Lo Spirito della Verità

 

Lo Spirito della Verità

 

 

LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: At 16,11-15

Salmo: Sal 149

Vangelo: Gv 15,26 – 16,4a

 

I discepoli sono in grado di dare testimonianza di Gesù, perché dal principio sono stati con Lui. Si può testimoniare solo quello che si vive, si sente e si vede, ed essi concretamente hanno potuto ascoltarLo e confrontarsi con Lui.

Anche a noi il Signore lascia il suo segno: lo Spirito della Verità che ci parla di Lui, e abilita il nostro cuore alla Sua Parola, così da poter concretamente farne esperienza di vita.

Lo Spirito della Verità, è l’amore di Dio che illumina la nostra storia e ci mette di fronte al Volto umano e divino di Gesù. Dio Padre, manda Suo Figlio, per farci comprendere quanto è grande il Suo amore e chi realmente Egli è: Padre! Poi ci dona il Suo Spirito, a sigillare l’avvento del Figlio.

Grazie allo Spirito, l’incontro tra Dio e l’uomo avverrà per sempre. Costantemente Dio cercherà i suoi figli e incessantemente li accoglierà nel Suo amore e noi diventiamo testimoni di un tempo che passa, ma anche di un Amore che resta e permane nel tempo.

Il Vangelo della liturgia odierna comincia: “Quando verrà il Paràclito”, oggi però, noi sappiamo che questa promessa di Gesù è già avvenuta. L’invito è a vivere in quell’ora, dove la memoria del cuore si manifesta.

Lo Spirito della Verità, abita già in noi e desidera donarci quella forza generata dal cuore del Padre, Dio, che ci ama con tutto se stesso, attraverso il Figlio, per mezzo dello Spirito.

Lo Spirito della Verità darà testimonianza di me, dice il Signore, e noi adesso possiamo fare di quella testimonianza un dono, ora che abbiamo conosciuto e riconosciuto, l’amore di Dio per noi.

La forza per un dono da custodire

 

 

La forza per un dono da custodire%0A

 

 

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Prima lettura: At 16,1-10

Salmo: Sal 99 (100)

Vangelo: Gv 15,18-21

 

Il Vangelo della liturgia odierna, ci presenta un quadro molto diretto e sincero: “Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi”. Gesù non nasconde ai suoi discepoli la fatica, le incomprensioni e addirittura le accuse che potranno ricadere su di loro. Per quanto sia difficile poter accettare tutto questo, il Signore fa fare ai suoi discepoli la sua stessa esperienza, di una conoscenza previa e determinata, di quello che accadrà. Più volte infatti, troviamo nella Parola di Dio, dei brani dove Gesù sa chiaramente ciò che succederà e lo annuncia.

I discepoli stati a fianco di Gesù, hanno visto la forza del Padre nei Suoi gesti e ora possono credere, che in essi abita quella stessa forza del Figlio, in virtù della loro chiamata.

A noi cosa può dire questo Vangelo?

Probabilmente può esserci capitato di non sentirci capiti proprio tra i nostri, di sembrare un po’ “fuori dal mondo”, perché abbiamo scelto di dare spazio al Signore. E nel silenzio del cuore, trovarci a pregare per un nostro caro lontano dalla fede o che per varie situazioni si è perso. Oppure donne e uomini sparsi nel mondo, che non possono dire il loro credo religioso, perché vivono in un territorio non cristiano. Sono queste delle possibili persecuzioni.

L’invito del Vangelo di oggi è non mollare, anche se è dura, siamo tanti i “fuori dal mondo”, e se non stiamo vivendo una di queste situazioni, abbiamo il dovere di pregare per i nostri fratelli che stanno soffrendo, affinché non perdano la forza.

Il Signore sceglie e ama tutti, nessuno è escluso dal Suo amore e coloro che non lo riconoscono, è perché “non conoscono colui che mi ha mandato”. Se tutti sapessero quanto è grande l’amore di Dio per ciascuno, non ci sarebbero persecuzioni, ognuno si sentirebbe al proprio posto nel mondo di Dio.

