Creato da lab79 il 05/02/2010

TheNesT

a place called home

 

Messaggi di Novembre 2015

Gattini

Post n°408 pubblicato il 24 Novembre 2015 da lab79

Parliamo di internet. Che cos'è internet? E' la terra emersa sulla quale passeggiamo svagati, intanto che nel mondo reale..beh: succedono cose. Ma la connessione fra questo e quel altro mondo (definite voi quale è "questo" e quale "l'altro" mondo ) è stretta, immediata nel tempo e correlata. Ciononostante, internet non è lo specchio del mondo: come lo specchio di Alice distorce quel che riflette, e riflette quello che distorce. Come lo specchio di Alice nasconde un mondo, e ...lo sapete tutti di che materia è fatto il mondo di internet:

Gattini.

Non ci credete?

Basta guardare la reazione della rete alle operazioni di polizia dell'altra notte, in belgio. Operazione durante la quale i corpi di sicurezza hanno chiesto alla rete di NON fare quello che la rete sa fare. Condividere le informazioni, e nello specifico, le informazioni riguardo alle operazioni in corso. E nell'impossibilità di condividere le informazioni di queste operazioni, la rete ha sabotato se stessa, saturando il traffico di dati con il lato più oscuro di se:

Gattini.

Ed io non riesco a immaginare potere più grande di questo: della volontà di ridere, di procrastinare, di creare materiale inutile e riderne di nuovo. Di farne satira. Che forse non è altro che il nostro più estremista atto di libertà.

 

Brussels Lockdown

 

 

 
 
 

Terrorismo delle parole

Post n°407 pubblicato il 20 Novembre 2015 da lab79
 

 

"I Califfi", articolo di Massimo Gramellini pubblicato sulla Stampa del 18/11/2015

 

"C’è un terrorismo delle parole a cui siamo particolarmente esposti in questi giorni. Vorrebbe convincerci che un miliardo di islamici sogna la sottomissione dell’Occidente e si accinge a passeggiare sui ruderi morali di una civiltà esangue, la nostra, incapace di credere nei propri valori e indisponibile a difenderli con la stessa dedizione disumana. Le ricostruzioni che stimolano il nervo della paura possiedono una certa efficacia narrativa. Però questa risulta smentita da un semplice dato di realtà: l’Isis vede calare di continuo il numero delle proprie reclute. Successe già ai tempi delle Brigate Rosse: un manipolo di estremisti che gode di protezioni ampie e inconfessabili nel campo avverso compie atti di guerriglia urbana, nella speranza di trasformarli in guerra civile attraverso il «risveglio delle masse». Ma le masse islamiche, al pari di quelle operaie degli Anni Settanta, non si sollevano. Se non contrarie, restano indifferenti al clima da crociata. Pur con tutti i suoi eccessi di materialismo, lo stile di vita occidentale improntato al piacere esercita sui giovani immigrati un potere attrattivo mille volte superiore a quello funereo dei terroristi.  

 

Come tutte le astrazioni fanatiche della storia, l’Isis attira minoranze motivate ma esigue. Sbarazzarsene sarà un lavoro lento e dolente. Ma più che l’avamposto vittorioso di un esercito sterminato, i seguaci europei del califfo sembrano la retrovia sparuta e disperata di un mondo arcaico che non accetta di avere perso la partita con la modernità. "

 
 
 

Un mondo meraviglioso

Post n°406 pubblicato il 20 Novembre 2015 da lab79
 

Dieci attentati al giorno negli ultimi venti anni: ecco i numeri del terrorismo globale.

 

Dal sito di Repubblica.it

 

What a wonderful World - Louis Armstrong

 
 
 

Strani giorni

Post n°405 pubblicato il 17 Novembre 2015 da lab79
 

I miei ricordi di Parigi sono inevitabilmente romantici.

Eppure non ero che un ragazzino, diciasette anni appena, la prima volta che la visitai. Ed ero talmente ignaro delle cose del mondo da credermi innamorato, e non saprei dire davvero se di lei oppure del me stesso innamorato di lei. Banalità, ricordi qualunque come quelli di chiunque abbia avuto almeno una volta quell'età. Parigi splendeva di primavera, di una primavera piovosa e grigia; eppure se rovisto tra i miei ricordi vi trovo solo il sole, come l'istante in cui un raggio di luce vagabondo ci illuminò fin dentro l'animo, tra i colori scintillanti della vetrata della Sainte-Chapelle. Ricordo vagamente la coda per salire sulla torre campanaria di Notre Dame, la visita tra le fondamenta della cattedrale, la Senna pigra che scivolava e della cui corrente non riuscivo a capire la direzione. Vanneggiamente adolescenziali, ma non ero di certo il solo. Tre classi insieme affrontarono il lungo viaggio in autobus fino alla capitale francese, con l'incertezza della nostra conoscenza approssimativa della lingua da mettere alla prova, e l'intento di imparare se non a cavarcela un po' da soli, almeno a sapere a chi e come chiedere aiuto. Non credo che ci fossero davvero altri propositi da portare a termine, in quei viaggi. Ma erano belli, tanto da essere forse l'unico ricordo davvero piacevole che mi sono portato via da quegli anni.

Di quel tempo non conservo fotografie.

