Post n°360 pubblicato il 10 Luglio 2015 da un_uomonormale
Desidero premettere che questo argomento l'ho trattato l'anno scorso, ma intendo ribadirlo di nuovo. ^^^^^^^ Chi non ha mai sentito questo termine? E tuttavia, va detto, che è un termine generico che sta a signficare un'aumentata porosità dell'osso. Questa patologia è cratterizzata da una riduzione della massa ossea per unità di volume, sia pure vi sia un rapporto del tutto normale tra matrice ossea e la fase minerale; ovverosia, il rapporto tra massa minerale dell'osso e la densità minerale dell'osso. Si tratta di una comunissima patologia metabolica dell'osso di noi comuni mortali. Si pensi che più del 25% delle donne, ne è affetta, e più del 18% degli uomini al di sopra dei 70 anni. Sia chiaro, si tratta di statisiche, e non di regole Per onorare lo scopo divulgativo dell'argomento va detto che la massa ossea di noi umani raggiunge il massimo picco tra i 20 e i 35 anni per poi intraprendere la fase decrescente in maniera graduale ma prograssiva. Tale calo è significativo e si calcola che possa raggiungere il 50% a livello delle ossa lunghe(femore, omero, tibia, ulna ecc.) in età compresa tra i 60 e i 70 anni. Si è così potuto evidenziare che la massa ossea raggiunge valori elevati nei soggetti di razza nera rispetto alla nostra; cosiddetta bianca, e che si manifesta più nel sesso femminile ripetto a quello maschile, oltre naturalmente appare defitaria begli individui ipogonadici o malnutriti. Alla luce di queste ed altre evidenze la medicina è stata in grado di formulare diverse ipotesi circa le cause dell'osteoporosi. Si da molta importanza all'azione della calcitonina, in quanto i livelli di questo ormone nella donna sono più bassi. Altra ipotesi è quella determinata dagli estrogeni in quanto la terapia con questi ormoni tende a rallentare il riassorbimento osseo nella donna riducendo l'ipercalcemia nel caso dell' eccessiva secrezione di paratormone; ovvero, Iperparatiroidismo. Nelle donne che sono andate in menopausa precocemente a seguito di isterectomia totale, si apprezza una comparsa precoce di osteoporosi. Altra causa, va vista a seguito di prolungate terapie con corticosteroidi(cortisone). E per ultimo vale la pena ricordare che una dieta eccessivamente ricca di proteine, quindi acida, potrebbe condurre a demineralizzazione dell'osso.
|
Post n°359 pubblicato il 09 Luglio 2015 da un_uomonormale
I dischi cartilaginei, costituiti da un anello fibroso esterno e da un nucleo interno, separano le vertebre spinali. Questo anello può rompersi, di solito in regione lombosacrale e cervicale, in seguito a processi degenerativi o traumatici; la pressione esercitata dalla colonna vertebrale forza sul nucleo polposo dalla parte di dietro e lateralmente oppure, dietro(postero) dentro lo spazio extradurale, quando il nucleo comprime una radice nervosa, entro il canale spinale o a livello del forame intervetebrale, insorgerà il dolore. La compressione, in genere avviene da un solo lato, ma se l'ernia è molto grande può essere in entrambe i lati. Il dolore con tipica distribuzione radicolare; ovverosia, ad esempio se a soffrire è la 4^ radice della regione lombare(L4) questa evocherà dolore alla coscia posteriore, nonchè riduzione di riflesso rotuleo, può presentarsi in modo improvviso e anche in maniera invalidante, oppure che peggiora con il movimento. Con la manovra di Valsalva; ovvero tossire, ridere, sforzarsi durante la defecazione il dolore viene esacerbato. Nelle ernie lombosacrali lo stiramento delle radici nervose; ad esempio per sollevamento di una gamba estesa, può produrre dolore alla schiena; e similmente nelle ernie cervicali, flettendo il collo il dolore si acutizza. La diagnosi si avvale di un'accurata indagine strumentale che svela in prima istanza un restringimento dello spazio tra vertebra e vertebra(interventebrale) o mostrare segni di erosione tumorale, oppures egni della spondilosi o di spondilolistesi( scivolamento di qualche vertebra). L'esame elettromiografico(EMG) potrà rivelare modificazioni neuropatiche nei muscolo innervati dalla radice interessata. Nei casi dubbi, potrà essere molto utile una TAC del midollo. L'approccio terapeutico si avvale di una terapia conservativa che consiste nel riposo a letto in posizione supina e su una superficie rigida, per per un paio di settimane. Un conforto sintomatologico si può ottenere con la somministrazione di analgesici e di blandi sedativ. Se queste misure non sono efficaci; ovvero, se i disturbi permangono o si aggravano i segni obiettivi di danno neurologico ad esempio, perdita di forza, deficit sensitivo ecc., di dovrà procedere ad un trattamento chirurgico che prevede la rimozione del disco e la funzione delle vertebre coinvolte oppure la decompressione della radice lesionata. |
