Parola che salva

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08 LUGLIO 2024

LUNEDÌ DELLA XIV SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

Nel Vangelo di oggi, si delinea la figura di due donne che perdono la vita. La prima, è la figlia di uno dei capi della sinagoga che gli si prostrò dinanzi e disse: «Mia figlia è morta proprio ora; ma vieni, imponi la tua mano su di lei ed ella vivrà». La seconda, è una donna che perdeva sangue da dodici anni, gli si avvicinò alle spalle e toccò il lembo del suo mantello. Diceva infatti tra sé: «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò salvata». Gesù, non solo guarisce questa donna, ma ridona vita nuova facendo risorgere la bambina.

Di fronte alla nostra malattia, alla nostra miseria, alla nostra morte, si scuote la misericordia di Dio, così per donarci la sua salvezza, anch’egli si sveglierà dalla sua morte, proprio perché noi potessimo risorgere con Lui.

La fede ha fatto rifiorire la vita, nel momento presente in cui è avvenuto l’incontro con Gesù. Non dobbiamo attendere la salvezza, siamo già salvati, dobbiamo solo aprirci all’incontro e continuare a riporre fiducia in Lui, Dio non ci abbandona. Quando ci fidiamo di Lui, possiamo

sperimentiare che Lui è con noi, e possiamo portarlo con noi in ogni istante, in tutto quello che viviamo, anche nella malattia e nella morte, perché “Il salvatore nostro Cristo Gesù ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita per mezzo del Vangelo” (2Tim 1,10), parola che salva.

“Signore,

guarisci Tu il mio cuore.

Mi fido di Te.

Tu sei Colui che può guarirmi

ed io desidero che ciò avvenga.

Possa il Tuo amore

colmare il mio cuore,

possa credere sempre

con tutta me stessa in Te;

fa che non mi separi mai da Te

e sappia riconoscerti

come Parola che mi salva.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

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 07 LUGLIO 2024

XIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO -ANNO B

Il Vangelo di oggi, termina con Gesù che si meraviglia per l’incredulità dei suoi interlocutori. I suoi concittadini non lo comprendono, lo rifiutano, ma questa meraviglia di Gesù non si tramuta in ostilità. Egli continuerà a percorrere nuove vie, insegnando l’amore che salva, affinché i cuori si aprano all’amore del Padre.

Anche a noi può capitare di vivere un’incredulità, che tuttavia non significa mancanza di fede, quanto piuttosto un’ erronea idea di Dio. Abbiamo delle riserve mentali, delle idee che ci siamo fatti e non corrispondono alla verità di Dio, cosi rimaniamo diffidenti.

È consolante sapere che Dio non si arrende alla nostra diffidenza e attende la nostra crescita. Per credere il nostro cuore ha bisogno di tempo, deve sciogliere paure, resistenze, ambiguità, ma l’importante è non lasciare mai il Signore, lasciarsi sempre riaccostare da Lui, da quell’amore fedele in grado di stupirci.

Gregorio di Nissa affermava: “I concetti creano gli idoli, solo lo stupore conosce”. Chiediamo al Signore che ci aiuti a liberarci da una falsa immagine di Lui, per imparare a  riconoscerlo a partire da quello stupore dell’amore che ci prende il cuore, perché si dona sempre senza condizioni.

“Signore,

fa che ti riconosca

come Signore della mia storia,

come quella mano che non è indifferente,

anzi, tiene la mia.

Insegnami a posare il cuore in Te,

ad aver fiducia

che con Te sono al sicuro

e lo sono da sempre.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Rattoppo

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06 LUGLIO 2024

SABATO DELLA XIII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

Il rischio che a volte corriamo di vivere, è mettere dei “rattoppi” per cercare di riparare ferite, fatiche, offese. Esse sono il segno di un passato che riaffiora, quando nel corso del tempo avvengono degli “strappi”, ovvero dei momenti in cui quelle ferite riemergono e fanno più male.

