Signore salvaci

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2 luglio 2024

MARTEDÌ DELLA XIII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

“Salvaci Signore perché siamo perduti!”. È il grido di aiuto di coloro che spaventati nella barca, temono per la loro vita. La paura nel cuore offusca la mente, hanno lì Gesù, ma temono che Lui non faccia nulla.
Spesso accade anche noi di non avere fede, soprattutto nelle situazioni in cui sembra che la fede sia l’unico rifugio. Gesù rimprovera i discepoli: “Perché avete paura, gente di poca fede?”. Ma in fondo quella paura, apre ad un’altra domanda: “Chi è costui?”. Dovremmo dircelo anche noi: chi è Gesù per me, cosa dice alla mia vita? È solo colui che dorme nella mia barca, o è colui che il vento ed il mare gli obbediscono?
Possiamo sapere molte cose di Lui, ma dobbiamo necessariamente passare da una conoscenza ad una sapienza del cuore, che alimenti la nostra fede proprio in quei momenti in cui sembra vacillare.
Il Signore c’è, è presenza viva nella quiete e nella tempesta. Non c’è solo quando siamo in difficoltà, c’era già prima di quella tempesta, era già nella barca, eppure si parla di Lui solo quando la situazione diventa difficile: anche per noi è così? È cercato solo nelle difficoltà, oppure è una relazione stabile sempre? Non dobbiamo avere paura di rispondere, perché non esiste una risposta giusta o sbagliata, è questione di tempi e modi, per crescere in un cammino di fede che ci renda sempre più forti.
La nostra forza è nella consapevolezza di essere amati. Se camminiamo nella fede, scopriremo che non siamo soli, c’è un Uomo, presente sulla nostra barca. Dove ci porterà il vento? Mai lontano da noi stessi, finché sulla barca ci sarà Colui che il vento ed  il mare gli obbediscono!

“Signore
insegnami a credere,
a sperare in Te.
Tu mi ami, ma io sono fragile,
basta un attimo
ed il mio cuore annaspando grida:
dove sei?
Quiete è la risposta:
sono qui, accanto a te.
Quiete che persino il vento e il mare
inclinano il capo.
L’onda non sommergerà la mia fede
finché sulla mia barca ci sei Tu,
ti prego resta qui accanto a me.”
(Shekinaheart eremo del cuore)

Dove posare il capo

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01 LUGLIO 2024

LUNEDÌ DELLA XIII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

“Il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo”. Gesù risponde così all’entusiasmo di quell’uomo che vuole seguirlo. Non lo vuole allontanare, ma essere chiaro: l’unica sicurezza è in Dio.

Questa è la storia di molte donne e uomini, che nel cammino della sequela lasciano le loro sicurezze, il loro rifugio, per seguirlo. È una storia d’amore, non di mancanze o sofferenze. Il non aver dove posare il capo, rende Gesù il luogo dove noi possiamo posare il cuore, e questo non vale solo per chi si è consacrato, vale per tutti coloro che desiderano abitare nel cuore di Dio.

Gesù ha un luogo dove poter stare ed è in Dio, ma non è un luogo fisico, è un posto del cuore che per percepirlo, bisogna scendere in profondità e non aver con sé nulla: aspettative, tornaconto, ecc. L’unico modo per scendervi è nell’amore, che come unisce Padre e Figlio, unisce noi.

C’è una storia d’amore che ci precede, che prepara per noi un posto dove posare il cuore e gli affanni. Giovanni nell’ultima cena è raffigurato nel posto più bello, con la testa nel petto di Gesù: ecco dov’è il nostro posto, ecco dove Lui ci vuole; un rifugio che nessuno, nemmeno il nostro peccato può toglierci.

“Signore,

tienimi accanto a Te,

in quel posto che da sempre

mi hai preparato: nel Tuo cuore.

