La roccia, la casa, il fondamento

 

La roccia, la casa, il fondamento %0A

 

10 SETTEMBRE 2022

SABATO DELLA XXIII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

 

LITURGIA DELLA PAROLA    (clicca qui)

Prima lettura: 1Cor 10,14-22

Salmo: Sal 115 (116)

Vangelo: Lc 6,43-49

 

Il Signore oggi ci invita a donare alla nostra casa interiore, ovvero il cuore, un fondamento sicuro in cui non crollare mai: Egli stesso. Lui è la roccia della nostra vita che nonostante sia esposta alle intemperie rimane salda, protetta e custodita.

La roccia fa pensare alla stabilità, alla forza, il contrario della fragilità, per cui quando ci sentiamo fragili e affaticati, abbiamo coLui che è in grado di ridonarci vigore. In fondo anche noi, a volte fragili, sappiamo e abbiamo sperimentato cos’è la forza ed è anche essa parte di noi, altrimenti come potremmo distinguere quando siamo deboli?

La roccia è dentro di noi, fa parte della casa, non è qualcosa di esterno, ma è la parte fondamentale, Cristo è la parte fondamentale di noi! Siamo uniti a Lui grazie al Padre, Egli non è solo un aiuto esterno alle nostre fatiche, bensì è parte di noi ed è proprio grazie a questo, possiamo toccare la forza della Misericordia e riconoscerla come un bene per noi.

Dio ci ama e per noi ha mandato la sua parte fondamentale, affinché divenisse la nostra, così da poter camminare e porta frutti di bontà, Misericordia, amore e fedeltà, in un mondo dove la fragilità è un problema, mentre per Dio è il luogo dove ciascuno può rinascere.

“Signore,

scopro che la vita è un cammino verso casa,

verso il cuore,

quando sbaglio sento che mi allontano e mi manca,

ma so che è custodita da Te.

Afferra la mia vita e donale forza.

Alla mia fragilità

il tuo amore è una risposta

che mi farà sempre ritrovare la strada

per comprendere che sei Tu il fondamento

della mia casa e la mia forza”.

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

 

Il nostro nome è: figlio

Il nostro nome è: figlio %0A

 

 

SABATO 20 AGOSTO 2022

SAN BERNARDO, ABATE E DOTTORE DELLA CHIESA – MEMORIA

LITURGIA DELLA PAROLA    (clicca qui)

Prima lettura: Ez 43,1-7a

Salmo: Sal 84 (85)

Vangelo: Mt 23,1-12

Il nostro nome non è legato a ciò che facciamo, ma rappresenta quello che siamo. Gesù oggi ci insegna la via della semplicità, la quale comporta anche non farsi chiamare “rabbi”, “maestri” o “padre”, perché uno solo è il Padre nostro e noi siamo tutti fratelli.

Il Signore ci aiuta a comprendere che la nostra grandezza non è nel fare ma nell’essere, il rischio sarebbe quella di attribuirsi dei nomi legati all’agire, con la tendenza a farlo in ogni circostanza positiva o negativa.

Il nostro nome è uno solo ed è Figlio, e ci è dato grazie all’amore del Padre.

Il nome è una chiamata, ha un significato e la parola figlio è la più bella che esista, perché possiamo anche sbagliare, perderci, ma in quanto figli, avremo sempre una casa in cui tornare: il cuore del Padre.

Abbiamo non solo una casa, ma anche un esempio di Figlio: Gesù. Egli ci insegna a perseverare nel disegno di Dio seppur nelle fatiche e difficoltà; ci accompagna a scoprire come proprio nelle cose ordinarie, di tutti i giorni che siamo in comunione con Lui e non dobbiamo aspettare un evento, ma vivere quella quotidianità di casa, nel focolare della famiglia di Dio.

Figli di Dio, fratelli tra noi, siamo chiamati a donare a chi ci è accanto quella figliolanza che farà ricordare a tutti il Signore con gesti di: perdono, generosità, amicizia, pace, e tanti altri, affinché chi si trovasse nello sconforto mosso dal fervore di ritrovarsi, possa cercare in sé i tratti del volto di Dio, quell’unità tra Padre e figlio, e proseguire sicuro nel cammino facendo altrettanto.

“Signore,

a volte mi sembra impossibile,

ma ho paura che il mio errore ti tenga lontano

e mi chiedo se c’è davvero

un posto per me nel Tuo cuore.

E proprio lì, quando nel buio più totale

non so dove andare,

avverto la tua presenza,

in quei segni di quotidianità che mi fanno ricordare di Te.

Scopro che nonostante tutto, Tu mi sei vicino,

come un Padre che aspetta il figlio tornare a casa,

e mentre cammino per ritornare

sento che sono già a casa nel Tuo cuore,

perché io sono Tuo figlio”.