In questi momenti Gesù ci invita a guardare a Lui a quello sposo che ci ama tanto da prendere su di sé quello strappo, così che la sposa non senta dolore.

Gesù è la novità della vita. È Colui che rende nuova la nostra vita ogni giorno, affinché ognuno possa fare esperienza del suo amore, più forte di quello strappo.

“Signore,

aiutami Tu

a guardare oltre quella fatica,

a vedere la Tua mano che mi sostiene,

non solo in quell’istante ma sempre.

Aiutami Tu

a non cucire il dolore,

ma a farlo uscire,

così che prendendolo Tu,

io senta il Tuo amore darmi forza.

Amami sempre, tienimi accanto,

parla al mio cuore,

consolaci Tu.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

 

Amore che salva

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05 LUGLIO 2024

VENERDÌ DELLA XIII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

Sono venuto mangiare con te, a nutrirti della mia misericordia, per questo ci dice come a Matteo: “Seguimi”. Non c’è nulla che lo può impedire.

Gesù ci conosce, vede nel profondo, sa quali sono i nostri timori, non c’è bisogno di raccontargli la propria storia, è un incontro di sguardi. Gesù infatti, non vede in Matteo un esattore delle tasse, vede un uomo. L’uomo vale per quello che è nell’interiorità del suo cuore e nella qualità del suo amore, S. Agostino afferma che: “ogni uomo è ciò che ama”.

Quello sguardo disarmante, pieno di amore di Gesù, ha reso Matteo un discepolo, un amante. Allora bisogna fare festa, perché il dono della misericordia è motivo di gioia, guarisce la vita, rassicura che il principio della salvezza non consiste nei sacrifici, bensì nel partecipare a questo dono.

Il Signore vuole mangiare con noi, nutrirci della sua misericordia, è venuto a sanare i nostri cuori inquieti, dubbiosi, impauriti, perché la nostra vita sia perdonata, liberata, rinata nell’amore.

Sediamoci a tavola con Gesù, siamo tutti invitati al banchetto della sua misericordia, dove mediante il suo perdono ciascuno può conoscere l’essenza di Dio: solo amore che salva.

“Signore,

aiutami a non sprecare la vita

lontano da Te.

Insegnami a riconoscerti,

a osservare il Tuo sguardo

posarsi su di me

e camminare senza posa

per quella via di misericordia

che hai tracciato,

e che mi guarisce

per sempre.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Figlio, ti sono perdonati i tuoi peccati

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04 LUGLIO 2024

GIOVEDÌ DELLA XIII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

Prima ancora di guarire il corpo dell’uomo paralitico, Gesù ne guarisce il cuore perdonando i suoi peccati e questo lo fa, grazie alla fede di coloro che l’hanno portato da Lui.

Il peccato paralizza il cuore, toglie la libertà di sentirsi figlio amato, perché crea una distanza tra la creatura e il suo creatore. Talvolta la paralisi è cosi grande da non riuscire nemmeno a parlare, come quest’uomo disteso sul letto che non dice nulla.

Sono gli altri, chi gli sta vicino a farsene carico, a prendersi la responsabilità di portarlo a Gesù.

“Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Coraggio, figlio, ti sono perdonati i peccati». Ora quest’uomo viene chiamato “figlio”. Si, perché ogni figlio viene sempre amato e perdonato, guarito nel profondo del cuore, restituito ad una vita che ha ancora entusiasmi, desideri, che cammina sulle sue gambe.

Il Signore ci chiama al coraggio, ossia il contrario della paura. Coraggio perché non siamo da soli ad affrontare le fatiche della vita. La fede dei credenti è proprio questa: portare a Dio chi non ce la fa da solo. Portarlo nella preghiera davanti al Signore Gesù, che perdona e guarisce senza condizioni tutta la persona umana, cuore e corpo; cosi l’uomo unificato, può alzarsi e incamminarsi verso casa sua, verso quel ritorno in se stesso. Afferma S. Agostino: “Torna, torna al cuore”, un cuore ora libero, capace di ardere di intensa passione per il Bene, per la Bellezza, per la ricerca della felicità, per volgersi a Colui che ne è la sorgente.