Benedici la mia vita

con la Tua presenza,

rendimi saldo in Te,

Sii Tu quel rifugio

che da sempre cerco

e che scopro ora,

esserci sempre stato per me.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Vita

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30 GIUGNO 2024

XIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO B

Nella versione del Vangelo di oggi, per esteso sono presentati due episodi di guarigione, il primo della figlia di Giaro e il secondo della donna con perdite di sangue da dodici anni. Non sappiamo il nome di quella donna e della fanciulla,  ma siamo a conoscenza della loro malattia. Entrambe hanno in comune due cose: hanno una malattia che fa “perdere vita” e saranno guarite da Gesù.

Solo il Signore sa davvero guarire il nostro cuore, e questo può avvenire dopo anni di cammino o dopo pochi mesi, o grazie alla fede di qualcun altro, ma ciò che conta, è che Gesù è lì, sia con la donna, che con la fanciulla, che con noi.

Possiamo trovarci anche noi in situazioni che ci fanno “perdere vita”, quel vigore di un tempo, quella forza che ci permetteva di affrontare ogni cosa, ma per tali circostanze non bastiamo solo noi, è necessario rivolgere il nostro grido di aiuto a Lui. La nostra certezza è proprio questa: guarirà il nostro cuore, perché come quella fanciulla la vede dormire e non morta, così vede in noi sempre una possibilità. Una possibilità che non è l’attesa di Lui, ma la sua attesa di noi; di quel gesto che sfiora l’esterno del mantello di Gesù e arriva fino al suo cuore.

Quanto siamo importanti per Dio! È un peccato pensare che gli siamo indifferenti, perché tra la folla, Egli è l’unica forza di guarigione in grado di donarci vita e Lui desidera darcela. Crediamo in Lui, amiamolo, perché l’amore trasforma, guarisce, risana ed il suo amore più di tutti. Lasciamoci amare da Dio, così da vedere oltre all’apparenza di male e fatica, per gustare della sua presenza che non ci abbandona mai, persino quando ci sembra che tutto è perduto.

“Non temere, abbi soltanto fede!”. Ovvero non fare della tua vita un luogo di paura, ma di fiducia in Lui. Dai alla tua vita l’occasione di vivere, questo non escluderà la fatica, le darà il posto giusto, ma soprattutto tu cara/o amica/o ti sentirai finalmente nell’unico posto dove potrai trovare la forza: nel cuore di Dio.

“Signore,

vivi in me,

vivi con me

ogni tempo di lotta e fatica,

come quello dove sento

la gratitudine inondare il cuore.

Fa che non sprechi il mio tempo,

ma custodisca nel mio cuore

che Tu mi ami

e che c’è un posto nel Tuo cuore anche per me

e così non perderò più vita.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Incontro

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28 GIUGNO 2024

SANT’IRENEO, VESCOVO E MARTIRE – MEMORIA

Il Vangelo di oggi non è solo il racconto di una guarigione, ma di un incontro che fin da subito, risana nel profondo.

Noi sappiamo che i lebbrosi erano esclusi dalla società, vivevano fuori città e nessuno si avvicinava loro per timore di essere contaminati. Qui un lebbroso si avvicina a Gesù: pensate al coraggio di quest’uomo misto a disperazione, con la paura di essere rifiutato, ma con il profondo desiderio di essere guarito. Questo lebbroso che non ha nome, è indicato per la sua malattia; tolto dalla sua dignità, la ripone in Dio, quell’uomo avrà un grande dono, ha visto giusto: Gesù può sanarlo.

Dobbiamo chiedere a Gesù il coraggio di andare da Lui, di avere quella fede che il lebbroso ha; siamo invitati a credere in colui che delle nostre fragilità, fa occasione di incontro.

Il lebbroso si fida così tanto di Gesù, da dirgli: “Signore, se vuoi, puoi purificarmi”. È come dire: ti do il permesso di entrare nella mia storia. Ha capito un dettaglio importante: se non facciamo entrate Lui nella nostra vita, se non gli diamo il permesso di guarirci, Egli nella sua onnipotenza, non può fare nulla, perché ha messo la sua onnipotenza in mano alla nostra libertà.

