Definire il punto di partenza

 

Definire il punto della partenza

 

 

LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: 1Re 8,22-23.27-30

Salmo: Sal 83 (84)

 Vangelo: Mt 7,1-13

 

Il Vangelo di oggi ci parla di osservanze per tradizione, sembra un testo lontano per i giorni nostri. Questo brano però, ha qualcosa da dire anche a noi, è come se oggi il Signore ci domandasse: cosa c’è alla base del nostro agire?

“Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me”. Viene sottolineata una differenza importante, Gesù non nega le tradizioni antiche, il problema è quando in esse non c’è più il cuore; e il comandamento di Dio, ovvero la legge dell’amore, non è più nel vivere quotidiano. È come se il Signore ci esortasse a mettere il cuore in quello che facciamo, a fare in modo che il Suo comandamento sia alla base e il punto di partenza delle nostre azioni, dei nostri incontri; solo così è possibile vivere l’unità in noi stessi, con gli altri e con Dio.

A cosa servirebbe fare tutto per bene solo perché è un obbligo? Si rischierebbe così di dare adito a interpretazioni che quest’ultimo provenga da Dio ed invece parte da noi. E se provassimo a vedere ciò che è possibile fare sotto l’ottica del dono? Se abbiamo Dio nel cuore, o abbiamo fatto esperienza del Suo perdono, oppure siamo ancora lì a chiederci se davvero Lui può dirci qualcosa per la nostra vita, l’invito è partire dal cuore, perché è nel cuore che sta Dio e in esso troviamo la vera motivazione con cui condurre la nostra vita.

Le tradizioni hanno in sé una storia, esperienze di chi precedentemente ha vissuto, sono come le tradizioni di una casa, che non devono essere fatte come obbligo, ma perché sentendoci “a casa”, di conseguenza fanno parte di noi. Solo sentendoci così con Dio, potremmo passare dalla bocca al cuore, dal fare un”azione perché è sempre stata fatta così, a compierla perché fa parte di Dio e di noi.

Il Signore sia sostegno alla nostra debolezza, che il Suo amore sia esperienza di un cammino di ritorno al nostro cuore, così da renderci conto che Lui è sempre pronto ad accoglierci così come siamo e insegnarci la via buona, la strada giusta.

 

 

Almeno il lembo del suo mantello

 

Almeno il lembo del suo mantello

 

 

LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: 1Re 8,1-7.9-13

Salmo: Sal 131 (132)

Vangelo: Mc 6,53-56

 

Nelle parole del Vangelo di oggi, si legge un gran bisogno di salvezza, ai tempi di Gesù come ai tempi nostri ci troviamo a invocare, chiedere e supplicare per essere guariti. C’è un popolo che grida, chiede aiuto e desidera solo toccare il lembo del mantello di Gesù per essere salvato.

Si legge in questo brano: “quanti lo toccavano venivano salvati”, Gesù si lascia toccare, si lascia incontrare, perché anzitutto il Suo desiderio è che noi ci salviamo, le nostre suppliche, il nostro bisogno è già nel Suo cuore.

Egli ci guarda e vede tutto ciò che siamo, i pesi, le preoccupazioni che dobbiamo portare e a nessuno nega il Suo aiuto. Viene scritto che le persone riconoscevano Gesù, ma dobbiamo ricordarci che è Lui per primo a riconoscerci; se basta solo toccarlo per venire salvati, è perché Egli sa già di cosa abbiamo bisogno.

In questo testo non ci sono richieste esplicite di aiuto, come in altri testi precedentemente letti, ma ci sono prevalentemente solo gesti. A volte nel silenzio si possono capire molte cose, nelle profondità di parole taciute è nascosta una richiesta di aiuto molto più forte di un grido; talvolta con Dio ci comportiamo così, ma Lui sa quando i nostri silenzi diventano preghiera, conosce cosa abbiamo nel cuore.

Gesù è approdato nella nostra città, paese, casa, nel nostro cuore, per lasciarsi toccare, per avere un contatto diretto con noi, ha compiuto un viaggio lungo la nostra storia, affinché un giorno ci rendessimo conto che ciò di cui abbiamo bisogno è proprio lì sotto i nostri occhi ed è Lui stesso.

