La Coppia dopo il pensionamento

La Coppia Di Anziani Si Gode Lo Stile Di Vita In Pensione Che Va A Cavallo  Della Stessa Bicicletta Colorata In Attività Ricreativ Fotografia Stock -  Immagine di anziano, divertente: 148608070

La Foto non rende l’idea…ma non ho di meglio.

Oggi  uomini  e  donne,  magari  in  maniera  diversa  da  come   era  forse  nella  generazione  passata,  di  norma   hanno  un  rapporto  di  coppia  che  continua  ad  avere  degli  effetti  positivi  anche  dopo  il  pensionamento,  e  cioè  quando  resta   più  tempo   per  rivalutare  la  vita  in  comune.  Ma  continua  ad  esistere   anche  l’altro  caso:  che  le  donne  guardino  con  una  certa  paura  al  pensionamento  del  coniuge   che  trovano  la  loro  realizzazione  nel  proprio  lavoro.  Non  ci  si  stupisce  se  ascoltiamo  non  di  rado : ” Da  quando  mio  marito   è  in  pensione   me  lo  trovo  sempre  in  casa,  e  ci  diamo  continuamente  sui  nervi,  complicandoci  la  vita  a  vicenda”.  E’  chiaro  che  nessuna  coppia  osa  ammetterlo,  ma  è  un  fenomeno ;  ahimè,  vero !  Quando  ambedue  lavoravano,  o  uno  solo  e  lei  la  casalinga,  avevano  i  ruoli  divisi  le  cose  andavano  bene.  Ma  adesso  non  funziona  più.  Così,  d’improvviso  ci  si  trova  sempre  insieme.  E  non  è  mica  facile  trovare  una  nuova  forma  di  convivenza.  Eppure,  questa  fase  della  vita  di   una  coppia  dovrebbe  rappresenatare   un’occasione    per  cercare  un  nuovo  rapporto  di  vicinanza  e  distanza  nello  stesso  insieme.  La  donna;  quindi  la  moglie,  con  molta  probabilità  ora  sente   di  più   che  gli  anni  in  cui  suo  marito  andava  a  lavorare ,  e  in  cui  forse  anche  lei  lavorava,  automaticamente  creavano  un  rapporto  di  vicinanza  e  distanza  che  faceva  bene  ad  entrambi.  Il  marito  aveva  il  suo  lavoro,  la  moglie  il  suo;  sia  pure  quello  in  casa,  e  di  norma  anche  l’educazione  dei  figli.     Ognuno  poteva  fare  e  disfare  a  proprio  piacimento.  E    quell’attendersi  era  un  momento  di  gioia.  Come  gioiose  erano  i  fine  settimana.  Erano  i  momenti  in  cui  i  due  partner   avevano  tanta  voglia  di scambiare  opinioni,  e  condividere  piccole  emozioni  in  compagnia  dei  figli,  o   da  soli.  Insomma,  un  equilibrio  davvero  piacevole  oltre  che  stimolante.  Il  marito  raccontava  del  lavoro,  dei  suoi  rapporti  col  capufficio  o  coi  colleghi.  Adesso,  si  trovano  sempre insieme.  Dalla  mattina  alla  sera. La  grande  Sandra  Mondaini  avrebbe  detto: “Che  noia,  che  barba !”.  Comunque,  bando  allo  scherzo  della  brava  e  indimenticabile  Mondaini,  il  problema  si  fa  serio,  in  quanto   una  crisi  può  anche  rivelarsi  fatale…all’unione.  E  pensare  che  ambedue   durante  il  periodo  attivo,   avranno  pensato  mille  volte   quel  momento  di  trovarsi  a  trastullarsi  e  non  fare  niente.   Non  è  così  purtroppo.  La  moglie  non  può  più  svolgere  le  faccende  come  vorrebbe  e  come  era  abituata  a   fare.  Si  sente  osservata,  controllata  dal  marito.  Insomma,  io  non  ho  altro  da  dire.  Il  problema  ve  l’ho  esposto,  parliamone  se  vi  fa  piacere,  e  magari   fornite   un  parere,  una  testimonianza  che  possa rivelarsi  utile  a  coppie  che  leggeranno  e  che  si  trovano  a  vivere  il  loro  pensionamento  in  questa  maniera.

