A proposito di “Burn-Out” cioè di stanchezza cronica

Markus Treichler |

Nella foto è il dottore Markus Treichler; filosofo, psichiatra, neurologo,  medico di medicina interna e psicosomatica.

Questo medico, ebbe in cura una studentessa  diciannovenne che era affetta da “stanchezza cronica” o, in termine clinico “Burn-Out”. Questa stanchezza le si manifestava in un calo delle sue capacità a concentrarsi e in un’accresciuto stato di impazienza. Tali sintomi, a loro volta, la portavano a uno stato di apatia, di inattività e a un forte calo del rendimento a scuola.

La ragazza in passato si era distinta per il suo essere attivo, diligente e piena di iniziative. La sua immagine di se stessa, però, era contrassegnata dalla pretesa: Voglio accontentare tutti, voglio fare bella figura con tutti, per essere popolare dappertutto e vivere in armonia con tutti.

Quando, infine, non le fu possibile appagare il suo bisogno di armonia che tutti i suoi sforzi non erano più sufficienti per raggiungere l’obiettivo ( di cui non era conscia ), fu colpita dalla Grande stanchezza cronica a causa della quale  riusciva sempre meno a raggiungere quello che  era il suo vero obiettivo. Ma l’essere stanca si rivelò anche una opportunità. Sentì che non poteva andare avanti così. Fu obbligata a modificare la propria immagine e il proprio modo di intendere se stessa. Non poteva più continuare a vivere secondo l’immagine di volere accontentare tutti. La stanchezza cronica per lei si trasformò in una opportunità di ritirarsi, per trovare lo spazio e il tempo per la necessaria riflessione su se stessa.

Ecco, quando ci facciamo immagini sbagliate di noi stessi.

 

 

 

 

SIAMO A PEZZI…LO CHIAMANO STRESS

Nessuna descrizione della foto disponibile.
Lo diciamo spesso. ” Non so più come fare. Sono oberato di lavoro, e di impegni!”. Ma perchè questa sfrenata frenesìa che ci toglie il fiato ? Si, capisco bene che abbiamo il diritto di essere felici, arricchirci di beni materiali, di cultura, ed essere contenti. Ma non ci accorgiamo di lacerarci perchè ingabbiati nel vortice dei nostri impegni verso i quali non riusciamo ad instaurare un piacevole accordo amichevole. In breve, non siamo capaci di calarci completamente in ognuno di essi. E perchè ? Semplice. Perchè siamo a pezzi. C’è un pezzo di noi che sogna quello che si dovrebbe fare….; un altro pezzo è tutto occupato a dispiacersi per quel determinato avvenimento o quella determinata persona; un altro pezzo rimane ancorato in modo eccessivo al passato; un altro esplora il futuro.
In conclusione, sono certo, che quello che ci fa male e ci sfianca è proprio questo vivere la vita a Pezzi; ovverosia, in tanti pezzi di noi stessi.

Il mondo può funzionare anche senza Dio. Allora perchè ne abbiamo bisogno ?

Esistenza di Dio - Wikipedia

Il  teologo  Dietrich  Bonhoeffer,  ha  riflettuto   sulla  relazione  fra fede  e  scienza.  E  questa  riflessione  non  l’ha  fatta  durante  una  vacanza  ma  fra  le  mura  di  un  carcere  nazista.  Egli  si  oppone  a  quella  fuga  dal  “Pensare”,  mascherata  da  devozione.  Dice  infatti:  In  ambito  morale,  politico  e  scientifico,  Dio  è  stato  abolito,  superato,  in  quanto  ipotesi  di  lavoro( fa parte  dell’onestà  intellettuale  far  cadere  questa  ipotesi  di  lavoro,  cioè  disattivarla  il  più  possibile”.

In  questo  modo,  Bonhoeffer  vuole  dire  che  non  dovremmo  abusare  di  Dio  per  compensare  il  nostro  pensiero  falso;  o  illusorio  se  vogliamo.  Per  prima  cosa  dovremmo  guardare  il  mondo  e  studiarlo  con  occhi  puramente  secolari  e  scientifici.  Solo  in  seguito  si  pone  la  domanda  come  possiamo  mettere  insieme  Dio  e  questo  mondo.