Il Signore è venuto a sanare e salvare, è possibile toccargli il mantello perché ascolta il grido di noi che abbiamo bisogno di essere salvati, desidera essere aiuto e protezione: il nostro mantello. Egli sana il cuore dalle ferite che ci portiamo dentro e nella fatica diventa sostegno e forza per camminare insieme a Lui.

 

 

La rete della fiducia

 

La rete della fiducia

 

 

LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: Is 6,1-2a.3-8

Salmo: Sal 137 (138)

Seconda lettura: 1Cor 15,1-11

Vangelo: Lc 5,1-11

 

Gesù sale sulla barca di Simone e comincia a insegnare, e dopo che ebbe finito di parlare, invita chi era sulla barca a prendere il largo. La risposta di Simone è splendida: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti».

Se immaginiamo la scena, è bellissima, Gesù sale sulla barca, Pietro e gli altri sono stanchi, esausti e forse anche un po’ amareggiati per non aver preso nulla, ma nonostante tutto stanno lì ad ascoltare Gesù che ha qualcosa da dire loro. Dopo tutta quella fatica, l’essersi fermarti ad ascoltare, ci fa pensare che le Sue parole dovevano proprio avere toccato il loro cuore, per avergli lasciati svegli e in ascolto. Questo capita anche a noi, nelle nostre giornate che a volte sono simili a delle notti, in cui al loro termine ci sembra di non aver concluso nulla.

Il Vangelo di oggi ci indica che Gesù è lì nella nostra barca, nella nostra vita e vuole dirci una Parola che faccia bene al cuore, desidera essere consolazione e coraggio per tutti quei giorni in cui stanchi e oppressi non abbiamo voglia di sentire nulla, e non vogliamo muoverci, ma stare fermi a terra.

Egli ti invita a non fermarti a osservare nella tua vita per prima cosa hai o no, che cosa hai raccolto, ma ciò che sei, per ritrovare te stesso e Gesù nella tua barca, in quella situazione. A volte è proprio nel viaggio, alla luce del sole, senza la terra sotto i piedi che possiamo scoprire che Egli è lì con noi a farci fare esperienza del Suo amore, del Suo perdono che non ha limiti di ore, schemi, mentalità ed ha un solo scopo: renderti consapevole che sei amato, affinché tu possa amare altrettanto.

Il vero miracolo di questo racconto non è quanti pesci hanno raccolto, ma aver fatto esperienza di un Dio, che oltre misura ti ama di un amore che previene e ti viene incontro come sei e non come vorresti essere.

Fermati nella tua barca, li dove sei e ascolta il Signore, lasciati toccare il cuore, getta la rete della fiducia per raccogliere tutto l’amore, il perdono che Egli ha per te e donalo agli altri più che puoi, con tutto te stesso, come Lui ha fatto con te.

 

 

Venite in disparte

 

venite in disparte

 

 

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Prima lettura: 1 Re 3,4-13

Salmo: Sal 118 (119)

Vangelo: Mc 6,30-34

 

Il Signore invita i suoi discepoli in disparte a riposare, “infatti erano molti quelli che andavano e venivano”. Leggendo questo brano di Vangelo, sembra quasi di vedere le nostre giornate cariche di lavoro e nella frenesia del fare troviamo il suo invito: venite in disparte. È curioso che invece di trovarsi da soli in disparte, vengano raggiunti da molta folla.

Questo finale ha qualcosa da dire a noi: nel ritmo sostenuto dei nostri giorni, Egli è presente e ci invita a un disparte che non è isolarsi da tutti e prendersi un pausa, ma è un ricordarsi di Lui all’interno della nostra giornata, della nostra frenesia.

L’invito che il Signore ci fa è di sentirlo all’interno della nostra quotidianità, di non fermarsi a un “poi lo faccio”, Egli non è un impegno tra i tanti, ma una relazione attraverso cui far partire tutto il resto. In quella compassione di Dio c’è tutto il desiderio che ci accorgiamo di Lui nella nostra storia, di quanto ha a cuore le nostre stanchezze e fragilità, che sembrano renderci come pecore senza un pastore, una guida.

Egli vuole dirci quest’oggi che Lui c’è sempre, sa delle nostre fatiche, dei nostri sbagli, delle nostre sofferenze e vuole darcene sollievo. Sentire Lui all’interno del nostro quotidiano è il più bell’invito che può farci, vuol dire essere amati, voluti e non più soli; significa avere una luce capace di guidarci nelle notti più buie e aver ossigeno in una faticosa salita in montagna, è guardare alla nostra vita partendo da questa relazione e non dalle cose da fare.