“Signore,

aiutami a tornare da Te

con tutte le mie paralisi.

Tu sei Colui che scoperchia il tetto,

sei Colui che mi guarisce

e sei quel lettuccio che mi sostiene,

Tu che sei tutto,

libera il mio cuore

da tutto ciò che mi impedisce di vederti,

per guarire il cuore

ed ogni parte di me.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Mio Signore e mio Dio

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MERCOLEDÌ 03 LUGLIO 2024

SAN TOMMASO, APOSTOLO – FESTA

Quel dito tocca le ferite di Cristo: come possibile che Dio si faccia ferire così tanto per me? Chi sono io per essere riversato da tanto amore? Meraviglioso mistero d’amore! Il mio dito nel cuore di Cristo.

La fede risorge dalla delusione che la morte abbia distrutto tutto, abbia portato via l’amato del cuore, invece ci troviamo ad entrare nel cuore dell’amato.

Cosi esclama Tommaso: “Mio Signore e mio Dio!”. Un meraviglioso atto di fede che trova la sorgente in un cuore ferito, che si offre per sempre alla contemplazione di ogni creatura, perché la croce non è stata la sconfitta, ma la gloria di un amore manifestato in pienezza. Proprio quelle ferite sono il dono per la mia fede; lì pongo i miei dubbi e tocco la grandezza di un amore che mi ridona vita, di un amore che risorge ogni giorno dal solco della fatica, della paura e dell’incredulità.

Il Signore ci invita a toccare, a guardare ad entrare in quelle piaghe: “Metti qui il tuo dito e guarda”, perché solo l’amore può sanare il cuore. Dalle sue ferite escono gocce di vita, di pace, di luce.

La nostra fede si gioca su quelle ferite, trova lì il suo inizio e il suo compimento. Scriveva S. Ignazio di Loyola nella preghiera-poesia “Anima di Cristo”: “Dentro le tue piaghe nascondimi”, ovvero mettimi dentro quelle ferite, concedimi di abitare dentro di Te, perché ho compreso un po’ del tuo amore e credo che sei il Signore della mia vita. Allora: “Beati quelli che hanno posto la loro tenda nel cuore di Gesù” (S. Bonaventura).

“Signore,

la tua ferita sanguina,

sei vivo, sei vero.

Eccoti qui per me,

io incredulo come pochi,

desideroso di uno spazio con Te.

Mio Signore e mio Dio,

e lo dico solo a Te,

perché nel mio cuore ci sei solo Tu.

Tocco la tua ferita e Tu,

ti prego, tocca la mia

così guarirà.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

 

Signore salvaci

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2 luglio 2024

MARTEDÌ DELLA XIII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

“Salvaci Signore perché siamo perduti!”. È il grido di aiuto di coloro che spaventati nella barca, temono per la loro vita. La paura nel cuore offusca la mente, hanno lì Gesù, ma temono che Lui non faccia nulla.
Spesso accade anche noi di non avere fede, soprattutto nelle situazioni in cui sembra che la fede sia l’unico rifugio. Gesù rimprovera i discepoli: “Perché avete paura, gente di poca fede?”. Ma in fondo quella paura, apre ad un’altra domanda: “Chi è costui?”. Dovremmo dircelo anche noi: chi è Gesù per me, cosa dice alla mia vita? È solo colui che dorme nella mia barca, o è colui che il vento ed il mare gli obbediscono?
Possiamo sapere molte cose di Lui, ma dobbiamo necessariamente passare da una conoscenza ad una sapienza del cuore, che alimenti la nostra fede proprio in quei momenti in cui sembra vacillare.
Il Signore c’è, è presenza viva nella quiete e nella tempesta. Non c’è solo quando siamo in difficoltà, c’era già prima di quella tempesta, era già nella barca, eppure si parla di Lui solo quando la situazione diventa difficile: anche per noi è così? È cercato solo nelle difficoltà, oppure è una relazione stabile sempre? Non dobbiamo avere paura di rispondere, perché non esiste una risposta giusta o sbagliata, è questione di tempi e modi, per crescere in un cammino di fede che ci renda sempre più forti.
La nostra forza è nella consapevolezza di essere amati. Se camminiamo nella fede, scopriremo che non siamo soli, c’è un Uomo, presente sulla nostra barca. Dove ci porterà il vento? Mai lontano da noi stessi, finché sulla barca ci sarà Colui che il vento ed  il mare gli obbediscono!