 

Perchè ci complichiamo la vita con paure immotivate ?

Un post tra lo scherzetto…ma non troppo

Avere  paura  non  è  vigliaccheria,  ma  intelligenza.  Se  vedo  un  serpente  che  mi  attraversa  la  strada  mica  sono  scemo  ad  avvicinarmici.  Mi  allontano   con  la  scatto  di  un  grillo. No  no,  non  mi  sento  per  nulla  un  vigliacco.  Però  c’è  da  ammettere  pure   un  aspetto  fondamentale in  questo   fenomeno  naturale.  Esistono  due  possibilità:  la  paura   anormale;  quasi  patologica.  In  questo  caso  sono  un  pauroso  per  tutto.  Per  esempio,  qualcuno  ha  paura  di  entrare  in  una  casa.  Se  voglio  dissuaderlo,  non  debbo  usare  la  logica  per  dimostrargli  che  ha  torto.  Quella  persona  dirà,  giustamente:” E  chi  mi  garantisce   che  la  casa  non  crollerà ?”  Eh,  già,  chi  può  dargli  torto ?  Sappiamo  bene  che  le  case  possono  crollare,  quindi  anche  la  casa  del  nostro  protagonista  potrebbe  crollare.  Alcuni  sono  rimasti  schiacciati  sotto  le  macerie  di  una  casa  che  si  è  afflosciata  sotto  il  suo peso;  quindi  nessuno  può  dare  alcuna  garanzia  assoluta;  tutto  è  possibile…

Ci  sono  altri  che  hanno  paura  di  viaggiare  perchè  i  treni   possono  deragliare:  può  succedere;  eh  già !  Poi  c’è  quell’altro  che  ha  paura   e  non  riesce  a  salire  in  macchina,  a  causa  dei  molteplici  incidenti  cui  assistiamo.  Altri  ancora  hanno  paura  dell’aereo.  Al  solo  pensare  quell’altezza  vengono  già  i  primi  brividi.  E  allora ?  che  facciamo ?  Meglio  starsene  in  casa  nel  lettuccio;  è  più  sicuro.  Ma  noooo!!!  chi me lo  assicura  che il letto è “sicuro?”   Manco  a  pensarci !  Se  si  leggono  le  statistiche  circa  il  novanta  per  cento  delle  persone  muore  nel  proprio  letto,  quindi  è  il  posto più  pericoloso  che  esiste: Vade Retro  letto !  Se  aziono  dunque  la  ragione  io  non  mi  avvicino  per  niente,  sto  alla  larga  dal  letto.  Ma  se  agisco  in  questo  modo,  la  mia  vita  è  impossibile;  la  rendo  impossibile  e  un  continuo  attentato  alla  mia  vita.

Quindi  siamo  sul  patologico.  E  visto  che  esiste  tale  possibilità   i  politici,  in  primis,  la   sfruttano,  rendendola  appunto  patologica.  Ahimè,  mio  malgrado,  debbo  ammettere  che  di  questo  stato  anormale  di  paura  persino  i  preti  ci  giocano  un  po’  fornendoci  l’immagine  dell’inferno.  La  paura  aumenta.  Nei  testi  sacri  vengono  descritti  quali  indicibili  torture   vivono  le  anime  dannate,  è  un  vero  godimento ! Hitler   di  certo   avrà  letto  quelle  scritture,  e  ad  esse  si  è  ispirato.  I  suo  cervello,  la  sua  mente  pervertita  si  è  trasformata  in  una  enciclopedia  del  male.  I  preti   facevano  il  loro  mestiere,  Hitler  ha  mostrato  di essere  “molto  religioso”.  Così,  si  è  detto: ” Perchè  aspettare  tanto ? Io  creerò  un  inferno  quì,  ora,  così  potrete  avere  un  assaggio “.

