L’amore ai tempi del CoronaVirus

Ed anche in Italia è arrivato il coronavirus, mi correggo! Il coronavirus è arrivato in Veneto: per la gioia di Zaia che ora può vantare di avere qualcosa, oltre alle Dolomiti, che le altre Regioni non hanno. A parte la psicosi scoppiata e che ribolle ogniqualvolta si abbia a che fare con una malattia contagiosissima e sconosciuta (pensate che ora fa più paura un cinese con la tosse che un arabo con una cintura esplosiva), il nostro Paese, reattivo come un bradipo che sale su  un albero mentre ha la diarrea, ha predisposto tutta una serie di provvedimenti urgenti per evitare il contagio: mi riferisco alle ordinanze con le quali si è deciso di chiudere gli aeroporti a tutti i voli provenienti dalla Cina, dalla Corea del nord e da San Marino, nonché l’applicazione di sigilli a tempo indeterminato ai 12500 centri massaggio cinesi presenti sul territorio nazionale. Il nostro ministro della salute Speranza (mai cognome fu più azzeccato per quel ministero) conscio del famoso detto “Speranza è l’ultimo a morire”, ha ribadito (in una intervista via facebook mentre si trovava a cena in un bunker alla profondità di una decina di km con il ministro cinese XiJinPing-Pong e quello Giapponese Pichaciu) che grazie a questi provvedimenti nessun italiano sarà mai contagiato dal virus.
In fin dei conti è vero il detto: un virus mica vi chiede la scheda elettorale prima di infettarvi.
Il mio vicino appena saputo del caso in Veneto voleva darmi fuoco al giardino. “Il fuoco sterilizza tutto” ha detto. L’ho rassicurato dicendogli che il Coronavirus teme l’eternit e che quindi non può nascondersi fra le tonnellate di pannelli che ho sepolto ieri vicino all’Ippocastano.
A volte penso che contro il mio vicino il virus non sia il problema, bensì la soluzione (e comunque pensavo che non sarebbe sopravvissuto a Sanremo… intendevo il virus e non il mio vicino…. O forse intendevo entrambi).
Nel frattempo il bar di cinesi vicino a casa offre assieme al caffè un litro di grappa con tanto di bugiardino che informa come il virus non viva a stretto contatto con l’alcool. Alla peggio un veneto con un tasso alcolemico del 98% non può fare più danni della peste. C’è di più, si teme che possa saltare pure il carnevale e che la gente invece che vestirsi da Jason di Venerdì 13 preferisca indossare la classica mascherina verde “preoperatoria” e i classici guanti da “colonscopia”. Sembra che invece i bimbi siano più tranquilli ed oltre a chiedere ai genitori di comprargli il vestito da Mauro CoronaVirus (convinto che Mauro c’entri sempre), abbiano recepito le misure anticontagio come i giorni di scuole chiuse con una serie di urla di tripudio e qualche hola. Ad ogni modo la moda delle mascherine sembra esser culturalmente trasversale, le donne musulmane le hanno adottate al posto del Burqa o assieme ad esse o del velo, anche la Disney ha pensato di rivedere il costume di Mulan aggiungendogli la mascherina, mentre la casa di moda Valentino sta studiando tutta una serie di capi da abbinare alle stesse.
Così farà pure Intimissimi con l’intimo. E a proposito di Intimo sembra notizia di qualche minuto fa secondo la quale gli italiani hanno smesso di fare sesso per paura del Virus. Anche io mi sono preso avanti e infatti recentemente una ragazza che ho provato a frequentare si è rifiutata di darmi la mano. Ho subito pensato che temesse che la contagiassi con qualche malattia o alla peggio con la scabbia. Ho capito dopo che mi riteneva attraente come il pescatore con fiocina di Giuseppe Migneco (Clicca Qui).
E ora scusatemi ma devo scappare a comperare una mascherina anche io, mi hanno detto che in Farmacia sono finite, ma io conosco un cinese che le vende….

Sono un passeggero sbagliato
su un vagone stracolmo di addii,
insultato dal vento che spira da nord
rifiutato dalla mia stessa neve.
Mi lascio graffiare addosso dal rifiuto,
porto con me il saio del reietto
senza alcun riparo dalle intemperie.
Soffro l’arte dell’esser abbandonato,
mi sento un cencio lercio sul selciato
come non fosse stata la sorte a darmi
queste strambe ed incerte sembianze.
Ho scelto il mio paravento preferito:
lascio che nevichi il silenzio sul corpo,
addotto una composta resa alla mestizia
per difendermi dalla tua ritrosia
come se l’ombra che ti lessi in volto
non avesse l’aspetto del mio necrologio.
Che il sole spenda sul mio volto domani,
di trovare l’orgoglio acciambellato
sulle mie gambe, lo escludo.
Ora che sono scheletro senza ossa
rotolo rapidamente da una rupe
dolorosamente consapevole:
Io in noi vedevo inverno e torpore.

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“Non sono un giocatore sconfitto che si allena per nuove partite”
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