“Signore
insegnami a credere,
a sperare in Te.
Tu mi ami, ma io sono fragile,
basta un attimo
ed il mio cuore annaspando grida:
dove sei?
Quiete è la risposta:
sono qui, accanto a te.
Quiete che persino il vento e il mare
inclinano il capo.
L’onda non sommergerà la mia fede
finché sulla mia barca ci sei Tu,
ti prego resta qui accanto a me.”
(Shekinaheart eremo del cuore)

Dove posare il capo

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01 LUGLIO 2024

LUNEDÌ DELLA XIII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

“Il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo”. Gesù risponde così all’entusiasmo di quell’uomo che vuole seguirlo. Non lo vuole allontanare, ma essere chiaro: l’unica sicurezza è in Dio.

Questa è la storia di molte donne e uomini, che nel cammino della sequela lasciano le loro sicurezze, il loro rifugio, per seguirlo. È una storia d’amore, non di mancanze o sofferenze. Il non aver dove posare il capo, rende Gesù il luogo dove noi possiamo posare il cuore, e questo non vale solo per chi si è consacrato, vale per tutti coloro che desiderano abitare nel cuore di Dio.

Gesù ha un luogo dove poter stare ed è in Dio, ma non è un luogo fisico, è un posto del cuore che per percepirlo, bisogna scendere in profondità e non aver con sé nulla: aspettative, tornaconto, ecc. L’unico modo per scendervi è nell’amore, che come unisce Padre e Figlio, unisce noi.

C’è una storia d’amore che ci precede, che prepara per noi un posto dove posare il cuore e gli affanni. Giovanni nell’ultima cena è raffigurato nel posto più bello, con la testa nel petto di Gesù: ecco dov’è il nostro posto, ecco dove Lui ci vuole; un rifugio che nessuno, nemmeno il nostro peccato può toglierci.

“Signore,

tienimi accanto a Te,

in quel posto che da sempre

mi hai preparato: nel Tuo cuore.

Benedici la mia vita

con la Tua presenza,

rendimi saldo in Te,

Sii Tu quel rifugio

che da sempre cerco

e che scopro ora,

esserci sempre stato per me.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Vita

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30 GIUGNO 2024

XIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO B

Nella versione del Vangelo di oggi, per esteso sono presentati due episodi di guarigione, il primo della figlia di Giaro e il secondo della donna con perdite di sangue da dodici anni. Non sappiamo il nome di quella donna e della fanciulla,  ma siamo a conoscenza della loro malattia. Entrambe hanno in comune due cose: hanno una malattia che fa “perdere vita” e saranno guarite da Gesù.

Solo il Signore sa davvero guarire il nostro cuore, e questo può avvenire dopo anni di cammino o dopo pochi mesi, o grazie alla fede di qualcun altro, ma ciò che conta, è che Gesù è lì, sia con la donna, che con la fanciulla, che con noi.

Possiamo trovarci anche noi in situazioni che ci fanno “perdere vita”, quel vigore di un tempo, quella forza che ci permetteva di affrontare ogni cosa, ma per tali circostanze non bastiamo solo noi, è necessario rivolgere il nostro grido di aiuto a Lui. La nostra certezza è proprio questa: guarirà il nostro cuore, perché come quella fanciulla la vede dormire e non morta, così vede in noi sempre una possibilità. Una possibilità che non è l’attesa di Lui, ma la sua attesa di noi; di quel gesto che sfiora l’esterno del mantello di Gesù e arriva fino al suo cuore.

