina con Osman e Gilibert, che mi incalza.

“Un dito?”

“No Gilibert!”

“Perché?”

“Perché Fatmir faceva solo un <lavoro>; il grosso della responsabilità è di altri. Lui ne ha solo una piccola! Poi, aveva un mitra!”

“Piccola responsabilità: rompi dito mignolo!” Deduce il mio amico, ignorando il mitra.

“No Gilibert. Te lo ripeto. E Fatmir, potrà servirci ancora! So come trovarlo.”

“E allora lo rompiamo dopo.” Sentenzia.

Alle dodici e trenta, arriviamo a Golem. Per strada ho telefonato ad Eris, e gli ho anticipato i fatti, invitandolo a raggiungerci a pranzo.

Ci troviamo nel solito bar: Osman, Gilibert, Landi, Benni, Eris ed io.

“Così ci sono stati quattro omicidi, fatti dalla stessa mano, negli ultimi giorni.”

“Quattro omicidi tu dici… ma noi abbiamo solo tre cadaveri!”

“Come sarebbe?”

“Ho controllato.” Continua Eris…” Abbiamo Saffet: quello morto per strada; abbiamo quello ammazzato al porto… a proposito! Si chiamava Phatos Sami; viveva in Italia con regolare permesso di soggiorno, ed abbiamo la donna; la convivente di Fatmir. Non abbiamo quello ammazzato in questa grotta che dice Fatmir…”

“Questo significa che non è stato ancora trovato?”

“Esatto!” conferma.

“Allora dobbiamo andare a cercare noi!” dice Gilibert.

Finiamo di pranzare e ci rechiamo nella zona indicatomi da Fatmir. Ci sparpagliamo nella fitta boscaglia e, qualche minuto dopo, Benni urla di aver trovato la grotta ed il suo abitante!…

Lo stato di decomposizione è avanzato.

Puzza! (Lo so: non ve ne frega! Tanto non la sentite…)

Gilibert lo fruga. Nelle tasche non trova niente. Nessun documento. Eris va a telefonare in questura.

Dopo un’ora la zona è piena di gente.

Siamo tornati a Golem; Eris è tornato a Tirana. Mi farà sapere notizie del defunto in Italia, visto che il prosieguo delle indagini si sposta sul <suol natio> (il mio!).

Partiamo la sera stessa: Gilibert ed io. Questa volta siamo stati attenti! Abbiamo verificato di non essere seguiti.

Osman e gli altri, cercheranno di rintracciare l’albanese che accompagnava il <Tedesco> anche se penso che non ci riusciranno… navighiamo verso Bari.

Abbiamo un fatto: Arben è in Italia!

Abbiamo un nome. Anche se di un defunto!

Non siamo messi poi tanto male!…

Do un’occhiata all’elenco avuto dal direttore, e che Landi mi aveva dato. Sono tanti!

Quarantadue bambini scomparsi solo da gennaio ad agosto!

In quell’elenco ci sono anche quelli traghettati da Fatmir!

Se non altro hanno un nome!

Sono dodici di quei quarantadue. Il tredicesimo lo conosciamo bene!

 

17 settembre, ore 09.00

 

Non appena sbarchiamo, ci rechiamo in questura a Matera, dove avevo qualche conoscenza. Ci occorrono due ore ed una favoletta, per avere notizie di Phatos Sami.

Risulta titolare di un permesso di soggiorno da luglio novantaquattro, in virtù di un contratto di lavoro, fattogli da un certo Francesco Biondi, residente in Altamura. La qualifica dichiarata è: pastore. Prendiamo i dati relativi al signor Biondi e ringrazio il funzionario che me li ha forniti.

Casa! Dolce casa!

Non potete immaginare cosa significa vedere l’acqua uscire dai rubinetti, ogni volta che li apri!…

Mia moglie mi aggiorna.

Realizzo un <Conte di Montecristo> trasmesso su Mediaset, una fattura da pagare, una esibizione col mio gruppo programmata per il ventisette prossimo ed un appuntamento a mio nome con lo psicologo, il giorno successivo…!

Gilibert gioca con mio figlio ad un videogame.

Lo guardo ed ho un pizzicore dentro…!