Lasciamoci toccare il cuore da Dio, preghiamo affinché ciascuno possa fare esperienza di Lui e riconoscersi scelto, amato, voluto, così che cresca un mondo dove il Suo amore sia un dono da custodire, e con forza raggiunga ogni luogo in eterno, per sempre.

 

 

Per essere in comunione

 

per essere in comunione

 

 

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Prima lettura: At 9,1-20

Salmo: Sal 116 (117)

Vangelo: Gv 6,52-59

 

“Colui che mangia me vivrà per me”. Cibandoci di Gesù, pane vivo, siamo chiamati a proseguire quello che il Signore ci ha donato. Implicitamente verrebbe da chiedersi: come possiamo vivere per Lui?

La risposta è nella prima parte della stessa frase: “Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me”. Come Gesù viveva della forza del Padre, così anche a noi viene chiesto di vivere con quella medesima forza che deriva dall’unione tra Padre e Figlio.

Oggi il Signore desidera dirci, che il dono di partecipare alla Sua Mensa, non è una delle cose da fare nella giornata, ma è il nostro punto di partenza. Non è una questione temporale, ma del cuore, ovvero renderlo parte della nostra vita, affidare a Lui le nostre fatiche come le gioie: vivere.

La vita è fatta di tante cose, ma non è separata da Dio, anzi da sempre siamo immersi in questa unità e quello che a volte cerchiamo in perdono, comprensione, è in Dio ed è già stato preparato per noi da tempo.

Possiamo vivere per Lui, perché Egli ha vissuto per noi, ha dato tutto se stesso in forza della Parola del Padre, nella consapevolezza di essere Figlio e chiede a noi di fare altrettanto.

Vivere per il Padre, è un richiamo sull’esempio di Gesù alla Figliolanza, è riconoscere quella paternità a Dio che ci ha creato per essere in comunione, e come il pane spezzato non perde nulla dei suoi elementi, così il dono di noi, diventa segno di unità tra il Padre e il Figlio per chi ci incontra.

 

 

Il Pane per la vita

 

Il Pane per la vita

 

 

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Prima lettura: At 8,26-40

Salmo: Sal 65 (66)

Vangelo: Gv 6,44-51

 

 

Gesù si presenta come il pane vivo, disceso dal cielo. È un dono che unisce cielo e terra, appartiene al cielo ma è un segno terreno, comprensibile: è pane!

Non è un pane finito che sfama una volta e basta, è un pane vivo, ovvero: capace di dare vita a chi lo assume.

Mangiare di questo pane non è solo cibarsi, ma è entrare all’interno del sacrificio di Cristo e farne parte. È essere testimoni e allo stesso tempo destinatari di un dono grande: la vita di Cristo, una vita in cui il Padre e il Figlio sono in comunione, al punto che conoscere Gesù è conoscere il Padre.

Il Signore diventa il pane per la vita a volte fragile, lontana, vuota, Egli non aspetta la nostra condizione perfetta, diventa quotidianità, affinché quella comunione tra Padre e Figlio riguardi anche noi.

Tutto il mondo può cibarsi di quel Pane che è Gesù, e cibandosi di esso, entrare a far parte della storia di Dio. Non siamo più distanti e anche se i nostri errori a volte ci precedono, quel Pane ci ha donato un posto, un luogo in cui poterci essere sempre: il cuore di Dio.

Quando riceviamo di quel Pane, rispondiamo: “Amen”. E in quell’Amen pensiamo: credo in quello che sto ricevendo, perché così è, e sempre sarà il pane della mia vita!

 

 

uno Spirito senza misura

 

 

uno Spirito senza misura

 

 

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Prima lettura: At 5,27-33

Salmo: Sal 33 (34)

Vangelo: Gv 3,31-36

 

Nel Vangelo della liturgia odierna, leggiamo: “Colui infatti che Dio ha mandato dice le parole di Dio: senza misura egli dà lo Spirito.”

Siamo coloro a cui è destinata la Parola di Dio e abbiamo il dono dello Spirito per comprenderla, elargito da Dio stesso. Attraverso Gesù possiamo ascoltare le Parole che il Padre ha da dirci e per mezzo dello Spirito, farle vivere in noi.