Post n°358 pubblicato il 08 Luglio 2015 da un_uomonormale
L'allungamento della durata della vita umana ha portato come conseguenza che nel nostro paese circa il 6% della popolazione sia oggi costituito da donne oltre i 65 anni di età. Quì di seguito voglio tentare di presentare, sia pure in forma sintetica quelli che possono essere le problematiche ginecologiche della donna in età senile; ovvero, in età oltre post-menopausale, e che fa riferimento alle donne in età intorno ai 65 anni, caratterizzato, appunto dalla cessazione totale e definitiva delle attività ovariche. Sappiamo bene che ciò che caratterizza la menopausa è la cessazione dell'attività follicolare delle ovaie, significando che l'ovaio va incontro ad una sorta di riposo funzionale. I fattori fisiopatologici che provocano l'insorgenza di una patologia genitale geriatrica della donna sono legati all'indebolirsi delle strutture pelviche e genitali di sostegno. all'aumentata incidenza di alcuni tumori a livello degli organi genitali; alla carenza delle secrezioni ovariche alla quale conseguono fenomeni di atrofia urogenitale, nonchè alterazioni metaboliche e sistemiche. Alcune di queste condizioni pongono l'indicazione ad una soluzione chirurgica, per cui, in considerazione dell'età un po' avanti vanno prese in considerazione i fattori di rischio, come ad esempio, patologie cardiovascolari, renali, respiratorie, metaboliche, discrasiche ecc. D'altra parte le attuali possibilità e garanzie che offrono le nuove tecniche anestesiologiche e di rianimazione fanno si che il soggetto, sia pure di età un po' avanzata superi brillantemente il percorso chirurgico. Ciò che ha provocato il rilasciamento delle strutture pelviche è fuor di dubbio a causa delle precedenti lesioni ostetriche a livello muscolare, dei legamenti utero-sacrali ecc. Tale rilasciamento, ovviamente viene ancor di più accelerato dall'età senile, dalla progressiva atrovia delle formazioni di sostegno che tendono ad allungarsi, mentre istologicamente gli epiteli di rivestimento via via si abbassano e il tessuto connettivo sempre più fibroso. E questa involuzione, che è insita dell'invecchiamento delle strutture, viene accelerata dalla carenza degli estrogeni, che come è noto hanno funzione trofica o proliferativa a questo livello. Ne consegue che spesso, nella donna in età senile compare un prolasso utero-vaginale. Accanto alla progressiva discesa dell'utero e delle pareti vaginali, si osserva quasi costantemente, l'abbassamento della parete postero-inferiore della vescica( cistocele) e della parte anteriore del retto(rettocele). Può insorgere, dunque, una sintomatologia fastidiosa, dovuta al senso di pesantezza in vagina, nonchè dolore in sede lombosacrale, che procura talvolta difficoltà alla deambulazione quando l'utero fuoriesce dalla rima vulvare e talora per ulcerarsi a livello della portio a causa dell'attrito che esercita la biancheria intima. A tutto ciò si possono associare disturbi urinari he vanno dalla frequenza dello stimolo di urnare, alla incontinenza ortostatica da sforzo, alla difficoltà nella minzione, per finire alla ritenzione vera e propria. Non di rado si manifestano infezioni vescicali a causa del ristagno. Talora si manifestano anche difficoltà a defecare a motivo della presenza di rettocele. Come detto, l'età senile non costituisce una contrindicazione alla cura chirurgica che può essere adottata anche per pazienti ultraottantenni. Qauolora per una molteplicità di cause l'intervento viene sconsigliato, si può utilizzare un pressario ad anello, scegliendolo della misura più adatta, e controllandone gli effetti e rimuovendolo periodicamente al fine di evitare ulcerazioni e flogosi croniche. Il pressario si può applicare presso l'ambulatorio dello specialista, inserendolo all'interno della vagina, posizionato tra il fornice vaginale posteriore e l'osso pubico. Il dispositivo inserito in tal modo, sostine l'utero, e riduce notevolemente i sintomi del prolasso. Questo dispositivo va sostituito una volta l'anno.