“Tese la mano e lo toccò dicendo: “Lo voglio: sii purificato!”. Prima di guarirlo, Gesù ristabilisce la sua dignità, tende la mano e lo tocca. Una scena che commuove ogni nostra membra da lebbrosi stanchi. Il Signore ci tocca, abbiamo un valore per Lui, la nostra dignità è in Dio. E poi leggiamo la risposta più bella: “lo voglio”, è desiderio di Dio che siamo guariti, che stiamo bene e lo esprime in queste parole, affinché ogni parte di noi non dubiti del suo amore.

È l’incontro che risana, sono quelle parole e quei gesti, che guariscono quell’uomo e noi nel profondo. Siamo invitati a prendere coraggio e andare da Gesù, per fare della nostra vita un meraviglioso incontro con Lui.

“Signore,

guarisci il mio cuore,

la mia mente, la mia fede.

Fa della mia vita un incontro con Te.

Non desidero altro se non

vivere alla Tua presenza,

sentendoti vicino.

Aiutami a non disperdermi,

affinché la mia vita

sia nelle Tue mani

come un dono d’amore,

lo stesso che Tu hai dato a me,

quando mi hai messo al mondo;

e un giorno aperti gli occhi

mi rividi nel Tuo sguardo e compresi, tutto questo.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Volontà di Dio

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27 GIUGNO 2024

GIOVEDÌ DELLA XII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

Oggi il Signore ci insegna come costruire la casa nella roccia, ovvero cosa vuol dire fare la sua volontà.  Come si fa a capire quando davvero è la sua volontà? Anzitutto bisogna credere che la volontà di Dio è sempre per un bene. Egli è colui che domina il male, che guarisce e lo fa per donarci una via di bene in cui vivere.

Spesso nel parlare comune: “fare la volontà di Dio”, è percepita come un arrendersi a qualcosa che non va, non ci piace, qualcosa di doloroso, e si sente dire: “sia fatta la volontà di Dio”. È ora di credere che Dio vuole per noi il bene e che quando ci accade qualcosa che fa male, Dio soffre con noi. Credete che Dio non abbia sofferto per la morte di Gesù? Quell’ora buia in cui “si fece buio su tutta la terra”, non rappresenta proprio il dolore del Padre? Silenzio più assordante che è impossibile non udire! Il dolore emerge profondo dalla terra, Gesù era Figlio di Dio, è suo Figlio!

Fare la volontà di Dio è anzitutto fidarsi che Lui ci vuole bene, che ha cura di noi, e se purtroppo le cose non vanno sempre bene, Egli è qui presente per darci la forza.

A volte stare e vedere soffrire chi si ama, è più difficile che fare qualcosa; come lasciar liberi di sbagliare è una grande forma di amore. Egli che è Dio non avrebbe potuto far diverso? Si, ma tu in fondo ti daresti sentito un burattino, uno schiavo anziché un figlio. Invece Lui che ti ama sta, con te sempre, anche quando pensi male di Lui o lo allontani, Egli ti cercherà, mai si stancherà di bussare alla tua porta, così che un giorno tu capisca che la sua volontà è amarti, ed proprio questa la tua casa nella roccia.

“Signore,

aiutami a credere in Te,

a quella Tua volontà che desidera solo amarmi.

Aiutami a lasciarmi amare,

entra nel mio cuore e prendi dimora.

Mio Dio non stancarti mai di bussare alla mia porta,

così che un giorno al Tuo: “ti amo”

possa rispondere: “anch’io! “

(Shekinaheart eremo del cuore)

Frutti

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26 GIUGNO 2024

MERCOLEDÌ DELLA XII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

Non vi sono alternative: o si producono frutti buoni o cattivi e da quei frutti è possibile riconoscere l’albero. Esso non è un giudizio morale sulle persone, ma un’avvertimento che Gesù fa ai suoi, e quindi a noi, per vivere la prudenza. La prudenza che non è solo di diffidare su chi io ritengo buono o cattivo, ma la sapienza di riconoscere in me ciò che non va, per risanarlo.

Abbiamo bisogno di chiedere al Signore, l’aiuto ed il coraggio per vivere queste azioni, per purificarle nel fuoco del Suo amore. È più facile resistere e perseverare per quella via, a volte non tanto giusta, che cambiare i nostri schemi e dire: io sono anche così. Eppure la buona notizia di oggi è proprio questa: un dono di prudenza, per poter cambiare e fortificare ciò che di bene si compie, per renderlo sempre più bello. È il dono che è possibile solo all’interno di una logica di amore, quella di Dio che non teme, né si disgusta dei nostri peccati, ma ci dà la forza per superarli.