Anche  il politico  si  è  reso  conto  che  le  persone  si  possono  intimidire;  e  una  volta impaurite,  si  possono  dominare:  è  dalla  paura  che  sono  nate  le  nazioni.

 

La santità dell’albero…la santità della Natura

Mercoledì Freudiani: L'ALBERO DEGLI AMICI (di Jorge Luis Borges)

Ho letto poco fa sul profilo di “Licsi 35pe”, cioè dell’amica Licia, una poesia di un poeta romanesco che amo tanto TRILUSSA. E così, mi è venuta alla mente una sua poesia che presumo possegga tanta verità

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 È un dialogo tra un albero di ulivo e il taglialegna che sta per tagliare l’albero. L’albero dice:

“Ma perché mi strappi dalla mia terra? Che vuoi? Mi fai trasformare in una scrivania come quel faggio?”.
Risponde: “Ma no, che dici? Tra poco tu diventerai statua di un santo. Ti metteranno sull’altare, ti porteranno in processione. Sarai santo. Potrai fare tutti i miracoli che vuoi.”
Ma l’albero rispose:
“Ti ringrazio tanto, ma il carico di ulive che ho addosso, non ti pare un miracolo più grosso di tutti quelli che farei da santo? Tu stai sciupando tante cose belle, in nome della fede. Ti inginocchi se vedi che un pupazzo muove gli occhi e non ti curi di guardare le stelle. Mentre gli diceva queste parole si intravvide una luce d’improvviso, un raggio d’oro e Dio dal paradiso benediceva l’albero, con il sole”.

Trilussa

La Vita insegna ma….non si ripete mai.

Frasi sulla vita e vivere • Scuolissima.com

Ho  imparato;  come  tutti,  naturalmente,  che  in  questa  avventura  in cui  siamo  tutti  imbarcati,  e  che  si  chiama  vita,  è  come  se  ci  trovassimo  in  una  vastissima  aula  magna,  dove  ci  vengono  somministrati  amorevolmente   tutte  le  nozioni  per  vivere  l’avventura  in  modo  sano.

Ho  imparato,  alcuni  criteri  per  discernere  se  un  amico  è  vero  amico.  Le  mie  conclusioni sono  queste:

1- Se  non  mi  ama  per  vantaggio  suo;

2- Se  la  sua  amicizia  con  me  non  è  basata  su  valori  futili  e  transitori ( bellezza  fisica,  intelligenza,  vivacità  di  carattere,  ecc.  ecc. ),  ma  sui  valori  veri;  per  un  aiuto  vicendevole:  sulla  virtù;  sul desiderio  di  diventare  più  buoni,  e  via  discorrendo;

3- Se  mi  è  fedele  nei  momenti  di  prova,  disgrazie,  sofferenze.  La  fedeltà  dell’amico  nelle  prove  è  la  cartina  di  tornasole  della  bontà  di  una   vera  amicizia;

4-  Se  la  nostra  amicizia  ci  rende  migliori;

5- Se,  soprattutto,  questa  amicizia  ci  porta  ad  elevarci  sempre  più  nell’amore  e  generosità  con  tutti;

6-  Un  altro segno  della  vera  amicizia,  non  bisogna  dimenticare;  ed  è  questo :  due  amici  veri,  perchè si  vogliono  bene,  amano  stare  insieme.  Ma  a  condizione  che  questo  non  diventi  un ghetto.  Si  deve  stare  bene  insieme  con tutti,  dando ad  ognuno  il  suo.  La  vera  amicizia,  per  sua  natura,  riversa  sull’altro,  la  carica  di  amore  e  bontà  che  è  stata  intessuta.

In  conclusione,  aggiungo  ancora,  che  la  vera amicizia,  rara  come  l’oro;  è  un  dono  troppo  alto  per  soffrire  di  quella  bruttissima  cosa  che  è  la  gelosia!