Venne poi il momento di ritornarvi, ormai adulto e un po' più consapevole del posto che occupavo nel mondo. E fu un soggiorno lungo una settimana, anche questa volta, nei pressi della Gare du Nord: un appartamentino intimo come se ne vedono soltanto nei vecchi film francesi, al sesto e ultimo piano di una palazzina senza ascensore, con vista sopra i tetti del quartiere, fino alla collina di Montmartre. Ci svegliavamo la mattina con un caffé caldo tra le lenzuola sfatte dalla stanchezza gioiosa della nostra quotidianità, con indosso ancora il languore dei nostri sogni. Eravamo ancora amanti, e i nostri sogni erano diversi. Parigi si prestava ad essere sognata ad occhi aperti, allora.

Adesso la nebbia scende alla finestra.

E come sembrano lontani, quei tempi, e quelle illusioni. L'illusione adolescente dell'amore, l'illusione quasi infantile della pace. Ora sono adulto, e so che cosa è vero, e che cosa no. So che l'amore non si conosce, e non si conosce nemmeno la pace. In loro assenza sono nato, e cresciuto, e se per un momento mi sono illuso, è stato soltanto perché ero un ragazzo, e sapevo sognare. Ora il sordo battito delle bombe alle porte risuona di nuovo famigliare, e ritornano i ricordi di quando non sapevo perché si moriva, ma sapevo che si moriva, e non avevo ancora dieci anni. Ora quella nebbia ha raggiunto i luoghi in cui mi ero scoperto felice, come il suono della sveglia che risuona fin dentro nei sogni, per riportarci alla realtà.

Il mondo non è mai stato davvero diverso.

Certo, oggi la città pullula di sirene, di polizia in stato di allerta, di tensione e di guerra. Certo, sembra di vivere una situazione senza precedenti. Ma non è così. Non si illuda chi riporta tra la gente comune l'orrore. La storia, e le città come Parigi o Roma che questa storia l'hanno cullata e vezzeggiata, l'hanno sempre conosciuto l'orrore. La storia non è altro che orrore, orrore in ogni dove; sulla corrente leziosa di un fiume che sgorga dal cuore dell'africa e del mondo, tra i campi coltivati a riso e concimati a morti dell'indocina, tra le nebbie delle montagne in cui si moriva a centinaia e nessuno ricorda, nessuno ricorda. Negli angoli delle città in cui scoppiavano bombe senza padrone, e nessuno sa. Nelle carte scambiate fra le cancellerie del mondo, firmate e vidimate e che ancora oggi segnano sulle mappe del mondo e nella vita di milioni di persone i motivi delle loro sofferenze, e nessuno sembra sapere perché. La storia è orrore, perché ci ostiniamo a ignorarla, e dimenticarla. Ci rifiutiamo di capirla.

Nessuno si illuda.

L'orrore non porrà fine alla storia, né alla vita. Torneranno giorni lieti, e la primavera brillerà su Parigi, e altri adolescenti si innamoreranno, e non sapranno dire se di lei, o se di se stessi innamorati di lei. E si illuderanno che tanto orrore non li riguardi, che i loro sogni saranno al sicuro dal mondo, e che con i loro sogni potranno renderlo migliore. Avranno torto, certo. Lo scopriranno e si dispereranno, ma neppure questo porrà fine al mondo.

Verrà sempre un altro giorno.

E la storia continuerà a scriversi da sola sulle pagine del mondo, e nessuno ricorderà, nessuno saprà, nessuno saprà perché.

 

(Eppure c'è un istante in cui il cuore di chi viene ferito da tanto orrore brilla di luce propria. E sembra illuminare il mondo, per un momento ancora. E ti sembra di capire che questa volta forse non sarà di nuovo la stessa storia. Eppure c'è un istante in cui, fra tanto dolore, ti sembra di sentirti vivo. E di poter sperare di restarlo abbastanza a lungo da consegnare a tuo figlio, chissà, un mondo migliore.)

Strani giorni - Franco Battiato (L'imboscata, 1996)

 

 

 
 
 

Diabolus in Musica (6)

Post n°404 pubblicato il 12 Novembre 2015 da lab79
 

Se esiste un Totem per il Daemon della musica in casa mia, beh: eccolo. E' il risultato, dei miei anni della post-adolescenza, e il suo contenuto riflette sopratutto i miei gusti di allora. Ciononostante, non è un contenitore inerte. Alla pari della mia libreria, si arricchisce di tanto in tanto, certo non tanto di frequente come una volta. Ma, seppur in un modo suo, è anch'esso riflesso almeno parziale di me. Come questo blog, in cui riverso parole con cui tento di spiegare quello in cui non credo, quello in cui non mi riconosco, e in ultima analisi: quello che non sono. Tutto questo è solo una parte di me, proprio come quella libreria raccoglie in modo disordinato solo una parte della musica del mondo, ma è stata operata una scelta, per crearla. Lo stesso vale per me. Ho operato scelte, in vita mia, certo non sempre coerenti, certo non sempre valide. Ma mi hanno portato fino a qui. Alla stessa stregua, la musica di cui vi ho parlato finora è stata scelta, certo scartandone altra, magari migliore. Il filo conduttore è lo stesso: me. In fondo, anche ora non ho fatto altro che parlare di me. Di quel che mi sembra di avere capito della musica, di quel che mi ha affascinato e di quel che mi ha incuriosito.

E voi? Qual è il totem del vostro Daemon preferito?

Ma sopratutto: che voce ha?

 

 

 
 
 

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