|
Post n°357 pubblicato il 07 Luglio 2015 da un_uomonormale
Il Climaterio rappresenta il periodo in cui si esaurisce l'attività dell'ovaio; questo fenomeno coinvolge anche un insieme di funzioni che con l'ovaio sono legate attraverso correlazioni neuro-endocrine. Di contro, si parla di menopausa per indicare la cessazione dei flussi mestruali. Per indicare poi, il periodo che segue la menopausa si usa il termine "Post-menopausa", il quale può essere correttamente utilizzato dopo la mancanza di mestruazioni per almeno 12 mesi consecutivi ( naturalmente in soggetti in età menopausale). Il periodo che precede la menopausa, definito appunto "Premenopausa" si caratterizza frequentemente per la presenza di cicli anovulatori ed irregolarità mestruali. Nel Climaterio vanno incluse le fasi precedenti la menopausa, e le fasi che seguono la menopausa, fino allo stabilirsi del quadro della Senilità( oltre i 65 anni). Il Climaterio riconosce due forme di insorgenza: 1- Climaterio fisiologico;2- Climaterio artificiale. Mentre il Climaterio artificiale, presuppone l'eliminazione dell'attività ovarica, la menopausa artificiale può essere indotta anche dalla sola asportazione dell'utero; e nei casi di Isterectomia+ annessiectomia, cessano sia le mestruazioni, sia l'attività ovarica per asportazione. Il declino dell'attività ovarica si accompagna ad un insieme di manifestazioni locali e generali, il cui complesso viene riunito sotto la denominazione di "Sindrome climaterica". Solo il 25 per cento delle donne supera la fase climaterica senza ripercussioni. Le altre; ovverosia, 75 per cento, la sintomatologia può manifestarsi già prima della cessazione dei flussi mestruali o coincidere con la cessazione delle mestruazioni( menopausa) o infine comparire dopo che la menopausa si è già instaurata. L'età in cui insorge il climaterio si aggira per lo più dai 45 ai 55 anni. Il climaterio precoce si differenzia per la sua insorgenza che si aggira prima dei 45 anni, mentre il climaterio tardivo si manifesta dopo i 55 anni. Si nota inoltre una certa correlazione tra menarca e menopausa, nel senso che quando più ritarda il menarca, tanto più precoce è la comparsa della menopausa. Anche le gravidanze sembrano esercitare un'influenza per cui la nullipara va spesso incontro ad una precoce menopausa. Vi sono alcune flogosi; ovverosia infiammazioni, come l'ovarite post-parotitica, che influenzano l'insorgenza precoce della menopausa. Infine, la menopausa precoce può avere anche un'origine iatrogena; ovverosia( ormonale, chirurgica...da irradiazione) In breve, e considerata la complessità dell'argomento, che l'eziopatogenesi è multifattoriale e lo spazio non mi è fedele, mi fermo quì, aperto a soddisfare; qualora ve ne fossero, qualche considerazione. |
Post n°356 pubblicato il 07 Luglio 2015 da un_uomonormale