La Donna è contraria alla logica…?

Due minuti di storia - Einstein, fisica e filosofia - Cultura -  ilrestodelcarlino.it

Si,  pare  proprio  che  il  problema  della  donna  sia  quello  di  essere  fortemente  contraria  alla  logica.  La  donna   si  contrappone  con  l’emozione.  In  questo  non  ha  avversari  che  la  possano  battere.  Forse  per  questo   affiorano  difficoltà  di  comunicazione  tra  uomo  e  donna,  tra  marito  e  moglie.  In  realtà,  poichè  hanno  modi  diversi,  si  interessano  l’uno  all’altra,  si  attirano  a  vicenda:  sono  polarità  opposte,  simili  al  polo  negativo  e  quello  positivo  nell’elettricità.  Ecco,  si  attirano,  ma  poichè  sono  opposti  la  comunicazione  diventa  estremamente  difficile,  quasi  impossibile.

L’uomo  parla  sempre  con  la  testa  e  la  donna  parla  sempre  con  il  cuore.  Praticamente  due  linguaggi   completamenti  differenti  e  un  po’   predisposti  allo  scontro  anzichè  all’incontro.

Prendiamo  un  piccolo  esempio.  Una  coppia  sta  litigando  e  il  marito  dice: ” Cara,  non  litighiamo,  discutiamo  in  maniera  razionale !”  Ribatte  lei  tutta  arrabbiata: ” Tutte  le  volte  che  discutiamo  in  maniera  razionale  io  ho  la  peggio !”.  Mi  piace  questo  teatrino.

E  si,  perchè  si  intuisce  molto  circa  la  relazione di  una  coppia.  Se  la  donna  è  disposta  a  perdere,  accetta   di  parlare  in  maniera  razionale,  logica.  E  ogni  donna  sa  che  una  discussione  razionale  non  è  il  modo  per  averla  vinta:  ne  uscirà  sconfitta,  perchè  la  mente  maschile  ne  è  esperta.  A  proposito,  ma  il  grande  Einstein  possedeva  l’emisfero  destro ?  OK,  lasciamo  perdere.

Quindi,  la  donna,  non  avendo  sufficienti  cartucce   di  logica,  escogita  l’arma  di  cui  è  specialista:  il  pianto.  Con  il  pianto,  tutta  la  logica  dell’uomo,  che  sta  alzando  bandiera   di  vittoria,  in  un  attimo  si  vede  a  terra  col  manico  della  bandiera  sulla  pancia.  La  donna  ha  imparato  la  potenza  delle  lacrime.  Che  senso ha  continuare  a  discutere  con  lei ?  E  non  si  tratterà  più  di  chi  è  nel  giusto,   ma  di  chi  l’avrà  vinta.

Donne  che  ne  dite ?  E  vero  quello  che  ho  detto ?

Non sono insensibile alla sofferenza dell’umanità…( leggete bene per non fraintendermi ))

Identità.com » Armi di “distrazione” di massa: il falso omicidio della “donna velata”

Chi può sfuggire alle voci e alle immagini che quasi ogni giorno, quando è l’ora di mangiare, quando è l’ora di dormire, malignamente ci aggrediscono come forti pugni in pieno viso ?

Chi è capace di  evitare questa  invasione dell’umanità sofferente tra le  quattro pareti della nostra stanza di soggiorno o della cucina ?

Mi ribello: “E’ forse colpa mia se avevo avuto una madre e un padre ? Se avevo un tetto sopra la testa e pane sopra la tavola ?

Era colpa mia se avevo imparato a leggere e se avevo un lavoro che mi  dava da vivere ? Ecco, il mio solito dibattito interiore, ma silenziato per non coinvolgere i miei cari. Tuttavia, la sofferenza del mondo  mi colpisce come un rimprovero cocente, e non mi è facile sopportarlo. Si, ascolto, guardo, ma decido di non sentire nè vedere. E così, abilmente, chiudo a chiave  tutte le mie porte.

