Sfogliando il codice civile, più per nostalgia che per dovere indissolubile, mi sono soffermato sull’art 587 il quale recita: “Il testamento è un atto revocabile con il quale taluno dispone, per il tempo in cui avrà cessato di vivere, di tutte le proprie sostanze o di parte di esse”. Così anche la mia vicina ormai sulla soglia dei 104 anni mi ha chiesto consulto per redigere il suo e fare in modo che i suoi mille mila nipoti non si scannino per pagare i suoi debiti. A nulla è valso il mio maldestro tentativo di farmi lasciare tutti i suoi averi con la promessa inevasa di distribuirli tra gli aventi diritto. La risposta è stata disarmante: “Perchè tu sarai anche studiato, ma io sono più furba”. Sarà anche più furba ma nel suo secolo abbondante di vita non si è mai premunita di installare un vetro satinato sulla finestra del bagno. Il che purtroppo non ci impedì (e con “ci” intendo io e l’Amico_D) di spiarla involontariamente col telescopio mentre usciva dalla doccia! Ogni volta che ricordo codesto aneddoto all’Amico_D, egli ha un calo improvviso delle libido paragonabile al calo delle temperature in questi giorni e ci manca poco che non prometta di finire in qualche monastero di clausura per frati cappuccini a leggere “Torre di Guardia” ai facoceri! ANYWAY: per rispetto verso i vostri appetiti tralascio i dettagli di quell’aneddoto raccapricciante e ascolto le richieste della mia “cliente” involontaria! Non ha molti averi eccezion fatta per un paio di denti d’oro… Che a guardarli bene sembrano cavati fuori da qualche pepita che la signora ha scavato a mani nude in qualche miniera del Klondike; e qualche buono fruttifero post guerra da 50 lire che varrà si o no ai giorni nostri qualcosa come 500 euro (rigorosamente nominativi)! Mi chiede allora il modo più sicuro, più economico e più pratico per far testamento senza spendere un euro… Le avrei volentieri consigliato di scrivere le sue ultime volontà con un pezzo di carbone sulla parete intonsa del bagno, ma con quello che costa il carbone grezzo al mercato nero sicuramente c’avrebbe rimesso… Mentre rimugino quindi se darle un consiglio sensato o scappare dalla finestra aperta, lei se ne esce con una frase delle sue “E non pensare di fregarmi, sai benissimo che ho cacciato di casa un rapinatore violentatore seriale con uno stuzzicadenti” (in realtà era solo un ragazzino che voleva spaventarla per gioco), ma che servita così mi ha fatto venire in mente qualche mossa Ninja, anzi proprio le Tartarughe Ninja. Che tartaruga un po’ c’è… ultracentenaria come le Caretta-Caretta, rugosa come un’arancia disidratata e che quando ha un po’ di problemi di bile assume quel bel colorito verdognolo alla Lou Ferrigno!. Sì, in un’altra vita sarebbe potuta essere la quinta tartaruga ninja, la sorella di Raffaello o la cugina di terzo grado di Michelangelo. Magari ci sarebbe stato qualche casino con il nome d’arte, ma in fin dei conti non è un problema mio, ora ho un altro dilemma… Come faccio a fatturare una prestazione d’opera se per pagamento ho ottenuto una cassa di aranciata scaduta da almeno 5 anni?
Come avvampa la pelle fruttata
pur senza il tepore dell’estate
abilmente cinta da strisce di velluto
che ti sembrano strette come rovi,
un dedalo in cui sinuosa ti muovi
senza ferirti troppo con le occasioni
a buon mercato, trovate per strada.
La memoria che porta il tuo nome
è svanita dopo il calar della nebbia.
Che sogni sono mai quelli cavati dagli occhi
gli attimi effimeri negli scatoloni
o gli scheletri affogati nelle lenzuola?
Non sempre trovi del miele tra le labbra
qualche rosa insisterà nel pungerti
anche se l’occhio muta come preda
nulla inventerai che abbia un senso
e un solo afflato di terra ti sommergerà.
“Patisco gli autunni, le stagioni in cui muoiono le piante, le foglie e un sacco d’amori”
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Ai Posteri Qualcosa…. Forseultima modifica: 2018-04-13T18:54:59+02:00da
Mi capita di pensarti
come accade alla battigia.
Il mio inferno arde
e fuma,
qua fuori
in me è ferro fuso.
Mi capita di accompagnarti
qua fuori
in me è magma fuso.
Ti penso
ed è per questo
che ti tengo lontano
il rio grande
qua fuori
in me è lava incandescente.
E se tu venissi
un giorno
potrei essere mare
un altro torrente.
Ti tengo fuori
dal mio inferno
che in nulla s’assomiglia
al comune martirio,
lì il mondo respira
qua fuori
in me è nube tossica.
Mi capita di pensarti
ma non te lo dico
ché tu sia vivo
e non trafitto dal mio veleno.
Qua fuori
in me è burrasca piena.