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

 

 

Un grande cuore

 

un cuore grande

 

SABATO 25 GIUGNO 2022

CUORE IMMACOLATO DELLA BEATA VERGINE MARIA – MEMORIA

 

LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: Is 61,9-11

Salmo: 1Sam 2,1.4-8

Vangelo: Lc 2,41-51

 

Nella memoria del Cuore immacolato di Maria, leggiamo nel Vangelo le angosce di una giovane madre, alla ricerca del Figlio. Pur sapendo Chi fosse Gesù e, forse a maggior ragione, non trovarlo generava angoscia. Maria custodiva tutto nel Suo cuore e quest’atteggiamento, la rende molto vicina a noi.

Spesso viviamo dei pesi, delle sofferenze, che facciamo fatica a spiegare, e le soffochiamo dentro di noi fino ad esplodere. Oggi Maria ci insegna ad affidarle a Lei, così da aiutarci a custodirle e piano piano affrontarle non da soli, ma con il suo sostegno.

Al cuore di Maria, volgiamo il nostro cuore e Lei ci accoglierà giorno dopo giorno nel Suo Amore

 

“Quanto è grande il Tuo cuore o Madre,

tanto da custodire la vita di tutti noi, tuoi figli.

Da sempre il Tuo cuore

è stato pieno di Presenza e silenzio.

Esso ha vissuto la gioia di due annunci straordinari:

per Te ed Elisabetta;

l’angoscia durante la ricerca di Gesù al tempio,

e sotto la croce.

Oggi ai tuoi piedi ripongo il mio cuore,

anch’esso fatto di gioie e angosce.

Sono qui, affinché tu possa custodire anche me.

O Madre, chi meglio di te,

può comprendere le parole inesprimibili?

Questo mi consola, perché nel Tuo cuore c’è tanto Amore

da farmi credere che ora, qui, sono nel posto giusto,

per ritrovare in Te la forza, il conforto

tenero e forte

come in un abbraccio,

come sei Tu.”

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

 

Come sarà il nostro futuro?

 

Come sarà il nostro futuro?

 

 

LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: At 22,30; 23,6-11

Salmo: Sal 15 (16)

Vangelo: Gv 17,20-26

 

“E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro”.

Nel Vangelo della liturgia odierna, Gesù pronuncia queste parole, che ci fanno riflettere su quanto conoscere il Padre a cui Egli vuole portarci, non sia solo una questione cognitiva, ma la chiave per accedere in quel circolo d’amore tra Padre e Figlio.

Conoscere è quindi, entrare nel cuore di Dio, per scoprire di essere da sempre amati e farne esperienza di vita.

Gesù ci accompagna in questo percorso, e oggi ascoltare la Sua preghiera rivolta al Padre, diventa per noi un far memoria del nostro cammino.

Siamo amati e creati per un’unità, che durante il viaggio della vita si dispiega dinanzi a noi. L’unità di cui facciamo già parte, è l’amore del Padre e il Figlio, un amore capace di riunire persino parti disgregate, pezzi di storia che se non fossero stati amati, sarebbero inspiegabili e in un modo o nell’altro, ci hanno portato qui, chiamati a trovare l’amore di Dio.

L’amore di Dio ci accompagna da sempre, spesso però facciamo fatica a pensarlo, abbiamo bisogno di concretezza e forse è proprio per questo che Gesù parla insistentemente dell’unità, perché il farne esperienza è la vera concretezza.

Come sarà il nostro futuro? È parte del presente e del passato, è aver scoperto e vivere dello stesso amore, che il Padre ha per il Figlio e partecipi di quest’unione, illuminare quello che verrà, ogni cosa, attraverso questa forza, ora diventata esperienza consapevole.

 

La luce dal sigillo

La luce dal sigillo

 

 

LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: At 6,8-15

Salmo: Sal 118 (119)

Vangelo: Gv 6,22-29

 

Nel Vangelo di oggi, alla folla che chiede a Gesù cosa fare per compiere le opere di Dio, Egli risponde: “Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato”. Non ci sono delle cose da fare, ma cominciare a credere in Lui e allora anche le nostre azioni ne avranno il segno.

Dio ha messo il Suo sigillo sul Figlio, ma anche su di noi, chiamandoci a partecipare all’opera di Dio. Gesù definisce il credere l’opera di Dio, di conseguenza tutto il resto ha il Suo fine, il Suo fondamento, proprio nel credere.

Come la folla, siamo alla ricerca di Gesù, ed Egli ci aspetta oltre il mare, oltre la paura, le fatiche per nutrici più in profondità, così che il nostro quotidiano diventi esperienza di Lui.

Credere in Lui è smettere di cercarlo per terra e per mare, è aver la consapevolezza della Sua presenza, è vivere da ritrovati perché avendolo trovato, troveremo noi stessi e scopriremo che era Lui il primo a cercarci, per donarci forza e coraggio.

