Creato da pinguina_felice il 27/08/2007

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Walrus

Post n°37 pubblicato il 21 Maggio 2008 da pinguina_felice
 
Foto di pinguina_felice

Questo racconto partecipa al gioco letterario "Storia d'amore" proposto da Writer
Non vi preoccupate, nel prossimo post, per ragioni di tempistica, finirò il mio racconto sul Donegal!

Il comandante Smith era sempre stato un comandante umano nei confronti del proprio equipaggio, per quanto un capitano di nave negriere possa essere umano, è ovvio. Ci voleva polso e carattere per trattare con uomini di mare: essere troppo accondiscendente poteva voler dire morire per mano di ammutinati, ma lo stesso effetto si sarebbe avuto togliendo il rum agli uomini, visto che le schiave non potevano essere toccate. Anche il capitano, però,  aveva le sue stranezze: era al suo personale servizio solo ed esclusivamente un piccolo mozzo,  avrà avuto massimo 20 anni. Non se ne separava mai, era con lui giorno e notte. Nulla che stupisse più di tanto, una cosa che era sempre esistita, le donne a bordo era proibito portarle e tutto ciò che rimaneva erano i giovani marinai. Non solo per il favoritismo da parte del capitano si distingueva, ma anche guardandolo, fisicamente, si notava che non aveva nulla a che fare con il resto dell’equipaggio, con la pelle scura e i capelli corvini che teneva legati sempre in uno stretto codino. Smith non se ne separava mai, così tutti gli altri invidiosi del trattamento di favore non potevano considerarlo parte dell’equipaggio, a malapena sapevano che voce avesse! Ma che occhi verdi che aveva, un contrasto incredibile con lo scuro della pelle, di sicuro un meticcio, pensavano, e magari il comandante se ne era invaghito due anni prima quando la nave fece la sua classica sosta a Savannah.
Nonostante fosse il preferito del capitano, però soltanto il quartiermastro del Walrus, Kidd, riusciva ad essere gentile con lui, per quanto sempre si possa essere gentili su quel tipo di nave, dove il capitano è il tuo dio e il rum tua unica fonte di sostegno.
Una notte però mentre tutta la nave dormiva pigra su un mare talmente calmo e piatto, che faceva temere per il peggio, la porta della cabina di Kidd venne aperta e dalla fessura che lasciava passare un po’ di luce dorata della luna apparve una sagoma minuta, quasi intimidita che restava sulla porta e non si decideva ad entrare: “Chi è la?” “Sono io signore” “E’ successo qualcosa al capitano? Lascia che trovi le mie braghe e chiunque gli abbia torto un solo capello se la vedrà con me, come è vero che mi chiamo John Kidd” “No, signore, il capitano sta bene”. Detto questo richiuse la porta e non lo vide più per una settimana, impegnato come era a dirigere i lavori di costruzione sul ponte. Si dovevano innalzare palizzate e nuove cuccette per i marinai a poppa, in vista del carico di schiavi che sarebbe stato effettuato da li ad un mese.
Finiti i lavori festeggiarono alla grande, doppia razione di rum, e forse qualcosa in più sgraffignato dalla stiva e tutto ciò che si poteva mangiare di prelibato dopo mesi in mare, ma era il bere che contava dopotutto! La notte tutto l’equipaggio cadde addormentato sul ponte nella brezza estiva, infondo il rum che avevano sgraffignato era davvero molto, chissà se ne era avanzato molto. Di nuovo nel mezzo della notte la porta di Kidd si aprì e si vide di nuovo il ragazzino, no non lo aveva un nome, o per lo meno nessuno lo conosceva visto che rapporti con gli altri membri dell’equipaggio erano stati ai minimi termini. Kidd fu scosso dal torpore dalla leggera brezza estiva entrata dalla porta e guardò in quella direzione ancora stordito dal rum. Il ragazzo era immobile davanti a lui e cominciò a spogliarsi. Kidd rimase confuso per un bel po’ ma non abbastanza da non accorgersi che in realtà tutto ciò che rimaneva  sotto quella ampia blusa e i vecchi pantaloni di tela era un corpo meraviglioso di una donna nel piano della sua giovinezza. Certo che ormai non era più giovanissimo e doveva smetterla con il bere, era questa la cosa che aveva pensato all’inizio.