Si parla di un Spirito senza misura, è l’amore di Dio senza limiti, il cui unico obiettivo è arrivare a noi. La nostra vita non è separata dalla Parola e la Parola non è a se stante dalla nostra vita, esse non camminano per vie parallele, ma verso un’unica strada che è Dio stesso.

Questo è il dono che il Padre ha voluto farci: tramite il Figlio ascoltare le Parole di Dio, così da esserne parte nel nostro vissuto. Ogni giorno possiamo trovare una Parola che sia di consolazione, guida, rifugio, aiuto, e ci dia la forza per proseguire.

Il Signore ci è accanto mediante uno Spirito senza misura, affinché chiunque possa fare esperienza di Lui, così che la Parola diventi una voce capace di darci coraggio nel quotidiano.

L’amore del Padre ha un volto e una voce, Dio entra nella nostra vita con degli strumenti umani, quotidiani, ordinari, per sentirlo accanto e riconoscere chi è: un Padre che ama i suoi figli oltre misura!

 

 

Quell’amore crocifisso

 

Quell'amore crocifisso

 

 

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Prima lettura: Sap 2,1a.12–22

Salmo: Sal 33 (34)

Vangelo: Gv 7,1-2.10.25-30

 

“Non era ancora giunta la sua ora”. L’ora in cui l’incomprensione dell’uomo prende lo spazio dell’amore, ma è anche il momento in cui il Signore ci ama di più. In che senso? Quel di più, è un superamento dell’amore umano, è l’amore divino, quello del Padre che in Gesù trova pieno compimento. Gesù pieno della forza di Dio, la riversa su di noi e quella croce rappresenta il simbolo di un amore, in cui offerta e sacrificio diventano due assi che si incontrano e Gesù è al centro. L’offerta e il sacrificio presi nella loro unicità, non potrebbero spiegare ciò che in quell’ora sta per accadere, ma in Lui sono la forma più alta dell’amore, e costituiscono un di più.

Noi diventiamo partecipi di tutto quanto è accaduto a Gesù, non solo come ascoltatori, ma come coloro che ricevono e vivono di quest’amore.

Lasciamo scendere nel nostro cuore la certezza che l’amore di Dio vive in noi, nonostante le fatiche, gli sbagli; c’è un di più che sovrasta, con una verità disarmante: siamo amati in quanto Figli e non per ciò che facciamo. Questo non vuol dire che possiamo sbagliare, tanto siamo amati, no!

Essere amati in tal modo, richiede una logica diversa: vivere il quotidiano con la forza di questo amore, e la consapevolezza di essere nel cuore di Dio in una maniera a volte inimmaginabile. Se non fosse così probabilmente faremo fatica ad accorgercene, ma soprattutto abbiamo il dono di poter amare a partire dalla forza che proviene dal Crocifisso. Gesù non ci abbandona, ci ama e desidera per noi che l’essere amati da Lui non stia solo in superficie, bensì diventi il motore delle nostre scelte.

 

Quando basta un solo pane

 

Quando basta un solo pane%0A

 

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Prima lettura: Gc 1,12-18

Salmo: Sal 93 (94)

 Vangelo: Mc 8,14-21

 

I discepoli litigavano perché “avevano dimenticato di prendere dei pani e non avevano con sé sulla barca che un solo pane”. Gesù li esorta a far memoria dell’episodio della moltiplicazione dei pani. A Lui sta a cuore far capire ai discepoli, che Egli è quel pane e non ha bisogno di essere portato, c’è sempre.

Non è sbagliato aver fame e quindi bisogno del pane, Gesù li rimprovera perché non si accorgono che c’è un Pane in grado di nutrire la loro vita più in profondità e non solo a saziarla. Il Signore invita sia chi ha fatto esperienza di Lui, sia chi ancora non l’ha fatta personalmente, ma almeno avrà sentito di altri, a far memoria dei Suoi passi compiuti nella storia di ciascuno. Come i discepoli sono stati testimoni dell’azione di Gesù così Egli chiede anche noi di farlo, per renderci conto di Lui, del Suo desiderio per noi, per tutti, di una storia di pienezza e non solo di una vita in cui ci si accontenta quando è “tutto a posto”.