Credere non è un punto di arrivo, è un nuovo inizio, è guardare a tutto quello che viviamo con gli occhi della fiducia, con il cuore pieno di speranza, con gesti di carità, che avranno luce dal sigillo e con la forza di Dio.

 

 

ACCOGLIERE

 

accogliere

 

“O Vergine, santa tra le vergini,                   

non respingere la mia preghiera,            

e accogli il mio pianto di figlio”.

(Dallo: Stabat Mater liturgico)

 

ACCOGLIERE

“Maria, sono qui con te, mentre stringi Tuo Figlio.

Quanto dolore vedo in te. Silenzio.

Le tue lacrime scendono e le mie con te.

Maria, accogli il mio pianto, fa che diventi preghiera!

Non ho molto da offrire, Tuo Figlio ha dato tutto.

Anch’io io voglio darti qualcosa, che pochi di me hanno visto:

le mie lacrime.

Sono parte della mia storia, ne ho versate,

ma ora qui, hanno un significato diverso, nuovo.

Sono lacrime di un cuore pronto a riaccogliere la vita,

gocce di speranza che irrorano il cuore.

Sono diverse, perché ci sei Tu, e per questo Figlio

che ha preso su di sé il mio dolore e ne ha fatto Risurrezione.

Maria, accogli il mio pianto, è il mio tutto!”

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

 

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Come quella “voce” che preparò la via al Verbo.

 

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LITURGIA DELLA PAROLA  (clicca qui)

Prima lettura: Ger 20,10-13

Salmo: Sal 17 (18)

Vangelo: Gv 10,31-42

 

Il Vangelo di oggi, si conclude al di là del Giordano con molti che dicevano: “Giovanni non ha compiuto nessun segno, ma tutto quello che Giovanni ha detto di costui era vero”. Giovanni era colui che si definiva: “voce di uno che grida nel deserto: preparate la via al Signore”. Egli era la “voce” del Verbo e Gesù è il segno di cui Giovanni si fa annunciatore. L’invito di Giovanni, arriva sino a noi, facciamo parte di quei “molti” che possono attestare la veridicità delle sue parole e anzitutto, possiamo fare memoria del suggerimento a preparare la via del Signore.

A pochi giorni dall’inizio della Settimana Santa, lasciamo spazio alla Parola, rivolgiamo lo sguardo al crocifisso, segno concreto di un amore che non abbandona, seguiamo Gesù passo dopo passo, così da vivere la Pasqua come una tappa fondamentale della nostra vita, e da qui ripartire.

Compiamo il viaggio con Lui, addentriamoci nei testi, come i discepoli viviamoli, lasciamoci stupire, coinvolgere. Arriviamo al cuore del messaggio evangelico, ascoltato più volte, nella liturgia della settimana corrente: l’unione tra il Padre e il Figlio, e riconosciamoci in esso partecipi.

Gesù ci dà un modo nuovo con cui condurre la nostra vita: a partire dalla comunione con il Padre e il Figlio. Egli è con noi attimo dopo attimo, è nelle nostre sofferenze, in quei vuoti così incolmabili in cui vorremmo ci fosse qualcuno, è vicino al nostro cuore a volte così stanco di soffrire, che ha messo una corazza e non vuole più sentire.

Proseguendo il cammino di preparazione alla Pasqua, proviamo a seguire Gesù attraverso le letture liturgiche, così da cogliere il Suo dono tanto desiderato e offerto, ovvero: scoprire che è anzitutto Lui a seguirci in ogni momento e da lì trarne la forza.

Ogni notte per quanto lunga sia, ha il suo termine, e Lui desidera per noi una vita il cui nome è giorno, perché rifletta di sole e circoscriva la sera, illuminandola di stelle, come quella “voce” che preparò la via al Verbo.

 

 

La Parola: una strada per vivere

 

 

La Parola: una strada per vivere

 

 

LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: Gen 17,3-9

Salmo: Sal 104 (105)

Vangelo: Gv 8,51-59

 

Nel Vangelo della liturgia odierna, troviamo Gesù che continua a spiegare il suo legame con il Padre. Egli desidera specificare che tutto quanto fa e dice, parte dall’unione e dalla conoscenza di Dio.

Leggendo il testo, troviamo come le domande dei suoi interlocutori sono su un piano diverso da Lui. Gesù dice una cosa e loro ne percepiscono un’altra, addirittura lo accusano.

Per quanto possa sembrare assurdo, può capitare di trovarci di fronte a una brano della Parola di Dio e non “sentirlo” per noi, non comprenderlo. Allora cosa possiamo fare? Nella meditazione del testo, partiamo dall’aspetto fondamentale che anche oggi Gesù ci suggerisce: la comunione con il Padre. Essa è la chiave di lettura di sempre, la consapevolezza di questa comunione apre gli occhi e il cuore ad una lettura della Parola, che tenderà a ciò per cui è mandata: il bene per noi.

