Ci viene detto, in tutte le salse che bisogna amare il prossimo. Non solo, ma soprattutto il nemico. Beh, un problema mica da scuola materna!??? E tuttavia, se ci ragioniamo un po’ sopra pare che odiare il nemico alla lunga diventa più stressante, più logorante, più lacerante, che nell’amarlo. Innanzitutto debbo rendermi conto che amando il mio nemico non deve significare rendermi vittima della sua ostilità. Amare il nemico, se analizziamo bene il concetto; sicuramente di non facile attuazione per una molteplicità di motivi, deve assumere l’aspetto di qualcosa di attivo. Poniamoci una domanda. ” Ma chi è il mio nemico ?”. E’ forse colui che una buona mattina si alza con l’intenzione di arrecarmi danno ? Oppure colui che non è riuscito ad accettarsi, ed è in continuo conflitto con se stesso ? E tuttavia, se reagisco indignato a questo comportamento ripugnante, ostile, il nemico mi impone le regole del gioco, e io ci casco fino al collo. Ovviamente, amare il nemico non significa accettare tutto con passività. Prima di tutto significa smascherare la proiezione; cioè, quanto deve essere ferito l’altro per sentirsi costretto a ferirmi in continuazione ? E come deve sentirsi lacerato interiormente al punto da desiderare di accanirsi a lacerarmi ? Se valuto bene questo aspetto, nel nemico vedo l’uomo ferito e anche l’uomo offeso. Certamente non mi assumo le sue proiezioni, ma immagino di che cosa abbia bisogno per arrivare alla pace con se stesso. Insomma, lo privo di ogni potere. L’altra domanda è allora: ” Come debbo reagire concretamente ai suoi attacchi ostili ? L’amore per il nemico non mi proibisce di difendermi; che sia chiaro questo concetto. Ma non mi difendo contro un nemico, bensì contro colui che è lacerato interiormente e di cui condivido i sentimenti. La mia difesa deve essere finalizzata a giungere a contatto con la sua verità. E tutto questo facendogli capire di non rifiutarlo come persona.
Insomma, cercate di capire quello che ho formulato disordinatamente. Non sono un filosofo.
Gentile Dottore, qui ci sarebbe da creare un altro sillogismo aristotelico, ma non voglio invadere troppo il campo.Il suo pensiero non fa una grinza e sembra quello di un perfetto Francescano.Se in quello che ha scritto crede fermamente, veramente la invidio. In pratica, ponendo che abbia un nemico che l’aggredisca,facendogli del male, lei reagirebbe contro la persona, si difenderebbe,ma non la concepirebbe come nemica, ma come persona , sua volta, interiormente lacerata, quasi che la sua azione sia conseguenza di torti ricevuti Ma, se tutti volessimo aggredire chiunque, perché a noi i torti ricevuti non sono mancati, il mondo sarebbe una arneficina… Personalmente, potrei anche ammirarla e congratularmi con lei per come la pensa, ma non mi sento di condividere in pieno il suo pensiero.Forse non sono una perfetta Cristiana , ma di tanta comprensione per chi mi si dimostra nemico, non sarei proprio capace. Buon proseguo di domenica, con un cordiale saluto..
Per carità, io un francescano !? Il problema lo vedo da una prospettiva differente e cioè, la persona lacerata o ferita, per una molteplicità di ragioni ha pur sempre un punto del suo essere che la rende vulnerabile, e cioè, il sentirsi accettata e questo atteggiamento, sono più che convinto conduce quella persona determinata di sentirsi accettata, amata. In ultima analisi un atteggiamento simile riporta quella persona nella sua parte migliore.
Ovviamente è il mio modo di vedere la questione.
Buona domenica
Ciao Peppe ho letto velocemente, credo che debba tornare con calma domani mattina perchè è un interessante argomento. Perdonami devo andare al lavoro a cuocermi totalmente.
Un abbraccio grande
Ciao Serè, ma si, certo. Buon lavoro….auspicabile ventilato: utopia ?