E tuttavia, in certi giorni le immagini sono più drammatiche. Si odono le grida più strazianti e così, quelle serrature che credevo ben serrate, vanno saltando una dopo l’altra. Non posso farci niente.

Sento che in me cova una sorda ribellione, terribile dinamite profondamente sotterrata nel fondo del mio essere. Il mio cuore che esplode ed esplode anche la testa. Riconosco che tutte queste sofferenze sono atroci, ingiuste, mostruose. Quindi, occorre trovare dei colpevoli. Abilmente li trovo: la società, la politica, la religione….e Dio. E tutta questa gente che ci istruisce, che ci informa, che ci governa…questi profittatori, questi incapaci, questi imbecilli. Tutti quelli che possono fare ma che non fanno  niente !

Mi ribello, e più mi ribello, più mi sento orgoglioso di me stesso, e dimostro a me stesso che non sono insensibile e chiuso.

Progetto persino delle soluzioni. Soluzioni radicali: “sarebbe bastato…e finchè non ci sarà”: tutti pensieri che richiedono venga ammirato. E così vado a letto, e mi addormento più calmo per avere addormentato la coscienza.

 

 

 

Un dialogo immaginario….

Questa  sorridente  e  bella  signora  è  affetta  da  un  male  inguaribile.  Lo  sà,  e  sorride.  In  lei  straripa,  deborda  la  voglia  di  vivere   e  soprattutto  quello  di  sconfiggere  il  drago.  E  io,  nella  mia  impotenza  vorrei  instaurare  un colloquio  virtuale  con  lei.  Incolperà  Dio ?  Forse.  Dopotutto  è  sempre  così,  tranne  che  non  si  è  sorretti  da  una  fede  profonda,  certa.  La  chiamerò  Mary.

Mary:-  “Perchè  proprio  a  me ?  Perchè  Dio  mi  ha mandato  il  cancro ? “.  Cosa  si potrebbe rispondere  a  questa  angosciante  domanda  che  sembra  fare  spostare  l’asse  della  terra ?  Abbi fede ?  E  può  uno  pretendere  di  essere  credibile  con  una  risposta  simile ?  E  magari  col  rischio  di   cadere  nel  più  squallido  e sterile  pietismo ?

Vediamo  cosa  mi  suggerisce  la  mente e  soprattutto il  cuore  dinnanzi  a  un  volto  che  non  sa  darsi  una  risposta;  non  la  trova.  Perchè  è  priva  di  senso  una  malattia  del  genere.

IO – ” Cara Mary…Dio  non c’entra;  Dio  non  vuole  la  sofferenza  degli  uomini;  Dio  non  vuole  la  morte.  Il  nostro  è  il  Dio  della  vita !  Vedi,  mia  cara,  io… non  so come  dirtelo,  ma  quando  sento  coinvolgere  Dio : ”  Ti  manda  il  cancro !”…Ma  è  impossibile !  Dio  non  vuole  il  cancro,  assolutamente.  Vuole   che  tu  sia  sana,  che  tu  viva !  Non  vuole  la  morte,  ma  vuole  la  vita.  E’  giusto  e  legittima   la tua ribellione  che   merita  rispetto,  soprattutto  quando  si  è  nella  sofferenza,  nel dolore,  non  si  ragiona, quindi  tutti  vanno  rispettati;  ma  soprattutto  va  rispettato  Dio !  Perchè  Dio  dimostra  –  per  chi  crede –  che  l’unico  suo  modo  di  risposta   a  questa problematica   drammaticissima,  tragica (del mondo, dell’uomo,  tragedia  dell’esistenza, tragedia  della  società ),  Dio  ha  una  sola  risposta:  Ti  manda  Gesù  Cristo !  Si,  mia  cara,  proprio  Gesù  Cristo,  Suo Figlio,  il Dio  che  ti  si accosta,  a  condividere  insieme  a  te  la  tua  condizione;    il  Dio  che  ti  si  avvicina   silenzioso,   per  dirti:   Eccomi,   vengo  a  soffrire  con  te.  Anzi,  io  stesso  mi  prendo  il  peso  più  pesante;  vengo  pure  io,  a  scontare  con  te.  Non  temere,  figlia  mia.  Non  mi  staccherò  da  te.  Non  guardo  io  tuoi  errori  anche  se  fossero  rosso   scarlatto.  Sei   una  mia  redenta,  il  tuo  male  l’ho  inchiodato  sull’albero  della  croce.  Mi  assumo  il  tuo  dolore !  Appoggiati  a  me,  e  io  ti  sosterrò !”

