Artisti Di-spiegati al Micro Arti Visive
Sulla patera d’argento firmano il tovagliolo e lo condividono. Siamo al tavolo con Pino Boresta e Flavio Favelli, i due artisti che al Micro Arti visive di Roma hanno realizzato la performance “Fai la tua domanda” con un pubblico ancora contingentato, e prenotato, per intervenire con una domanda agli autori sul fondo delle loro opere. Quelle di Favelli, 4 inedite, nell’ambito della mostra e performance d’arte contemporanea Il Boresta che non ti aspetti – curata da Raffaele Gavarro, su progetto della gallerista Paola Valori. Boresta con le sue innumerevoli opere realizzate su tovaglioli di tessuto, Favelli aggregando nel suo stile artistico quelli in carta già stampigliati. Nel contesto inusuale della performance il gesto del tovagliolo firmato e donato durante la consultazione colloca l’astante all’interno dell’opera. Anzi nello spazio in cui osserva più opere mentre l’artista offre simbolicamente quel supporto d’arte e al contempo feticcio d’artista; così che nella comunicazione estemporanea – non è una vera e propria intervista e dura solo un minuto – le parole formulano un nuovo livello di comprensione, di dis-piegamento della sconnessione dall’arte, quella priva della veracità dell’autore. Il lembo di tessuto si macchia di confessioni, mentre l’arte è servita: “Serve! Boresta” – per ricapitolare i primi appuntamenti apparecchiati all’interno della galleria e Boresta cameriere di un menu ad arte. L’happening è confacente. In questo momento, totalmente esclusi gli eventi, l’arte più che deperire nell’attesa ha bisogno di escogitare, discutere ancora. In questo l’idea di Paola Valori è geniale, invita non solo la ricercatezza di un quesito ma all’arte di relazione. Ricorre non a caso il centenario di Joseph Beuys, il suo plasmare l’opera uomo. Serve dunque as-servire l’arte che non sia anche un progetto consapevole? O che non risvegli, come crea il vivace outsider Boresta con l’amico artista Favelli, il senso del gran dono dell’arte, nel gesto.
Come ad interpellare un oracolo. Alla parola Libagione, evocata, piuttosto che una domanda – una parola arcaica lontana da me che tra mille non avrei mai pensato, e un passato che non passa mai nemmeno per il paese, fermo al passato, dice Favelli; e la vocazione all’arte, oggi più che sacrificale ribatte Boresta – tu dici libagione io dico selvaggina, non resta che la constatazione che la deposizione dell’inchiostro a firma sparso sulla salvietta è libazione e poi cibo/nutrimento; frantuma l’arte in una epitome di larga divulgazione. Invoca .
AInT 15 aprile 2021
Commenti recenti