Ricambio il tuo abbraccio
Amare il prossimo è un comandamento non un ‘eccentricità. Tanto difficile quanto arrischiare la misura in cui si arriva a considerare una persona come “nemico”. Personalmente preferirei dire persona ostile, invidiosa, permalosa e che, in sostanza, non mi può soffrire. Nemico si equivale? Forse fa meno impressione esprimerlo in altro modo. Penso ….se io lascio perdere una simile persona, nel senso che cerco di evitare la sua presenza ed evitandola, taccio parole, discussioni, sentimenti ingrati…non dimostro un qualcosa di simile all’amore? In fondo difendo, sì, me stessa ma non “odio” l’altro . Non credo che il verbo amare voglia sempre esprimere l’abbandono a sentimenti meravigliosi e di “sostanzioso promuoverci”. Il prossimo…non esiste, dunque, un unico modo di considerarlo e già non chiamarlo nemico ne è una prova. Gesù si è proposto per primo, come fratello, come prossimo e ci ha insegnato a vedere così ogni altro essere umano, con lo stesso sentimento. Bisogna crescere in questa esperienza, arrivarci a gradi e non sempre è un traguardo raggiunto. Notte serena, Peppe!
Ciao Licia, dici benissimo, che amare è un comandamento: “Ama il prossimo tuo come te stesso !” Il prossimo, dunque, parola difficile ! Prossimo, più prossimo, meno prossimo; prossimo nel sangue o nello spirito ! E poi, ” Lo amerai come te stesso ” Allora è giusto che prima cominci da me ! Proprio così “Charitas incipit ab egone “; cioè, la carità comincia da me stesso: prima io, e poi gli altri ? E quando mai c’è una fine per l’egoismo ? Se prima viene l’IO e poi il TU, è chiaro che prima vince l’egoismo e poi l’altruismo semmai ci sarà qualcosa che avanza. E poi l’odio, che oserei definirlo un amore di”Cattiva qualità”. Concordo con la tua analisi. Buona giornata, se possibile con qualche soffio di venticello. Un fraterno abbraccio
Buongiorno Peppe dopo una lenta cottura eccomi qui.
amare il prossimo nelle sue mille sfumature con pregi e difetti, che sia buona o cattiva, generosa o egoista potrei contiunuare ma credo di aver reso l’idea.
Credo che dipenda dalla sua indole e buona parte dal vissuto, ogni vita ha due lati e quale fare emergere dipende da ciò che si vive, in alcuni non modifica anzi rafforza in altri purtroppo fa emergere quel lato oscuro che ad ogni occasione esplode con cattiveria.
La ricerca stesso ?
” se reagisco indignato a questo comportamento ripugnante, ostile, il nemico mi impone le regole del gioco, e io ci casco fino al collo. Ovviamente, amare il nemico non significa accettare tutto con passività. Prima di tutto significa smascherare la proiezione; cioè, quanto deve essere ferito l’altro per sentirsi costretto a ferirmi in continuazione ?”
Riporto il tuo pensiero e ti assicuro che a volte è una tattica macchiavelica da parte del NEMICO, più mi arrabbio più concedo a costui il potere di controllarmi e distruggermi emotivamente, annullandomi totalmente.
Quindi se ignoro? due sono le vie o si arrende oppure la mia indifferenza fomenta la rabbia perche alla fine di questo stiamo parlanto di rabbia e cattiveria gratuita, ma la domanda che ci attanaglia è sempre quella…”PERCHE’?” da qui bisogna partire, c’è sempre un motivo scatenante ovviamente venirne a conoscenza a volte è difficile, bisogna avere un mediatore? qualcuno che sappia scindere tale impeti?
Dove si nasconde la verità? credo Peppe che a volte bisogna anche ferire per poter far riflettere la persona e poi cercare di trovare un equilibrio.
Bell’argomento mio caro un abbraccio
CARONTICO
Ciao Serè, certo, non è una cosa semplice da affrontare. Di certo c’è che rispondere a colui che odio con altrettanto odio, è sicuramente sbagliato e pericoloso. Se all’odio rispondo con l’odio, il mondo va sicuramente in frantumi. Quindi amare e odiare, che sono intrecciati come il bene e il male.
Davvero profondo il tuo pensiero e porta dentro l’intera essenza dell’uomo dall’inizio dei tempi a oggi. La storia continua.
Ti abbraccio Serè, ma osservando le misure di distanziamento, non per il Covid ma per i corpi che si stanno sciogliendo. Ciao