Qualcosa di eccezionale, per il cuore, e per lo spirito.
A metà sembra terminata, ma non è così.
Ecco un altro sito Libero Blog
Qualcosa di eccezionale, per il cuore, e per lo spirito.
A metà sembra terminata, ma non è così.
Sappiamo tutti quanto sia importante questo liquido così prezioso e indispensabile per la vita in tutto il pianeta, e senza il quale non ci potrebbe essere vita. Va detto che il 97% dell’acqua presente nella nostra terra è acqua salata e che si trova negli oceani, pertanto non potabile, mentre una bassissima percentuale è acqua dolce, sia in superficie sia nelle visceri terrestri. Eppure, dobbiamo ammettere con dispiacere che a causa dei processi giornalieri di inquinamento questo bene prezioso viene sempre più minacciato al punto da trovarci in uno stato di emergenza, e gli artefici di questo negativo fenomeno siamo noi uomini col nostro poco rispetto verso le fonti di vita. L’acqua è la sostanza di cui il nostro corpo ha necessità, quindi il suo ruolo per la nostra salute è essenziale. L’uomo, nell’arco della sua vita beve circa settecento volte superiore al suo peso corporeo, pertanto non è difficile intuire che questo consumo continuo mette a serio rischio la nostra salute, per via del suo stato contaminato, mentre, al contrario, bere acqua pura comporta benessere. Si calcola che una persona adulta è composta per circa il 65% di acqua; equivalente a circa 45-50 litri di acqua distribuita nel corpo. Una maggiore quantità si ha nel giovane uovo multicellulare subito dopo la fecondazione, e cioè, circa il 90%, mentre nell’embrione la quantità scende di poco e si piazza all’85%. In uomo di mezza età, quasi, 40-45 anni, scende a circa il 60-70% per poi scendere definitivamente ai livelli di circa il 55% in un uomo di settantanni. In età avanzata si assiste ad una ridotta attività sensoriale quindi diminuisce il bisogno di bere, il che inevitabilmente procura una condizione di disidratamento, appunto rallenta l’attività cellulare e rallenta a causa della carenza di apporto di acqua. Un dato preoccupante si ha, quando nella cellula il contenuto di acqua scende al di sotto del 50%. In queste condizioni i processi vitali vengono compromessi seriamente in modo, talvolta irreversibile. Tale carenza, oltre a paralizzare la vitalità cellulare, rallenta significativamente il processo detossicante, che inibisce lo smaltimento di sostanze tossiche, in età avanzata, e questo procura ipertensione arteriosa fenomeni iperglicemici, ipercolesterolemia nei vasi sanguigni, che di conseguenza diventano sclerotici.
I nostri sistemi organici sono tutti in contatto con l’acqua, dal sistema urogenitale, dal sistema respiratorio, circolatorio,digestivo, ma pure quello nervoso e sensoriale.
Da ciò, è facile dedurre quanto sia importante l’acqua sia dal punto di vista quantitativo sia qualitativo, affinchè si possa ottenere un ottimale funzionamento dell’organismo.
Un Siciliano !!!!
Non trovo aggettivi a sufficienza che lo possano qualificare.
“UNO SPIRITO INNOVATORE DI STRAORDINARIA GENIALITA’…..
Si tratta di una sindrome che si manifesta principalmente in ragazze adolescenti di costituzione psico-nevrotica. E’ caratterizzata da una estrema emaciazione( magrezza molto accentuata ) e da amenorrea, cioè, assenza di mestruazioni in assenza di una evidente malattia organica dimostrabile. La perdita di appetito deriva da una morbosa avversione psicogena di alimentarsi, piuttosto che da un diminuito desiderio di cibo, a causa di tensione, ansia o fatica.
Queste ostinate pazienti sono spesso lasciate alla loro sorte in uno stato di estremo deperimento, quanto ciò dovrebbe essere prevenuto ponendole in differenti condizioni psichiche. Generalmente vi è uno scontento latente dovuto a mancanza di adattamento all’ambiente. Vi può essere un desiderio anomalo di diventare magre, o la paura di una sintomatologia gastro-enterica ritenuta legata all’ingestione di cibo.
Molte di queste pazienti ammettono più tardi che l’ossessione del cibo era più forte della fame da esse a volte avvertita.
La emaciazione; cioè, l’eccessiva magrezza, aumenta a causa dell’inedia ( estrema malnutrizione ) autoindotta e lentamente progressiva. La paziente rimane pronta e vigile, attiva ed inquieta, negando la cattiva salute sino a quando, indebolita a tal grado quale nemmeno si osserva in gravi malattie organiche. Quando l’emaciazione è massima, si sviluppa edema alle estremità inferiori, specialmente con l’alimentazione.