Il Signore è l’esempio più grande di cos’è il coraggio: l’attesa che ogni uomo e donna nel tempo, cammini per la strada da Lui tracciata, l’attesa di Chi ha preparato un dono e vuole solo che lo scarti, il coraggio è dare un frutto buono e sperare che tu lo utilizzi.

Il Signore ci accompagni in questo cammino, affinché ciascuno di noi possa essere felice nonostante le fatiche o le avversità, perché si è scoperto amato da Dio e non si è perso.

“Signore,

un frutto buono

tra le mani mi doni,

concedimi di non sciuparlo,

fa che ne abbia cura.

Prudenza, coraggio, amore,

ecco l’acqua con cui nutrire la mia pianta.

Aiutami a non perdere il mio cuore

in ciò che non sei Tu,

resta accanto a me,

tienimi come il tuo frutto più bello,

che anche se piccolo

è desideroso di crescere.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Porta stretta

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25 GIUGNO 2024

MARTEDÌ DELLA XII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

“Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro”. Gesù mette noi stessi come metro di misura per fare il bene. Desideri ricevere del bene, rispetto e comprensione? Mettiti nel cammino per farlo. E non a caso che Gesù dopo, parla della porta stretta. Si, perché mettersi nei panni degli altri, o la presa di coscienza che quello che chiediamo è una pretesa, è proprio una via stretta. Una via che ci chiede di purificare i nostri bisogni, per metterli al servizio di altri; è un cammino necessario in cui risuona una voce: ma è davvero necessario?

Siamo qui, in cammino sulla strada che altri hanno vissuto, quella dei Santi. Essi dopo aver sperimentato il grande dono dell’amore Dio, per primi si sono chiesti: Signore come renderti felice? L’ amore allarga il nostro cuore è stringe il nostro io! Questa è la strada!

Oggi chiediamo a Lui l’aiuto per fare ciò che è buono, sano, e se per caso fosse lontano dalle nostre misure standard, diciamogli semplicemente:

“Mio Dio,

fatti spazio nel mio povero cuore,

a volte pieno di scatole di ricordi ingombranti,

di timori ed amarezze,

liberami dalla presunzione,

dal mio desiderio affrettato

di sentirmi amato.

Tu sei qui accanto a me,

in quella porta stretta,

cosi che si allarghi il mio cuore

e ti senta profondamente

e possa donare ad altri

l’amore che hai per me.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Voce

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LUNEDÌ 24 GIUGNO 2024

NATIVITA’ DI SAN GIOVANNI BATTISTA – MESSA DEL GIORNO – SOLENNITÀ

Oggi celebriamo la solennità della nascita di San Giovanni Battista. Ogni nascita è un evento dove nessuno viene al mondo per caso; ognuno è dono e compito. Giovanni Battista è chiamato ad essere segno e testimonianza della misericordia di Dio che visita il suo popolo.

“Giovanni è il suo nome”. Nome che significa “Dio ha avuto misericordia”; nome pronunciato quando ancora era in grembo della madre. Giovanni è un nome nuovo nella famiglia di Zaccaria, un nome che fa parlare di Dio, che diventerà voce di Dio, che un giorno, sulle rive del Giordano riconoscerà, l’agnello di Dio che toglie i peccati del mondo, e lo indicherà alle folle perché lo seguano (cfr Gv.1,29ss).

Giovanni “cresceva e si fortificava nello spirito” fino al giorno in cui si manifestò nella sua particolare missione di preparare la strada davanti al Signore Gesù, diventare icona del mistero di salvezza: indicare, diminuire e scomparire.

Celebrare la nascita di Giovanni Battista, ci aiuta a guardare alla vocazione specifica di ogni persona umana, sulla quale Dio ha un suo progetto, in vista della salvezza, ma soprattutto, questa nascita, ci richiama che in ogni tempo, abbiamo bisogno di donne e uomini aperti al mistero di Dio, che sappiano indicare quel Figlio: essere voce della Parola.