 

18 settembre, ore 15.00

 

Ho trascorso la mattinata, aspettando che passasse…

Ora eravamo diretti ad Altamura. Avevo chiamato al telefono il signor Biondi, chiedendogli di incontrarlo a proposito di Phatos. Si: sapeva che era stato ucciso.

No: non sapeva il perché.

Era disponibile a concedermi dieci minuti del suo preziosissimo tempo, purché fossi puntuale alle 16.15, nel suo studio di commercialista.

Non è <amore a prima vista>, quello che provo, quando gli stringo la mano!

Anzi!… la verità è che mi sale subito sulle palle!

“Phatos ha sempre lavorato con me; fin dal suo arrivo in Italia” mi dice il sig. Biondi, … il dottor Biondi, così come attesta il diploma di laurea che è appeso alle sue spalle.

Gilibert è rimasto in macchina ad aspettarmi.

“Lo ha portato un suo cugino che già era alle mie dipendenze.”

“E che lavoro svolgeva per lei, dottore?”

“Ho una azienda agricola, con annesso allevamento ovino, su per la murgia, verso Gravina di Puglia. Sa: al giorno d’oggi, bisogna diversificare gli investimenti. E poi, la vita di campagna mi è sempre piaciuta! Io vengo dalla terra: i miei erano contadini. Ho altri tre albanesi che lavorano per me; curano le greggi. Anche Phatos lo faceva.”

“A quanto pare, lei predilige mano d’opera extracomunitaria! Capisco… i nostri, di certi lavori non ne vogliono più sapere!”

“Ha detto bene! Questi albanesi poi, si sanno accontentare… il che non guasta!” sorride sornione.

“Le risulta che Phatos aveva a che fare con qualche individuo poco… pulito?” Cerco di andare al sodo.

“Cosa vuol dire? Sul lavoro non ha mai creato problemi. Cosa faceva quando era libero non lo so. Comunque non era il tipo da frequentare certa gente. Perché mi ha fatto questa domanda?”

Già … perché?

“Sembra che, qualche tempo fa, abbia portato in Italia una sua cugina; questa donna è finita male… fa la prostituta in qualche posto. I genitori pensano che Phatos c’entri in qualche modo.”

Sono soddisfatto della storiella che improvviso lì per lì! Quasi quasi la bevo anch’io!

“Ho ricevuto l’incarico di rintracciarla e di portarla a casa. Se è possibile.”

Il dottor Biondi ci mette un po’, prima di parlare.

“Guardi: non mi risulta che Phatos abbia mai portato con se una donna, tanto meno sua cugina. Può averlo fatto a mia insaputa! Ma ne dubito. Ma, con questo non ha risposto alla mia domanda: perché avrebbe dovuto frequentare gente poco pulita, come ha detto lei?”

“Mi sembra logico” rispondo “se ha fatto quello che i suoi zii credono, potrebbe aver avuto bisogno di qualcuno… qualche teppistello locale, affinché lo aiutasse a far <lavorare> la ragazza!”

“Ora capisco! Ma non posso aiutarla! Le ripeto: per me Phatos era una persona a posto.”

“Sembra il capolinea della nostra conversazione. Sto per accomiatarmi; “ah!… spero non le dispiaccia dottore, se parlerò con i compagni di lavoro di Phatos, visto che me li ha nominati; potrebbero sapere qualcosa. Sa com’è… tra loro…!”

“Assolutamente! E quando intende farlo? Oggi stesso?”

“Non credo proprio; magari domani. Ho qualcos’altro da fare.”

“Bene. Mi dia un colpo di telefono, così glieli faccio trovare qui.”

“Non vorrei disturbare! Posso andare io nella sua azienda.”

“Ma no! Nessun disturbo! Le metterò una stanza a disposizione.”

Quando lo saluto, ringraziandolo per la collaborazione, ho la sensazione che ci si sia sistemato ancora più comodo!…(mi riferivo alle palle). No! Il dottor Biondi non mi piace! Non mi piace per niente!…Confermo!

“Cos’hai?” mi chiede Gilibert.

“Non lo so… ma qualcosa ho!” metto in moto e mi avvio.

“Dove andiamo ? A casa?”

“No.” Rispondo “andiamo a dare un occhiata all’azienda del dottore.”

“Bene. Sai come ci arriviamo?”

“Chiederemo a qualcuno!”