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MILANO RACCONTATA DI PADRE IN FIGLIO

Post n°1252 pubblicato il 21 Agosto 2011 da amazzoneperforza

IN BIANCO E NERO

Milano raccontata di padre in figlio

Il libro di Edoardo Caldara, direttore di Inter Channel, rievoca la città vissuta dal padre Giorgio

La copertina è il primo indizio: una foto scattata nel 1935 in un viale Bianca Maria totalmente privo di automobili. È da lì, dall’immagine di una Milano lontana e quasi irriconoscibile, che prende il via il dialogo tra Giorgio Caldara e il figlio Edoardo, direttore responsabile del canale tematico Inter Channel, al centro del libro Caro papà, mi racconti Milano?.

CIÒ CHE RESTA - «Uno scambio di domande e risposte fra due individui maschi legati dal più stretto vincolo familiare, che hanno abitato la stessa città, l’uno con quarant’anni di anticipo rispetto all’altro», spiega Edoardo nell’introduzione datata aprile 2011. Un mese più tardi, all’età di 76 anni, dopo una carriera nelle maggiori società informatiche d’Italia, il padre sarebbe scomparso. Il libro è ciò resta dei suoi ricordi sulla città dove ha sempre vissuto, un diario personale, ma ricco di spunti storici, nato dall’incontro tra due generazioni: quella di un milanese del 1934 e quella di un trentaseienne che si chiede «quanto e com’è cambiata Milano».

DETTAGLI - La risposta affiora dai racconti e dalle suggestive immagini in bianco e nero che arricchiscono il volume edito da Skira, con una prefazione di Massimo Moratti. Così, di pagina in pagina, il ritratto della Milano che fu si fa sempre più nitido. «Là dove c’era l’erba ora c’è una città», cantava Adriano Celentano. Giorgio Caldara entra nei dettagli: il mercato della verdura, la circonvallazione non asfaltata, le carrozze trainate dai cavalli, le balie, i giochi per le strade. Ma anche la guerra, i manifesti di propaganda del regime fascista, le tessere annonarie, il coprifuoco, i bombardamenti, chiese e palazzi andati distrutti. E poi, finito l’incubo, la ricostruzione, la riapertura delle sale da ballo, i volantini elettorali della Democrazia Cristiana, l’inaugurazione del cinema Capitol, i flipper nei bar, le prime schedine del Totocalcio. «Ricordi di un ragazzino», precisa lo stesso Giorgio nella postfazione per scusarsi di eventuali errori nel riportare nomi, fatti e date. «E ai ragazzini di quest’età si possono, si devono perdonare tante cose», aggiunge. Aveva compreso il valore della sua testimonianza, che è anche quella di un uomo che a Milano ha vissuto sulla sua pelle «l’imbarbarimento», come lo definisce.

RICORDO, NON RIMPIANTO - E si capisce che cosa intende quando a pagina 120 parla della minor frenesia di un tempo, dovuta soprattutto al fatto che si girava perlopiù a piedi o in bicicletta: «Grande rispetto dei semafori, niente ciclisti contromano o sui marciapiedi, spirito civico molto più diffuso». O quando, poco più avanti, sviscera una delle sue passioni, quella per il calcio e per l’Inter: «Rimpiango l’atmosfera “inglese” delle partite: cori di sostegno alla propria squadra, ma non ingiurie e insulti alla squadra avversaria e ai suoi giocatori». Ma la retorica del «prima era tutto meglio» è evitata; dalle conversazioni tra il Caldara padre e il Caldara figlio si evince, piuttosto, la volontà pura e semplice di conservare la memoria di ciò che si è perso. Edoardo lo chiarisce fin dalle prime pagine: «Come si sono modificate le vie, le piazze, i vicoli che esistevano una volta e non esistono più? Quali sono le storie che hanno accompagnato i mille angoli della città? Per questo scriviamo, per non dimenticare da dove arriviamo».

Raffaella Oliva
20 luglio 2011

http://milano.corriere.it/milano/notizie/arte_e_cultura/11_luglio_20/libro-caldara-oliva-1901134321869.shtml

 
 
 
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