La domanda che sta dietro all’ammonizione dei Signore, di fare attenzione al lievito dei farisei e di Erode, è: Cos’è che da fermento alla nostra vita? Cos’è che fa crescere?

Egli desidera essere per noi la base su cui far crescere ciò che siamo, vuole che il vero fermento nella nostra vita sia la ricerca del Suo volto e non una corsa al potere o al raggiungimento di un obiettivo con estremo rigore, poiché tutte queste cose poi svaniranno, Lui invece ci sarà sempre.

Il lievito madre aiuta la lievitazione negli alimenti, ma ha bisogno di cura, attenzione, per essere giornalmente rinfrescato, altrimenti perderà di efficacia. Egli è colui che ci cura e agisce nella nostra vita, affinché possiamo diventare pane per altri, ed essere in grado di portare chi incontriamo a quell’unico pane che durerà per sempre. Prendi quel pane, spezzalo e donalo a chi incontri e fidati che Lui lo moltiplicherà.

 

 

Definire il punto di partenza

 

Definire il punto della partenza

 

 

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Prima lettura: 1Re 8,22-23.27-30

Salmo: Sal 83 (84)

 Vangelo: Mt 7,1-13

 

Il Vangelo di oggi ci parla di osservanze per tradizione, sembra un testo lontano per i giorni nostri. Questo brano però, ha qualcosa da dire anche a noi, è come se oggi il Signore ci domandasse: cosa c’è alla base del nostro agire?

“Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me”. Viene sottolineata una differenza importante, Gesù non nega le tradizioni antiche, il problema è quando in esse non c’è più il cuore; e il comandamento di Dio, ovvero la legge dell’amore, non è più nel vivere quotidiano. È come se il Signore ci esortasse a mettere il cuore in quello che facciamo, a fare in modo che il Suo comandamento sia alla base e il punto di partenza delle nostre azioni, dei nostri incontri; solo così è possibile vivere l’unità in noi stessi, con gli altri e con Dio.

A cosa servirebbe fare tutto per bene solo perché è un obbligo? Si rischierebbe così di dare adito a interpretazioni che quest’ultimo provenga da Dio ed invece parte da noi. E se provassimo a vedere ciò che è possibile fare sotto l’ottica del dono? Se abbiamo Dio nel cuore, o abbiamo fatto esperienza del Suo perdono, oppure siamo ancora lì a chiederci se davvero Lui può dirci qualcosa per la nostra vita, l’invito è partire dal cuore, perché è nel cuore che sta Dio e in esso troviamo la vera motivazione con cui condurre la nostra vita.

Le tradizioni hanno in sé una storia, esperienze di chi precedentemente ha vissuto, sono come le tradizioni di una casa, che non devono essere fatte come obbligo, ma perché sentendoci “a casa”, di conseguenza fanno parte di noi. Solo sentendoci così con Dio, potremmo passare dalla bocca al cuore, dal fare un”azione perché è sempre stata fatta così, a compierla perché fa parte di Dio e di noi.

Il Signore sia sostegno alla nostra debolezza, che il Suo amore sia esperienza di un cammino di ritorno al nostro cuore, così da renderci conto che Lui è sempre pronto ad accoglierci così come siamo e insegnarci la via buona, la strada giusta.

 

 

La grandezza di un piccolissimo seme

 

la grandezza di un piccolo seme

 

 

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Prima lettura: 2Sam 11,1-4a.5-10a.13-17

Salmo: Sal 50 (51)

Vangelo: Mc 4,26-34

 

Oggi il Signore vuole spiegarci che cos’è il regno di Dio e lo fa usando la metafora del granello di senape. Egli desidera anzitutto che sia comprensibile per noi e che sia concreto; non è qualcosa di lontano, impossibile da arrivare, anzi il Signore vuole dirci che il regno di Dio è proprio su questa terra.

