Perdonare

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12 Settembre 2024

GIOVEDÌ DELLA XXIII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

Gesù si rivolge a chi ascolta la sua parola e insegna l’amore per i nemici con una serie di verbi attivi e concreti: fate, benedite, pregate. Un programma arduo per il nostro povero cuore che molte volte rimane rattristato, offeso o ancora peggio indurito su un’idea che non può cambiare, fino ad arrivare a odiare il fratello e persino l’amico.

L’amore non va mai misurato, centellinato, ma riversato in una misura abbondante, che si espande come un profumo e pervade tutto all’interno. Ma come facciamo ad amare in questo modo? Pare che il Signore ci chieda una cosa impossibile, eppure a noi il Signore chiede solo il possibile. Allora dobbiamo compiere piccoli passi, partire da noi; impariamo a perdonare noi stessi, perché Dio ci ha già perdonati e poi proviamo a farlo anche verso gli altri.

La misericordia del Padre che allarga il mio cuore, lo rende capace di misericordia. Lo sguardo del Padre è pronto ad accogliermi, a perdonare il mio cuore tormentato. Lasciamo che il Signore ci sostenga in questo cammino di misericordia, perché dove non arrivano ancora i nostri gesti concreti, arrivi almeno la nostra preghiera.

“Signore,

aiutami tu in questo arduo cammino di perdono e amore.

Il mio cuore si blocca

ed il dolore avanza.

Ti prego Signore per me

e per quelli che come me,

hanno la vita ferita.

Possa tu essere il loro conforto

e la loro pace.

Possa il tuo amore

trovare posto nel cuore,

così che le tue parole di perdono,

siano la forza per perdonare altrettanto! “

(Shekinaheart eremo del cuore)

Dal Vangelo di oggi, commento al Vangelo del giorno, perdonare, benedire, pregare

Beati

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11 Settembre 2024

MERCOLEDÌ DELLA XXIII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI

“Beati”, una parola che il piu delle volte non collima con la realtà di quello che stiamo vivendo. Ci si trova a fare i conti con le preoccupazioni di tutti i giorni: fatiche, sofferenze, malattie, difficoltà di vario genere. Come percepire questa beatitudine, cosi che possiamo addirittura rallegrarci ed esultare, perché la nostra ricompensa è grande nel cielo?

Gesù quando pronuncia queste parole ha davanti i suoi discepoli e altre persone che lo stanno seguendo da un po’, conosce quali sono le loro difficoltà, le loro debezze, come conosce anche le nostre, eppure dice: “beati”, quasi a dare una nuova identità. Siamo già da ora figli del regno, “perché vostro è il regno di Dio”; non dice sarà vostro un giorno. Il Signore vive nel presente della nostra vita.

Nella prima beatitudine è racchiuso il senso di tutto: “Beati voi, poveri”, perché la povertà è una realtà che fa parte dell’esperienza umana e riguarda tutti, non si riferisce ai beni materiali, c’è in me uno spazio che non riesco a colmare da solo, mi ritrovo bisognoso, devo fidarmi di qualcun’altro, e a chi meglio di Dio posso affidare il mio vuoto, il mio nulla, perché Lui lo colmi?

Ascoltando la sua parola che ci chiama “beati”, possiamo sperimentare la grande

ricchezza di riconoscere il Signore come colui che colma la nostra vita di un amore che dà tutto ed è per sempre.

“Signore,

di tutto l’amore che ho,

oggi so che me l’hai donato tu.

Sono beato non perché non ho sofferto,

ma perché nel mio dolore ci sei tu.

In ogni lacrima

ed in quel grido sotto il cuscino,

tu ci sei.

Uomo che soffri, respira,

senti vicino l’unico

che può davvero starti accanto,

e sarai beato anche tu con me,

perché anche io che sono tuo fratello prego per te.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Dal Vangelo di oggi,

Commento al Vangelo del giorno, beati, vicino, accanto

Notte in preghiera

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10 Settembre 2024

MARTEDÌ DELLA XXIII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

Gesù passa la notte in preghiera per scegliere i dodici e lo fa salendo sul monte, segno del luogo dove Dio parla e si realizza una comunione con Lui, immersi nel suo mistero che raggiunge il cuore. Una preghiera fatta nella notte, nel silenzio e nell’intimità per fare una scelta in sintonia con Dio. In quella notte ci sono gli albori della prima chiesa composta da uomini comuni, molto differenti tra loro, con limiti, desideri, paure, ma affascinati dallo stesso Maestro tanto da seguirlo. Sono dodici i discepoli scelti dall’Amore, chiamati per amare e per annunciare la Parola udita, i gesti di tenerezza e di misericordia che hanno visto e sperimentato.