L’amenorrea può comparire precocemente, ma spesso solo dopo una considerevole perdita di peso. Nello stesso avanzato, la paziente ha ipotermia con polso e pressione arteriosa basse. La glicemia e il metabolismo basale di solito diminuiscono. A causa di tali condizioni metaboliche dell’alimentazione, questa malattia è stata spesso considerata una forma grave di insufficienza Ipofisaria, ma l’unica funzione Ipofisaria considerevolmente danneggiata è la produzione o l’immissione in circolo degli ormoni Gonadotropi; cioè, le note FSH- LH. La funzione della Tiroide è solo moderatamente diminuita al punto che la captazione di Iodio radioattivo e lo Iodio legato alle proteine del siero, sono in genere ai limiti inferiori della norma.
Questa sindrome “Anoressia Nervosa” è stata spesso diagnosticata come malattia di Simmonds( insufficienza estrema dell’Adenoiposi; cioè, la parte anteriore della ghiandola Ipofisi.
Il trattamento è volto a modificare l’atteggiamento della paziente verso il cibo ed allontanare il conflitto che lo sostiene. In alcuni casi, si rivelano fallimentari i tentativi di incoraggiamento per farle comprendere la delicatezza della sua malattia. Può essere necessaria un’alimentazione mediante sonda, aumentata gradualmente a 3.000-4000 calorie al giorno per determinare un aumento di peso.
E’ determinante, quando si riesce, generare fiducia nella paziente. Una volta che la paziente capisce il problema il suo atteggiamento mentale verso il cibo cambia e spesso realizza un recupero. Purtroppo, un certo numero di queste pazienti si dimostra incurabile, morendo poi per “Inanizione” o per ricorrenti infezioni
E’ notorio che il cancro della mammella è il tumore più frequente nella donna; si calcola che dopo i 40 anni, 70 donne su 100.000 siano colpite da questa lesione. E’ molto raro sotto i 30 anni; statisticamente 3 su 100.000 l’anno. Va detto che le categorie di donne da ritenersi più a rischio sono quelle con storia familiare positiva, soprattutto se è stata colpita la madre, una sorella, una zia, la nonna. Le donne ad elevato rischio debbono essere avvertite di questa situazione, ma nello stesso tempo, vanno rassicurate che con i mezzi diagnostici oggi disponibili e con l’aiuto di un accurato esame mensile, potranno evitare di trovarsi colpite dal ca. già invasivo non più suscettibile di essere trattato con successo. L’opera del ginecologo è di importanza fondamentale per lo screening di massa, la diagnosi precoce e la prevenzione della neoplasia e per la formazione di una educazione sanitaria nella popolazione che deve essere convinta della necessità di periodici controlli. Non di rado è la donna stessa a scoprire precocemente l’eventuale presenza di lesioni nodulari. In altri casi si giunge a diagnosticare un ca. iniziale grazie al fatto che si è praticata una biopsia su una lesione ritenuta benigna, ma in realtà si associa già ad una degenerazione. Per arrivare a realizzare la vera diagnosi precoce occorre però ricorrere ad uno screening che coinvolga tutte le donne presunte sane a partire perlomeno dai 30 anni se il soggetto presenta uno dei fattori di rischio; quali, appunto la familiarità, mastopatia fibrocistica di grado elevato o presenza di papillomi intraduttali; parti avuti dopo i 35 anni; situazione ormonale caratterizzata di Iperestrogenismo iatrogeno; ovvero, terapie prolungate con estrogeni. L’esame citologico su eventuali secrezioni mammarie.
L’autocontrollo è necessario che venga fatto una volta al mese; 2-3 giorni dopo che è finita la mestruazione oppure in una data sempre fissa se la donna è in menopausa.
Se la donna prende la piacevole abitudine di autoesaminarsi ed è stata istruita correttamente a farlo, il controllo periodico attuato con l’ispezione e la palpazione da parte del medico, può essere eseguita una volta all’anno.
In che modo si esegue l’autosame? Bene, va innanzitutto chiarito il concetto che questo autoesame comprende l’ispezione e la palpazione. L’ispezione dovrà essere fatta davanti allo specchio, prima con le mani tenute lungo i fianchi e poi con le mani sollevate( la figura sopra rende l’idea ) ed unite sopra la testa. Deve essere rilevato qualsiasi aspetto anomalo del seno: ingrossamento localizzato, particolari atteggiamenti della cute e del capezzolo; come infossamento o raggrinzimento, nonchè eventuali alterazioni del profilo della mammella. La donna dovrà eseguire la palpazione dapprima in piedi ponendo il braccio sul lato alla mammella che deve palpare, dietro la nuca; quindi distesa supina, col capo lievemente sollevato dalla mano omolaterale alla mammella da esaminare. La mano opposta dovrà palpare con le dita distese a piatto. I polpastrelli debbono spostarsi premendo su tutta la metà interna della mammella secondo un andamento radiale dalla periferia verso il capezzolo e dall’alto al basso. Per la palpazione della metà esterna, lasciando il cuscino sotto la spalla, il braccio che era sollevato dietro la nuca va disposto allungato, lungo il fianco e si può così, con la stessa tecnica, esaminare la metà esterna.
