Domenica delle palme

 

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24 MARZO 2024

DOMENICA DELLE PALME – PASSIONE DEL SIGNORE – ANNO B

La liturgia di oggi celebra l’ingresso di Gesù a Gerusalemme accolto festosamente, acclamato con lode e benedizione: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore”.

Come le folle di Gerusalemme, anche noi entriamo in Chiesa con in mano i rami di ulivo, per celebrare la Passione del Signore, per accogliere nel nostro cuore il suo venire, per aprirci al suo mistero di Figlio inviato a testimoniarci l’amore del Padre, oltre ogni violenza e ingiustizia umana.

Il racconto della passione inizia con la scena della donna che versa il profumo sul capo di Gesù, un gesto simbolico che allude al significato

della sua morte redentrice.

Quella donna sembra intuire qualcosa di quel segreto di ciò che sta per compiersi, e preso un unguento preziosissimo glielo versa sul capo.

Il prezzo di quel profumo è altissimo, corrisponde all’incirca ad un anno di stipendio di un salariato, ma il prezzo della vita di Gesù non lo si può calcolare.

Questa unzione rivela l’imminente morte e sepoltura di Gesù, che nessuno è ancora pronto ad accettare, ne tanto meno a capirne il significato salvifico.

Quel profumo versato su Gesù, si espande ed impregna tutto, come l’amore che Gesù ha testimoniato con la sua passione, perché nulla di noi ne resti escluso e perché niente di noi possa resista a tale amore. Un amore che conquisti i cuori di tutti, cosi che ciascuno impari a riconoscere il proprio peccato e si affidi senza riserve all’amore di Gesù.

Questa settimana santa, mettiamoci in commosso ascolto della passione del Signore e raccogliamo il frutto più autentico del suo dono: una vita da risorti, una vita che espande il profumo di Cristo.

“Signore,

la mia vita sia il Tuo profumo,

la Tua Presenza sia il mio.

Un dono reciproco,

perché l’amore quando ama spezza

non distrugge, ma si consuma;

non una goccia di amore va sprecata,

perché Tu sei per me

ed io per Te prezioso agli occhi.

Re della mia vita,

entra nel mio cuore e trionfa,

vinci per me le mie battaglie,

così che trovi il coraggio di ungerti il capo,

come segno riconoscente

del Tuo amore per me.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

 

Signore, scendi

 Signore, scendi

11 MARZO 2024

LUNEDÌ DELLA IV SETTIMANA DI QUARESIMA

 “Signore, scendi”. Inizia così la “preghiera che il funzionario del re rivolge a Gesù, perché vada a guarire suo figlio sull’orlo della morte. Gesù qui non scenderà, ma rimanda quel padre a casa da suo figlio, dandogli già un’indicazione di vita.

Dio scende dal cielo, Dio scende sulla terra, Dio scende nel cuore della terra.

L’unico posto da dove Dio non scende è la croce, perché solo cosi può scendere nella morte per riversarvi la vita, non una vita qualunque, ma la sua vita. Per questo può dire a quel padre: “tuo figlio vive”. Si! Ogni figlio vive per mezzo di Lui.

Noi dobbiamo credere, che in quella discesa, c’è tutta la sorgente di vita che zampilla di amore e misericordia, che riporta l’uomo di ogni tempo, alla grandezza di figlio di Dio. Come quel padre, mettiamoci in cammino sulla parola di Gesù: “Và…”.

Andiamo a vedere cosa significa la fede nella Parola. Senza fiducia nella parola è impossibile la vita, è impossibile vedere ciò che è avvenuto allora, e ciò che accade ogni volta che la si ascolta.

Andiamo verso la Pasqua del Signore, andiamo incontro alla vita che risorge, perché vita nuova, andiano spinti dal desiderio di vivere in quell’amore che restituisce una vita vera, vita da figlio amato, risollevato e per sempre salvato.

“Signore, scendi.

Scendi nella mia terra,

nel mio cuore.

Scendi e sarò vivo.

Scendi: è il mio grido di supplica per me

e per tutti quei figli

che non hanno più un padre che prega per loro,

che gli affidi a Te il proprio figlio.

Io mi faccio voce di questa supplica,

scendi e parlaci

perché a tutti vibri il cuore al suono della Tua voce,

persino in quel luogo di vuoto,

pieno di dolore,

cancellato dalla mente.

Scendi, così che torni in vita

e non muoia più.

Scendi, sono qui, ti ascolto”.

(Shekinaheart eremo del cuore)

 

Croce

croce

 

10 MARZO 2024

IV DOMENICA DI QUARESIMA – ANNO B

Gesù in dialogo con Nicodemo, parla del suo innalzamento. In quel tempo, forse nessuno riusciva ancora a comprendere la portata di quelle parole, ma ora possiamo avere la forza e la fede di vivere questo mistero.