P.S. E’  una  dedica  verso  una  persona  che  non  conosco;  mai vista se non nella mia fantasia. Un  balbettio  che  ho  voluto  trasformare  in  preghiera  e  in  colloquio.  L’immaginario,  non  è  il  mio  forte,  ma  ho  messo  tanta spremitura  di  cuore. 

Perchè l’erba del vicino è sempre più verde ?

Ci  è  stato  insegnato;  sin  da  bambini,  che  necessita  paragonarci.  Siamo  stati  condizionati  a  fare  sempre  confronti :  il  tizio  ha  la  casa  più  bella  della  mia,  quella   di fronte  ha  un  bell’aspetto,  il  suo  corpo  è  migliore  del  mio.  Quello  che  è  passato  poco  fa  ha  più  denaro  di  me.  Ecco,  una  continuità  di  paragoni  con  chi  ci  passa  vicino  o  che  ( peggio  ancora )  ci  è  di  famiglia :  cugini, cognati ( quest’ultimi non ne parliamo ).  Facciamo  sempre  paragoni,  il  chè  inevitabilmente   scatena  in  noi  la  bestia;  cioè  la  Gelosia,  prodotto  del  condizionamento  al  confronto.

E’  chiaro,  che  se  smettessimo  di  confrontarci,  la  gelosia  scomparirebbe.  Meno  male  che  non  ci  confrontiamo  con  gli  alberi,  in  questo  caso  si  scatenerebbe  anche  l’invidia: “Come  mai  non  sono  così  verde ?”  Ed  è  pure  una  fortuna  se  non  ci  confrontiamo  con  gli  uccelli,  con  i  fiumi,  con  le  montagne,  altrimenti   la  nostra  vita sarebbe  un  inferno.  Ci  confrontiamo  solo  con  quelli  come  noi:  gli  esseri  umani.

Credo  che  il  paragonarsi  sia  un’atteggiamento  stupido,  perchè   ogni  persona  è  unica  e  incomparabile.  Non  dobbiamo  assomigliare  a  nessuno.  Noi  siamo  gli  originali  di  noi  stessi,  e  non  le  copie  degli  altri.

E’  proprio  vero.  Dai  vicini  accadono  cose  straordinarie.  L’erba  è  più  verde,  le  rose   hanno  un  colore  più  vivo  e  sono  più  profumate.  Il  guaio  è,  che  similmente  a  noi,  quegli  stessi  altri  con  cui  ci  confrontiamo  si  confrontano  con  noi  e  pensano  che  l’erba  del  nostro  giardino  sia  più  verde,  e  che  la  nostra    moglie  è  più  bella  della  loro.  Paradossalmente  accade  che   siamo  stanchi  della  moglie  che  abbiamo  o  del  marito.  Non  ci  rendiamo conto  sul  come  mai  ci  siamo  lasciati  intrappolare  di  lei/lui  in  quel  giorno,  e  non  sappiamo  come  fare  per  liberarcene.  Nello  stesso  momento,  il  vicino,  o  la  vicina  ci  invidia  la  moglie  o  il  marito (dipende )  così  bella/o.  Insomma  uno  scambio  silenzioso  di  invidia   con  i  medesimi  pensieri.

Tutti,   invidiano  tutti.  E  con  tutta  questa  invidia – gelosia  creiamo  un  inferno,  diventiamo  molto  gretti.