Vieni in disparte lasciati insegnare le molte cose che ha da dirti, Colui che ti ha creato, ti ha donato un luogo dove in disparte con Lui puoi ripartire: il tuo cuore.

 

 

Il bene fatto continua sempre

 

Il bene fatto continua sempre

 

 

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Prima lettura: Sir 47,2-13 (NV) [gr. 47,2-11]

Salmo: Sal 17 (18)

Vangelo: Mc 6,14-29

 

Leggendo questo testo che narra un episodio terribile, verrebbe da pensare su cosa possiamo meditare? Oltre alla triste storia è possibile notare un insegnamento: il bene fatto continua sempre.

Il bene compiuto nel nome del Signore, non si esaurisce con la vita è sacro per sempre. Oggi siamo invitati a ricordare quei gesti di bene donati, o che abbiamo ricevuto e pensare a tutte quelle persone che ce li hanno fatti, probabilmente alcune di esse possono non esserci più, ma quel bene vivrà per sempre. Non si tratta solo di compiere una buona azione per le nostre coscienze, ma riconoscere questa come capace di dare nuova vita, dona a chi la riceve un po’ di noi e dura nel tempo.

Tutto quello che ha fatto Giovanni, non verrà dimenticato e persino noi che non l’abbiamo conosciuto, possiamo saperlo grazie a chi l’ha raccontato. Erode pensa che Gesù sia Giovanni risuscitato, questo perché ciò che Giovanni ha fatto, è stato un bene così forte da non lasciare indifferenti.

Siamo invitati a far diventare la nostra vita un dono, a rendere sacri i nostri giorni di gesti dell’ amore di Dio per celebrarlo. Siamo chiamati a essere un riflesso del Suo amore che continua nel tempo e ci rimanda a Lui.

Sarebbe bello vivere la nostra vita con l’esperienza dell’amore ricevuto e con la capacità di rendere amore, quei momenti in cui non abbiamo ricevuto del bene, dove siamo stati noi a fare la differenza e abbiamo dato luce ai nostri giorni più bui, riflettendoci nell’amore di Dio. Quando nella vita c’è un solo piccolo atto di bene ricevuto e donato, ecco, quello è per noi il nostro giorno sacro, amato e celebrato.

 

 

Sostegno e consapevolezza

 

 

 

LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: 1 Re 2, 1-4.10-12

Salmo: 1Cr 29, 10-12

Vangelo: Mc 6,7-13

 

Il Signore chiama a sé i dodici e dà delle indicazioni per il cammino. Nel viaggio dice di non portare nient’altro che un bastone e calzare i sandali. Il bastone serve a reggerci quando le nostre gambe non ce la fanno a camminare e può rappresentare tutte quelle situazioni in cui abbiamo fatto esperienza di sostegno, Gesù era lì con te. I sandali fanno pensare al viaggio, al percorso, a quei passi di consapevolezza in cui il Suo amore ci precede e accompagna.

Addirittura dice di non portare né sacca, né pane, né denaro, perché? Il Signore ha a cuore che i discepoli comprendano e noi con loro la presenza di un amore capace di prevenire i passi, accogliere i bisogni, custodire il cammino e non lasciare mai soli. Questo non toglie la fatica del cammino, del viaggio, ma Colui che ti ha chiamato a sé, ti ha con sé, sei parte di Lui.

Gesù è presente nella tua vita sempre, anche quando ti pare di non riuscire a camminare, quando sei stanco, stai soffrendo e ti sembra di non aver nulla in mano. Il Signore che ti ha chiamato non ti fa partire da solo, ti dà dei compagni di viaggio e sono quelle persone che in qualche modo nella tua vita aiutano a camminare, e alcune volte possiamo esserlo anche noi per altri.

Sentiamoci chiamati a Lui, in un cammino che nonostante le fatiche è per noi, Egli ci ha pensato, non ha escluso nessuno e nel viaggio della nostra vita siamo invitati a scoprire i suoi passi nei nostri a non sentirci soli, ma pellegrini alla scoperta del Suo volto per svelarlo ad altri ed essere noi stessi sostegno e consapevolezza.

