Il mio blog ha appena compiuto Otto mesi…. Grazie di cuore a tutti per i commenti e le tantissime visite: circa 25.000 !!!!!! *______*

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Amare è voler bene, è volere il vero bene ed è fare il vero bene della persona amata. Amare è elevare, mai abbassare; è rafforzare, mai indebolire; è comunicare felicità, mai sprofondare la persona che si ama nella frustrazione e nella colpa. Amare è medicare la fragilità di chi si ama, è colmare il vuoto, è dare un ideale, è trasmettere fede e speranza.

Amare non è mai cercare il proprio interesse, non è mai sfruttare, non è mai strumentalizzare la persona amata. L’amore esige prima di tutto di vincere il proprio egoismo. Amare è donarsi.

Piange il cuore al vedere tanti fallimenti nell’amore, tanti matrimoni sfasciati, tante famiglie distrutte. Perché succedono questi disastri? Per un motivo molto semplice: all’origine di questi matrimoni non c’era sufficiente formazione all’amore; c’era dell’attrazione, della simpatia, c’erano degli interessi di vario genere e a vari livelli, ma il tutto era inquinato da una dose più o meno grande di egoismo e di strumentalizzazione dell’altro.

Amare è donarsi. Ma come può donarsi chi non si possiede, chi non sa controllare e gradatamente diminuire, fino a farlo scomparire, il proprio egoismo?

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A Dio

Dio è incommensurabilmente grande, immenso, infinito….
È onnipotente, può davvero tutto,
È più che Stupendo, Dio è Amore, Amore VERO,
È incredibilmente, pazzescamente Buono!
È anche e soprattutto il Dio della Vita.

Anche se la vera vita sarà eterna, l’eternità, dopo la morte.

Nella vita e felicità eterna
io ci credo al Mille per cento.

Chiedo umilmente a Dio
di attendere ancora un po’, un bel po’!
Heaven can wait!

Io non sono affatto un santo, assolutamente,

Chiedo con tutto il cuore a Dio di far star bene la mia adorata mamma.

Dio perdona, ascolta, ama, perdona, Dio è Misericordia!
Ringrazio tantissimo le Persone che stanno pregando per la guarigione di mamma!
Che Dio vi benedica, assista e protegga sempre!
Con tanto tanto amore,
Gius

TRUE Love …

L’amore fra l’uomo e la donna è un amore in cui non è possibile abbandonarsi completamente nelle braccia dell’altro senza avere più problemi, ma è un amore in cui occorre fare uno sforzo quotidiano per la riuscita del rapporto, cioè occorre l’impegno della volontà e della ragione, il sacrificio, la responsabilità, la capacità di perdonare, la capacità di ricominciare.

 

 

Voglio condividere questo pensiero, bellissimo ed estremamente vero, giusto, importante… Buon weekend a tutti!      

C’è una violenza nella forma di sapere:
avere la presunzione di sapere tutto quello che c’è di me.
“Mi sapete” può tradursi in mi possedete: delimita l’altro al modo di un possesso.

Si nega il mistero dell’essere umano che sfugge a ogni pretesa di padronanza.
L’altro è pietrificato nel voi mi sapete:
ogni scambio è negato in anticipo, perché non c’è niente da scoprire e da ricevere.

Si impedisce così l’incontro:  il rifiuto dell’incontro nasce dal rifiuto dell’ascolto.

Non ci si apre alla domanda ma si rimane nella conferma del già noto..

A cosa serve la cultura?

In una casa popolare di New York un nero quasi senza istruzione e un bianco docente universitario dialogano tra loro. Il professore ha appena tentato il suicidio provando a gettarsi sotto un treno (il Sunset Limited), ma l’altro lo ha afferrato in tempo e poi ospitato nella propria casa. Il bianco gli spiega che ha sbagliato a salvarlo mentre il nero vuole convincerlo del contrario: chiunque avrebbe fatto come lui, perché la vita è sempre più grande dei pensieri o sentimenti che possono portare a preferire la morte. E lo ha imparato da un libro che tiene lì sul tavolo della cucina, il libro di Giobbe, contenuto nella Bibbia.

Il bianco gli risponde di aver letto almeno due libri a settimana per quarant’anni, quattromila libri, ma non quello. Il nero, che parla in modo spesso sgrammaticato, si stupisce del fatto che tanti libri non gli siano serviti ad amare di più la vita. Così il discorso cade su ciò in cui si crede, che è poi ciò per cui si vive (provate a sostituire i vostri «credo in» con «vivo per» e ne avrete conferma). Il bianco aveva creduto nei libri, nella musica, nell’arte… ma poi tutte quelle cose non gli erano più bastate. «Ed è questo che ti ha spinto a buttarti giù dal binario. Non una questione personale?», chiede stupito il nero e l’altro: «Ma è una questione personale! È proprio questo l’effetto dell’istruzione. Rende il mondo intero qualcosa di personale».

