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Cartella clinica: informiamoci

Post n°276 pubblicato il 27 Settembre 2009 da amazzoneperforza

La persona malata ha il diritto di vedere la propria cartella clinica, anche durante il suo ricovero, o a chiederne una copia, una volta dimesso. Ogni Asl stabilisce il costo della copia, così come le modalità per richiederla (qual è l’ufficio competente) ed i tempi di rilascio.

Possono chiedere o ritirare la copia di una cartella clinica:
- la persona direttamente interessata. Se la persona è minorenne o interdetta, la cartella deve essere rilasciata al genitore o al tutore legale;
- un’altra persona, anche il proprio medico di famiglia, che abbia una delega scritta da parte dell’interessato;
- gli eredi legittimi, con riserva per determinate notizie;
- i medici che la richiedono, per scopo scientifico o statistico, con l’obbligo di mantenere l’anonimato. Se, infatti, la persona malata ha dato il consenso al trattamento dei suoi dati, i medici possono averne accesso rispettandone, secondo l’obbligo del segreto professionale, la riservatezza;
- l’Autorità giudiziaria, gli enti previdenziali, il Servizio Sanitario Nazionale;
- Chiunque vi abbia interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti.

Proprio per la loro importanza, le informazioni contenute nella cartella clinica devono essere leggibili e chiare e complete (esami medici effettuati, diagnosi, terapie, ecc.).

Il cittadino deve accertarsi che la cartella clinica sia completa e ha diritto a pretendere tutta la documentazione che è stata prodotta, perché è l’unico modo per poter individuare elementi circa la responsabilità professionale del personale medico e infermieristico.

 I dati, le informazioni, della cartella clinica sono personali, privati della persona malata, non pubblici. Sono, cioè, dati sensibili e non possono essere accessibili a nessuno se non previo consenso scritto del malato. Il malato, generalmente, esprime il suo consenso all’ingresso nella struttura sanitaria, leggendo e firmando un modulo;

Le cartelle cliniche ed i referti medici devono essere conservati nella struttura ospedaliera, per un minimo di 20 anni.
 Tra le motivazioni di tale norma vi è la garanzia della "certezza del diritto" e l’importanza vitale di tale tipo di documentazione, anche per eventuali studi futuri.
- La responsabilità della corretta gestione e conservazione della cartella clinica è del Primario del reparto in cui si è in cura e passa alla Direzione Sanitaria nel momento in cui la cartella clinica è archiviata. Il compito di conservare la cartella nel reparto ospedaliero è, invece, dell’infermiere del reparto.
- La cartella è un atto pubblico , un atto finalizzato alla pubblica funzione. Ogni alterazione, incompletezza costituisce reato (falso materiale, art 476 cod.penale).
- La perdita di tale documentazione configura una responsabilità da parte dell’amministrazione ospedaliera.
- L’illegittima divulgazione del suo contenuto può condurre ad un ordine penale.
- In caso di alterazione o incompletezza nei contenuti, che sia evidente e dimostrabile, il responsabile, e cioè il primario, può essere denunciato per il reato di falso ideologico. Se, in attesa del rilascio, si sospetta che la documentazione possa essere alterata per coprire una responsabilità del personale ospedaliero (ad esempio nel caso di un presunto errore diagnostico o terapeutico) si può chiedere il sequestro della cartella clinica alle sopraccitate autorità competenti, motivando accuratamente.
Gli operatori sanitari, quindi, sono tenuti a:
- compilare la cartella quotidianamente (in particolare è il primario che ha questo onere);
- rendere possibile l"identificazione dei soggetti responsabili, attraverso firme leggibili e timbri;
- raccogliere dal malato e trascrivere tutte le informazioni necessarie a un’anamnesi completa;
- facilitare l"eventuale passaggio del degente ad altra struttura fornendo con rapidità e precisione tutta la documentazione inerente al caso;
- far prendere visione n. 61 del 19 dicembre 1986 del Ministero della Sanità

 Legge n. 241 del 1990 (Diritto sull’accesso agli atti della pubblica amministrazione)  

Secondo quanto previsto dalla legge n. 241 del 1990 e da recenti leggi regionali il paziente ricoverato ha diritto a prendere visione della propria cartella clinica durante la degenza. Lo stesso diritto ha anche il medico di famiglia, il quale dovrebbe essere comunque in stretto collegamento con i medici del reparto e garantire la trasmissione di più informazioni possibili sul paziente (art. 31 dell’Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale 1998/2000 - sull’accesso del medico di famiglia in ambiente di ricovero; DPR 128/1969 sul diritto del paziente alla visione della cartella).
Ogni cittadino che è stato ricoverato in una struttura sanitaria ha diritto ad avere tutta la documentazione dopo le dimissioni dall’ospedale. Le amministrazioni sanitarie sono tenute a consegnare copia della cartella clinica entro pochi giorni e a costi ridotti. La quantità di giorni per il rilascio varia a seconda di quanto è previsto nelle carte dei servizi delle singole aziende sanitarie e dalla normativa regionale. Ad ogni modo, non può superare i 30 giorni, come è stabilito al livello nazionale dalla legge n. 241 del 1990 circa l’accesso agli atti amministrativi. Anche per quanto riguarda i costi, essi devono essere ridotti e quindi riferirsi alla sola riproduzione. In molte Regioni è stato stabilito un limite che si aggira sui 20 € (cifra forfettaria che non comprende la riproduzione di radiografie o altri referti per i quali si richiedano strumenti tecnici particolari)
E’ da notare la contraddizione tra la norma che regola il dovere di conservazione dei documenti da parte delle strutture sanitarie e quella che stabilisce il diritto del paziente al possesso di tutte le informazioni che riguardano il suo stato di salute Infatti, nel caso di documentazione non duplicabile (ad esempio referti bioptici o vetrini) l’ospedale può pretendere delle garanzie a propria tutela: dalla  sottoscrizione di una liberatoria al pagamento di una cauzione in denaro, fino all’autorizzazione di visionare il materiale solamente all’interno della struttura.
Qualora ci fosse un ritardo o un rifiuto immotivato nel rilascio della cartella clinica, è possibile formulare una denuncia per omissione di atti d’ufficio ai sensi dell’art. 328 del codice penale.

- Anche le case di cura private sono tenute a conservare la documentazione clinica e darne copia al paziente Infatti, pur non essendo obbligate dalla legge che regola gli atti della Pubblica Amministrazione, sono soggette al DM 5/8/1977 il quale prevede, tra i doveri del direttore sanitario, il rilascio delle copie delle cartelle cliniche ai malati assistiti nella struttura (art. 19).

 
 
 
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