Non ricordo neppure l’ultima volta che ho aperto il libro di diritto e neppure l’ultima volta che ho letto la costituzione. Della serie o sono passati secoli e sono morto senza essermene neppure accorto, oppure sono affetto da Alzahimer e neppur di questo me ne sono accorto… oppure entrambe le cose. Sarebbe il massimo del pessimismo cosmico, ma d’altronde lo sanno tutti che il massimo del mio ottimismo si misura in maniera inversamente proporzionale ai chili di Nutella che ingurgito in una settimana (un numero a otto cifre). Comunque ho deciso di farmi del male fisico e producendo il massimo sforzo che si può richiedere ad un umano affetto da pelandronite cronica assonnato e in una piovosa domenica ottombrina, ho aperto la nostra costituzione per ripassare il nostro amatissimo articolo uno, quello che recita che L’Italia è una repubblica dittatoriale affondata sul lavoro nero. Questo perchè nella mia vita avrei voluto poter vivere per sempre a sbafo senza dover ogni mattina ripetere la solita pantomima del vestirmi, colazionare, recarmi con la velocità dradipa di uno scoglio affossato nel mare al mio cubicolo, e fingere di far qualcosa per le restanti ore. Un giorno qualunque vorrei svagliarmi e ripetere il motto di battaglia di Paris Hilton: “il lavoro che cazz’è?”. D’altronde i Giganti cantavano che “in un paese libero a me piace pensare che oggi non sono nessuno domani sono presidente della Repubblica”. Cioè voglio dire anche Cicciolina è diventata Parlamentare….
Mi immagino che lei non sappia neppure che diamine sia un colloquio di lavoro, se mai ne abbia fatto uno chissà cosa ha risposto alla domanda “mi elenchi le sue esperienze lavorative”. magari si sarà pure presentata in compagnia del suo amato boa constrictor.
Ad ogni modo i migliori sociologi ritengono che: “Il lavoro è un modo disdicevole per sprecare circa un terzo della propria giornata. Considerato che un altro terzo lo sprechiamo dormendo, l’uomo butta nel cesso due terzi della propria vita”. Che poi hanno tentato in tutti i modi di inculcarci in testa che lavorare è una cosa sana “chi non lavora non fa l’amore” (mentre se torni a casa stanco dal lavoro dopo 10 ore in miniera, trombi come un coniglio, ma allora mi chiedo io il pornodivo che lavoro è?????), “il lavoro nobilita l’uomo, e rende libero” (scritto sui portoni di Auschwitz), “ora et labora” (in pratica supplica e soffri in silenzio). Certo io non dovrei assolutamente lamentarmi, in fin dei conti non faccio il lavacessi nella corazzata Potemkin, o il fuochista del Titanic, certo che riempire il computer di minchiate mentre fuori splende il sole fa un po’ incavolare. Ma dico anche fare la pubblicità delle patatine come quella di rocco Siffredi avvolto da una vestaglia di seta debba esser abbastanza frustrante. Chissà che colloqui deve aver fatto Rocco per ottenere quel lavoro. Non voglio manco pensarci che tra un po’ devo pure prepararmi il pranzo… E Domani è lunedì, il primo di una lunga settimana di passioni e matrioske volanti.
Nei sogni tinti d’aurora,
danzavo con te
aspettando un domani da farfalla.
Sorridevi e le mani erano vento
tra i miei capelli,
quasi a sorprendermi
tra i pensieri fuggenti
avvolti beatamente
da lampi di felicità,
rimanevano nascosti
come ombre disciolte nel buio
con gli attimi tutti nostri
nel tempo che il tempo non teme.
E il frammento della sera rimase
fissato come un quadro,
azzurro mare e verde bosco,
colori che di notte sfumano
se li guardi con gli occhi delle stelle.
“E a volte stramaledisco il Destino che mi permette di saltare, ma mai di farlo tanto in alto da afferrare le stelle”