Il  mondo  funziona  anche  senza  l’ipotesi  Dio.  Ma  se  consideriamo  la  relazione   del  mondo    a  Dio,  scopriamo   che  la  fede  in  Dio  rappresenta  senz’altro   un  aiuto  a  vivere  insieme  in  questo  mondo   in  modo  umano.  Se  non  c’è  nessun  Dio,   verso  il  quale  tutti  gli  uomini    si  sentano  in  obbligo,  allora  c’è  solo  il  diritto  del  più  forte.  E  questa  non  è  certamente  una  benedizione   per  la  vita  umana;  col  significato  di  “Comunità”.  Si  potrebbe   anche  dire  che   affinchè  gli  uomini  possano  relazionarsi   in  modo  Umano,  c’è  bisogno  di  Dio.  Solo  che  Dio,  non  si  lascia  usare,  nemmeno  per  una  convivenza  fruttuosa.  Dio  è  Colui  che  supera  ogni  cosa.  Obbliga  l’uomo  a  diventare  consapevole  dei  propri  limiti;  Attenti  a  non  fraintentermi   se  uso  l’espressione  “OBBLIGA”,  potrebbe  generare   che  nel  mio  pensiero  dimori   l’essenza  di  un Dio  tiranno. No no, il  mio  intendimento  ha   valenza  “Nell’orientare”.

Se  l’uomo  non  crede  in  Dio,  si  trova  nella  tentazione  di  farsi  Dio  lui  stesso.

 

Ne vogliamo parlare ?

 

Scoprirsi su un binario · Myselfie Cottage

Ci  viene  detto,  in  tutte  le  salse  che  bisogna  amare  il  prossimo.  Non  solo,  ma  soprattutto  il  nemico.  Beh, un  problema  mica  da  scuola  materna!???  E  tuttavia,  se   ci  ragioniamo  un  po’  sopra  pare  che  odiare  il  nemico  alla  lunga  diventa  più  stressante,  più  logorante,  più  lacerante, che  nell’amarlo.  Innanzitutto  debbo  rendermi conto  che  amando  il  mio  nemico  non  deve  significare  rendermi  vittima   della  sua  ostilità.  Amare  il  nemico,  se  analizziamo  bene  il  concetto;  sicuramente  di  non  facile  attuazione  per  una  molteplicità  di  motivi,  deve  assumere  l’aspetto  di  qualcosa  di  attivo.  Poniamoci  una  domanda.  ”  Ma  chi  è  il  mio  nemico ?”.  E’  forse  colui  che  una  buona  mattina  si  alza  con  l’intenzione  di  arrecarmi  danno ?  Oppure  colui  che   non  è  riuscito  ad  accettarsi,  ed  è  in  continuo  conflitto  con  se stesso ?  E  tuttavia,  se  reagisco  indignato  a  questo  comportamento   ripugnante,  ostile,  il  nemico  mi  impone  le  regole  del  gioco,  e  io   ci  casco  fino  al  collo.  Ovviamente,  amare  il  nemico  non  significa  accettare  tutto  con  passività.  Prima  di  tutto  significa  smascherare  la  proiezione;  cioè,  quanto deve  essere  ferito  l’altro  per  sentirsi  costretto  a  ferirmi  in continuazione ? E  come  deve  sentirsi  lacerato  interiormente   al  punto  da  desiderare  di  accanirsi  a  lacerarmi ?  Se  valuto  bene  questo  aspetto,  nel nemico  vedo  l’uomo  ferito  e  anche  l’uomo offeso.  Certamente  non  mi  assumo  le  sue  proiezioni,  ma  immagino   di  che  cosa  abbia  bisogno  per  arrivare  alla  pace  con  se  stesso.  Insomma,  lo  privo  di  ogni  potere.  L’altra  domanda  è  allora: ” Come  debbo  reagire  concretamente   ai  suoi  attacchi  ostili ?  L’amore  per  il  nemico  non  mi  proibisce  di  difendermi;  che  sia  chiaro  questo  concetto.  Ma non  mi   difendo  contro  un  nemico,  bensì  contro colui   che  è  lacerato  interiormente  e  di cui  condivido  i  sentimenti.  La  mia  difesa  deve  essere  finalizzata   a  giungere  a  contatto  con  la  sua  verità.  E  tutto  questo  facendogli  capire  di  non  rifiutarlo  come  persona.

Insomma,  cercate  di  capire  quello  che  ho  formulato  disordinatamente.  Non sono  un  filosofo.