 

 

Un segno che ci sarà un tempo anche per te

 

Un segno che ci sarà un tempo anche per te

 

 

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Prima lettura: Ml 3,1-4

Salmo: Sal 23 (24)

Seconda lettura: Eb 2,14-18

Vangelo: Lc 2,22-40

 

Sia Simeone che Anna, riconoscono in Gesù il Figlio della promessa, essi ci aprono la strada a riconoscere chi veramente stiamo per incontrare. Il desiderio di Dio è poterci far dire come a Simeone: “i miei occhi hanno visto la tua salvezza”.

Quando i nostri piedi diventano stanchi e la fatica di camminare è dura, allora apriamo il nostro cuore a Colui che è venuto a svelarne i pensieri, per togliere quel velo fatto di paure, incomprensioni, che non permettono di vedere, perché per vedere c’è bisogno del cuore.

Sappiamo bene cosa vuol dire ricevere anche solo un gesto, una parola, quando ci sentiamo dispersi e nello sconforto, Egli è venuto a fare molto di più, ci ha promesso una strada, una luce che è Lui stesso, affinché non fossimo più quel popolo stanco e oppresso, ma fossimo il popolo della gloria.

Il Signore vuole per te un tempo di riscoperta di Lui e lo fa attraverso la via della tenerezza di un bambino; desidera tu sappia che è qui con te e ti precede nel tuo cammino. Se ti sembra di essere solo non lo sei, c’è un Dio che ascolta il tuo grido, le tue lacrime ed è con te anche nei tuoi sorrisi.

Queste parole non dimenticarle se adesso non riesci a crederle, il Vangelo di oggi è un segno che ci sarà un tempo anche per te, come è stato per Simeone e Anna, in cui riconoscerai il Signore. Tu diventerai capace di cogliere i lineamenti del Suo volto: la tenerezza, la misericordia, la bontà, l’amore e avrai tra le mani una strada, una luce, una scia di colori dove è presente il tuo Dio, quello sarà per te il momento di dire: “i miei occhi hanno visto la tua salvezza”.

 

 

Il coraggio, la fiducia e lo stupore

 

Il coraggio, la fiducia e lo stupore%0A

 

LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: 2Sam 18,9-10.14.24-25.30;19,1-4

Salmo: Sal 85 (86)

Vangelo: Mc 5,21-43

 

Le guarigioni del Vangelo di oggi sono impossibili, straordinarie, una donna che perdeva sangue da dodici anni e una bambina apparentemente morta. Cosa unisce questi due miracoli? Il coraggio e la fiducia.

Il coraggio e la fede di una donna che desidera solo toccare il mantello del Signore per essere guarita, le fa toccare la forza di Dio; il coraggio e la fede di un padre angosciato, consapevole che Gesù è l’unico a poter salvargli la figlia.

Sia quella donna che il padre avevano perso tutto, non avevano più niente, ma ad entrambi era rimasta l’unica cosa davvero importante: credere in Dio.

Oltre a questi due fatti veramente eclatanti, c’e una reazione che colpisce il nostro cuore, lo rassicura quando noi abbiamo paura e non sappiamo cosa fare. La reazione è lo stupore dei discepoli, essi si stupiscono che tra la folla Gesù riesce a sentire qualcuno che l’ha toccato, e si stupiscono che per Gesù quella bambina non è morta ma dorme.

Il Signore ci sta invitando a vivere con lo stupore dei discepoli dinanzi a ciò che vedono. Si può supporre non abbiano capito chi era Gesù, però a pensarci bene, lo stupore è una reazione che ben conosciamo, magari concretamente non abbiamo mai visto un miracolo e quindi parlarne può sembrare una cosa lontana, ma sappiamo bene cos’è lo stupore dinanzi a una cosa bella.

Il Signore ci invita a stupirci di Lui, a renderci conto che la nostra vita, la nostra quotidianità è fatta di piccoli attimi in cui Lui si manifesta. Imparare a stupirsi di Dio rafforzerà il nostro cuore, ci donerà il coraggio e la fiducia anche nelle difficoltà, dove potremmo non avere più le forze di fare nulla, ma anche noi come coloro che hanno vissuto questa storia, avremmo l’unica cosa veramente importante: aver creduto in Dio, non aver mollato.

Lasciamoci stupire, impariamo a cogliere quei piccoli miracoli quotidiani che Egli ci dona, fosse anche solo una parola di conforto, un gesto inaspettato, lasciamo entrare in noi la forza di Dio e sarà questo a far diventare la nostra vita un miracolo.