Con questo termine, si comprendono non soltanto i dolori avvertiti ai quadranti addominali inferiori e in sede lombosacrale sia nell'imminenza delle mestruaioni quanto durante il periodo mestruale, ma anche altri disturbi caratterizzati spesso da vaghi malesseri, o ben precisi fastidi. come la nausea, il vomito, cefalea, che possono essere notati durante la fase peri-mestruale oltre che mestruale. Un rilievo molto importante, che può avere importanza anche ai fini di un trattamento terapeutico, sta nel fatto che di solito la dismenorrea esiste solo in occasione di cicli ovulatori, mentre i cicli anovulatori per lo più non sono gravati da disturbi di questo genere. Il primo quesito da chiarire in caso di dismenorrea è quello relativo all'esistenza o meno di cause organiche capaci di favorirla. In presenza di iperplasia uterina, spesso caratterizzata da un infantilismo dell'organo con prevalenzaa del canale del collo uterino(canale cervicale), si può venire a creare dismenorrea. Poi, per endometriosi esterna e/o adenomiosi; inoltre per anomalie di posizione dell'utero eventualmente associate ad eventuali aderenze, come avviene in certi casi di utero antiflesso oppure di utero retroflesso fisso. Il dolore mestruale può essere dovuto anche a cause funzionali , quali l'aumento del tono della muscolatura uterina favorito all'azione eccessiva di produzione locale di prostaglandine, Inoltre l'esistenza di contrazioni uterine aritmiche, nonchè, il mancato rilasciamento di un ipotetico sfintere funzionale nella parte istmica dell'utero; ovvero, quella porzione che separa il collo uterino dal corpo uterino. Infine, quei fenomeni di vasocostrizione patologiche a livello del miometrio. Tutte queste variabili ipotetiche finalizzati alla ricerca della patogenesi della dismenorrea si associa ai successi ottenibili con proposte terapeutiche spesso molto diverse. Pur non negando, perciò, l'esistenza d casi che hanno in cause organiche o funzionali la loro reale motivazione patogenetica, si è del parere oggi che molte forme di dismenorrea trovano la loro origine anche in fattori di ordine psichico. Per impostare correttamente una terapia della dismenorrea è quindi opportuno stabilire alcuni criteri essenziali, piuttosto che elencare singoli schemi di cure. E questi criteri si possono sintetizzare nella ricerca dell'esistenza di eventuali cause organiche e loro trattamento, se esse hanno un reale significato clinico. In seconda istanza, per cause organiche non chiaramente accertate o di dubbio significato, il trattaemnto specifico potrà essere tenuto di riserva e fatto precedere da una opportuna terapia psichica o dalla somministrazione di un placebo. Inoltre, fare riscorso a terapie con analgesici , spasmolitici o sedativi, ma soltanto come a presidi intermedia di cura e non come ipotesi terapeutica definitiva. Altro trattamento vede l'ovarostatico estroprogestinico; ovvero un trattamento tale da mettere le ovaie a riposo, quindi bloccare la maturazione follicolare., da utilizzare ad esempio nella dose di 10 o 20 mg dal 5° al 25° giorno del ciclo, specie se la dismenorrea è associata a flussi abbondanti. La terapia chirurgica, che andava dalla resezione dei legamenti utero-sacrali alla neurectomia presacrale, è oggi, del tutto abbandonata. |
Inviato da: cassetta2
il 12/08/2020 alle 17:42
Inviato da: allofme00
il 08/05/2016 alle 18:02
Inviato da: comelunadinonsolopol
il 22/02/2016 alle 22:37
Inviato da: sparusola
il 03/01/2016 alle 21:17
Inviato da: PAOLA11O
il 30/08/2015 alle 16:59