 

Il nero allora gli fa notare la contraddizione: «A che servono idee del genere se poi non riescono a farti tenere i piedi incollati per terra quando arriva il Sunset Limited a 130 all’ora?». Il bianco è costretto ad ammettere: «Forse non credo in niente» (cioè “non vivo per niente”). La cultura è stata solo passatempo o erudizione, infatti non lo ha reso più umano ma più indifferente.

E oggi? L’istruzione ci aiuta a tenere i piedi incollati per terra? Rende il mondo, cose e persone attorno a noi, una questione personale? Maestri e discepoli escono da scuola con più «intelligenza del cuore», una conoscenza delle cose della vita che è amore per la vita? Al bianco è mancato un amico cui confidare la sua solitudine, come sta facendo con lo sconosciuto. La nostra «civiltà» tradisce spesso una contraddizione, la stessa che ha portato il bianco alla disperazione: la cultura non ci rende più attenti, sensibili, amici, umani, vivi… Ma se una cultura non rende la vita più trasparente e i legami tra le persone più semplici e autentici, allora non è civiltà, ma fuga dalla realtà cioè dalla vita stessa.

 

 

Il bianco non si lascia convincere dai ragionamenti dell’altro, non vede la risposta eppure ce l’ha sotto gli occhi: non è in un ragionamento ma in ciò che il nero sta facendo per lui. Così se ne va, fermo nel suo intento. Il nero gli sorride ma poi, chiusa la porta, si sente sconfitto e, nella sua povera cucina, piange e prega.

Come andrà a finire? Importa fino a un certo punto, perché quel che conta è ciò che è accaduto. Il nero, pur avendo letto poco, ha una cultura che ama la vita: sa che per essere vivi non bisogna mai perdere la relazione con Dio e con gli altri. Per certi versi egli ne «sa» più del professore, perché «sa stare» nella vita, per quanto ne conosca bene i limiti (ha letto bene Giobbe). E credo che questo si impari soprattutto a scuola, perché l’istruzione non serve a fare interrogazioni o carriere, ma a rendere il mondo qualcosa di personale…

 

 

 

Collocazione provvisoria (don Tonino Bello)

Nel Duomo vecchio di Molfetta c’è un grande crocifisso di terracotta. Il parroco, in attesa di sistemarlo definitivamente, l’ha addossato alla parete della sagrestia e vi ha apposto un cartoncino con la scritta: collocazione provvisoria.
La scritta, che in un primo momento avevo scambiato come intitolazione dell’opera, mi è parsa provvidenzialmente ispirata, al punto che ho pregato il parroco di non rimuovere per nessuna ragione il crocifisso di lì, da quella parete nuda, da quella posizione precaria, con quel cartoncino ingiallito.
Collocazione provvisoria. Penso che non ci sia formula migliore per definire la croce. La mia, la tua croce, non so quella di Cristo.
Coraggio, allora, tu che soffri inchiodato su una carrozzella. Animo, tu che provi i morsi della solitudine.

Abbi fiducia, tu che bevi al calice amaro dell’abbandono. Non imprecare, sorella, che ti vedi distruggere giorno dopo giorno da un male che non perdona. Asciugati le lacrime, fratello, che sei stato pugnalato alle spalle da coloro che ritenevi tuoi amici. Non tirare i remi in barca, tu che sei stanco di lottare e hai accumulato delusioni a non finire.
Coraggio. La tua croce, anche se durasse tutta la vita, è sempre “collocazione provvisoria”. Il Calvario, dove essa è piantata, non è zona residenziale. E il terreno di questa collina, dove si consuma la tua sofferenza, non si venderà mai come suolo edificatorio.
Anche il Vangelo ci invita a considerare la provvisorietà della croce.
C’è una frase immensa, che riassume la tragedia del creato al momento della morte di Cristo. “Da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio, si fece buio su tutta la terra”. Forse è la frase più scura di tutta la Bibbia. Per me è una delle più luminose. Proprio per quelle riduzioni di orario che stringono, come due paletti invalicabili, il tempo in cui è concesso al buio di infierire sulla terra.
Da mezzogiorno alle tre del pomeriggio. Ecco le sponde che delimitano il fiume delle lacrime umane. Ecco le saracinesche che comprimono in spazi circoscritti tutti i rantoli della terra. Ecco le barriere entro cui si consumano tutte le agonie dei figli dell’uomo.
Da mezzogiorno alle tre del pomeriggio. Solo allora è consentita la sosta sul Golgota. Al di fuori di quell’orario, c’è divieto assoluto di parcheggio. Dopo tre ore, ci sarà la rimozione forzata di tutte le croci. Una permanenza più lunga sarà considerata abusiva anche da Dio.
Coraggio, fratello che soffri. Mancano pochi istanti alle tre del tuo pomeriggio. Tra poco, il buio cederà il posto alla luce, la terra riacquisterà i suoi colori verginali e il sole della Pasqua irromperà tra le nuvole in fuga.