La discesa dal monte, è l’inizio di un nuovo cammino tra le vicende della storia e della nostra fragile umanità. Solo sostando a contemplare Dio, potremo riconoscerlo nel volto di tutti i fratelli, in quelli più umili, in quelli più poveri, nel giusto e nel peccatore.

Siamo tutti scelti dall’Amore per amare, non è importante il nostro grado di cultura, la condizione sociale, la provenienza…, è importante salire sul monte della preghiera e ascoltare la sua Parola, cosi da non donare solo parole umane, seppur ispirate al buon senso, ma donare l’unica Parola in grado di sanare i cuori di tutti quelli che lo accolgono.

“Signore,

vorrei scendere

nel profondo del mio cuore

per trovarti,

per immergermi in quelle notti

in cui tu, parli al Padre di me.

Eccomi,  rispondo alla voce

che il mio cuore conosce:

Tu maestro,

che parli anche nel silenzio,

donami la tua forza,

affinché in ogni mia risposta

ci sia la tua presenza

per illuminare il mio cielo

in questa notte di preghiera.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Mano inaridita

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09 Settembre 2024

LUNEDÌ DELLA XXIII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

Dio chiama l’uomo e lo mette al centro di tutta la creazione, gliela affida perché con il lavoro delle sue mani possa vivere e continuare quest’opera creata. Le mani sono strumento di vita per l’uomo. Ora quest’uomo che Gesù chiama nel mezzo della sinagoga, ha una mano inaridita, non può svolgere le stesse attività di chi è sano, non può né ricevere, né donare; con quella mano non può toccare, abbracciare. È un uomo limitato nelle sue funzioni vitali, fragile, ma Gesù vuole guarirlo perché ogni uomo deve poter vivere nella pienezza di vita. Questa mano inaridita è messa in grado di accogliere il dono di Dio: la vita divina.

Dio si consegna nelle mani degli uomini, e l’uomo guarito può “prendere” la sua vita e donarla. Una mano “viva”, riceve, scambia, dona, non trattiene per possedere.

Gesù chiama nel mezzo l’uomo più debole proprio per riportarlo al centro della vita, perché non viva più da emarginato, ma si possa riabilitare e la sua mano torni a vivere e a far vivere.

Ciò che le mani compiono, parte dalle intenzioni del cuore. Gesù guarisce la mano di quest’uomo, ma si scontra con la durezza di cuore dei farisei, che addirittura cercano di ucciderlo. Sarà la durezza del cuore a muovere le mani per uccidere Gesù. Basta poco per togliere una vita, mentre serve una vita per dare vita.

Le nostre mani siamo aperte al dono di vita che il Signore ci fa continuamente; siamo posti al centro della sua vita, del suo cuore così che il nostro possa assorbire il suo e le nostre mani diventino il prolungamento delle sue.

“Signore,

tendo la mia mano,

perché tu mi hai posto al centro del tuo cuore.

Ti prego guariscimi.

Mi guardo e vedo

che ho bisogno di vita,

ho bisogno di te.

Aiutami ad aver tatto

nelle relazioni, nelle parole,

così che ora guarito

sia tu al centro dell’amore

e vedendo me, vedano te,

perché la mia vita è in te

e nulla cambierà mai questo. “(Shekinaheart eremo del cuore)

Effatà

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08 Settembre 2024

XXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO B

“Effatà”, cioè: “Apriti!”. Effatà, una parola sanante, perché rispetto al mistero di Dio e della vita siamo come sordomuti: non sappiamo né ascoltare né parlare ‘bene’. I gesti e le parole di Gesù sono segni che alludono a quell’apertura completa verso Dio. Il gesto di toccare gli orecchi e le labbra è diventato un rito specifico battesimale.

Tuttavia la guarigione non mostra solo un potere di Gesù, ma indirizza il cuore e apre alla fede, verso il mistero più grande che Gesù rivela: la grandezza dell’amore del Padre per tutti gli uomini. Effatà diventa un inno di lode e di vita, un’apertura del cuore per vivere un’alleanza di amore con Dio che si è preso cura di me.

La lode sposta il baricentro dell’uomo, dal “sè”, al “Tu”, al “tutti”, è un’apertura al Dio della vita che desidera che questa circoli colma di amore.

Apriti a Colui che fa attento il tuo orecchio, ti dona di ascoltare la sua parola, ti mette in relazione con tutta la creazione. Ascolta e parla, esprimi tutta la gratitudine che il tuo cuore contiene per lo stupore e la meraviglia di questo Dio che: “Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!”. Diventa lode e trasparenza della bellezza dell’amore di Dio per il mondo.