La ragazza si avvicinò a lui e si infilò sotto le coperte. Quello che ne seguì fu una intensissima notte di passione, come mai Kidd nella sua vita ne aveva avuto ricordo. Tutta la violenta giovane passione di lei era come un balsamo per la sua pelle temprata dal sole e il suo spirito segnato dall’esperienza. A quella notte ne seguirono molte altre, una più bella e infuocata dell’altra, tanto che il sole che scottava sul ponte durante il giorno quasi a voler incendiare la nave non era nulla in confronto a quello che bruciava di notte!
Lei era nata da una relazione che il capitano Smith aveva avuto con una prostituta di Savannah, una schiava affrancata che aveva cercato una vita normale ma che dopotutto non c’era riuscita, morendo all’età di 19 anni di sifilide. Aveva deciso di prendere la figlia con sé, tenerla sulla nave come parte dell’equipaggio, per poi lasciarla a Bristol dalla sua famiglia, magari dopo un paio di anni per non destare sospetti.
Kidd non sapeva se provava amore nei suoi confronti, in fondo i sentimenti per gli uomini di mare sono solo una stupida invenzione di poeti e scrittori. Quello che pensava, però, era che se da qualche parte esisteva quello che chiamano paradiso, non doveva essere molto diverso da questo.
Mancava oramai una settimana o poco più all’arrivo, tutto era pronto per caricare gli schiavi, il vento soffiava nel modo giusto e l’umore a bordo era ottimo.
“Nave a babordo, nave a babordo! Pirati!”
Tutto l’equipaggio cominciò ad armarsi e a correre qui e li come impazzito, non c’era tempo per bere rum e darsi coraggio, ora si doveva solo correre per salvarsi la pelle. Ma la nave era un mercantino con una decina di cannoni e poco armati, tanto potenziale, ma serviva il posto per gli schiavi e quindi non ne avevano occupato molto con le armi, a loro rischio e pericolo.
Ecco che la nave pirata spara una bordata e ora un’altra, sono troppo vicini, all’arrembaggio. Il Walrus  è nelle mani dei pirati, così come l’equipaggio. Tutti sul ponte, ora sarebbero diventati membri dell’equipaggio di John Flint, uno dei più terribili e disumani capitani mai esistiti sulla superficie oceanica, o sarebbero morti. Tutti gli uomini del Walrus erano in fila sul ponte e venivano esaminati dal nuovo capitano, come Flint si era definito. Alcuni di loro vennero gettati fuoribordo, troppo deboli o feriti, non c’era tempo per mettere in sesto un uomo malandato, sarebbe stato inutile in un abbordaggio. Flint arrivò a Smith, a Kidd e al ragazzino, lo osservò per qualche minuto, lo prese e con un ghigno malvagio che solo lui sapeva regalare ad un pubblico già terrorizzato, lo legò all’albero maestro. “Che serva ad esempio per tutti” tuonò nella sua terribile voce e senza dare spiegazioni tagliò la gola della ragazza che, sciolte le corde, cadde a terra come un involucro vuoto. Smith e Kidd cercarono di reagire, ma era come se due piccoli cuccioli di leone tentassero di uccidere il capo branco. Inutile. Vennero gettati fuori bordo e subito dopo venne allungato loro un fucile “In caso gli squali vi attaccassero”. Kidd si sentiva annientato, voleva morire il prima possibile, ricongiungersi con la donna che lo aveva fatto sentire speciale, sempre che esistesse qualcosa al di là della fossa, lui ci voleva arrivare.
“Com’è vero che mi chiamo Flint, trasformerò questo Walrus nella nave pirata più terribile di tutti i tempi. Silveeer!”

 Un grazie ad A., il mio proofreader!


 
 
 
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