L’innalzamento di Gesù, corrisponde al suo essere crocifisso, un mistero di morte che dona la vita.

Nessuno sulla terra e nel cielo, ha un Dio dall’immenso amore capace di versare la sua vita nella morte. Gesù, infatti, non ha trionfato sulla morte eliminandola o scartandola, bensì entrandoci dentro con la sua vita;

quella vita è amore effuso e deriva dall’alto, da Dio.

In ragione di questa altezza ci viene data la vita eterna, perché da lì si rivela tutto l’amore del Padre, che vuole salvare ogni uomo. Un amore che rimane libero nel suo dono anche  quando, dal basso, viene rifiutato, offeso e calpestato.

L’innalzamento di Gesù in croce, mostra la reale discesa di un Dio che si consegna all’uomo che lo tradisce, ma proprio perché Dio è Dio, custodisce la sua divinità anche nell’essere calpestato, così che sia vinto l’odio, perché il mondo torni ancora a risplendere della sua presenza.

Allo stesso modo per noi, non esiste altra maniera di salire a Dio se non nell’atto di discendere, di stare sotto la croce, con lo sguardo fisso su Colui che in quelle braccia aperte, avvolge tutta l’umanità di un amore ferito e appassionato, dove l’esistenza  di ciascuno rifiorirà solo nell’amore e brillerà della sua luce.

“Signore, Tu che sei sulla croce,

ti presento la mia.

C’è un dolore che mi rende crocifisso,

una piaga che continua a sanguinare,

entra dentro la mia storia e risanala, abbine cura Tu.

Sei disceso per me,

ti hanno innalzato anche per me,

e dall’alto il Tuo sguardo non mi abbandona,

lo so, lo sento;

in questo silenzio, ove sento solo un respiro,

capisco che Tu vivi in me

e da quella croce,

posso scendere anch’io

per risorgere con Te.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Perdonare

perdonare settanta volte sette

05 MARZO 2024

MARTEDÌ DELLA III SETTIMANA DI QUARESIMA

Pietro si avvicina a Gesù per chiedere la forza del perdono. Si avvicina a Colui che è in grado di perdonare ogni nostro errore, e il suo è un perdono che cancella, come se non fosse mai successo.

Quando noi perdoniamo, a volte, può capitare di tenere per noi qualcosa, la sofferenza, il rancore o anche semplicemente pensare: “quella persona è fatta così”.

Oggi il Signore ci chiede di perdonare settanta volte sette, ma non solo quante volte perdonare in totale, ma quante volte perdonare QUELLA persona.

Perdonare così tanto, vuol dire mettere in conto altrettante sofferenze, e non è facile; per questo mettiamo in conto la forza di Dio, per questo a piene mani esprimiamo la nostra fatica a Lui, affinché ci dia non solo un po’ di forza, ma proprio la Sua.

Come Pietro avviciniamoci a Lui, chiediamo a Gesù come fare in quella situazione; avvicinarsi così, è chiedere che non sia più solo il dolore o il torto a parlare, ma il suo amore, la sua vita che come ha perdonato noi, ci aiuti per dono, a perdonare settanta volte sette in più, di quanto da soli avremo fatto o abbiamo già fatto.

“Signore,

fa del Tuo perdono il mio rifugio.

Possa sentire il Tuo cuore accanto al mio dirgli: Figlio, io ti perdono.

Per quanto lo farai?

Per sempre, mi dici.

Per quanto dovrò farlo io?

Con la Tua stessa misura.

Mi avvicino a te come Pietro,

stanco e senza forze,

mi avvicino perché credo in Te

e se avrò perdonato per dono Tuo,

sarà il Tuo settanta volte sette

che hai donato a me”.

(Shekinaheart eremo del cuore)

 

La vigna

la vigna

01 MARZO 2024

VENERDÌ DELLA II SETTIMANA DI QUARESIMA

Con questa parabola risuona forte l’invito alla conversione per accogliere quel dono più grande che il Padre ci da: suo Figlio.

Dio sa bene, che la nostra storia d’amore con Lui, si dispiega tra continue cadute e debolezze, ma non si da per vinto, anzi continua ad accoglierci e a rassicurarci con la sua misericordia, a versare quel vino della Grazia che noi non siamo riusciti a vendemmiare, e nonostante tutto vuole farci partecipi del suo regno.

Nella relazione con Dio, le nostre sconfitte servono a far risaltare meglio il suo amore. Non bisogna per forza commettere peccati per sperimentare la salvezza, ma nella misura in cui ci riconosciamo sinceramente peccatori, possiamo sentirci dei salvati, possiamo o ancora di più, dobbiamo tornare ad annunciare a tutti, con gioia, la bella notizia che mai il peccato sarà l’ultima parola.