“Signore,

dal profondo del tuo cuore un grido: Effatà!

Un nodo si scioglie,

i suoni ricominciano,

sento quelli lontani indistinti

e poi la tua voce chiara:

Effatà! apriti alla vita!

Eccomi Signore, cura il mio cuore dalla sordità dell’indifferenza,

dalla chiusura al mondo,

curami affinché ti possa ascoltare

e sciogli dal mio cuore la sua durezza.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Spighe

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07 Settembre 2024

SABATO DELLA XXII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

I discepoli in cammino con Gesù hanno fame e colgono le spighe sebbene sia giorno di sabato; anche Davide e i suoi compagni ebbero fame, anche noi abbiamo fame. Solo Gesù non sfrega le spighe con le mani, non ha fame, perché è Lui il vero pane che può saziare la nostra fame. Abbiamo fame di pane, fame di vita, di amore, di relazione, di dono, di comunione, di pace.

Nel nostro cammino troviamo campi di grano per sfamarci e darci forza, sono i tanti segni della provvidenza, di quella cura che Dio, ha per noi; a volte non ci accorgiamo neppure di essere stati guardati da tanto amore, ricolmati di doni e custoditi dal male.

Il dono più grande è quello di stare con Gesù, di camminare con Lui e di cibarsi di Lui, vivere cosi nella pienezza della sua offerta.

Il cibo alimenta la vita, perciò non dobbiamo fermarci alla domanda sul

principio del lecito e dell’illecito: la vita di ogni uomo viene prima di tutto. Non è lecito andare contro la vita.

Gesù non vuole sovvertire le leggi, vuole ricordarci che la prima e più importante legge è quella dell’amore verso Dio, verso noi stessi e verso gli altri. Non dobbiamo avere paura di un Dio che si spezza per amore nostro, che in Gesù si fa cibo, ci comunica la sua vita: “Il Figlio dell’uomo è signore del sabato”, perché è la nostra pienezza di vita.

“Signore,

tra le fatiche del tempo presente,

tu, ti fai Signore anche di queste, chinandoti su di me

per curare le mie ferite,

riconoscendo prima di me

la mia fame più profonda.

Quanta strada da percorrere

tra le spighe di grano,

è il cammino dell’inizio

dove quel grano

diventerà pane, sarà te.

Ed io con te, cammino tra esse,

tra il presente e il futuro

di una promessa.

Io figlio del pane, figlio di te.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Novità

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06 Settembre 2024

VENERDÌ DELLA XXII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

C’è una frase molto bella di Ireneo di Lione che ci aiuta a comprendere il vangelo di oggi: “Cristo ha portato ogni novità, portando sé stesso”.

Il cristianesimo non è un’ideologia, è un’esperienza da vivere in compagnia di Cristo. Dio che irrompe nella vita dell’uomo rigenerandolo ad una vita nuova: non solo quello che vive ora, perché Dio è infinito.

Se da una parte, il “nuovo” mette in gioco l’essenza umana che cerca sempre di superarsi, dall’altra si innesta la paura del cambiamento, di perdere certezze in quel “vecchio” conosciuto.

Gesù ci chiama a fare esperienza della sua vita, Lui è lo sposo che ci invita alle sue nozze, Lui veste a nuovo la nostra vecchia umanità, Lui è il vino della gioia infinita, lo Spirito che porta il futuro di Dio, perché al di là di ogni struttura o ideologia, c’è una vita da vivere nella festa di un amore che si dona per sempre.

“Signore,

faccio fatica a lasciare andare

le mie insicurezze

e le mie scelte digiunano di novità.

Tu sposo della mia vita,

dov’è la festa?

Insegnami a mangiare di quel Pane che mi rende nuovo.

Fai di me sul tuo altare

segno di vita per altri.

Insegnami a essere testimone

di qualcosa

dove antico e nuovo

si fondono insieme: l’amore, consegnato e spezzato,

nelle mie mani vuote: Tu! “

(Shekinaheart eremo del cuore)

Pescatori

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05 Settembre 2024

GIOVEDÌ DELLA XXII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

Quante volte ci sentiamo stanchi delusi, abbiamo faticato tanto, ma non abbiamo ottenuto il risultato sperato. Gesù oggi ci porta a credere che fallire un obiettivo non è perdere la vita. Ci viene incontro e ci invita a fidarsi di Lui. Si! Fidarsi di un falegname che vuole insegnare a un pescatore a pescare. Ma Lui, perché falegname, conosce molto bene quella barca di legno che sono io, conosce le mie resistenze e le mie falle, eppure mi invita a guardare oltre, a prendere il largo, non basandomi sulle mie forze, bensi sulla sua parola. Allora non sarà più una pesca vuota, tutto ha origine dalla sua parola. L’abbondanza di Dio non ci deve ne spaventare, ne allontanare, ma farci capire a quale grandezza ci chiama: diventare pescatori di uomini, testimoni del suo amore che “ci pesca”, ci salva.