Per  concludere –  sia ben inteso che non è una norma generale – se  gli  altri   sono  messi  male,  ci  si  sente  meglio.  Se  gli  altri   sono  dei  perdenti   va  bene,  ma  se  gli  altri  sono  felici  e  hanno  successo  si  ha  l’amaro  in  bocca.

Ma è proprio necessario impegnarsi per gli altri ?

Fare volontariato fa bene sempre e comunque - R 101

I  greci  dicevano  che  l’uomo  è  uno  zoon  politikòn.  Insomma,  un  essere  che  vive  in  società .  E’  nel  nostro  essere   che  siamo  sempre  riferiti  agli  altri.  Siamo  dipendenti  gli  uni  dagli  altri  e  senza  il  nostro  prossimo  non  potremmo  esistere,  sin  dalla  nascita.  Ogni  bambino  dipende  dall’attenzione,  dalle  cure  e  dall’amore  che  riceve  dagli  altri.  E  questa  attenzione  e  questa  fiducia   sono  a  loro  volta  il  fondamento  per  l’attenzione  agli  altri.  Viviamo   in  solidarietà  e  in  unione  con  gli  altri. ” Solo  uomini  completi  vivono  l’umano “.  Questa  frase  la  disse  Goethe. 

Vediamo  di  scavare  dentro  a  questa  frase  di  un  cervellone  dell’animo  umano.

Credo  che  Goethe  fa  riferimento  al  legame  di  fondo,  di tutti.  Facciamo  esperienza  di  noi  stessi  come  io  dell’altro,  così  come sono,  ma  solo  nella  relazione  all’altro,  possiamo  diventare  “noi stessi”( virgolettato di  proposito ).  Appunto  per  questo  è  nell’essere umano,  insito,  quel  non  chiudere  gli  occhi  di  fronte  al  bisogno  di  chi  ci  circonda,  ma  intervenire  quando  vediamo  l’altro  o  l’altra  nel  bisogno:  non  importano  i  motivi.  La  parola  bisogno  non  ammette  interpretazioni  arbitrarie  o  di  comodo.

Che  la  relazione  con  gli  altri  non  sia  sempre  armonica  fa  parte  delle  esperienze  originarie.  I  primi  protagonisti  li  vediamo  in  Caino  e  Abele (  lasciamo  stare  se  siano  davvero esistiti o meno. A  me  serve come  esempio ).  Un  Fratricidio  all’inizio  dei  tempi,  e  della  storia  dell’umanità.  Caino  è  invidioso  del  fratello  Abele  e  lo  uccide.  Quando  Dio  gli  chiede  conto e  gli  domanda: “Dov’è Abele, tuo  fratello ?”,  Caino  risponde: ” Non  lo  so.  Sono  forse  io  il  custode di  mio  fratello ?”

Ecco.  Caino  rifiuta   di  assumersi  la  responsabilità   del  proprio  operato.  Ma  questo  lo  porta  a  dover  vagare  per  tutta  la  vita  tormentato  dalla  coscienza sporca.

Emblematica  questa  versione  biblica  dentro  cui  ci  stiamo  tutti  dentro,  fino ai  giorni  nostri.

Noi,  non  possiamo  chiudere  gli  occhi di  fronte   agli  altri.  Siamo  in  questa  vita,  e  siamo  stati  creati   come  essere  fatti   per  vivere  in  società e,  quindi,  abbiamo  la  responsabilità  verso  la  “Lei”  o  il “Lui”.  Non  ci  è  consentito,  quindi  comportarci  come  se  gli  altri  non  ci  riguardassero.  Se  chiudiamo  gli  occhi  di  fronte  a  loro,  allora  in  noi  si  desta  la  coscienza  morale.  Non  ci  lascia  in  pace.  Non  possiamo  vivere  nella  pace  interiore,  se  non  ci  occupiamo  anche  degli  altri  intorno  a  noi.  Ovviamente  non  possiamo  aiutare  tutti,  ma  chi  chiude  gli  occhi  di  fronte  agli  altri  non  trova  pace.