Creato da lab79 il 05/02/2010

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a place called home

 

Messaggi di Gennaio 2017

Per me

Post n°472 pubblicato il 07 Gennaio 2017 da lab79

Di tanto in tanto, capita. Non più di una, due volte l'anno, capita che qui non ci sia nessuno. Nessuno. Oggi è stato così. Ci sono stato io e la mia cravatta, che non ho avuto la sfrontatezza di allentare. Le luci spente, quasi tutte perché in fondo a chi importa? Ci sono solo io e i fantasmi degli amori consumati nei letti sfatti, ormai diventati freddi. Non ho avuto la forza di mettermi a correre per i corridoi silenziosi, di sdraiarmi sulle poltrone scomode della hall. Ho spento la tv, perché il chiacchiericcio che ne usciva mi sembrava irrispettoso del silenzio pacifico che per una notte ha albergato nel mio cuore.

E allora ho girovagato con una lampada in mano, a controllare che il silenzio non mi tradisse, e finisse con soffocare rumori sospetti. Ma sospetto che faccia troppo freddo questa notte per qualsiasi imprevvisto. Il termometro segna -9C°. Ho mandato giù una pastiglia per il mal di testa lancinante che ormai mi trascino da Natale, e le cui ragioni conosco e a cui già so non porrò rimedio nei due giorni prossimi in cui dormirò a casa la notte. Ho sorseggiato un caffé. E quando finalmente ho osato guardare l'orologio (ormai sono le 05.40) ho realizzato che è troppo tardi per qualsiasi capriccio.

Qualsiasi tranne uno.

E allora ho acceso la filo difusione in tutto l'hotel, e a volume basso, ma ben distinto, ho fatto risuonare questa canzone. L'ho ascoltata ad occhi chiusi in piedi in mezzo ai corridoi, senza quasi fiatare. A sentir scivolare le note per i corridoi, smorzate appena dalla moquette, con l'abbandono mi dicono si provi quando si recita una preghiera. E questo momento l'ho dedicato a me: niente fantasie in cui rifugiarmi, niente rimproveri da farmi, nessun desiderio infranto, nessuna illusione da mantenere in vita fino all'alba. Soltanto forse un leggero senso di pena per l'uomo che sono diventato. Ma quasi senza rimpianti: mi sono dedicato questo momento, e un caffé caldo servito in tazza grande, da sorseggiare davanti alle finestre gelide da cui ammiro il mondo che si sveglia ignaro di chi ha fatto la guardia ai suoi sogni.

 

 

 

 
 
 

Gli anni

Post n°471 pubblicato il 02 Gennaio 2017 da lab79

Erano montagne una volta, gli anni. Le si scalava a fatica, le si scendeva a rotta di collo. Avevano passaggi difficili, dirupi inaspettati. E le creste, che dividevano i versanti, erano drammatiche e mozzafiato, indimenticabili. Avevo parole per raccontarle, e le raccontavo. Avevo orizzonti su cui si vedevano le montagne che ancora avevo da raggiungere, e facevo ancora promesse a me stesso di scalarle, un giorno.

Poi le montagne sono diventati monti, altissimi ma già conquistati dalle foreste. Monti che diventano colline, le cui cime si assomigliano tutte, indistinguibili le une dalle altre.

Ora invece gli anni si stendono a perdita d'occhio sulla pianura della mia maturità, e si fanno aleatori i confini: li superi e nemmeno te ne accorgi. Così gli anni sfumano gli uni negli altri, i ricordi si confondono tra di loro e nel calendario, e dedichi ormai solo qualche minuto ad abbracciare chi per caso condivide con te il momento in cui un anno si spegne, a volte neanche quello. E sembra che non sia mai stato importante, che ogni fine sia uguale a se stessa e a tutte le altre, e che in fondo non finisca mai davvero niente.

E mi ritrovo a canticchiare questa canzone, ricordando che c'era un tempo in cui l'ascoltavo seduto in macchina da solo, al ritorno a casa alla fine di una notte che aveva ancora qualcosa di speciale rispetto a tutte le altre. Notti che ora a malapena distinguo, se alzo lo sguardo indietro vedo solo tante montagne contro l'orizzonte, che si fanno lontane, mentre io insignificante umano cammino la mia strada lungo la pianura infinita che è ora la mia vita.

 
 
 

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