Come Pietro scopriamo di essere dei “pescatori pescati”, dei peccatori perdonati e la mia rete si riempirà di vita, quando gettandola sulla sua parola affiderò tutto me stesso, anche e soprattutto i peccati. Io non sono chiamato a pescare perché bravo pescatore, sono chiamato in forza del suo amore che mi stupisce sempre e mi rende strumento di pace e di salvezza anche per gli altri.

“Signore,

insegnami tutto quello

che in questa vita

possa aiutare a non perdermi.

Parla al mio cuore

che sia così preso da te, da seguirti.

Fammi strumento di pace,

perché di odio e guerra

ne abbiamo tanto.

Non risolverò i problemi degli altri,

li consegnerò a te,

perché tu possa sollevarli

e vedano in te la salvezza.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Chinarsi

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04 Settembre 2024

MERCOLEDÌ DELLA XXII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

Oggi il Vangelo ci consegna un’immagine di tanta tenerezza

Gesù “Si china sopra di lei”, sulla suocera di Pietro; un gesto che richiama una cura materna. Qui prima di leggerci un miracolo, vediamo cura e attenzione, volontà di avvolgere con l’amore chi gli sta di fronte chi è malato, chi è debole.

Questa donna non solo si alza dal letto, ma si mette a servizio degli ospiti, segno che è guarita completamente. “Servire” è il verbo fondamentale, la suocera di Pietro serve il Signore della vita, che non è venuto per essere servito, ma per servire”. Servire è la prerogativa fondamentale di Dio, che è Amore.  L’amore è servizio per l’altro, non servirsi dell’altro. La nostra malattia è l’aspettarci che gli altri debbano fare qualcosa per noi, che tocca più agli altri che a me: l’egoismo si serve dell’altro.

Il miracolo che Gesù compie, è quello di strapparci dal nostro egoismo, per farci diventare veramente liberi, così da metterci a servizio gli uni degli altri con gesti di cura e di tenerezza, senza dover temere di apparire deboli. L’amore si mette a servire.

“Tu Dio,

dal cuore grande,

non ti risparmi nell’amore,

ti chini su di me,

sul mio dolore per guarirlo.

Aiutami a vederlo,

a sentirti accanto

proprio nel buio di me,

così che un giorno alzando lo sguardo veda di te, tutto l’amore che hai,

tutto l’amore che dai. “

(Shekinaheart eremo del cuore)

 

Parlami

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martedì 03 Settembre 2024

SAN GREGORIO MAGNO, PAPA E DOTTORE DELLA CHIESA – MEMORIA

Lasciarci stupire da una parola non è così scontato, perché questo avvenga è necessario fare esperienza di una parola ascoltata che generi un effetto: la parola di Gesù libera.

Forse, molte volte abbiamo trovato in noi un male che non pensavamo di avere, ma che non siamo noi. Altre volte, il male lo abbiamo fatto per mille motivi: invidia, ripicca, rabbia, malevolenza…. Prendere coscienza delle nostre intenzioni e azioni è il passaggio fondamentale per aprire il cuore alla Parola di verità, che ci libera dalle intenzioni di male e conseguentemente dalle azioni malevoli.

Una parola che ha autorità, quella di Gesù, realizza ciò che esprime, per questo dobbiamo aprire il nostro cuore e chiedergli con forza di custodirci e di liberarci dal male. Nella preghiera del Padre nostro l’ultima invocazione è proprio: “ma liberaci dal male”, ovvero crediamo che solo Lui può liberarci dal male.

Ascoltiamo la sua parola, meditiamola, o ancora sostiamo su di essa, con pazienza per avere il tempo di gustarne il sapore.

La sua parola ci aprirà a un cammino di luce e man mano che penetra in noi svelerà tutti i nostri ribollimenti, farà chiaro in quei tormenti, in quelle tenebre che occupano il cuore.

Dio non vuole dei figli cupi, ma luminosi, splendenti della sua bellezza, in un mondo creato per essere un luogo di vita, di amore, di stupore, di comunione, di dono e di perdono.

“Signore,

dì una parola anche a me,

al mio cuore.

Parlami in quella parte di me

che solo tu conosci

e che ha bisogno di te

per essere libera.

Libera dal male che opprime,

dal dolore che soggiace,

libera per amare e perdonare,

libera perché nella mia anima

abiti tu.

Libera ma mai da te,

libera con te.”

(Shekinaheart eremo del cuore)