Quanto siamo importanti per Dio! È un peccato pensare che gli siamo indifferenti, perché tra la folla, Egli è l’unica forza di guarigione in grado di donarci vita e Lui desidera darcela. Crediamo in Lui, amiamolo, perché l’amore trasforma, guarisce, risana ed il suo amore più di tutti. Lasciamoci amare da Dio, così da vedere oltre all’apparenza di male e fatica, per gustare della sua presenza che non ci abbandona mai, persino quando ci sembra che tutto è perduto.

“Non temere, abbi soltanto fede!”. Ovvero non fare della tua vita un luogo di paura, ma di fiducia in Lui. Dai alla tua vita l’occasione di vivere, questo non escluderà la fatica, le darà il posto giusto, ma soprattutto tu cara/o amica/o ti sentirai finalmente nell’unico posto dove potrai trovare la forza: nel cuore di Dio.

“Signore,

vivi in me,

vivi con me

ogni tempo di lotta e fatica,

come quello dove sento

la gratitudine inondare il cuore.

Fa che non sprechi il mio tempo,

ma custodisca nel mio cuore

che Tu mi ami

e che c’è un posto nel Tuo cuore anche per me

e così non perderò più vita.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Incontro

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28 GIUGNO 2024

SANT’IRENEO, VESCOVO E MARTIRE – MEMORIA

Il Vangelo di oggi non è solo il racconto di una guarigione, ma di un incontro che fin da subito, risana nel profondo.

Noi sappiamo che i lebbrosi erano esclusi dalla società, vivevano fuori città e nessuno si avvicinava loro per timore di essere contaminati. Qui un lebbroso si avvicina a Gesù: pensate al coraggio di quest’uomo misto a disperazione, con la paura di essere rifiutato, ma con il profondo desiderio di essere guarito. Questo lebbroso che non ha nome, è indicato per la sua malattia; tolto dalla sua dignità, la ripone in Dio, quell’uomo avrà un grande dono, ha visto giusto: Gesù può sanarlo.

Dobbiamo chiedere a Gesù il coraggio di andare da Lui, di avere quella fede che il lebbroso ha; siamo invitati a credere in colui che delle nostre fragilità, fa occasione di incontro.

Il lebbroso si fida così tanto di Gesù, da dirgli: “Signore, se vuoi, puoi purificarmi”. È come dire: ti do il permesso di entrare nella mia storia. Ha capito un dettaglio importante: se non facciamo entrate Lui nella nostra vita, se non gli diamo il permesso di guarirci, Egli nella sua onnipotenza, non può fare nulla, perché ha messo la sua onnipotenza in mano alla nostra libertà.

“Tese la mano e lo toccò dicendo: “Lo voglio: sii purificato!”. Prima di guarirlo, Gesù ristabilisce la sua dignità, tende la mano e lo tocca. Una scena che commuove ogni nostra membra da lebbrosi stanchi. Il Signore ci tocca, abbiamo un valore per Lui, la nostra dignità è in Dio. E poi leggiamo la risposta più bella: “lo voglio”, è desiderio di Dio che siamo guariti, che stiamo bene e lo esprime in queste parole, affinché ogni parte di noi non dubiti del suo amore.

È l’incontro che risana, sono quelle parole e quei gesti, che guariscono quell’uomo e noi nel profondo. Siamo invitati a prendere coraggio e andare da Gesù, per fare della nostra vita un meraviglioso incontro con Lui.

“Signore,

guarisci il mio cuore,

la mia mente, la mia fede.

Fa della mia vita un incontro con Te.

Non desidero altro se non

vivere alla Tua presenza,

sentendoti vicino.

Aiutami a non disperdermi,

affinché la mia vita

sia nelle Tue mani

come un dono d’amore,

lo stesso che Tu hai dato a me,

quando mi hai messo al mondo;

e un giorno aperti gli occhi

mi rividi nel Tuo sguardo e compresi, tutto questo.”

(Shekinaheart eremo del cuore)