La nostra storia è intrecciata con Dio e attraverso il Figlio Suo, possiamo fare della Parola, una strada per vivere in quella comunione. La Parola è vita, è viva ed è il dono più grande che abbiamo ricevuto, tanto da poterci leggere attraverso di Essa e sentirci parte di quel legame. Solo così la Parola non sarà “da osservare”, ma un rapporto da coltivare, dove il nostro sentire riuscirà a comprendere con il cuore quello che il Signore desidera dirci e che prima sembrava difficile, incomprensibile.

Egli non ci lascia soli, desidera farci vivere in comunione con Lui e con il Padre, la Sua Parola palpiterà ad ogni battito del nostro cuore, per aiutarci a comprendere e a vivere dell’amore di Dio, che ci precede e ci custodisce per sempre.

 

 

 

Una libertà data da un amore più grande

 

Una libertà data da un amore più grande

 

LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: Dn 3,14–20.46.50.91–92.95

Salmo: Dn 3,52–56

Vangelo: Gv 8,31-42

 

Le parole di Gesù nel Vangelo di oggi, ci danno consolazione: “conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”. Liberi da tutte quelle paure che abitano nel nostro cuore, da quei sentimenti negativi che a volte nascono da dispiaceri, incomprensioni, liberi da quelle idee che non ci fanno camminare.

Solo il pensiero di essere liberi ci fa respirare, è come una ventata di aria fresca in una giornata molto calda, dove rimane solo l’arsura. Liberi è avere sete di Dio.

La promessa di Gesù, riempie di coraggio, forza, desiderio di farsi custodire dalla Parola, di prenderLa in mano e leggersi dentro di Essa, così da liberarsi da tutto ciò che ci ostacola e poter finalmente respirare.

Il Signore ci desidera liberi, nella vita fatiche ne abbiamo tante, e Lui lo sa, ma se ascoltiamo quest’invito, possiamo fare della Sua Parola un punto di forza. Egli non ci toglie la fatica, ma ci dà un’appiglio su cui contare e cosa c’è di più stabile della Parola? Essa si fa carne, è un Volto che non solo ci è accanto, ma è dentro di noi, per dirci tutto l’amore e il desiderio di bene che il Padre ha verso tutti.

Siamo creati liberi, di una libertà che ovviamente non è agire in base al sentire del momento, ma è scegliere secondo una Parola, che percorre le strade della storia e arriva sino a noi.

La Parola diventa il metro di misura, e se nel nostro cammino ci siamo un po’ persi, non importa, possiamo tornare a quel principio che non è un daccapo, ma è un nuovo inizio.

L’idea di Dio per noi è un nuovo inizio, affinché camminando lungo i passi della verità, possiamo incontrare Colui che ci renderà liberi, di una libertà data da un amore più grande del nostro peccato e dalla certezza della Sua presenza.

 

 

Guardando alla croce

 

Guardando alla croce

 

 

LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: Nm 21,4-9

Salmo: Sal 101 (102)

Vangelo: Gv 8,21-30

 

Nel Vangelo di oggi, più volte Gesù dice ai suoi interlocutori: “Io sono”. E dopo aver fatto delle chiarificazioni, conclude: “Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che Io Sono”. La croce ci porta a conoscere, e a far parte del mondo di Dio. Tutto quello che il Signore sta dicendo, ha pieno compimento sul calvario, dove la vita non muore, ma si offre e risorge.

L’apparente sconfitta, quella cattiva interpretazione di Lui, che lo porterà alla croce, è il luogo dove la verità raggiungerà il punto più alto del suo esistere: l’offerta di sé. Il peso, la fatica, il dolore di tutti, saranno rivolti in alto, su quell’unico uomo capace di prenderli su di sé e farne un atto di amore.

L’invito del Signore è chiaro: vogliamo sapere chi è Gesù e il Padre? Guardiamo in alto, alla croce, dove l’Amore ha dato tutto se stesso. Sentiamoci compresi in quest’offerta, e tanto quanto il Padre è con Gesù, tanto Egli è con noi; non ci abbandona mai, apriamo a Lui il nostro cuore. Egli sa capirci, conosce le nostre sofferenze, le accuse, le paure, il dolore, non siamo soli.

Il dono più bello che potremmo farci in questi giorni di preparazione alla Pasqua, è coltivare la certezza della Sua presenza. Gesù trova la forza nella consapevolezza della presenza del Padre, e insiste nel dire chi è, per farci sperimentare quella stessa forza, che non lo toglierà dalla croce, ma lo farà risorgere.