Ultima raccomandazione, è che la visita periodica ispettiva e palpatoria è bene che sia effettuata da un medico specialista almeno una volta all’anno in posizione eretta e supina comprimendo leggermente con le dita a piatto la mammella in ogni punto ed anche il cavo ascellare.
Se alla pressione del capezzolo fuoriesce liquido si eseguirà un prelievo per l’esame citologico.
Va detto, tuttavia, che l’esame clinico della mammella ha una attendibilità che non supera il 70% e non è quindi sufficiente per stabilire che nella mammella vi sia qualcosa. Il motivo per cui la palpazione non riesce ad individuare un certo numero di neoplasie può ricercarsi nel fatto che la ghiandola mammaria è una struttura multinodulare, costituita da ingrossamenti da vario diametro, ed è difficile nel contesto di essa apprezzare palpando una masserella dominante con caratteri patologici. Molte lesioni precoci non sono palpabili, pertanto si ricorre a indagini che permettono una più precisa diagnosi; quali la mammografia e la xeromammografia, metodiche valide che si affiancano all’esame clinico al fine di differenziare le lesioni benigne da quelle maligne, nonchè scoprire le lesioni non rese palpabili alla palpazione.
NON POSSO INVIARE MESSAGGI. MI VIENE SEGNALATA LA VOCE ” NON PUOI MANDARE MESSAGGI PERCHE’ HAI INBOX PIENA.
IO NON SO NEMMENO COSA SIA QUESTA INBOX, E TANTO MENO COME FARE PER SVUOTARLA.
SE QUALCUNO ESPERTO NEL SETTORE MI PUO’ ESSERE DI AIUTO GLIENE SARO’ GRATO.
Grazie in anticipo Peppe
Uno degli aspetti di maggiore interesse nella clinica del carcinoma del collo dell’utero è legato alla possibilità di arrivare, con facilità che non trova riscontro per qualsiasi lesione neoplastica di grado severo, alla diagnosi precoce e cioè ad individuare la neoplasia quando ancora non ha iniziato ad invadere il connettivo sotto epiteliale. Nelle pazienti in cui ha già iniziato la formazione del tumore, l’unico segno della malattia è soltanto la positività dell’esame citologico (Pap Test). Il Pap test permette anche di scoprire certe lievi atipie nucleari (discariosi) espressione talora di una condizione precancerosa che si può eliminare evitando così l’insorgenza della neoplasia vera e propria. Appunto per questo l’esame ha una funzione preventiva.
Tengo a precisare che un servizio efficiente per la diagnosi precoce è la prevenzione del “Cervico-carcinoma che si fonda su due presupposti: 1- una corretta e capillare opera di educazione sanitaria della popolazione con lo scopo di creare la coscienza che il carcinoma del collo dell’utero è una malattia frequente, ma guaribilissima se diagnosticata nelle fasi iniziali e sotto certi aspetti anche evitabile. E’ bene che la donna sia al corrente dei fattori di rischio per questo carcinoma nell’ambito fa certamente rilievo il precoce inizio dei rapporti sessuali, l’elevata frequenza di questi rapporti, le abitudini sessuali del partner che può trasmettere infezioni capaci di favorire lo sviluppo della neoplasia(virus Papilloma Umano herpes Simplex…)
2- E’ fondamentale che le donne, anche in assenza di qualsiasi disturbo inizino a fare il Pap-test non appena cominciano ad avere rapporti sessuali. Questo tipo di neoplasia è molto rara in donne vergini.
In buona sostanza, il Pap-test, non è quindi un esame diagnostico ma è IL PIU’ PREZIOSO MEZZO DI SELEZIONE; o SCREENING, capace di individuare le donne sospette di essere portatrici di una neoplasia iniziale del collo dell’utero.
L’esame è estremamente semplice e per niente fastidioso. L’operatore, munito di una spatola di legno o di materiale in plastica, striscia con una leggerissima pressione il tessuto di cui si vogliono osservare gli elementi cellulari, poi raccoglie sulla spatola lo strato stesso e deposita il materiale strisciato su un vetrino porta oggetti. Una raccomandazione è quella di eseguire questo esame prima della visita ginecologica, e nella donna in età feconda in particolare in fase ovulatoria che è una fase in cui le cellule dell’endocervice( interno del collouterino ) ) compaiono più facilmente. Un’altra raccomandazione è quella di eseguire lo striscio lontano dalle mestruazioni o in presenza di perdite di sangue.
Il problema di razionalizzare la periodicità dell’esame cito-oncologico va però soprattutto visto tentando di individuare i soggetti a rischio alto. In questi soggetti il pap test va eseguito ogni anno ed anche più frequentemente associandolo al controllo colposcopico; ossia, un accertamento strumentale ottico che consente di osservare il collo dell’utero di ben 6-40 volte più grande.
Questo esame andrebbe eseguito pure dalle donne che sono già in menopausa; diciamo fino all’età di 65-75 anni, in quanto fornisce ottime indicazione sullo stato dell’endometrio.