Attraverso Gesù, il Padre ci chiama ad entrare nella sua vigna per produrre frutti buoni, ci ripete una nuova proposta di amore, siamo invitati a fondare la nostra vita su quella pietra che è Cristo, per diventare dei buoni contadini colmi di meraviglia e stupore, inebriati di quel vino versato in abbondanza alle sue nozze; custodi di un giardino che contiene tutta la ricchezza e la bellezza di Dio, la  comunione e la partecipazione alla vita del regno.

“Signore,

sii Tu la mia meraviglia

in una vigna che non è mia.

Ho eretto muri nel corso della vita,

difesa per non temere il male

ed ora sento che sei Tu la mia difesa,

perché il mio cuore non è solo,

è aperto a Te,

Quella pietra testata d’angolo,

è l’unica pietra su cui voglio contare,

nella tua vigna voglio abitare.

Concedimi uno spazio, Signore,

per vivere di Te.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Lazzaro: Dio mi ha aiutato

Lazzaro: Dio mi ha aiutato

 

29 FEBBRAIO 2024

GIOVEDÌ DELLA II SETTIMANA DI QUARESIMA

“C’era un uomo ricco”. Così inizia il Vangelo di oggi, un uomo che viene descritto per le ricchezze che ha e per il suo tenore di vita, ma è un uomo che non ha nome, tra tutti i suoi beni gli manca la cosa più essenziale la sua identità, la sua essenza di vita. Dare un nome è come chiamare all’esistenza, avere vita, entrare nelle relazioni. Quest’uomo come tiene chiusa la porta della sua casa, cosi ha chiuso la porta del suo cuore, non si accorge degli altri, non si accorge del povero Lazzaro, che bussa alla sua porta e rimane fuori.

Lazzaro rappresenta bene il grido dei poveri di tutti i tempi, poveri che diventano invisibili agli occhi di chi è troppo preso dalla propria autosufficienza.

Chiediamo allora, l’aiuto al Signore perché la parola ascoltata ci faccia aprire gli occhi e il cuore, per riconoscere quel Gesù che si identifica in ogni povero. “Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40), dice Gesù. Sono i poveri a guidarci all’incontro con il Signore; in loro si “nasconde” il mistero della nostra salvezza, dove Cristo unisce la povertà alla misericordia, perché la misericordia di Dio verso di noi è legata alla nostra misericordia verso il prossimo. Aprire la porta del cuore al povero, è aprire la porta del cuore a Dio, è ritrovare quella fonte della vita, che ci spinga a donarci, ad essere generativi cosi da accorgerci che ciò che abbiamo è un dono da condividere col fratello. Nessun uomo in questo modo rimarrà più senza nome, ma si chiamerà come Lazzaro che dall’ebraico significa: Dio ha aiutato.

“Signore,

abbi cura della mia vita,

risanala dal profondo del mio peccato

e fa che l’unico nome che senta è il Tuo,

sei grande, sei l’Altissimo

il Tuo nome io non oso pronunciare, ma Tu parla al mio cuore,

chiamami,

così che senta la Tua voce

e riconosca in Te la mia dignità

perduta tra le piaghe della mia storia

e possa dire a tutti i Lazzaro del mondo:

fratello, Dio mi ha aiutato

e lo farà anche con Te.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Opere

opere

27 FEBBRAIO 2024

MARTEDÌ DELLA II SETTIMANA DI QUARESIMA

Il Signore nel Vangelo di oggi, ci invita a compiere delle opere, che non vengono fatte per essere guardate dalla gente. Egli desidera per noi un cuore semplice, capace di accogliere una richiesta di aiuto, di dire una parola di conforto, ma senza che diventi un mezzo per metterci in mostra.

Uno solo è il maestro e noi siamo tutti fratelli, c’è quindi un legame che attraverso Cristo ci unisce, facciamo parte di quella generazione che non ha vissuto al tempo del Signore, ma sa di Lui, conosce le sue opere; non perché Egli si sia messo in mostra, ma perché aveva qualcosa di diverso, diceva cose diverse, non per autopubblicità, anzi, più volte leggiamo nei Vangeli di Gesù che si ritira in disparte, mentre la folla lo cerca.

Noi che non l’abbiamo visto, lo conosciamo persino in quella caratteristica di nascondimento, che a volte spaventa, in quanto uno potrebbe dire: Dio dove sei? Questo ci sia di conforto, perché in quel nascondimento, c’è un luogo dove Dio è ben presente: nel cuore.

Cosa farà la differenza nelle nostre azioni? Sapere che valiamo per Lui tanto da dimorare in noi.

Allora non dobbiamo cercare tornaconti umani, riflettori, perché le luci della sala si spengono, i fiori appassiscono, dopo il giorno subentra la notte, ma Dio è sempre lì, presente, costante in quel cuore che ora può crescere diversamente, non contando più sulle sue sole forze, ma su di Lui.