“Signore,

la Tua voce attraversa il tempo e lo spazio e arriva a me,

é portata sulle spalle di giganti

che per Te hanno sofferto ed offerto

e che Tu hai amato.

Ora io mi fermo

e ascolto il suono di calzari lontani, che si fermano alla mia porta,

pellegrini in viaggio,

ed io sono il destinatario

non solo di una voce,

ma di ciò che la voce ha dirmi:

sono amato così tanto,

che sei venuto Tu

a parlare con me.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Non preoccupatevi

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22 GIUGNO 2024

SABATO DELLA XI SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

La pedagogia di Gesù verso i suoi discepoli ha una forza straordinaria, vuole aiutarli a camminare senza affanni per la vita, perché a ciascuno pensa il Padre che ama tutto e tutti. Ogni uomo vale più di tutto, vale perché pensato e amato da quel Padre che ha creato tutto per lui. Gesù ci invita a fermarci per guardare, o meglio contemplare, prendere coscienza che ogni vita è custodita: “Guardate gli uccelli del cielo… I gigli del campo… L’erba del campo… Non farà molto di più per voi, gente di poca fede?'”.

Il Signore ci vuole liberare da quegli affanni che disturbano il cuore, che torgono la gioia, la libertà di sentirsi figli profondamente amati dal Padre. “Non preoccupatevi’, ci ripete, perché non ci perdiamo negli affanni, non restiamo divisi tra ciò che dobbiamo fare e cio che siamo, perché ogni momento della nostra vita, si dispiega alla sua presenza quali figli amati sotto il suo sguardo. Allora, non possiamo permetterci di perdere neppure un attimo dell’amore di Dio.

“Signore,

abbi cura di me,

perché il mio cuore è fragile.

Insegnami a non preoccuparmi,

a fare della mia vita

quel dono unico,

che non è generato nell’affanno,

ma è certo che

ovunque la strada mi conduca,

Tu sarai con me.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Padre nostro

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20 GIUGNO 2024
GIOVEDÌ DELLA XI SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

Padre nostro è l’incipit che  ci fa rivolgere lo sguardo e il cuore al cielo, simbolo della trascendenza, del sacro, del luogo dove dimora Dio e dal quale guarda la terra. Guardare al cielo per vedere oltre noi stessi, per contemplare un Padre che desidera prendersi cura di noi e cosi affidarci alle sue mani.
Bastano poche parole, quelle essenziali per mettere tutta la nostra vita in quella di Dio, volgersi a Lui, per capire quali sono le intenzioni che sorgono nel nostro cuore e determinano il nostro agire. Evagrio Pontico, grande maestro spirituale, ci assicura: “Vale di più una sola parola nell’intimità, che mille stando lontano”.
Padre, è quella parola autentica che pronunciamo invocando l’aiuto, la forza, il nutrimento, perché il figlio non può chiedere se non al Padre, e il Padre in quanto tale, non può che donare al figlio. Afferma Adrienne von Speyr: “La preghiera non è in primo luogo una parola rivolta dall’uomo a Dio, ma un dono che Dio ha fatto a noi uomini nella sua Parola”.
Lasciamoci abbracciare in questa preghiera, in questo intimo incontro con Lui, dove il Padre accoglie le nostre fragilità, gli errori, le paure, e noi come Lui, abbracceremo quelle dei fratelli. Lasciamoci prendere per mano, per tirarci fuori dal male che commettiamo, e anche da quello che non vediamo, da tutto ciò che pesa sul cuore, che ci toglie la gioia di sentirci sempre figli amati.

“Padre,
fa che possa sentirti vicino
in quel cielo che ho nel cuore
e in quella terra di peccato,
che non mi abbandona.
Fammi sentire figlio,
amato da un Padre
che non abbandona,
che non si vergogna
e mi chiama figlio
nonostante io a volte,
dimentico cosa voglia dire.
Grazie o Padre,
perché tu sei con me.”
(Shekinaheart eremo del cuore)