Quando nasciamo nel nostro cuore viene messo un seme, sembra invisibile ma è inarrestabile e per quanto possiamo non accorgercene, egli cresce con noi fino a sbocciare nella sua grandezza. Il regno di Dio è la nostra relazione con Lui, essa è dentro di noi dal momento del concepimento, fa parte di noi ed è meravigliosamente incontrollabile, appartiene a quei doni che il Signore ci ha fatto, dei quali da soli non avremmo saputo farci.

Il regno di Dio è la Sua volontà di mettersi in relazione con noi, com’ è possibile questo? La risposta è dentro di noi! Tale regno dall’inizio della vita cresce come un seme, la cui particolarità è che non c’è bisogno di curarla è Dio che se ne prende cura.

I tuoi errori, i tuoi peccati non potranno mai far morire quel seme, perché Colui che l’ha creato, l’ha reso più forte di ogni cosa, poiché è fatto dell’amore di Dio. Questo può farti stupore, può sembrarti addirittura impossibile, eppure Dio l’ha pensato per te, non perché tu non faccia più nulla, ma semplicemente affinché tu scopra in te una forza che è la Sua stessa relazione a darti.

Guardare la nostra storia partendo da quel seme, non ci esula dalle responsabilità, ma ci permette di vivere le nostre azioni proprio a partire da quel seme, e di scoprire che esso sta crescendo in noi, tanto da diventare riparo dove è possibile trovare rifugio.

Tutto quello che cerchi fuori, l’occasione che stai aspettando per poterti avvicinare a Dio, oggi Lui ti sta dicendo che è già dentro di te. Non temere ma semplicemente ascolta il tuo cuore, senti quanto è forte il Suo amore per te.

A qualsiasi punto tu sia della vita e tu abbia un seme o un albero non importa, ciò che conta è la Sua venuta per te, adesso è il momento di vivere il regno di Dio sulla terra, nel tuo quotidiano, tra le persone che incontri.

È venuto per te il momento, in cui questo seme sbocci nella sua grandezza.

 

 

 

Creati

 

creati

 

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Prima lettura: At 22,3-16 oppure At 9,1-22

Salmo: Sal 116 (117)

Vangelo: Mc 16,15-18

 

Leggendo questo Vangelo, il Signore vuole dirci che siamo Sue creature, non c’è nessuno escluso. A chiunque stia sbagliando o stia facendo del bene, oggi il Signore dice che prima di ogni azione, Egli è il creatore che ha reso il nostro corpo, un corpo vivente, ci ha fatto sue creature, affinché potessimo scoprire che siamo fatti per la vita.

C’è un dono che precede la mia nascita, ed è il pensiero di Dio su di me. Al Signore sta a cuore che in tutto il mondo si sappia questo: siamo sue creature! Nella parola creatura, è racchiuso tutto l’affetto di Dio per noi, c’è l’orgoglio di un Padre che ha creato suo figlio, e tutto il desiderio di bene, affinché il figlio si realizzi, viva e compia il bene.

All’inizio di questo giorno c’è una Parola che mi precede, proprio come quando siamo nati. Egli ha preparato per noi questa giornata, come ha pensato per noi una vita intera, nella quale potessimo crescere da figli. Non importa se in questa vita abbiamo sbagliato, commesso degli errori, o addirittura creduto che la nostra vita non valesse nulla, il Signore oggi ci vuole dire e ci dà la forza che la Sua presenza è già in noi.

Nonostante il male compiuto, l’errore commesso, il bene in noi è più forte del nostro male, e quel bene è la volontà del Padre che ci ha creato. E quando sembra di essere sommersi dalla fatica, soli, di non avere più le forze per poter ricominciare, tutto quello che dobbiamo fare è scoprire il dono di una vita donata, voluta, piena di germi di bene che pensavamo di non avere.

Dove siamo, qualsiasi cosa stiamo facendo, ricordiamoci di quel desiderio che ci ha preceduto e continua a precederci. Afferriamoci a un pensiero, a un’esperienza di bene che abbiamo fatto, all’affetto ricevuto da qualcuno, e pensiamo che Colui che ci ha creato, ha creato anche questo, affinché un giorno potessimo conoscere il desiderio di Dio: essere figli con i segni del Padre, portatori di pace, costruttori feriti, celebratori di vita.