“Signore,

donami la forza di credere in Te, sempre,

così da sentire

che almeno valgo per Te.

Dirigi il mio cuore affinché non si perda,

non cerchi il plauso,

ma aiuti chi è nel pianto;

non si affanni al traguardo

ma sappia stare con chi ha lento il passo,

e dopo aver fatto questo,

tutti non vedano che Te, mio unico Signore,

e Ti riconoscano come unico loro Dio.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

 

Festa di luce

festa di luce

25 FEBBRAIO 2024

II DOMENICA DI QUARESIMA – ANNO B

Il Vangelo di oggi è una festa di luce. Gesù si trasfigura dinanzi a Pietro, Giacomo e Giovanni, è un momento per pochi, su di un monte alto. Gesù li prende con sé, essi vivono con Lui e ad un certo punto, si rivela loro profondamente, Lui che toccava i cuori in profondità, fa vedere la Sua interiorità attraverso quella luce sfolgorante, che desta persino spavento.

Una luce abbagliante è presente nel cuore del figlio di Dio, la sua limpidezza, la sua bontà, ora ai suoi è tangibile.

In contrasto a tanta luce, subentra una nube ad aiutare a comprendere ai presenti, una nube che non fa paura, perché è la nube di Dio, da cui esce una voce che invita ad ascoltare il figlio amato, il prediletto. Quel prediletto che non ha lasciato la predilezione solo per Lui, l’ha trasmessa ai suoi, ed è arrivata a noi in queste parole: “Ti ho amato di amore eterno” (Ger 31,3), e ancora: “perché tu sei prezioso ai miei occhi, perché sei degno di stima e io ti amo”. (Is 43,4). Tali parole sono la “nostra nube”, esse rivelano la voce di Dio, dirci quanto ci ama!

Oggi in questa festa di luce, lasciamo entrare il Signore, come se il nostro cuore fosse quell’alto monte, dove Lui è venuto a mostrare il meglio di sé. Si! Proprio il nostro cuore, a volte così buio, ferito e fragile, è il luogo in cui possono avvenire meravigliosi contrasti e rivelarci l’amore di Dio.

“Signore,

la Tua luce abiti in me,

così da sentirmi al sicuro,

La Tua nube mi parli di Te

così che comprenda il Tuo amore.

Del mio cuore fai un monte alto

per vederti trasfigurare.

Bianco candore, profumo fresco

libera il mio cuore,

affinché ciascuna tenda,

ciascuna persona,

veda in Te la bellezza del Tuo amore

e si fermi a contemplarti.’

(Shekinaheart eremo del cuore)

Padre

Padre

 

 

20 FEBBRAIO 2024

MARTEDÌ DELLA I SETTIMANA DI QUARESIMA

“Padre nostro”. Con queste due semplici parole inizia la preghiera che Gesù insegna ai suoi discepoli, due parole che bastano per capire la grandezza di un Padre, che ci riconosce tutti suoi figli e in questa moltitudine ama e conosce ciascuno personalmente, tanto da sapere di cosa abbiamo bisogno ancor prima che glielo chiediamo.

Gesù insegna una preghiera essenziale: rivolgersi al Padre, lasciarci guardare, colmare il cuore dalla sua magnanimità. Egli saprà darci tutto quanto serve per la nostra vita, dal pane che sazia il corpo, a quello che sazia il desiderio d’infinito, quell’anelito di cielo che si realizza gia a partire dal vivere su questa terra.

Dal riconoscerci figli sorge la nostra risposta di gratitudine; lodare il suo nome è comprendere di essere custoditi da sempre.

Dio non desidera altro che ogni suo figlio viva il suo regno, ovvero la comunione con Lui, che continuamente ci cerca, la condivisione dei suoi sentimenti verso i suoi figli, la solidarietà con l’umanità di tutti.

Tuttavia in questo cammino, non c’è essere umano che non faccia esperienza del limite che l’umanità comporta, allora chiediamo al Signore di non cadere in quella prova che ci allontana da Lui e di conseguenza dai nostri fratelli. Chiediamo di essere liberati dal male e di essere perdonati per diventare capaci di perdonare, perché solo il perdono restituisce la figliolanza e la fraternità, cosi da poter chiamare sempre Dio: “Padre nostro” e non sprecare mai nessuna parola.

“Padre,

Ti chiamo così,

perché in quest’unica parola c’è abbastanza.

Padre, un parola di affetto

che segna un legame tra me e Te.

Padre ed io per Te sono figlio.

Padre abbi pietà di me,

insegnami a correre da sempre,

ad allargare le braccia del mio cuore verso di Te,

così che ad ogni caduta

il mio cuore Ti proclami: Padre

ed io senta rispondere: figlio mio”.

(Shekinaheart eremo del cuore)