In Viaggio, Blu Farnese
Ciascun individuo come un’opera d’arte. Un tentativo compiuto di saper plasmare la propria vita come l’artista plasma la propria opera.
Può capitare d’estate di scoprire un mondo in Blu Farnese per chi si avventura nei Monti Cimini nei dintorni della città papale di Viterbo spingendosi a Caprarola, l’allegorica Amantea, dove l’influente e nobile dinastia del Rinascimento italiano fece realizzare dal Vignola una maestosa, pitagorica, residenza pentagonale nel 1547. Da questa proporzione aurea il pentagono, figura in cui l’uomo è copula mundi ed eroico furore, si sviluppa il solido platonico che realizza un dodecaedro, un volume ideale capace di catturarci e proiettarci in questo caso, come in una capsula in viaggio stabile, nel tempo e nel manierismo diffuso raffinato, autoreferenziale e decorativo del palazzo. Un estremo virtuosismo (di straordinaria modernità), che include conoscenza e astrazione, filosofia e geografia, devozione e passione; tutte le discipline e le conoscenze dello scibile umano ovvero tutta l’arte del pensiero rinascimentale e la sua magia cerimoniale, e sotto la benevolenza vigile di Hermathena. Questa è la sensazione che si prova entrando al centro della residenza nel cortile circolare con annessa bocca della verità e due piani porticati sovrapposti affrescati da Antonio Tempesta. Attorno abbracciano le Sale d’inverno e d’estate, che s’infilano l’una a seguire l’altra, collegate al Piano superiore dei Cardinali dalla superba opera della Scala Regia, la scala a lumaca nella cui volta campeggia lo stemma Farnese con i sei gigli particolare evoluzione dell’arme dell’unicorno.
Del Blu perché come una corrispondenza tra le strutture della mente umana e le strutture reali dell’universo, il vitalismo cosmico delle Costellazioni nella sala del Mappamondo e prima dell’anticamera degli Angeli e la Camera dei sogni o della Solitudine (prima degli Orti Farnesiani) è quasi certamente il respiro più ampio del Palazzo sopra le Carte geografiche e gli esploratori di terre e mari Colombo Magellano e Vespucci per ritrovare la molteplicità nell’unità, la diversità nell’identità, la varietà nella totalità.
Eppure non è tutto. Più lungamente si può discutere ancora di questo palazzo dalla ricchezza decorativa trionfante, dalla Sala di Giove con i trompe l’oeil di moltiplicazione dello spazio ai Fasti dei Farnese, con i cavalli delle guardie dallo sguardo umano, e attraverso la sala della Penitenza il passaggio al ninfeo esterno nel giardino segreto, dove la virtù, il piacere semplice e i concerti libertini dei gemiti d’acqua delle fontane passano alla loro immortale inquieta ma inevitabile pietrificazione.
AinT
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